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Autore: Bobby_Drake    12/12/2009    0 recensioni
Il calcio, in questa storia, è una metafora della vita.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La squadra era stata protagonista di un girone d'andata davvero eccezionale. Era stata eletta "team rivelazione dell'anno". Si era anche parlato di scudetto. Era una previsione forse un po' troppo presto da fare visto che mancava ancora molto alla fine del campionato ma visti i risultati c'era motivo di crederci. Avevano battuto avversari con un grandi storie di trofei alle spalle.



Il presidente aveva acquistato la squadra così per passatempo, senza alcuna vera convinzione di agguantare qualcosa. Era semplicemente un appassionato. E improvvisamente si trovava uno dei più grandi affari della sua vita per le mani. Giocatori che sarebbero potuti entrare in lizza per il pallone d'oro, la possibilità di vincere il campionato, soldi e lustro infiniti.



Poi come una doccia fredda il girone di ritorno. Un cambiamento decisamente inaspettato. Il gioco era sempre brillante ma le distrazioni si erano fatte sempre più numerose in campo. Forse per la troppa sicurezza. E questo aveva notevolmente influito senza pietà sui risultati. Una sconfitta dopo l'altra. Fino ad arrivare inesorabilmente all'ultimo posto in classifica e l'incubo della retrocessione.



Molti tifosi erano rimasti accanto alla squadra memori del bel girone d'andata ma i giocatori sembravano quasi non accorgersene. Erano sempre meno motivati, la fiducia in loro stessi sempre più scarsa. Normale conseguenza del nuovo andamento del campionato. La difesa inciampava nelle proprie gambe, l'attacco era inesistente, i centrocampisti vagavano per il campo senza meta.



Il presidente aveva smesso di divertirsi, era preoccupato e depresso. Iniziava seriamente a pensare di vendere. Ma sperava sempre che una vittoria potesse cambiare le cose. Una vittoria che non arrivava mai. Non riconosceva più i suoi giocatori, non riconosceva nemmeno l'allenatore che non riusciva a trovare una soluzione al dramma. Fumava una sigaretta dietro l'altra nel tentativo di calmarsi e invece si innervosiva più che mai. Era silenzioso e pallido.



Finalmente le cose sembravano riprendere per il meglio. Nell'ultima partita avevano iniziato subito sotto di un goal ma erano riusciti a pareggiare. Avevano segnato dopo mesi d'astinenza. Quando l'arbitro fischiò un rigore, un rigore a favore. Qualcuno degli avversari si lamentò che il rigore non c'era. Un insulto che i ragazzi, stanchi e pieni di speranza, ignorarono. Stavano per tornare a vincere.



Il portiere sorrideva, un sorriso nervoso, non era abituato a parare i rigori. Anche il rigorista sorrideva. Difficilmente questi tiri si sbagliavano. I tifosi già esultavano, pregustavano la vittoria. Il presidente era sollevato, ripagato della sofferenza dei mesi precedenti. Insomma sembrava tutto a favore, a parte gli avversari che continuavano a parlare di arbitro comprato.



Tiro, respinta. L'ha respinta. Non solo. La palla è finita ad uno degli avversari. Un contropiede velocissimo. Sembrava quasi che l'altra squadra sapesse che il loro portiere l'avrebbe respinta. Gooooal. Gli avversari avevano segnato. E loro avevano perso. Di nuovo. In un incubo che non aveva fine.



I giocatori non erano riusciti a capacitarsi. Erano rimasti allibiti. Dal rigore a favore e la possibilità di tornare a vincere all'ennesima cocente sconfitta. Ormai si erano quasi abituati a perdere ma questo rigore aveva dato loro una falsa speranza nella quale avevano tristemente creduto. Per loro era come se gli avessero "rubato" la vittoria.



Poi le polemiche che seguirono. La società infatti giurò e spergiurò di non aver comprato l'arbitro al contrario di ciò che gli avversari avevano insinuato durante la partita. Ma questi ultimi negarono di aver mosso accuse di questo tipo. Oltre al danno sembrava decisamente una vera e propria beffa. La squadra fu accusata di non saper perdere. Un'umiliazione inaccettabile visto la loro grande sportività. La goccia che fece traboccare il vaso. Il presidente annunciò la vendita del club. A malincuore. Voleva dimostrare la sua buona fede? Spronare la squadra a cambiare atteggiamento? Non aveva più fiducia nel mondo in cui aveva sempre creduto.



Nei giorni che seguirono il presidente andò alla ricerca di un compratore. Ma era un impresa difficile visto che la squadra navigava in cattive acqua e non c'era niente che potesse cambiare le cose. Alcuni possibili acquirenti gli consigliarono di non vendere, erano dei tifosi sinceri che avevano apprezzato come la squadra giocasse sempre col cuore al di la del risultato.



Ma il presidente non era amareggiato per il posto in classifica ma per le polemiche seguite all'ultima partita. Per le accuse di corruzione, di anti-sportività, di voler inquinare il calcio. Lui pensava che in realtà quelle accuse inquinavano lui e la sua squadra.



Inoltre notò come le polemiche verso l'arbitraggio si erano spente come fumo al vento. Tutte le squadre andavano d'amore e d'accordo con gli arbitri. Era il motivo per cui aveva deciso di lasciare il calcio. "Tu sei l'unico fesso, l'unico perdente di questa storia" si disse scoraggiato. La sua immagine era uscita danneggiata, la squadra era più demoralizzata che mai. Aveva abbandonato anche gli ultimi speragli di salvezza.



Impossibilitato a vendere per assenza di compratori, e da vero amante del calcio qual era, decise di tenersi la squadra ben consapevole che oramai la retrocessione era una certezza. Non sapeva se un giorno la squadra sarebbe tornata a vincere, era ben poco probabile, ma sperava che prima o poi la tifoseria avrebbe riportato un po' di fiducia ai giocatori che avevano sempre dato tutto se stessi dentro e fuori dal campo. I giocatori meritavano un presidente che credesse in loro e lui ci credeva. Ma la verità è che solo una vittoria poteva aiutare la squadra. Una vittoria che forse non ci sarebbe più stata.

  
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