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Autore: Clarobell    09/12/2009    5 recensioni
La caccia a Barbanera porta Ace fino a Las Vegas, ma l'altro ha qualcosa in mente oltre ad una semplice fuga dopo un omicidio... AU dell'episodio 325.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Barba nera, Portuguese D. Ace
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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If you feel that it's real I'm on trial
And I'm here in your prison
Like a coin in your mint
I am dented and I'm spent with high treason

Ace seppe di essere nei guai dal momento in cui lo vide. Teach era un uomo grande, addirittura quasi troppo grande per poter davvero causare dei problemi, ma il giovane era eserto di queste cose. Ricordava la disperazione che il bastardo aveva provocato nel lasciare la banda. L’impresa nella sua interezza aveva causato una catastrofe, scuotendo le fondamenta dell’organizzazione che il vecchio Babbo Newgate aveva costruito dal nulla grazie al suo duro lavoro. Anche se la polizia li considerava una “banda”, erano più un grande gruppo composto da fratelli, zii e padri; Marshall D. Teach aveva distrutto tutto. Ora un uomo era morto, una nuova vedova si stava disperando ed il colpevole era ancora uccel di bosco.

Quando il Babbo gli aveva assegnato la missione di rintracciare Teach, lui si era messo subito all’opera. Teach and Billy Sachman erano due degli uomini che stavano sotto il suo comando nella divisione di Atlanta, perciò li conosceva meglio del Babbo. Quei due erano stati come fratelli negli anni passati assieme nella banda. Teach era stato persino il testimone di Billy, quando aveva sposato Denise, cinque anni prima. I dodici anni precedenti non erano stati altro che una finzione per quell’uomo, gli ultimi tre erano una fonte di memorie dolorose, per Ace.

Ovvio, dato che era stato lui a trovare Sachman, o “Sachi”, il mattino dopo che Teach l’aveva ucciso, ridotto in pezzi sanguinolenti. Denise aveva chiamato Ace, poiché voleva sapere dove stesse nascondendo suo marito. Lui si era precipitato nel macello che Sachi e Teach dovevano sorvegliare durante la notte, per prevenire attività di bande rivali. Era stata una scena terribile, tanto da assicurarsi che Denise non la vedesse mai. La scoperta che Teach era introvabile gli aveva fatto ribollire il sangue. Ace sapeva che l’unico modo per alleviare il dolore della ferita era estrarre la spina che l’aveva causata.

Per Ace, era il momento di mettersi alla prova. Era molto più giovane della maggior parte degli uomini che comandava, addirittura anche di venti o trenta anni, minimo. Era un prodigio, e solo pochi uomini dubitavano che fosse così tanto abile ed intelligente. Il Babbo sapeva che era un capo capace ed in gamba, semplicemente per i suoi legami con quel militare eroe di guerra. Era totalmente sicuro che avrebbe completato la missione e riportato Teach all’ovile per la giusta punizione. La mente di Ace giocherellava con immagini tipo scarpe di cemento, mentre comprava un biglietto per Vegas, dove sapeva di poter trovare la sua preda. La florida città pullulava di alcol, donne, soldi e lecchini, che, sapeva, Teach adorava. Adesso era solo una questione di tempo.

Through a glass eye your throne
Is the one danger zone
Take me to the pilot for control
Take me to the pilot of your soul

L’aria era molto, molto pesante, afosa e pungente per l’odore dolciastro delle sigarette delle altre persone. Già da tempo, il barman aveva abbassato le luci, in modo che la ragazza sul palco monopolizzasse l’attenzione con un vestito di lustrini ed i capelli ricci a forma di alveare, mentre cantava una qualche canzone dei vecchi tempi. Anche se era al bar, Ace poteva notare che si trattava di una nullità ben abbigliata. Da un momento all’altro, lo sapeva, il pesante strato di trucco si sarebbe rotto, staccandosi dal suo viso per precipitare sul pavimento. Comunque, gli altri clienti l’apprezzavano.

Era un buco sozzo, pieno di puttane e canaglie che non potevano entrare nei casinò più rispettabili. Ace bevve il suo scotch disdegnato; quel genere di posto faceva sembrare pazze le persone come lui. Era disgustoso il fatto che, anche scegliendo il Sands o il Mirage, i clienti sarebbero stati gli stessi, solo vestiti meglio.

Voltandosi verso il banco, diede la schiena alla cantante e fissò il ghiaccio rimasto nel bicchiere. I cubetti rotondi si stavano sciogliendo, rilasciando una sottile brina quando agitava il contenitore trasparente. Fingeva di non notare l’uomo dai vestiti casual che si era seduto al suo fianco, posando una cartellina di cartone sul bancone sporco.

“Pensavo non avessi intenzione di rilassarti finché non avessi preso l’assassino di Sachi,” disse l’uomo a voce bassa, così che solo Ace potesse sentirlo.

“Hey Joe, voglio un altro giro; uno anche per il mio amico qui,” disse Ace al barman. Il buzzurro versò altri due bicchieri e ritornò a guardare lo spettacolo, ignorando completamente sia lui che il suo compagno.

“Non scherzo, Ace,” continuò l’uomo, prendendo la sua bevanda. “Il Babbo sta iniziando a chiedersi se davvero hai le capacità di azzannare una preda.”

“Il Babbo non ha mai detto niente del genere.”

“E’ da un po’ di mesi. Pensavo avessi detto di essere vicino a prenderlo tre settimane fa.”

“Infatti.”

“Che è successo?”

“Sai cos’è successo, Marco. Quello che mi succede sempre anche quando sono al massimo.”

“Una donna?”

“Mi sono addormentato.”

Marco sospirò e fece scivolare la cartella più vicina ad Ace.

Interessato, lui la prese e ne guardò il contenuto. C’era un’altra piccola cartellina bianca, ma il resto erano fotografie sfocate prese da una telecamera di sicurezza. Gli ricordavano quelle che suo nonno faceva con una vecchia Polaroid a lui e a suo fratello quand’erano bambini. I contorni erano abbastanza definiti da poter riconoscere sullo sfondo un uomo, che leggeva un giornale nella hall di un Hotel. Allargò le narici per la rabbia.

“Questa è stata scattata pochi giorni fa in un hotel qui in fondo alla strada,” disse Marco, notando la sua rediviva ira. “Conosco il proprietario; ci deve un favore. Sta tenendo d’occhio Teach. Sembra che stia cercando di crearsi una sua banda.”

“Perché dovrebbe farlo?”

“Potrebbe avere a che fare con questo,” disse Marco, indicando una delle fotografie ancora sul bancone. Ace la prese e vide che raffigurava Teach nella sua stanza, insieme a qualche altro tizio. Teneva in mano con ammirazione una pistola. Anche senza l’indicazione del colore e l’aiuto della chiarezza, lui poté dire di chi fosse quell’arma.

“E’ la Switchblade di Sachi,” mormorò.

“Artigianale, giusto?” chiese Marco. “Si dice che fosse molto protettivo nei confronti di quella pistola e che la considerasse seconda solo a sua moglie.”

“Switchblade è probabilmente una delle migliori pistole che siano mai state costruite. Nessun’altra è al suo pari. Ha una forma così bilanciata ed una precisione di tiro che persino un bambino potrebbe usarla per uccidere.”

“Quindi cos’ha in mente di farci Teach?”

“E’ quello che voglio sapere,” disse Ace. Si alzò velocemente e quasi corse fuori dal bar. Marco scoccò un’occhiata allo scotch abbandonato e sospirò.

“Quel dannato ragazzino finirà per farsi ammazzare."

Si scolò entrambi i bicchieri e non ci pensò più.

Take me to the pilot
Lead me through the chamber

Ace si appoggiò ad un albero, ansimando con fatica mentre respirava. Silenziosamente, ringraziò il tronco per trovarsi in quel luogo. Il giovane si irrigidì al sentire il ruggito del motore di una vecchia automobile che viaggiava verso di lui. Sarebbe stato un bel risparmi di tempo se non avesse dovuto occuparsi dei tirapiedi.

“Gracias per il passaggio, Doc!” rise una voce forte. Ace digrigno i denti, sdegnato. Un’automobile scoppiettò pigramente dall’altro lato della strada, e con un suono sordo scosse le fronde dell’albero. Ace raggiunse la pistola nella sua fondina laterale e si preparò.

“Io non lo farei se fossi in te,” gli disse all’orecchio una voce ironica. Si ritrovò sul collo la parte sbagliata di una fretta pistola, e si paralizzò.

“Va’ a casa,” disse lui, mentre un braccio lo prendeva per il collo. “Questi non sono affari vostri.”

“Oh, ma sono decisamente affari nostri, hombre,” rise ancora la voce potente. Il più grosso e all’apparenza forte messicano che Ace avesse mai visto entrò nella sua sfera di visione. Si infilò un paio di tirapugni d’ottone e soffocò una risata.

“Fa’ attenzione, Jesús,” lo avvertì l’uomo dietro Ace. “Teach lo vuole vivo.”

“Solo due colpi, mi amigo,” sorrise l’altro. “Non posso lasciare che il capo si prenda tutto il divertimento.”

“Perciò,” sbottò Ace, “Teach è davvero caduto in basso. Da quando ha bisogno di servirsi di un miserabile crucco e di un immigrato idiota che facciano il lavoro sporco per lui?” Una scintilla si accese negli occhi del messicano.

“Tú canalla!” ruggì Jesús, gettandosi verso di lui. Ace sorrise mentre l’arma si spostava dal suo collo al cielo, percorrendo un ampio cerchio in aria.

“Cosa ti avevo detto?” brontolò l’uomo con la pistola. “Me ne frego di quello che dice di noi!”

“Calmo, calmo, Auger,” sospirò una voce che ravvivò le fiamme della rabbia di Ace. Era bassa; troppo, perché il messicano potesse udirla. “Sai che ho assunto Jesús perché non era proprio il più intelligente a disposizione. Tutto ciò che deve fare è prendere a pugni i bravi ragazzi ed è l’uomo adatto per questo lavoro.”

“Hai ragione,” disse il pistolero, rilasciando il collo di Ace. Lui immediatamente lo spinse via e si voltò per guardare Teach. Era in piedi vicino ai bassi cespugli, l’automobile a circa cinque passi da lui.

Un uomo grosso, proprio come Ace ricordava. Forse, un po’ troppo grosso.

Take me to the pilot
I am but a stranger

“Perché l’hai fatto, Teach?” chiese Ace. Sentiva gli occhi arrabbiati di Jesús, così come il freddo sguardo di Auger, fissi su di lui. Gli occhi di Teach, comunque, erano pieni di divertimento ed allegria.

“Fatto cosa?” chiese lui.

“Sei stato tu ad uccidere Sachi.”

“E questo come puoi saperlo?” lo schernì Teach.

“Tu e Sachi eravate gli unici in quella zona quella notte. In più, hai tu Switchblade. Qualcosa mi dice che stai progettando qualcosa di davvero grosso se hai dovuto uccidere il tuo migliore amico e rubare la sua preziosa pistola.”

Ace fissò Teach, gli occhi illuminati dal fuoco della rabbia.

“Zeh-heh,” rise Teach. “Penso di non poterti nascondere niente, ragazzino. Non l’avrei mai detto, ma sembra che tu sia davvero qualcuno.”

“Sono il tuo comandante. Non pensi che fosse una prova sufficiente?”

“Ah, ma qualche volta sono quelli dei ranghi più bassi che dovresti tenere d’occhio.” Teach gli puntò la pistola direttamente alla fronte. “Sachi non è mai stato un mio amico, né lo sei stato tu. L’unica ragione della mia presenza era Switchblade, tutto qui.”

“Tutte balle. Sachi e Denise ci tenevano a te, e così anche il Babbo. Non puoi semplicemente voltarti e pretendere che gli scorsi dodici anni non contino.”

“L’ho appena fatto,” sorrise Teach. Schioccò la lingua, un grande ghigno sul volto.

Improvvisamente, tutto diventò nero.

Take me to the pilot
Lead me through the chamber

Ace mormorò mentre si svegliava di colpo. Aveva la gola secca e i muscoli addormentati. Si stiracchiò leggermente, quanto bastava per notare che aveva le mani legate dietro la schiena. Il pavimento su cui stava era ricoperto di qualcosa, e più freddo della brezza invernale.

“Ben svegliato finalmente,” disse la voce impassibile di Auger, a distanza. Ace aprì gli occhi e si guardò attorno. Auger era seduto su una cassa lontana circa cinque piedi da lui, e puliva il fucile.

Al soffito erano appesi grandi pezzi di carne, da poco tagliati, visto che stavano ancora gocciolando sangue. Ace poteva vedere il suo fiato ed iniziò a tremare per via dell’ambiente gelido.

“Dove sono?” domandò, attento a non perdere il suo sangue freddo.

Auger proseguì la pulizia della pistola. “Un congelatore per la carne,” rispose.

“Dov’è Teach?”

“Non qui.”

“Che stai progettando?”

“Io non progetto niente; ci pensa Teach al posto mio.”

Ace rimase sdraiato là per quelle che sembrarono ore. Più a lungo il suo stomaco brontolava, più la sua testa doleva. Il suo carceriere doveva avere almeno dieci differenti pistole addosso, e le stava pulendo e controllando tutte.

Dietrich von Auger: un cecchino così capace, che avrebbe potuto vincere da solo la guerra in Europa, se non fosse stato in prigione per aver trovato da dire ad Hitler. Non c’era possibilità di fuga finché aveva abbastanza potenza di fuoco.

Da qualche parte una porta sbatté e si sentì il pesante suono di quattro paia di passi. Ace tentò di allungare il collo per guardare, ma Auger lo colpì con il calcio di un fucile.

“Come sta il nostro piccolo ospite?” ridacchio Teach.

“Ora è sveglio,” fece una smorfia Auger. La spina dorsale di Ace venne colpita da un calcio. “Deve aver cercato un sistema per scappare. Ha fatto solo tre domande.”

“Tre o quattro e sta complottando qualcosa,” disse Teach in tono casuale. Afferrò Ace per la collottola e lo lanciò contro uno dei pezzi di carne appesi e congelati a metà. “Stai progettando qualcosa, vero, ragazzino?!

Ace si accartocciò sul terreno, un sangue estraneo che gli bagnava la faccia ed i vestiti. In quello stato, sapeva che una lotta era fuori questione. Aveva troppo freddo e troppa fame per essere d’aiuto a se stesso. Se si fosse scaldato un attimo, forse i suoi muscoli avrebbero collaborato a sufficienza per farlo uscire di lì e raggiungere il cibo più vicino. Già... Del cibo. Era l’unica cosa su cui riusciva a concentrarsi al momento.

“Cosa ne faremo di lui, Teach?” tossì una voce roca. A replicare fu il rozzo Jesùs.

“Lo uccideremo, ovvio! Stavi pensando a qualcos’altro Doc?”

“Oh, non lo so. Sembra un ragazzino così vispo.”

“Io so precisamente cosa farne di lui,” disse Teach minaccioso. “Potrebbe davvero diventare utile.” Ace si sforzò per alzarsi, magari anche battersi con il bastardo, ma si paralizzò a mezz’aria. Con un gemito silenzioso, cadde sul terreno, indifeso ed addormentato. Doveva capitare proprio in quel momento?

Take me to the pilot
I am but a stranger

Ace sedeva all’angolo di una stanza sporca e spoglia, fissando i suoi carcerieri. Auger si stava affacciando fuori dalla finestra, che faceva entrare a gocce all’interno della stanza il forte ruggito di una folla. Teach stava pulendo Switchblade, accarezzando meticolosamente ogni singola parte. Jesús and “Doc” stavano facendo un discorso solo in parte in inglese riguardo qualcosa. Il quinto, un uomo smilzo con un bastone, non era ancora ritornato indietro. Se n’era andato poche ore prima per occuparsi dei “preparativi” e non era più tornato. Il corpo di Ace doleva per le botte ricevute nel congelatore della carne. Non aveva avuto da mangiare; solo tirapugni d’ottone e stivali rinforzati d’acciaio. Dopo che si era addormentato, loro si erano assicurati che non andasse da nessuna parte.

“Fra quanto tornerà Lafitte?” chiese Auger, a disagio. “Dubito che occuparsi della sorveglianza si ciò che lo sta tenendo occupato.”
“Lascialo giocare,” sbadigliò Teach. “Lafitte tornase sempre. La parata potrà anche avere la sicurezza più stretta della città, ma noi dobbiamo essere ancora più prudenti. E’ ritornato dal nord di Seul.”

“Qui non siamo in Corea,” disse Doc. “Siamo tutti più vecchi per vivere sul filo del rasoio. Perché ce l’hai tanto con quel tipo, comunque?”

“Per un sacco di motivi, in realtà,” disse Teach, incastrando al suo posto l’ultimo pezzo della pistola. “Più di quanti si sapranno mai.”

“Avete intenzione di far incolpare me?” chiese Ace, la voce debole. Strattonò leggermente le manette che lo incatenavano ad un tubo. Non aveva né mangiato né bevuto in due giorni.

“Guardate chi ha deciso di tirare fuori le palle per parlare,” rise Jesús. “Che ne pensi, mijo? Che ti lasceremo semplicemente andartene senza preoccuparcene?”

“Penso che ti potrebbe piacere chi abbiamo preparato per te,” disse Teach mentre ammirava Switchblade alla luce solare che penetrava dalla finestra. “Penso che sia proprio il tuo genere.”

Proprio in quel momento, Lafitte entrò sbattendo la porta. Il bastoe che portava somigliava maggiormene a quello di un pappone piuttosto che quello di un poliziotto. Lo puntò verso Auger, i suoi occhi freddi, per fargli cenno.

“Via dalla finestra. Stanno facendo un controllo visivo proprio ora,” ordinò. Auger saltò giù dal davanzale e si nascose in un angolo. Tutti gli altri si sposarono con attenzione contro il muro opposto.

“Grazie Lafitte,” disse Teach, alzandosi per stringere la mano al poliziotto. “Com’è il resto del sistema?”
“Parecchio stretto fino a questa curva,” disse Lafitte. “Se qualcuno farà qualcosa, deve essere da quest’angolo. Persino i mattoni hanno occhi qui intorno.”

“Bene, bene...” Teach si interuppe per pensare. “La parata è pronta? Partirà presto?”

“Già in moto tra la Quinta e Kings.”

“Ben fatto. Ritorna qui non appena puoi senza insospettire nessuno. Ci affidiamo ai nostro bravi uomini in uniforme perché facciano il loro lavoro e facciano rispettare la legge fino in fondo.”

“Perfetto,” sorrise Lafitte. Si voltò e colpì Ace con il bastone negli stinchi prima di uscire.

“Penso di vederli arrivare,” sussurrò Ager. Teach si affrettò alla finestra e rise di cuore. Afferrò in fretta Switchblade ed un gruppo di munizioni. Le mise nel cilindro ed armò la pistola.

“Posso almeno sapere chi sto uccidendo?” chiese Ace. Auger sorrise mentre si allontanava di nuovo dalla finestra e si avvicinava a lui con un tubo.

“La cara vecchia botte di lardo,” ghignò. Alzò il tubo sopra la sua testa proprio nel momento in cui Teach prendeva la mira fuori dalla finestra. Ace sentì una fitta allo stomaco; non aveva lasciato casa proprio con buone maniere e non era ancora riuscito a dire al nonno che gli dispiaceva. Adesso era troppo debole per fare qualsiasi cosa; non lo legavano delle corde che potesse bruciare con il suo accendino, e poi non aveva energie da spendere in un combattimento corpo a corpo. Ace svenne, quando il tubo lo colpì in testa, con la pistola che restava solo un rumore soffocato e distante.

Well I know he's not old
And I'm told he's a virgin

“Riconosci questa pistola?” chiese l’ufficiale. Ace fissò Switchblade, indicata come arma del delitto e tenuta con un guanto bianco. “Allora moccioso, la riconosci?”

“Quella non è mia, ma di Sachi,” disse, la luce brillante sopra la sua testa gli faceva strizzare gli occhi. “Non l’ho mai usata per uccidere nessuno.”

“Non ti ho ancora chiesto se hai ucciso qualcuno,” si accigliò l’ufficiale. Soffiò il fumo dal suo sigaro e sospirò. “Ascolta, ragazzino, non stai collaborando e noi possiamo stare qui tutto il giorno se non cambi atteggiamento.”

“Vuoi dire se non confesso,” disse Ace. Desiderò di potersi massaggiare i polsi, che venivano tagliati dalle manette che lo tenevano legato alla sedia. Aveva provato a divincolarsi prima, ma la sedia era fissata con sicurezza al terreno; brutto segno.

“Ti avverto, ragazzino,” disse l’ufficiale. “Niente scherzi o ti spedisco dritto in Texas, e sai cosa fanno laggiù agli assassini come te?”
“Ammetto di aver litigato con parecchie persone, ma non ho mai ucciso nessuno,” disse Ace. “Dovete cercare Marshall D. Teach!”

“Teach ha un alibi per quel giorno: era senza dubbio dall’altra parte della città.”

“Ha avuto un aiuto da un poliziotto!”

“Se stai parlando di Lafitte, era presente e al suo posto come addetto alla sicurezza durante la parata. E’ stato lui a trovarti, no?”
“Ho altri nomi… Dietrich von Auger, Doctor Quentin Nigma, Jesús de el Toro…”

“…tutti con Teach, e confermano il suo alibi. Pensi davvero di poter scampare al pubblico omicidio di tuo nonno accusando persone che erano senza dubbio da tutt’altra in un parte? Da quando hai iniziato a sfinire con questa storia, mi sono procurato delle prove scritte che confermano che quei quattro stavano lavorando maneggio. Mentre tu ti occupavi dell’omicidio, stavano insegnato a cavalcare come dei cowboy a dei graduati di quinto livello.

“…ma Teach ha ucciso Sachi e io sono andato a cercarlo e poi loro mi hanno accusato! Agente Smoker, ho cercato di evitare che potesse accadere qualcosa del genere! Che motivo avrei avuto per uccidere mio nonno?”

“Tante quante può averle uno che scappa di casa,” disse l’ufficiale. Guardò uno dei muri a specchio e si accigliò. “Tashigi! Ho bisogno di altro caffé!"

For he may be she
But what I'm told is never for certain

“Smoker, sai che non mi sono mai nemmeno immaginato di avvicinarmi a Garp,” disse Ace, il tono più basso possibile. “Ho una bella vita adesso ad Atlanta. Mi vedo con una ragazza; è molto carina e probabilmente preoccupata a morte per me. Sa che non farei mai qualcosa di dannatamente sbagliato, perché lo sapresse prima che io abbia la possibilità di farlo. La mia ragazza è troppo sveglia perché possa nasconderle qualcosa di così grosso.”

La porta si aprì cigolando e l’assistente di Smoker entrò con il caffè. Era una bella ragazza orientale con spessi occhiali che Smoker, sapeva Ace, osservava di sottecchi mentre gli versava la brodaglia bollente. Lei fissò Ace freddamente, dicendogli silenziosamente che se fosse stato per lei, sarebbe già morto.

“Somigli un po’ alla mia piccola Kai,” disse lui gentile.

“Kai è un nome maschile,” disse lei acida.

“Be’, l’hanno scelto i suoi parenti, che ci poteva fare?”

“Tashigi-san, iie,” disse Smoker, trattenendole in gola quelle che sarebbero stati insulti. La sua assistente riprese la caraffa precedente e si allontanò in fretta dalla stanza, chiudendo senza impegno le pesante porte d’acciaio.

Smoker bevve il caffé e fissò Ace. Erano lì dentro da ore ormai, girando attorno alla stessa vecchia conversazione. Era venuto il momento, pensò il poliziotto, di passare al livello successivo.

“Che cos’ha Edward Newgate a che fare con questo?” chiese, allungandosi leggermente sul tavolo. Ace si agitò contro le manette, facendosi sanguinare i polsi.

“Il Babbo non c‘entra niente in questa storia!” gridò.

“Ti ha mandato a cercare Teach, no?”

“Chi te l’ha detto?!”

“Teach ha chiesto protezione alla polizia, in previsione, dopo aver lasciato la vostra piccola banda. Sapeva che avrebbero mandato qualcuno, anche se non mi sarei mai aspettato che avremmo preso qualcuno di così alto grado.”

“Lascia gli altri fuori da questa storia!” sibilò Ace. “Non sono una spia, né un venduto.”

“Quindi ammetti che è stata tutta una tua idea, al di fuori di qualunque cosa Newgate stava progettando.”

“Teach ha ucciso William Sachman ed io ero andato a fare giustizia.” Ace fece una smorfia all’ufficiale di polizia, lasciando da parte i suoi sentimenti di antipatia nei suoi confronti. “Dovresti sapere qualcosa sulla giustizia, dato che sei un poliziotto e tutto.”

Smoker si voltò ero il muro a specchi, rifiutandosi di guardarlo negli occhi.

“Portatelo ad Impel Down,” disse, la sua rabbia controllata che compariva appena. “Forse un po’ di tempo là dentro gli farà cambiare atteggiamento.” Una voce vene dall’altoparlante in una scatola sopra le loro teste.

“Pensi che sia saggio, James? Edward Newgate non è conosciuto per un uomo che perde i suoi uomini così facilmente.”

“Pazienza,” disse Smoker. “Se se lo meriterà dovremo anche condannarlo a morte. Toglietemelo dalla vista.”

Smoker uscì dalla stanza e permise ai balestrati agenti della sicurezza di occuparsi di Ace. Non si preoccupava se il giovane avesse intenzione di ribellarsi, o si sarebbe addormentato nel processo, ma non aveva importanza. Ciò che importava era avere “giustizia” per il defunto Garp e lui aveva intenzione di ottenerla, in una maniera o in un’altra.

  
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