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Autore: Moon_Glade    10/12/2009    1 recensioni
cosa si prova quando si è soli..molto soli.perchè la solitudine è come un'onda in mezzo al mare.non è mai l'ultima.ce ne sarà sempre una dopo.e un'altra.e un'altra ancora..
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alone


Non voglio pensare.

Non voglio piangere.

Che cosa mi sta succedendo?

Non riesco a reagire.

Sento un enorme ferita dentro di me.

Non riesco a combattere.

Non voglio.

Non senza di te.

E del resto combattere a che servirebbe?

Ad essere ingoiati più in fretta da ciò che non vedo ma sento.



Guardo davanti a me, cercando di vedere.

Non vedo niente.

Ascolto, tendo le orecchie davanti a me, cercando di sentire.

Non sento niente.

Cosa vale resistere?

Dovrei lasciarmi andare.

Non ne ho nemmeno la forza.

Non riesco a far niente.

Non senza di te.

E del resto fare qualcosa a che servirebbe?

Ad essere ingoiati più in fretta da ciò che non vedo ma sento.



E a nulla vale dire che la colpa non è stata mia, né tua.

Piango.

Non ce la faccio.

Devo sfogarmi.

Ma lo sfogo è inutile.

Ovunque mi giri, tu ci sei.

Ma non posso toccarti.

Sentire la tua voce.

Vederti.

La colpa è mia. Dovrei accettarlo.

Altri dicono: la responsabilità non è di nessuno.

E del resto negare a che servirebbe?

Ad essere ingoiati più in fretta da qualcosa che non vedo ma sento.



Sola.

Sola e nessuno a cui appellarsi.

Nessuno a cui potere aggrapparsi.

Eri tu il mio appiglio.

Il mio sostegno.

La mia luce nel buio.

Il mio scoglio nel vasto oceano.

Da te venivo a piangere, a ridere.

Ricordo.

Le lacrime scendono.

Non riesco ad immaginare una vita senza te.

E del resto immaginare a che servirebbe?

Ad essere ingoiati più in fretta da qualcosa che non vedo ma sento.



Vado fuori.

Ricordo ancora.

Ti vedo.

Vedo come ci divertivamo.

Come ce la spassavamo.

Le lacrime scendono ancora. Lente. Calde sulla mia guancia.

Che cosa mi resta?

Una casetta vuota.

Uno spiazzo vuoto.

Una vecchia coperta fredda.

Fredda perchè non ci sei più tu a scaldarla.

Una piccola striscia rossa con una fibbia in metallo.

Il mio preferito lo hai portato con te.*

Quando sei sparito.

Piango.



Perché te ne sei andato?

Ora sono di nuovo nella mia stanza.

Al buio rifletto, tormento il mio animo ferito.

Perché lo hai fatto?

Stringo i pugni.

Non voglio far vedere che piango.

Voglio stare da sola.

Ma nemmeno essere abbandonata all'ombra di me stessa.



E vedo la tua foto sul computer.

Il monitor brilla, l'immagine si riflette sui miei occhi lucidi.

Non riesco a guardare i tuoi.

Le tue iridi color nocciola aperte sul mondo.

Mi ricorderebbero che non ci sei più.

E le volte passate assieme a correre, a guardare il sole cadere dietro le colline.

Oppure ad immaginare il finale giusto per una delle mie storie.

Sospiro.

Non voglio stare così.

Non più.


Gli amici dicono:

non devi stare sola. Non devi lasciarti andare. Non puoi fare così.

Vorrei ascoltarli ma vorrei anche non poterli sentire.

Ho perso due anni della mia vita.

E non so nemmeno se torneranno.

Mi sento tanto come se mi avessero tagliata a metà.

Osservo una e poi l'altra mia parte.

Una sta fuggendo.

Sei tu.

Osservo la tua fuga e non posso fare niente.


Fisso il vuoto di fronte a me.

Non ho voglia di piangere.

Non ho voglia di ridere.

Le risate erano per te.

Le lacrime le ho finite.

Non voglio guardare. Vedere.

Quello che guardavo prima con te mi piaceva troppo.

Ora forse non lo vedrò mai più.



Ti ho cercato.

Ti ho chiamato.

Il freddo mi è entrato nelle ossa e sono stata male.

Niente.

Non è successo niente di nuovo.

La tua foto mi è passata davanti tante volte mentre la fissavo ad una mia speranza.

Niente lo stesso.

Per il momento le speranze si sono dimenticate di me.

E di te.

Forse.



Mi sveglio la notte.

Mi sveglio credendo di averti sentito.

Credendo che tu sia tornato.

Tornato da me.

Torno a letto.

A letto e ogni volta una piccola ferita si apre.

Si apre e comincia a sanguinare.

Mi fa male dormire senza sentirti.



E la mattina arriva.

Esco dal letto e mi vesto.

Ancora nelle orecchie la tua voce immaginaria.

Una voce che mi sono solo immaginata, sognata.

Era un bel sogno.

Ma solo questo e niente di più.

Corro al piano di sotto.

In fretta mi metto il giubbotto.

Varco la porta di casa e guardo nella buia mattina invernale anche per questo giorno.

Le colline si stanno svegliando.

La brezza fresca e tagliente della mattinata mi scorre sulla pelle.

Guardo nel buio.

Chiamo.

Ripeto il tuo nome.

Aspetto.

Comincio a tremare.

Le mani mi diventano fredde. Non riesco più a muovere le dita.

Ma tu non ci sei.

E non ci sarai.

Chissà per quanto.


Torno in casa.

Faccio colazione.

Mangio ma nemmeno sento il sapore.

Perché tu non ci sei e non mangerai con me.

Esco.

La macchina mi aspetta.

Guardo verso il tuo spiazzo.

Non ci sei.

Nemmeno stamattina mi saluterai.

Nemmeno stamattina mi guarderai e io ti dirò: tornerò.

Questo pomeriggio staremo assieme.

Nemmeno oggi tu mi aspetterai.




A Peritas con una speranza, la speranza alla quale mi sono aggrappata nella fict, e tanto affetto.


Note:

Questo che ho scritto mi è venuto fuori di getto in pochi minuti. Premetto che la persona misteriosa che cito nella fict non è una persona. Non c'entrano persone in questa faccenda.

un'altra cosa: non state a capire cosa sia l'oggetto mio preferito che cito nella frase con l'*.


grazie a tutti quelli che leggeranno Moon_Glade













  
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