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Autore: Seiko    07/12/2009    5 recensioni
"Quando odi una persona, odi qualcosa in lui che è parte di te."
Quando mentire diventa parte integrante della tua persona, non puoi fare altro che ascoltare in silenzio quello che provi e credere ad ogni singola bugia che crei per nasconderlo...
Dedicata a Slits... [Law/Sanji]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Sanji, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fanfiction

 

 

Hatred

Only a dirty liar...

 

 

 “If you hate a person, you hate something in him that is a part of yourself.”

Herman Hesse – Demian

 

 

Il rhum brucia con sadica lentezza la tua gola, mentre in un’ultima sorsata svuoti il bicchiere in cui puoi ancora sentire distintamente risuonare il ghiaccio. Ti sarà stato portato si e no due minuti fa, un tempo sufficiente per scolarlo e permettere all’alcool di soffocare i fastidiosi pensieri che si insinuano nella mente, innocentemente magari, ma con la più che chiara intenzione di fartela esplodere nella nota finale di un concerto che hai odiato fin dall’inizio.

Hai degli impegni per la serata, un incontro programmato da molto, eppure trovi il tempo per gingillarti osservando il bicchiere vuoto, i riflessi della luce tersa della taverna che danno nuova vita a quel vetro, rendendolo particolare, quasi unico. Provi una malsana soddisfazione ad essere l’unico a poter osservare quello spettacolo, o forse è semplicemente l’annebbiamento dell’alcool che ti impedisce di pensare seguendo un filo logico lontanamente coerente mentre pieghi le tue labbra in un superficiale sorriso.

Forse è proprio quando cogli l’ennesimo colore irradiato dal vetro che ti illudi anche solo per un attimo di aver dimenticato i pensieri che infierivano nella tua testa fino a poco prima, ma basta una semplice sfumatura d’azzurro, e l’alcool, fino a poco prima tuo alleato, sembra rivoltarsi improvvisamente contro di te, lasciando i ricordi liberi di scorrere come la goccia d’acqua che percorre ad una velocità che pare irreale la liscia superficie trasparente del bicchiere che stringi fra le mani. E i suoi occhi ti compaiono davanti, in un immagine difficile da cancellare, così vera che ti pare veramente di averlo lì seduto al tuo fianco, così reale da farti provare indistintamente quell’odio viscerale che ti attorciglia le budella.

 

“-Capo, dove sta andando?- è atona con un retrogusto pungente la voce di Penguin mentre ti rivolge quella domanda, come se inconsapevolmente sapesse già la risposta, o almeno sapesse che non avrebbe ricevuto una risposta come è logico aspettarsi.

-Da quando hai il dovere di ficcare il naso nelle faccende che riguardano il tuo capitano?- e il sorriso che piega sarcasticamente le tue labbra, non è meno vile della domanda con cui fuggi le risposte.

È il vento freddo a parlare per entrambi in quel momento, bruciando pungente sul viso, graffiando con forza inaudita la poca pelle rimasta scoperta dai vostri vestiti invernali.

I tuoi occhi sono carichi di tutta l’autorità che ti concede il tuo ruolo, eppure riesce ancora a stupirti Penguin, con la semplicità con cui riesce a sostenere ogni tuo singolo sguardo. Forse per abitudine, o forse per un intrinseca forza che si è creata in quella convivenza così duratura, ma ancora ti rifiuti di ammettere che i tuoi compagni sono capaci di comprendere anche il più piccolo dei tuoi silenzi.

-Lo detesta.- è un’affermazione semplice, una rassegnata constatazione, eppure non sei riuscito ad evitare di sentire il tono quasi nervoso con cui è stata pronunciata.

-Lo so.- e in quel momento non servono altre parole, ma solo il suono dei piedi che si trascinano uno dietro l’altro verso le luci notturne dell’isola.”

 

L’immagine scompare, nell’esatto momento in cui quell’unica goccia d’acqua si frantuma sul bancone, insinuandosi nelle fratture di quel legno così vecchio da sembrare marcio. Le risate, le conversazioni chiassose della taverna tornano ad esploderti nelle orecchie, come se fino a quel momento fossi stato altrove, e non immerso in quel mare di alcool annebbiato da una forte coltre di tabacco.

Forse è proprio colpa di quella nebbia, e non certamente della vista che inizia a traballare, se non lo senti arrivare, se non distingui l’innato odore aristocratico che si porta dietro, quella dannata puzza di ricco che non l’ha abbandonato nemmeno diventato pirata. Lo vedi riflesso in quel bicchiere, che ancora ti ostini a tenere alzato in un brindisi fermo nel tempo, mentre si sistema con falsa eleganza i risvolti della camicia.

Ti viene istintivamente da ridere a quella visione, e non ti preoccupi nemmeno ti avere un po’ di riserbo, ti limiti a boccheggiare quella risata nell’aria con voce roca e impastata dall’alcool. Sei quasi felice quando lo vedi assumere un broncio scocciato alla tua reazione, come se si fosse aspettato un abbraccio caloroso al posto di quel gesto più che naturale, ovviamente per quanto possa essere naturale la reazione di una persona che cammina in equilibrio sull’orlo dell’ubriachezza, e poi lo sai perfettamente anche tu sei ben lontano dall’essere considerato una persona ordinaria.

-Posso offrirle qualcosa, altezza?- lo dici sarcastico, puntandogli contro il bicchiere ancora stretto fra le dita come per enfatizzare le tue parole, e lui in tutta risposta si limita a sospirare, proprio come una madre amorevole che apre la porta di casa a suo figlio ricoperto di fango.

-Sai bene che non sono qui per bere Law.- e lui è serio a differenza tua, mortalmente serio e mortalmente noioso come ogni volta.

Adora dare ai vostri incontri una parvenza di normalità, lo sai bene, sai perfettamente come il biondo cerchi continuamente di nascondere la sua vita dietro i canoni di bella apparenza della società, eppure al tempo stesso è un pirata, proprio una bella contraddizione. Eppure non ti importa, anzi forse è proprio quello che ti affascina di lui, quella sua costante ambiguità, quel suo essere totalmente diverso da come dovrebbe essere.

Lo segui con lo sguardo mentre si siede al tuo fianco continuando a parlarti, mentre accende nervosamente una sigaretta, e solo quando espira quella dannata boccata di fumo ti rendi conto che questa volta non è l’alcool a mostrartelo, che è lì veramente, frustrato e nervoso come ogni volta.

Non passa molto prima di vederlo voltarsi verso di te e guardarti con gli stessi occhi che avrebbe un animale chiuso in gabbia. Ti strappa di mano il bicchiere, costringendoti forse a porgergli più attenzione di quanta gli stai già dedicando, ma lo sai che è sempre stato un tipo piuttosto pretenzioso.

-E ascoltami quando ti parlo, maledizione!- la vedi bene la rabbia racchiusa in quella prigione di cristallo, ami essere guardato così perché sono le uniche occasioni in cui non sei l’unico a provare qualcosa di negativo, qualcosa di sbagliato in quel rapporto.

Sorridi guardandolo,  indeciso forse se tornare a ridergli ancora una volta in faccia, ma sai che probabilmente ti ritroveresti con la faccia sanguinante quella volta e perciò lo eviti, limitandoti a quel sorriso, un sorriso che l’altro ti strapperebbe volentieri via a suon di calci.

-Sono tutto orecchi principino.- e la sente anche lui l’ironia che tinteggia quelle parole, enfatizzata ancora di più dall’alcool che ti scorre nelle vene, quella sera deciso più che mai ad accompagnarti alla tua tomba prima del previsto.

Ancora una volta osservi quelle labbra muoversi, nella totale incapacità di percepire i suoni che emettono, anche perché le parole che vengono pronunciate in quel momento non ti interessano minimamente. Una moglie che rimprovera il marito, non trovi paragone migliore capace di cogliere quello che il biondo rappresenta in quel momento, una noiosa, puntigliosa e fastidiosissima moglie, peccato non fosse nei suoi piani essere sposato, non ancora almeno.

Ma lui sembra accorgersi della tua temporanea disattenzione, e frustrato come solo lui sa essere si limita a colpire il bancone, lasciando tintinnare sopra del denaro, e in un calcolo fin troppo rapido per uno nelle tue condizioni ti rendi conto che ha lasciato anche più del necessario.

Trovi stranamente interessante fissare la moneta mentre volteggia oscillando in cerchi quasi perfetti, e ne faresti volentieri la tua principale attività per tutto il resto della serata, peccato che il tuo compagno non sia affatto d’accordo e decide di trascinarti fuori dal locale, in un impeto di rozza pirateria che difficilmente può appartenergli veramente. Ti limiti a sorridere e lasciarti trascinare dai sentimenti negativi che guidano i gesti del cuoco, sentimenti di cui sei profondamente compiaciuto, come un bravo papà che vede crescere i suoi figli, o come ti dice la voce più sincera che ti frulla nella testa in quel momento, come un normale essere umano che si sente sollevato a non essere l’unico in difetto in quella storia.

Quando finalmente siete fuori senti l’aria invernale pungerti nuovamente la pelle, bruciarla con quel suo freddo così tipico da essere ormai una tradizione. Lui si limita a lasciarti barcollare, mentre si allontana giusto il necessario per appostarsi proprio di fronte a te.

-Quanto hai bevuto?- e più che una domanda ti sembra una inquisizione in piena regola, al biondo manca solo il costume adatto.

-Che cazzo hai Trafalgar?- forse è proprio in quel momento che senti l’odio pungerti precocemente la lingua, affogato nel retrogusto alcolico che ti impregna la bocca.

Te lo stai domandando, come un ago che si insinua sotto la pelle, ti chiedi perché sei ancora lì ad ascoltarlo, perché nonostante l’odio che ti avvelena l’animo sei ancora lì in piedi a guardalo dritto negli occhi, perché nonostante tutto a quei dannati incontri ci vai tutte le volte, perché a lui importa qualcosa di quello che provi come dice quella voce con l’amaro retrogusto di sincerità che ti rifiuti di ascoltare.

Ormai la sua voce è diventata un brusio indistinto fra le domande che ti affollano la mente, ma resta sempre la più acuta e fastidiosa, ed è in quel momento che decidi di non volerla sopportare ancora per molto. Poi probabilmente darai la colpa all’alcool, ma lì in quel momento l’unica cosa che riesci a fare e afferrarlo per un polso e bloccarlo contro il muro della taverna. E non le ascolti le sue proteste, ti limiti a mettere la parola fine a quel dannato rumore sigillandogli le labbra, baciandolo con una foga che non dovrebbe appartenerti, con un bisogno che stona in quei sentimenti che sanno di acido.

Lo senti mentre tenta inutilmente di ribellarsi, mentre cerca di scacciarti con l’unica mano libera, come se si fosse dimenticato che il suo punto di forza sono le gambe e che sono libere come non lo sono mai state in quel momento, o forse perché è talmente furioso da non ragionare normalmente, ma nemmeno per un attimo ti passa per la mente che alla fin fine stai facendo proprio quello che voleva, e quella lotta non è altro che il vano tentativo di dimostrare ad entrambi il contrario, che quello che sta succedendo non lo volete affatto, il giusto necessario per avere la parvenza di qualcosa di lontanamente ortodosso.

Abbandoni le sue labbra per recuperare il respiro, mentre senti indistintamente il dolce sapore di tabacco sulla punta della lingua, e lo detesti, perché tra voi non può esserci niente di dolce, perché è terribilmente disgustoso quello che ti si agita dentro ogni volta che lo vedi. Forse è per questo che gli strappi parte della sua elegante camicia, quel tanto che basta per liberare la spalla, e prima ancora che le sue proteste giungano alle tue orecchie affondi i denti nella sua carne.

Ed è buono, buono come non lo è mai stato l’amaro sapore di sangue che senti fra le labbra, e la sua voce non ti è mai piaciuta così tanto, mentre si lamenta sofferente, mentre ti insulta in tutti modi che conosce. Imprecazioni, insulti, non chiedi altro da lui, vuoi vedere anche i suoi sentimenti negativi, e li vuoi vedere tutti davanti ai tuoi occhi.

Eppure quella sembra essere la sera dei cambiamenti, perché il biondo ti stupisce mentre fra le imprecazioni si afferra saldamente alle tue spalle, come a cercare un appiglio, un aiuto nel suo stesso carnefice. Il suo sguardo si fissa su di te e senza bisogno di parlare capisci già come finirà quella nottata, esattamente come l’avevate programmata.

Torni a baciarlo, sfiorando il suo collo con piccoli morsi, ma lo senti mormorare qualcosa nel tuo orecchio, e non hai bisogno nemmeno di sentirlo sai già cosa ti ha chiesto. Una stanza, non è certo nelle corde di sua altezza scopare in mezzo alla strada, come se una sudicia camera d’albergo e un letto facessero poi tanta differenza, ma come ogni volta lo asseconderai, perché del resto puoi schifartene quanto vuoi, sai perfettamente che in quelle notti l’unica cosa che vuoi è il corpo di quel dannato cuoco.

È in quel momento che decidi di fregartene dell’odio, di ignorare la rabbia, il disprezzo, e per una volta dai ascolto all’istinto, certo sei ubriaco e questa sarà un’ottima scusa per il giorno dopo, ma quella sera lui e il piacere che può darti sono le uniche cose che vuoi.

 

“-Capitano, cosa ne pensa lei dell’amore?- te lo domanda innocentemente Casquette, con quell’atteggiamento limpido che lo contraddistingue.

Ti ritrovi spiazzato da quel quesito, non tanto perché per un uomo per di più pirata è quasi assurdo fermarsi a riflettere sull’amore, ma proprio perché ti ritrovi nell’incapacità di dargli una qualunque risposta.

-Ecco... è mai stato innamorato capo?- riprende il discorso il tuo subordinato dopo un tuo ostinato silenzio verso la domanda precedente.

-No.- rispondi automaticamente, più per riflesso che per attenta riflessione.

Non ci hai pensato per niente, ti sei limitato a dischiudere le labbra e far uscire il primo suono di passaggio.

Vedi l’altro tornare a guardare il cielo limpido, con una strana vena malinconica nello sguardo, delusione forse, ma del resto doveva capire fin dall’inizio che aveva scelto la persona sbagliata per intraprendere una simile discussione.

Scendi con grazia dalla balaustra su cui stavi seduto, e lo sorpassi per raggiungere la tua cabina. Eppure dopo pochi passi ti fermi, come colto da un pensiero improvviso.

-L’amore è disonesto Casquette, non aspettarti mai la sincerità quando si parla di un simile sentimento.- e forse parli più a te stesso che a lui in quel momento, ma non puoi fare a meno di andartene comunque con una smorfia in viso che assomiglia, seppur lontanamente, ad un sorriso malriuscito.”

 

Ti svegli alle prime luci dell’alba, in quello che ti appare qualcosa di lontanamente simile ad un letto, coperto sporadicamente da lenzuola che forse un tempo erano pulite e con un mal di testa che sembra volerti strappare via pezzo per pezzo il cervello. Non sai per quale masochistico istinto lo fai, ma ti alzi lentamente a sedere cercando di focalizzare la stanza alla meno peggio.

Ti ci vuole un po’ per svegliarti del tutto, e appena il mal di testa riesce a farsi sopportabile vieni colpito subito dall’odore di tabacco che aleggia nella stanza. È un calcolo molto rapido quello che fai, eri ubriaco e probabilmente un certo biondo è venuto a cercarti, niente di nuovo, il solito incontro che ti lascia solo, in una stanza d’albergo, a bearti degli ultimi residui del tuo compagno nel pizzicante odore di sigaretta.

Inizi a ricordare la serata precedente, ricordi sporadici, incapaci di mostrarti tutto il racconto nella sua complessità, ma c’è una cosa che proprio non riesci a levarti dalla testa, e già senti montare la rabbia al solo pensiero. Il biondo, continui a rivederlo, continui a sentire la sua voce, a sentire il suo dannatissimo calore, e l’odore che permane nella stanza sembra più che intenzionato a sfondarti le narici, e le odi quelle sensazioni, quelle immagini dalla prima all’ultima.

Detesti tutto questo, sentimenti piacevoli, in una relazione fondata sull’odio non dovrebbero esserci cose simili, non dovresti nemmeno andarci a letto in effetti, eppure lo fai.

Hai sempre pensato che fosse un innato sadismo a spingerti verso di lui, la voglia di farlo soffrire, del resto avevi i tuoi buoni motivi per destarlo all’inizio di tutta questa storia, mentre ora stai seduto su un letto, con un mal di testa lancinante, a fremere dalla rabbia perché la sera precedente l’hai passata fin troppo bene.

Ti alzi in fretta, forse fin troppo perché senti distintamente la tua testa gridare per protesta, ma la ignori afferrando i tuoi vestiti sparsi per la stanza, con la voglia di andartene da lì il prima possibile. Ma mentre tra la confusione generale, creata sia dall’ambiente che dai duri effetti del post sbronza, un particolare oggetto attira la tua attenzione.

Sul comodino c’è una sigaretta, posata con fin troppa accortezza a fianco ad un fiammifero per essere stata lasciata lì per caso. Un gesto privo di senso ai tuoi occhi, che motivo avrebbe quell’idiota di un biondo per lasciare una stupida paglia?

 

“-Non toccare le mie sigarette Trafalgar!- il tono è irritato lo senti distintamente, e detesti quella voce acuta che usa quando è arrabbiato.

-Non ti facevo così tirchio principino.- lo sospiri mentre appoggi a terra il pacchetto di sigarette.

Cos’avranno di così importante quelle stupide stecche non l’hai mai capito.

E soprattutto perché lui può godersi una rilassante fumata post sesso e tu no? È ingiusto.

-Quelle sigarette sono il mio profumo personale Law, ne avrai una solo quando sarai disposto a sopportare il mio odore tutto il giorno.- ed è tremendamente serio mentre lo dice, nonostante il ragionamento di per sé sia piuttosto ridicolo.

Sai anche perché ti dice quelle parole, perché anche lui è perfettamente consapevole che la vostra relazione non ha niente al di fuori di una paradossale attrazione sadica per te e masochista per lui. Perché nessuno sano di mente avrebbe il coraggio di intraprendere quel genere di rapporto con una persona che odia.”

 

Il sapore del tabacco è quasi soffice in bocca, mentre il suo profumo ti pizzica con aspra dolcezza le narici. Non pensavi che fumare una sigaretta potesse essere così rilassante.

Pensavi sarebbe stata una di quelle esperienze da non ripetere, ed eri pronto a gettare quella cicca non appena assaporata una prima boccata, e invece sei lì a stringerla fra i denti gustandoti ogni singolo dettaglio, perché ora sei sicuro che li ricorderai.

Non sai cosa puoi aver detto la sera prima, non sai cosa ha spinto il biondo a lasciarti quell’unica sigaretta, e forse in fondo nemmeno ti interessa, perché quel sapore non è amaro come ti aspettavi, non è acido, è inaspettatamente dolce.

Forse è in quel momento che ti rendi conto, che non è quel sapore che detesti, non quel profumo, e non quella voce, non è lui. Sei tu.

Quella rabbia insensata la provi tu, sei tu ad arrabbiarti perché tra quelle labbra senti qualcosa di dolce, e sei tu ad arrabbiarti perché quella è l’ultima persona con cui vorresti provare sentimenti simili.

Lo odi, ma in verità odi te stesso per quello che provi, perché odiarlo è l’unico modo per non ammettere quello che in fondo già sai, ma ti rifiuti di ammettere.

Del resto l’amore non è altro che uno sporco bugiardo, non è forse vero Sanji?

 

 

End ~

 

 

 

 

 

 

 

Note d’autrice:

Per prima cosa ho una dedica da fare e nessuno al mondo potrà fermarmi.

Questa one-shot l’ho scritta per Slits la mia socia, un piccolo regalino diciamo, visto che al suo compleanno non ho potuto farle niente in un certo senso con tantissimo ritardo questo potrebbe considerarsi qualcosa di molto simile ad un regalo. Ti voglio un gran bene socia, questo è il mio grazie per tutto l’aiuto e il sostegno che mi dai ogni volta, e perché senza di te la Law/Sanji non farebbe palpitare il mio cuoricino perverso come fa al momento! Grazie di tutto davvero!

 

Tornando a noi, considero questo storia una sorta di esperimento, ho voluto per una volta affidarmi alle sensazioni e non alla logica, quindi spero che questo non faccia risultare il tutto un grande disastro, senza contare che è la prima volta che uso la seconda persona (che adoro) in una storia così lunga, quindi davvero spero non sia un’enorme schifezza!

Come sempre Seiko accetta tutto letture, commenti, critiche e gli insulti, perché nessuno mi insulta?!

Scherzi a parte grazie a tutti quelli che mi seguono, anche chi mi segue nonostante i miei gusti assurdi per le coppie, grazie a tutti davvero!

 

 

P.s. Socia I love you! (but in a totally manly way! Like Turk&J.D. dear!)

 

   
 
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