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Autore: Smemo92    06/12/2009    8 recensioni
Una breve shot, per parlare di un Harry bambino.
E delle sue domande troppo grandi a cui non sa rispondere.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Petunia Dursley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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Desiderare di morire

 

Desiderare di morire

 

 

Un bambino di quattro anni, con i capelli spettinati si avvicinò a una donna adulta, seduta composta a guardare la tv, in salotto. Il bambino si tormentò un angolo del maglione che indossava, vecchio e usato, troppo largo per lui, così piccolo.

- Ehm.. Zia Petunia? – domandò, intimidito.
- Che c’è? Cosa vuoi? Hai finito di pulire il bagno? – chiese la donna con aria infastidita, senza degnarlo nemmeno di un’occhiata.

Il bambino la osservò, senza rispondere alle domande. Aveva qualcosa di più importante, qualcosa che premeva per uscire.
I bambini sono, per loro indole, molto curiosi. Ma la sua non era solo curiosità. Era di più, molto di più.
Un bisogno primario, un’esigenza incontrollata, di sapere, di conoscere, di capire. Voleva risposte ai suoi mille perché, voleva la verità.


- Dove sono i miei genitori? – chiese, in sottofondo il ciarlare concitato del presentatore alla tv, e il battito accelerato del suo cuore. Aveva bisogno di una risposta.. anzi. Aveva bisogno di una famiglia.

La donna si volse lentamente verso di lui, guardandolo forse per davvero per la prima volta. Un lampo di compassione passò nei suoi occhi, ma il bambino non lo vide, e a lei subito passò. Quel bambino era un mostro, i suoi genitori erano dei mostri. Non meritavano davvero di vivere.. Era per questo che erano morti. Già, morti. E avevano lasciato quel marmocchio obbrobrioso a lei, lei che aveva la sua famiglia, lei che voleva star lontano dal loro mondo il più possibile.

- Sono morti. – disse senza troppa preoccupazione. Senza troppi peli sulla lingua, come se stesse elencando gli ingredienti di un dolce fatto in casa.

Il bambino sgranò gli occhi, guardandola intensamente.
- Morti? -
- Morti. – annuì la donna, tornando a guardare la tv, come se il discorso fosse chiuso lì. Il bambino si girò, all’inizio soddisfatto di quella risposta. Fece un paio di passi, ma poi tornò indietro, tirando su gli occhiali che gli scendevano sempre sul naso.
- Ehm.. Zia Petunia? – chiese, di nuovo, con un lieve rossore sulle gote, imbarazzato.
- Che c’è?! – chiese quella con aria scocciata, girandosi a fulminarlo con lo sguardo.
- Che cosa significa “morti”? – chiese con aria innocente, inclinando la testa di lato.


La donna rimase un momento di sasso, senza sapere cosa dire. Per un altro secondo, uno solo, le era parso di vedere un bambino normale, bisognoso di affetto. Di una famiglia. Ma si riscosse in fretta, riprendendo il suo cipiglio scontroso: quello era un piccolo mostro.

- Significa che se ne sono andati. Che ti hanno lasciato qui per andare in un posto migliore. Ti hanno abbandonato. – disse con malignità, sapendo benissimo di confondere le idee del bambino, in quel modo.

Il piccolo rimase per un istante a guardarla, triste.
I suoi genitori lo avevano lasciato lì? Lì, a passare le pene dell’inferno in quella casa che non era la sua casa, a dover ubbidire a delle persone che non gli volevano nemmeno bene? Perché? Perché se ne erano andati, lasciandolo lì da solo? Troppe domande importanti si affollavano nella testa del bambino, troppi quesiti a cui non sapeva e non poteva dare risposta. Decisamente troppo, per un bambino di quattro anni, dover sopportare tutto quel peso da solo.

La donna, intanto, era tornata a dedicare tutta la sua attenzione alla tv.
Ma il bambino non si mosse, alzando poi la testa per volgersi di nuovo alla zia.
- Ehm.. Zia Petunia? – domandò di nuovo, sperando di non irritarla troppo e scatenare così la sua ira. Anche se così piccolo, già sapeva qual era il suo posto, e quando sarebbe dovuto sparire dalla circolazione. Ma quella volta aveva bisogno di sapere.

- Oh, Harry! – disse con voce stridula, girandosi di nuovo – Cosa vuoi, ancora?! – e sbattè i pugni chiusi sulle gambe incrociate, strette da una gonna rosa salmone che la stringeva fino alle ginocchia e la faceva apparire ancora più grossa di quanto non lo fosse già.
- E.. Ma perché non mi hanno portato via con loro? – chiese allora Harry, tirando ancora di più la manica del maglione, il cuore colmo di emozioni che non era ancora capace di distinguere.

Petunia sbuffò, producendo una smorfia schifata di disperazione che storse tutto il viso ben truccato, mentre cercava di rilassarsi sedendosi più comodamente sul divano.


- Ma è ovvio, no? Non ti volevano! Chi mai avrebbe voluto un bambino pestifero come te! – esclamò con un sorriso arcigno. – E poi non potevano portarti con loro.. ma vedrai, presto o tardi anche tu farai quel viaggio. – aggiunge con voce più bassa, quasi l’ultima parte fosse una cosa di scarsissima importanza. – E ora vai di sopra a riordinare la camera di Dudley, sono stufa di averti tra i piedi. – ordinò con voce imperiosa, scacciandolo malamente con una mano.

 
Il bambino si allontanò lentamente, pensieroso. I suoi genitori non lo avevano portato con sé perché non lo volevano? Quindi nemmeno loro gli volevano bene?

E mentre puliva la camera del cugino, Harry provava delle strane sensazioni, che era incapace di definire. Passò dalla tristezza della solitudine, alla rabbia dell’abbandono. E intanto, il desiderio di una famiglia che gli volesse davvero bene cresceva e germogliava dentro di lui. Magari un giorno sarebbe stato felice, magari un giorno avrebbe potuto sorridere, e ridere, e scherzare in compagnia delle persone a cui teneva di più. Già. Magari, un giorno..


Quando andò a letto, quella sera, prima di addormentarsi, quel bambino ingenuo con una strana cicatrice a forma di saetta sulla fronte sperò ardentemente di morire: qualsiasi cosa avesse detto la zia, forse non era del tutto vero. Forse i suoi genitori lo stavano aspettando, ovunque fosse quel “posto migliore” di cui aveva parlato la zia. Forse, in fondo, gli volevano bene.. Sperare cosa costava, d’altronde?





Più tardi, quando sarebbe diventato un po’ più grande, quel bambino avrebbe capito, e avrebbe scoperto la verità.
E sarebbe stato sicuro che l’ultima cosa che avrebbe voluto fare, sarebbe stato morire. Anzi, era pronto a lottare, per guadagnarsi il diritto di vivere.

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

Questa shot l’ho scritta diverso tempo fa, in un momento non proprio allegro. La pubblico adesso, nonostante non ne sia del tutto convinta e soddisfatta: lo so che ad Harry viene raccontato che i suoi genitori sono morti in un incidente d’auto, ma ho pensato che magari Petunia non si era ancora posta il problema di cosa dirgli, e che Harry si dimenticherà presto di questa giornata. D’altronde, qui era ancora un bambino. 
So che il titolo fa schifo, ma perdonatemi, non sapevo cosa scrivere -.-'

Il passato di Harry mi ha sempre fatto provare molta tristezza e rabbia: lui, così innocente, costretto a tutto quella solitudine, a quel dolore e quella sofferenza, che non meritava affatto. Ecco, spero in un qualche modo di aver reso quest’idea, e di aver reso bene anche il carattere di Petunia. Forse qui mi è venuta fuori un po’ troppo cattiva e bastarda, però è venuta così.. Che ne pensate?
Mi farebbe molto piacere sentire qualche parere, consiglio o critica. Sono ben accetti!
Ringrazio quindi in anticipo tutti quelli che leggeranno e recensiranno.
Alla prossima,

Smemo

  
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