“Che
cos’è la vita? Nient’altro che
inutile, gelido capriccio. Ti conduce in un immenso giardino di fiori,
e poi,
per semplice dispetto, questo scompare e ti lascia al buio.”
Mi
spostai di lato per stare
più comoda, sentendo il cigolio delle catene che mi legavano
al muro di pietra
e i lunghi chiodi interni al collare che indossavo mi graffiarono
crudeli la
pelle, incidendosi poi al suo interno. Tuttavia, vi ero così
abituata che non
sentii nemmeno dolore, solo leggero fastidio.
Un
cigolio sinistro. Lo conoscevo
bene, quella maledetta porta si era aperta migliaia di volte.
L’odore
mi colpì ancor prima
della vista.
Bella:
cosa c’è?
???:
oh, andiamo. Sempre così
sgarbata.
Bella:
cosa c’è?
Un
sospiro, poi il secondo
cigolio della porta che si chiudeva.
???:
abbiamo un compito per
te, gioiello mio.
Ringhiai
bestialmente.
Bella:
chiamami di nuovo così
e ti faccio ingoiare i tuoi stessi denti.
Parlai
con calma, ma la vena
minacciosa era più marcata che mai. Aprii gli occhi e mi
voltai verso l’uomo
vestito elegantemente di nero, capelli dello stesso colore ed occhi
castano
così chiaro da sembrare arancione. Un tempo, quegli occhi mi
terrorizzavano, ma
da due anni a quella parte mi erano solo indifferenti… come
ogni cosa,
dopotutto.
???:
indovina dove c’è
bisogno di te?
Bella:
o parli senza giochi
di parole, o sparisci.
L’uomo
storse il naso,
irritato.
???:
a Forks, ovviamente!
Parole
devastanti, simili ad
un gong di morte. Fremetti, poi scattai a sedere, colta da un conato di
vomito,
che riuscii a reprimere appena in tempo e con sforzo immane.
???:
vedo che hai capito,
vero? Abbiamo bisogno di un soggetto nuovo, e sembra che alcuni vampiri
neonati
siano stati creati tra Forks e Seattle. Devi portarci uno di loro,
senza
ucciderlo. Lo vogliamo vivo.
Ruggii
furiosa e mi avventai
verso la figura che si stagliava nell’ombra della stanza. Le
catene che mi
inchiodavano al muro furono strattonate e si spezzarono
all’improvviso,
portandosi dietro buona parte della parete, che per poco non mi cadde
addosso.
Allungai una mano artigliata verso quell’odioso essere umano,
il motivo per il
quale era finita la mia vita.
Fu
un attimo, un telecomando
tratto dalla tasca del pantalone e il click di un bottone premuto senza
esitazione o pietà.
Il
collare si strinse di
scatto, piantandomi i chiodi nella gola. Emisi un guaito animale,
accasciandomi
a terra e cominciando a rotolarmi, stringendo le mani intorno al collo
dolorante.
???:
tu farai come ti dico!
Sono stato chiaro?
Non
gli risposi, troppo
impegnata ad emettere lamenti strozzati e mugolii.
Un altro click e il collare strinse di più,
soffocandomi.
???:
RISPONDIMI!!!!!
Be:
s…sì…!
Rantolai
la mia risposta con
odio e dolore, mentre lacrime di rabbia e impotenza mi scivolavano
lungo le
guance e lentamente perdevo i sensi, avvolta dal gelido buio della
disperazione.
Un ansimo affaticato. Era il mio?
Un dolore atroce al petto.
Apparteneva a me?
Un senso di disagio, misto alla
volontà disperata di
trovarmi solo in un brutto incubo.
Aprii gli occhi, vedendo intorno a
me solo pallida
luce verdognola. I capelli mi volteggiavano intorno al volto,
accarezzandolo
sinistramente di tanto in tanto. E capii di essere immersa in una
specie di
liquido smeraldino, così gelido da attenuare il dolore
fisico che sentivo
strisciarmi addosso, pronto a colpire non appena fossi uscita di
lì.
Figure indistinte, avvolte in
camici bianchi,
camminavano frettolose, prendevano oggetti, parlavano, ma non capivo
cosa
dicevano. Sentivo le vibrazioni dei loro passi, e non mi preoccupai del
fatto
che respirassi nonostante fossi immersa completamente in una sostanza
che
avrebbe potuto benissimo essere veleno.
Chiusi gli occhi, pensando a lui,
pregando che mi
salvasse ancora una volta, come già aveva fatto con James
quando aveva tentato
di uccidermi. Eppure lui non arrivava…non sentivo nemmeno
più la sua voce, la
voce del pericolo e dell’adrenalina, la voce di un angelo
presente anche solo
nella mia testa.
Mossi leggermente la testa,
sentendola indolenzita.
Poi, un urlo eccitato.
???: SI E’ SVEGLIATA!!!!
SIGNORI, QUESTA è UNA
SVOLTA!!!!!!!!!!
E solo questo fui. Una svolta e
nient’altro. Nessuno
venne più a cercarmi. Per cinque anni.
Ansimai
frustrata, mentre
aprivo gli occhi e qualcosa scivolava sui miei polsi, lasciandoli
liberi. Un
ragazzo sulla trentina dai capelli castano scuro ondulati e gli occhi
azzurri
mi accarezzò i polsi, liberi dalle catene.
???:
l’hai fatto di nuovo?
Be:
s…sì…
Mi
cinsi le ginocchia con le
braccia, tremando di dolore. Sentivo bene l’odore del sangue,
misto a quello
della mia stessa disperazione.
Il
ragazzo mi baciò la
fronte, chinandosi su di me. Quell’essere umano era stato
l’unico che in cinque
anni di agonia aveva avuto pietà di me e mi aveva aiutato,
consolato, curato
quando mi facevo anche solo un graffio. Con pazienza aveva atteso che
lo accettassi,
che accettassi le sue premure invece di ritirarmi in un angolino per
ringhiargli contro. Ed ero grata di averlo infine accettato e avergli
aperto il
mio cuore.
???:
non devi provocare mio
zio, lo sai. È pericoloso, e non voglio che ti faccia male.
Sorrisi
debolmente,
intenerita.
Be:
e se facesse del male a
te, Shou? E se si stancasse delle attenzioni che mi riservi?
Shou
scrollò le spalle.
Sh:
ne abbiamo già discusso,
e non mi provocherà rogne, per ora.
Il
suo sguardo si fece serio.
Sh:
mi ha detto cosa devi
fare.
Chiusi
gli occhi, cercando di
non pensarci.
Sh:
lo farai?
Be:
ho scelta?
Shou
sospirò. Allontanò da me
le catene ed estrasse da sotto il camice bianco che indossava una fiala
di
liquido trasparente, simile ad acqua. Verso un paio di gocce sul mio
collo
ferito, spargendo il liquido con una mano.
Sh:
no, non hai scelta. Ce la
farai?
Be:
devo farcela.
Shou
continuò a massaggiare
la mia pelle con tanta delicatezza che per poco non mi addormentai. Se
non
fosse stato per lui, avrei dimenticato già da tempo il
piacere di una carezza,
di un bacio sulla guancia o di un sincero sorriso regalato.
Sh:
mi ha detto che partirai
tra qualche ora, appena cala il buio. Ho il compito di accompagnarti
fuori…
Annuii.
Sh:
vuoi riposare un altro
po’?
Be:
no.
Mi
alzai lentamente,
imponendomi di non barcollare. Ringhiai indispettita quando le gambe mi
tremarono leggermente, dando segni di debolezza. Shou mi
poggiò una mano sulla
spalla.
S:
non esagerare. Hai ancora
qualche ora, sai? Riposa.
Be:
no.
S:
riposa.
Scossi
cocciutamente il capo.
S:
per favore?
Be:
non conosco più quella
parola.
Shou
sospirò. Mi accarezzò la
schiena, confortandomi mentre chinavo il capo. Chiusa in quella cella
gelida
per anni e lasciata libera solo per adempire a missioni omicide, o
peggio… ero
semplicemente un’assassina, uno scherzo della natura.
Sh:
non sei una bestia.
Scoppiai
in una risata cruda,
bestiale, inumana. Una risata spenta.
Be:
e da quando, questo?
Sh:
da sempre…io non ti
reputo una bestia.
Risi
di nuovo, questa volta
più forte. Quelle parole mi colpirono al cuore come uno
stiletto, unendosi a
ricordi sbiaditi di una ragazza ancora umana, libera e capace di
sorridere ad
una vita che l’aveva risputata in un mondo bastardo.
Lentamente,
le lacrime si
mischiarono alle risate, e fu solo isteria, rabbia, dolore, sofferenza
da
animale quale ero.
???: non ti voglio
più…quelli come noi si distraggono
facilmente…
§§§§
Allacciai
meglio le cinghie
degli stivali da militare e sollevai il cappuccio del mantello a
coprirmi il
volto. Appiattii le orecchie alla testa per impedir loro di deformare
troppo
l’indumento e lanciai un’occhiata alla luna
splendente in cielo.
Shou:
farai attenzione?
Mi
voltai verso Shou,
sorridendo mesta da sotto il cappuccio nero. Annuii e mi sporsi verso
di lui,
per la prima volta mostrando segni volontari di affetto. Aprii le
braccia e lo
strinsi forte a me, quasi memore dei tempi passati, quei tempi che non
sarebbero più tornati…mai più. Allora
per me un abbraccio era una cosa normale
e scontata: beh, mi ero sbagliata per diciotto anni suonati.
Bella:
tornerò presto…te lo
prometto.
Shou
mi baciò l’incavo del
collo.
Shou:
ti aspetterò
all’infinito…sarò
sempre qui per te. Ricordati che non sei sola, non lo sarai mai.
Annuii
contro la sua pelle,
inspirando quel suo profumo particolare, l’unica cosa che mi
piaceva di quel posto
diabolico in cui si potevano avere biglietti di sola andata per
l’inferno. La mia
casa non era quella cella, era semplicemente Shou. E da lui sarei
tornata, come
facevo ogni volta che gli promettevo di farlo.
Ci
separammo e vidi gli occhi
di lui illuminarsi di paura, timore che mi facessi del male o mi
succedesse
qualcosa. Come al solito, anche se non mi ero mai procurata
più di qualche
graffio durante una missione. Sfiorò il crudele collare di
diamante nero che mi
circondava il collo, tenendo sempre i suoi dannati chiodi conficcati
almeno in
parte nella mia carne.
Bella:
vorrei tanto che
questi chiodi…funzionassero.
Chinai
il capo, avvilita. Shou
mi afferrò il mento, costringendomi ad alzare il viso per
incrociare il suo
sguardo.
Shou:
non dirlo mai più,
capito? Mai!
Chiusi
gli occhi, annuendo
docilmente, come mi era stato insegnato, come mi avevano educato.
Bella:
meglio che vada.
Gli
diedi le spalle con uno
scatto e, senza guardarmi indietro, cominciai a correre più
veloce che potevo,
anima oscura in una notte di luna piena.
Riecchime a
rompervi i cosiddetti con una nuova storiaaa!!! XDXD non mi uccidete,
vi prego!
Giuro che l’altra sto cercando di continuarla, ma questa
sicuro non la lascio
in sospeso! Che ne pensate?
Bella: è
pessima! Perché
devo sempre fare la parte della depre…
Stunf!
Bella: ehi! Chi mi
ha lanciato in faccia questa ciabatta pelosa?! Voglio nome e
cognome!!!!!!!!!!!!!!!!!!! CHI E’ STATOOOOOO
Ehm,
ehm…dicevo? Ah,
sì! Fatemi sapere, ok? E la domanda, come al solito,
è la seguente:
IN COSA
SI E’
TRASFORMATA BELLA???
Statua d’oro
a chi
ci arriva, perché è abbastanza
difficilino… XD tanto per cambiare!!!!! Ahahahahah,
a presto, spero!!! Un bacio!