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Autore: jewelish    14/12/2009    4 recensioni
Dopo la morte del Lord Oscuro, il mondo magico cerca piano piano di riprendersi. Ovviamente non è facile per tutti. Però con un po' di buona volontà, ogni cosa può tornare al suo posto....
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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I personaggi appartengono a J. K. Rowling.

 

 

 

 

 

 

Simplicity and hope

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

…so let mercy come,

and wash away...

What I’ve done…

What I’ve done- Linkin Park

 

 

 

 

 

 

 

Quando un anno prima la guerra era finita, Ginny aveva creduto che forse tutte le cose, con un po’ d’impegno, sarebbero tornate al loro posto.

Si era falsamente illusa che i suoi genitori sarebbero riusciti a superare la morte di Fred in qualche modo, che Ron e Hermione sarebbero riusciti a trovare conforto l’uno nell’altro, che Harry…sarebbe tornato da lei.

Ma si sbagliava.

A più di trecentosessantacinque giorni di distanza, si trovava nella cucina vuota della Tana a cercare di capire perché effettivamente le cose erano forse peggio di prima.

 

Suo padre passava le sue giornate nel capanno degli attrezzi.

 

Sua madre non riusciva nemmeno a piangere, si limitava a guardare la lancetta dell’orologio magico con la faccia del gemello che puntava su “Morte”.

 

Ron cercava come poteva di aiutare tutti, ma quando si parlava di Hermione si chiudeva in un mutismo assurdo.

 

La sua migliore amica d’altro canto era buttata a capofitto nei lavori di ristrutturazione del mondo magico, lasciando da parte i problemi personali.

 

George forse era quello che aveva accettato per primo la morte del fratello. Con difficoltà, ma lo aveva fatto, e ora mandava avanti il negozio si scherzi a Diagon Alley.

 

Ed Harry…Harry era praticamente sparito. Lo vedeva solo la domenica, perché sua madre lo obbligava ad andare a pranzo da loro.

 

Perché per quanto potesse stare male, Molly Weasley non dimenticava nessuno dei suoi figli.

E Harry faceva parte della famiglia.

Ma durante i pranzi, lui si sedeva ad un angolino con Ron e stava in silenzio. Non alzava quasi mai lo sguardo dal piatto.

A Ginny era capitata una sola volta di incrociare il suo sguardo, ed aveva provato una strana sensazione, molto simile alla paura: quelli non erano gli occhi di Harry. Non potevano esserlo. Perché il Bambino Sopravvissuto ne aveva passate tante, troppe forse, ma mai aveva perso la speranza e la forza di combattere.

In quel momento Ginny aveva visto in quegli occhi di giada una totale paura e disperazione, e lei sapeva che quelle sensazione erano radicate troppo in fondo per poter essere estirpate facilmente.

Il suo ex ragazzo parlava solamente con Ron e Hermione. Suo fratello le aveva spiegato che non doveva prendersela se non se l’era ancora sentita di affrontarla: ma Harry stava passando un brutto periodo.

Subito dopo la battaglia, aveva sentito il peso della responsabilità che si era preso togliendo una vita. Per quanto si potesse parlare di Tom Riddle, di un assassino, era sempre una vita che lui aveva deciso di spezzare. Ed era un concetto che lo perseguitava, che non riusciva ad accettare.

A lui veniva più facile parlare con Ron e Hermione, perché loro erano con lui in quei difficili momenti, e potevano capirlo meglio di chiunque altro.

Ginny avrebbe tanto voluto aiutarlo, ma sapeva che era qualcosa di più grande di lei e non aveva assolutamente idea di cosa fare.

 

- Ginny? –

Persa nei suoi pensieri, la piccola di casa Weasley sobbalzò sentendo la voce di sua madre che la chiamava.

- Ginny? –

- Si? –

Molly Weasley, con gli occhi più lucidi del solito, sorrise dolcemente e le indicò l’orologio magico attaccato alla parete vicino alla poltrona dove lei era seduta.

- Cara tu sei molto più alta di me. Potresti gentilmente prenderlo? –

Lo sguardo sorpreso che la madre vide sul viso della figlia, la spinse a continuare. – E’ venuto il momento di andare avanti. Io lo so. Fred non lo avrebbe voluto. Abbiamo passato già troppo tempo a piangerci addosso. –

I singhiozzi che Molly non era riuscita a trattenere, fecero piangere un po’ anche lei. Era la prima volta che si concedeva di versare qualche lacrima dopo i funerali. 

Annuì, si alzò dalla poltrona del salotto, e si allungò per raggiungere l’orologio. – Mamma vuoi che lo faccia io? –

Molly fece cenno di no con il capo. Poi prese la bacchetta. – E’ giusto che sia io. In futuro probabilmente, anzi sicuramente, tu avrai un compito molto più importante. –

Ginevra, con lo spettro di un sorriso sul volto, annuì leggermente. Sapeva con precisa esattezza a cosa sua madre si stesse riferendo.

 

Harry...

 

Poi Molly, puntando la bacchetta sulla fotografia di Fred Weasley, pronunciò una semplice parola.

 

- Evanesco -

 

***

 

 

 

Da quello strano ed improvviso giorno, tante cose erano cambiate in casa sua. Suo padre aveva smesso di rintanarsi nel capanno con i suoi oggetti babbani, quando sua madre era andato a riprenderlo con una forza e una decisione così grande che solo colei che aveva ucciso Bellatrix Lestrange poteva avere.

Lo stesso giorno, quando Ron era tornato a casa e aveva visto che la foto del gemello mancava, sorrise malinconicamente e aveva cercato Ginevra.

 

- Devo dirti una cosa. -, le aveva annunciato.

- Eccomi. –

 

Suo fratello si era seduto sul suo letto e l’aveva guardata negli occhi. – So che ti sembrerà strano, ma…Io e Hermione ci sposiamo. –

Gli occhi di Ginny si erano allargati, ed un immediato sorriso pieno di felicità, le aveva illuminato il volto. – Quando? –

- Appena il mio testimone di nozze esce dal suo stato di catalessi -, le aveva detto Ron tristemente.

Ginny aveva abbassato gli occhi e li aveva strizzati forte per impedirsi di piangere d’avanti al fratello.

Perché tutti le parlavano di Harry?

- Ma tu e Hermione non avevate problemi? Dicevi che non le importava nulla di te…-

- Hermione ha dei modi tutti suoi per reagire al dolore e alla guerra. La morte di Remus l’ha scossa tantissimo. Lui era stato un ottimo insegnante per lei, quasi un modello da un certo punto di vista. Aveva bisogno di qualcosa con cui sfogarsi, e io non ero riuscito a capirlo. Ieri abbiamo parlato...parlato, sarebbe meglio dire che più o meno abbiamo urlato…però poi ci siamo calmati…eh…beh, questo è il risultato. –

Ginny gli aveva sorriso. – Cioè vi sposate. Bel modo di risolvere le cose… –, gli disse prendendolo in giro e facendolo ridere per un secondo.

Un solo secondo, perché poi Ron era tornato serio e le aveva detto qualcosa che non avrebbe voluto assolutamente sapere.

 

- Harry non lo sa ancora. –

- Io sarò la damigella d’onore vero? -, chiese facendo finta di non aver sentito l’ultima frase.

- Temiamo la sua reazione -, continuò Ron imperterrito.

- Direi che un vestito verde per me andrebbe più che bene –

- Sta peggiorando ultimamente. –

- Mamma sarà eccitatissima.-

 

Era come un dialogo tra sordi…però…

- Vorremmo che fossi tu a dirglielo. –

 

A quell’ultima frase, Ginny non poté più fingere di non sentire.

- Non credo sia il caso. Io e Harry non parliamo dalla sera della battaglia. Non sono la persona adatta a farlo. –

Dire quelle cose le era costato molto. Ammettere che tra lei e Harry non c’era praticamente più nessun rapporto le aveva fatto male molto più di una pugnalata nella schiena.

Ron aveva sospirato alle parole della sorella. Ovviamente non si era aspettato che lei dicesse subito di sì.

- Tu sei l’unica persona che possa tirarlo fuori dall’apatia che ha racchiuso il suo cuore e la sua mente. Si ritiene il personale responsabile della morte di Tonks, Remus e…Fred. Io ho provato più volte a farlo ragionare, ma resta della sua idea. –, le spiegò il fratello con preoccupazione.

Ma lei non aveva risposto.

Si era alzata e si era affacciata alla finestra, pensando che in quel momento avrebbe voluto prendere la sua scopa e volare via da tutto quel dolore.

 

 

 

 

Ma da quel giorno Ginny ci pensava spesso. Alla possibilità di parlare con Harry, di cercare di aiutarlo in qualche modo. Mentre, aveva notato, la sua famiglia si stava lentamente riprendendo, Harry non aveva fatto alcun passo avanti.

Alla fine era stata Hermione a dirgli del matrimonio, e a parte dirsi profondamente felice per loro, Harry non aveva fatto nient’altro. Era come se fosse ancorato alla sera della battaglia di Hogwarts, come se ci fosse stato qualcosa che gli impediva di superare quella difficoltà.

Una volta Ginny aveva addirittura sentito Kingsley dire a suo padre che Harry si era rifiutato di entrare nel corpo Auror, il suo più grande sogno.

E quella cosa l’aveva stupita abbastanza, perché il ragazzo le aveva sempre detto di voler diventare Auror per poter fare qualcosa per il mondo magico Inglese.

Dovevano trovare il modo di smuoverlo. E ne ebbe modo quella domenica.

 

 

 

 

Come al solito Harry era venuto a pranzo a casa sua, ma c’era qualcosa di strano quella volta. Il silenzio triste che aveva accompagnato pranzi e cene si era dissipato in un mormorio che aveva come tema principale il matrimonio. Molly Weasley, non perse l’occasione di poter fare qualcosa, perciò si rivolse a Harry.

- Caro, hai bisogno di un nuovo vestito immagino, sei così cresciuto… –

Ginny, che come al solito si aspettava solamente cenni da parte di Harry, fece cadere la forchetta sul piatto, quando la sua voce riempì la stanza.

- Si signora Weasley, ma avrei bisogno di qualcuno che mi accompagnasse. Non sono bravo con queste cose. –

 

La sua voce non era cambiata, ma in quel momento a Ginny sembrò il suono più bello del mondo, il canto della Fenice Fanny: una melodia che portava amore e speranza a chi la ascoltava. A stento trattenne le lacrime di commozione e si sentì un po’ stupida a voler piangere solo per quella sciocchezza.

Ma in fondo, quella risposta poteva essere considerata come la prova che Harry non perso completamente nel suo limbo personale.

Aveva bisogno di aiuto per scegliere un vestito? Bene, lo avrebbe fatto lei.

- Ti accompagno io da Madama McClan -, gli disse con gentilezza, guardandolo fisso negli occhi. Sapeva che non sarebbe riuscito a dirle di no. Quando stavano insieme, la accusava di essere avvantaggiata ad avere quegli occhi persuasivi.  

Harry, stupito ( e spaurito ), annuì, come da lei previsto. – Va bene -, mormorò, distogliendo però subito lo sguardo.

 

Molly, dal suo lato del tavolo sorrideva lievemente. Ginny era l’unica che poteva ancora fare qualcosa per quel povero ragazzo, ed era sicura che con la sua allegria lo avrebbe riportato in vita.

- Beh, non aspettate molto. Il matrimonio è fra meno di un mese… -

- Se Harry è libero, potremmo andarci il prossimo fine settimana. -, borbottò Ginny.

Ma Harry, come se qualcosa fosse scattato in lui, scosse la testa repentinamente. – No. Diagon Alley è troppo affollata il sabato. Tutti i giorni tranne il sabato. –

 

Quella reazione aveva stupito tutti. Era la prima volta che il ragazzo si dimostrava così spaventato dal contatto umano.

Ginny però annuì. – Va bene domani allora? Che senso ha aspettare? –

 

La domanda doveva essere un’altra forse. Che senso ha continuare a vivere in quello stato?

 

- Certo. Ti aspetto al Paiolo Magico. –

 

 

***

 

 

 

Ed eccola lì Ginny Weasley. I capelli raccolti in una treccia laterale e un cappotto bianco che la copriva interamente, per evitare che il freddo gelido le penetrasse nelle ossa.

 

Ma suo fratello doveva scegliere proprio febbraio per sposarsi?

 

Era arrivata in anticipo e da poco. Non voleva dare la possibilità a Harry di fuggire.

Il Paiolo Magico era completamente vuoto quel giorno, e lei ringraziò Merlino mentalmente, per averle reso le cose abbastanza facili.

Tom, il barista, l’aveva riconosciuta, e lei l’aveva pregata di non fare commenti quando Harry sarebbe arrivato. E lui, come se qualcosa la sapesse, annuì. – Quel povero ragazzo. E’ da più di un anno che non lo vedo. Ma si autodistrugge facendo quella vita. –

 

Ginny annuì, e si sedette al bancone. Resistendo alla tentazione di un buon whiskey Incendiario, optò per una Burrobirra per ingannare il tempo.

Dopo quasi un quarto d’ora, il campanellino della porta suonò, e lei come una molla ruotò il collo. Era Harry, ma sembrava…incerto. Anzi, sembrava spaventato.

Si guardava intorno come se fosse la prima volta che metteva piede lì dentro, e gli occhi verdi, risaltavano su quel suo cappotto completamente nero. Quando la vide le sorrise, e quel gesto le riscaldò il cuore perché non le veniva rivolto da più di un anno. Lo poteva considerare un altro piccolo passo avanti?

 

Harry le si avvicinò con calma, salutò Tom con un cenno del capo e poi si rivolse a lei.

- Andiamo? –

Ginny annuì, consapevole del fatto che quando quella giornata si sarebbe conclusa, se non si fosse decisa a fare qualcosa, nulla sarebbe cambiato.

- Certo. Hai già un’idea di quello che ti serve? -, gli chiese mentre attraversavano il muro che portava a Diagon Alley.

Ma Harry non le rispose.

Ancora una volta il ragazzo si guardava intorno come se temesse qualcosa, come se non riconoscesse quel posto.

- Da quanto tempo non vieni qua? -, si azzardò a domandargli.

Harry rispose senza guardarla, fissando il punto dove tempo prima c’era stato il negozio di Olivander.

- Dall’anno scorso. Quando abbiamo scassinato la Gringott e siamo fuggiti con un drago –.

- Sembra strano vero? Che quel negozio sia chiuso -, continuò, riferendosi alla bottega delle bacchette.

- Già. E’ un’altra cosa che la guerra si è portata via –.

Ginny annuì, e dopo un po’ gli fece segno di andare.

Camminarono in silenzio, nelle vie stranamente deserte della cittadina. Era abbastanza presto perché i negozi fossero aperti, ma non così tanto che le persone fossero già in giro.

 

Il negozio di Madama McClan si trovava proprio di fronte ai Tiri Vispi Weasley.

Vedendolo, quella volta, fu Ginny a bloccarsi. Suo fratello George, anche grazie alla testardaggine di Ron, aveva capito che Fred non avrebbe assolutamente voluto che l’esercizio fosse chiuso. Era costato fatica, sacrifici e punizioni varie a Hogwarts.

 Dovette trattenere le lacrime, quando passarono d’avanti alla vetrina colorata. Dalla battaglia lei non ci era più entrata. Non c’era più voluta entrare. Quel posto le faceva venire in mente tanti, troppo ricordi felici. Ricordi di una realtà che ormai non esisteva più.

Harry probabilmente l’aveva capito, perché le pose una mano sulla spalla con gentilezza. Quel piccolo gesto, forse inutile per molti, fu l’unica cosa che le impedì di lasciare libere le lacrime che impazienti chiedevano di poter scorrere.

Dopo un paio di profondi respiri, e un sorriso velato a Harry, i due giunsero all’atelier di Madama McClan.

 

Il negozio, pieno di stoffe ovunque, era stranamente calmo. Ogni qualvolta che Ginny ci aveva messo piede, era sempre stato caotico e confusionario.

- Buongiorno -, disse Harry per richiamare l’attenzione della signora che stava ordinando dei fogli in un angolo del negozio.

La donna alzò gli occhi e riconoscendo il Bambino Sopravvissuto, gli sorrise.

- Signor Potter. E’ da un sacco di tempo che non la vedo.  

Harry abbozzò un sorriso. – Già. Sono…stato impegnato. –

 

Madama McClan si rivolse a Ginny con fare malizioso. – L’amore la reclama immagino… -

Harry e Ginny arrossirono in sincrono, e la ragazza per darsi un po’ di contegno, chiese quello di cui avevano bisogno.

- Madama, Harry ha bisogno di un abito per un matrimonio. –

 

La sarta, annuì, e fece salire Harry su uno sgabello per potergli prendere le misure. – Festeggiamenti di giorno o di sera? –

- Di giorno –

- Mmm -, borbottò la signora. – Bene -

 

Dopo aver finito con Harry, si rivolse a Ginny. – E lei signorina? –

- Io verrò con la sposa -, rispose con gentilezza.

- Oh, meglio così allora. Signor Potter, che colore desidera? E’ di giorno, io suggerirei un bel rosso brillante…-.

 - No -, la interruppe Harry immediatamente – Nulla di vistoso…Nero. Con una camicia bianca. –

- Nero? Un normale vestito? La credevo più originale… -, borbottò la sarta.

- Per una volta vorrei tanto riuscire a confondermi tra la folla. -, mormorò Harry. La signora lo sentì e lo osservò a lungo prima di parlare.

- Signor Potter, le sembrerà un paradosso detto da me, ma l’abito non fa il monaco. Non sarà un vestito anonimo a impedire alla gente di riconoscerla. Le persone le sono riconoscenti e la rispettano. Lei emana fiducia. -, disse mentre scriveva tutto ciò che le serviva su un pezzo di pergamena.

Harry strinse gli occhi, fece finta di non sentire quelle parole, e si rivolse a Ginny. – Allora? Credi che possa andare bene? -

 

- Beh…non mi convince la camicia bianca. -, disse con sincerità.

- Cioè? –

- Sembreresti un cameriere. Credo che la camicia sarebbe meglio…verde. Di un verde scuro. Staresti benissimo –

- Verde? – chiese Harry con scetticismo.

- Già…per i tuoi occhi -, rispose Ginny senza guardarlo.

Harry ci pensò e poi si rivolse a Madama McClan. – Cambio di programma. La mia camicia sarà verde scuro. –

- Beh è senz’altro un’ottima scelta -, disse la sarta soddisfatta. – Il suo vestito sarà pronto tra una settimana. –

- Bene. Allora ci vediamo lunedì prossimo. Arrivederci -, disse Harry.

- Buona giornata cari. –

 

 

 

 

 

- Non è andata così male -, mormorò Ginny –anche se non ricordavo che Madama McClan fosse così impicciona –

- Sai che hai ragione? –

 

Avevano deciso di fermarsi ad una gelateria vicino al negozio di animali, dove poche persone erano solite passare.

- Ginevra ma a te non serve niente? –

Si che tu torni come prima, avrebbe voluto urlare.

- No. Per il matrimonio non posso fare niente oggi. Dovrò venire con Hermione così ci saranno anche le altre damigelle. –

- Oh, allora qui abbiamo finito? -, chiese Harry quasi speranzoso.

- Sì, credo di si -, disse lei un po’ delusa. – Ti stai annoiando? –

- No, è che…non esco molto ultimamente. Non mi piace stare tra la gente -, disse Harry a bassa voce. – E’ più forte di me. Alla Tana ci riesco perché nessuno fa riferimento alla…battaglia, all’anno scorso. Ma qui tutti mi guardano come se fossi un eroe -, mormorò piano. – Hai sentito cosa ha detto Madama McClan? Lei emana fiducia. Io non voglio emanare fiducia -, continuò quasi con rabbia. – Voglio essere una persona normale, con una vita normale… -.

- Non puoi -, lo fermò Ginny con decisione. – Non puoi e lo sai. La gente ti è riconoscente perché ci hai liberati da Voldemort. Tu sei il Bambino Sopravvissuto. Loro ti vedono così. E’ ipocrita da parte tua non volerlo essere. Per tutti sarai sempre un simbolo di speranza. Ovviamente per me, per Ron e per tutti quelli che ti conoscono bene non è così. -, aggiunse vedendo i suoi occhi indignati e arrabbiati. - Noi conosciamo la differenza tra Harry e il Prescelto. Ma non puoi pretendere che tutta la conoscano. –

- E a me dovrebbe star bene? Io dovrei accettare di essere trattato come una specie di vessillo? -, disse alzandosi bruscamente dal tavolino dove si erano seduti. – Credevo che tu fossi diversa, che avresti capito… -.

- Ma io ho capito. Sei tu quello che si nasconde dietro la solitudine e la paura. E non me ne frega niente se non riesci ad accettarlo, ma tu hai solamente paura. Paura di affrontare il mondo. E non ci arrivi perché negli ultimi sette anni non ti sei mai permesso di temere nulla. –

- Non è vero niente. Tu non sai niente. Tu non sai quello che si prova a perdere la propria famiglia, il proprio padrino, vedere i tuoi amici morire… -, disse quasi urlando.

- IO NON SAPREI NIENTE?  -urlò Ginny a quel punto arrabbiata - MIO FRATELLO E’ MORTO! A SIRIUS TENEVO QUANTO TENEVI TU! COLIN ERA IL MIO MIGLIORE AMICO E TU…! TU MI HAI LASCIATO QUANDO AVEVO PIU’ BISOGNO DI TE, QUINDI, NON OSARE DIRMI CHE IO NON SO NIENTE HARRY! –, e non le importava nulla del fatto che molto probabilmente i proprietari della gelateria l’avevano sentita. – Sai una cosa -, disse poi amaramente fissando un Harry mezzo shockato e mezzo arrabbiato. – Credevo che qualcosa in te si fosse mosso, che sul serio avessi bisogno di qualcuno che ti facesse uscire dal tuo bozzolo. Ma non è così. Perché tu non vuoi farlo. Non vuoi uscirne. E fin quando non capirai che così facendo non risolverai un bel nulla, io non credo di poter fare qualcosa. –

 

Detto questo, prese la borsa e si materializzò via da quel posto, lasciando un Harry decisamente sconvolto, ma probabilmente più consapevole di quello che la guerra aveva lasciato nel cuore di Ginevra Weasley.

 

***

 

 

D’allora erano passate due settimane.

Al matrimonio mancavano pochi giorni orami e tutti erano indaffarati nei vari preparativi.

Molly Weasley, proprio come per il figlio Bill, anche per Ron si era trasformata in una wedding planner perfetta. A volta scoppiava a piangere perché il suo bambino era cresciuto, ma si riprendeva subito e tornava a lavoro.

Hermione era completamente impazzita, a detta di Ron. Non faceva altro che controllare che ogni cosa fosse perfetta, di non aver dimenticato nulla. Per poi rendersi conto, una settimana prima della cerimonia, che effettivamente le mancava qualcosa di fondamentale: il vestito.

A ricordare quel giorno, a Ginny veniva ancora da ridere. Hermione era arrivata piangendo nel salone della Tana, dicendo che si era completamente dimenticata dell’abito, che non avrebbe potuto sposarsi, che Merlino la stava punendo per aver mollato Divinazione al terzo anno.

Ma erano corse immediatamente da Madama McClan che aveva assicurato loro che il vestito sarebbe stato pronto una settimana prima del matrimonio.

Lei però non era molto…attiva. Né entusiasta.

Il litigio con Harry l’aveva spossata completamente. Anche se forse a qualcosa era servito perché Hermione l’aveva ringraziata.

- Mi hai ridato il mio migliore amico. E’ il regalo di nozze più bello che potevi farmi -, le aveva detto. Ed effettivamente, Harry andava più spesso alla Tana; le era capitato di vederlo ridere e sorridere con gli altri. Ma non con lei.

Quando capitava di incrociare il suo sguardo, distoglieva subito gli occhi. Ginny non sapeva cosa pensare, ma di una cosa era certa. Non le sarebbe corsa dietro quella volta. Si era stancata di dover aspettare un ragazzo costantemente in ritardo. E aveva intenzione di attuare quella sua nuova filosofia di vita proprio a partire dal matrimonio, ballando con tutti i ragazzi che glielo avrebbero chiesto.

 

Quel giorno, erano tutti di sotto a montare il grandissimo tendone per la cerimonia. Aveva intravisto anche Harry e perciò si era rifiutata di uscire dalla sua stanza. Inscenando un finto mal di testa, aveva chiesto a sua madre di poter stare a letto quel giorno.

 

Toc toc.

 

Ma evidentemente non era possibile stare in pace…

- Avanti -, disse svogliatamente, per poi coprirsi subito con le coperte quando la faccia di Harry fece capolino dalla porta.

- Posso entrare? -

Maledizione proprio oggi che ho il pigiama con le pecore? Pensò con disperazione.

- Certo -, rispose però.

- Tua mamma mi ha mandato a controllare come stavi… -, le spiegò richiudendosi la porta dietro le spalle…

- Sto bene, ora puoi andare -, disse forse un po’ troppo freddamente.

- Ok, me lo merito –, disse alzando le mani, quasi come se fosse un segno di pace. – Ma in realtà vorrei parlarti. Se ti va. Perché ho come l’impressione che tu non stia per niente male, ma che vuoi solamente evitarmi. -

Ginny abbassò la testa per non far vedere che era arrossita.

Cosa avrebbe dovuto fare? Doveva ascoltarlo? Doveva farsi insultare di nuovo?

Ovviamente no!

 

- Ok -, ma evidentemente il suo cervello e la sua bocca non erano collegati.

 

Harry si avvicino alla finestra e si appoggiò con la schiena.

- Devo spiegarti un bel po’ di cose –

- Tu non mi devi assolutamente niente –

- Hai ragione. Io voglio spiegarti un bel po’ di cose -, disse zittendola con lo sguardo.

- A che proposito? –, chiese lei facendo la sostenuta, ma felice in fondo  del fatto che Harry fosse andato a cercarla.

- Me. Lo so, ti sembrerà un po’ egoista, ma è così. Prima di tutto ti chiedo scusa per l’altro giorno. Ho detto delle cose stupide e dettate dalla rabbia… -, disse guardandola negli occhi e Ginny non poté fare altro che annuire. – E poi voglio raccontarti quello che mi è successo dopo la battaglia. –

Lentamente, Ginny annuì. – Va bene, ti ascolto. –

- Non è semplice…Ecco vedi, quando è finito tutto mi sono sentito…libero per un momento. Felice. Felice perché finalmente potevo essere una persona normale. Però…-, continuò con amarezza – ho capito che non sarebbe stato possibile. Mi sono sentito egoista ad essere felice dopo che tutte quelle persone, Fred compreso, erano morte. Ho riflettuto sul fatto che avevo tolto una vita, e mi sembrava così…sbagliato. Mi sembra ancora sbagliato. –

Il dolore che gli vedeva negli occhi era profondo e sincero. Harry, come lei aveva sospettato sin dall’inizio, non riusciva a perdonarsi l’omicidio. Era un qualcosa che andava troppo contro la sua natura. E vedere come aveva serrato i pugni attorno al davanzale della finestra, le fece venire un’improvvisa voglia di andare da lui ed abbracciarlo, per fargli passare tutto il dolore che sentiva con il suo amore e il suo affetto.

- La ricerca degli Horcrux mi aveva spossato. Immagino che Hermione ti abbia raccontato tutto vero? –

Ancora una volta Ginny annuì. Alla fine era riuscita a sapere grazie alla sua migliore amica a cos’era servito il loro viaggio dell’anno precedente. Ed era rimasta sconvolta quando aveva saputo degli Horcrux e dei Doni della Morte.

- E’ stato difficile e pesante, dal punto di vista mentale specialmente. Quando dovevo portare il medaglione di Serpeverde mi sentivo costantemente arrabbiato con me stesso. Per tanti motivi ma principalmente per aver messo in pericolo te, Ron e Hermione…E poi è arrivata la battaglia. Ti ricordi quando mi sono finto…morto? -, chiese con cautela.

A quel ricordo Ginny trasalì. Come poteva aver dimenticato quel momento? Il tempo si era fermato in quell’istante e tutto ciò che le era passato per la testa era stato come poteva fare per raggiungerlo.

- Prima è successa una cosa. Mi sono consegnato a Voldemort come ben sai. E mentre attraversavo la foresta proibita ho usato uno dei Doni della Morte –.

- La pietra della resurrezione -, mormorò Ginny e Harry annuì.

- Esattamente. Sono riuscito a vedere i miei genitori, Remus e Sirius. Loro mi hanno dato la forza e il coraggio per presentarmi dinanzi alla morte. E mentre Voldemort mi scagliava l’Avada Kedavra addosso, il mio ultimo pensiero sei stata tu. Tu e il tuo sorriso. -, disse sorridendo dolcemente. – Poi sono arrivato in una specie di Limbo e ho potuto scegliere. Se tornare indietro e affrontare il dolore, o lasciarmi andare al sonno eterno. Ovviamente ho scelto di tornare. Non avrei mai potuto lasciarvi nel bel mezzo di una guerra con Voldemort vivo. Però… Negli ultimi mesi, ho desiderato non aver fatto quella scelta. Ho creduto che forse morire sarebbe stata la cosa migliore…-.

- Migliore per te? -, chiese Ginny sbalordita e anche un po’ arrabbiata.

- Migliore per tutti. Per te e per gli altri. Lo sai, i Mangiamorte non sono del tutto scomparsi ancora e voi siete in pericolo ancora oggi. Dobbiamo solo ringraziare che non ci sia Bellatrix in giro, o probabilmente né io né te saremmo qui a parlare. –

- Lo vedi Harry? Hai questa dannata tendenza a voler salvare e proteggere chiunque…non puoi! -, sbottò Ginny, esasperata.

- Lo so, ma ti prego, fammi finire. Dopo la battaglia, io…sarei voluto tornare subito da te. Ma tutto il peso dei sette anni passati mi si è riversato addosso in un attimo. Come hai detto tu l’altro giorno, ho capito di non poter essere solo Harry per il mondo magico. E in un certo qual modo mi sono sentito tradito dalle stesse persone che avevo salvato…Le cose che hai detto…sono vere. Difficili da accettare, ma vere. Ma quel giorno ho capito che a piangermi addosso non risolvevo nulla…-, le disse con una strana luce negli occhi.

- E allora? –

- Sono entrato nel corpo Auror –

 

Harry si rese conto di averla sorpresa, quando la vide impallidire. – Sono contenta per te…ma non ne hai avuto abbastanza di guerra e battaglie? –

Il ragazzo annuì e le si avvicinò con cautela, per poterle sedere vicino. – Si. Infatti sono…nella sezione logistica. Essere me ha i suoi vantaggi*. Ho potuto saltare la prova psicologica. I miei superiori sostengono che mettermi d’avanti ad un Dissennatore in questo momento sarebbe da sadici. La battaglia arriva in extremis per quelli della mia sezione. Anche se credo che non riuscirò a starmene seduto quando ce ne sarà bisogno… -, mormorò con un sorrisetto.

- Lo credo anche io -, borbottò Ginny, in tono poco lusinghiero.

 

Stettero in silenzio per un po’, ma non fu imbarazzante. Entrambi avevano il bisogno di metabolizzare le varie cose che Harry aveva detto.

- Quindi -, disse la ragazza interrompendo la calma – ora sei tornato tra di noi? Voglio dire…parli, mangi e scherzi? –

Harry rise a quelle parole, trovandola più dolce e tenera che mai. – Si…ma  mangiavo anche prima… -

- Hai capito quello che intendo -, lo freddò con un’occhiataccia.

- Beh diciamo che sono a buon punto e…a proposito. Ho cambiato il vestito del matrimonio. –

 

Ginny lo guardò ad occhi sgranati. – Non avrai mica cambiato la camicia? Ti sarebbe stata così bene… -

- Non ho cambiato solo la camicia. Ho cambiato tutto. -, le disse con una certa pomposità.

- Cosa avresti combinato? –

- Ho cambiato colore. Vestito blu e camicia…bianca. –

 

Ginny lo guardò dubbiosa. – Bianco e blu? Ma il verde… -

- Sta bene con i miei bellissimi e stupendi occhi lo so -, disse facendola ridacchiare. – Ma volevo provare qualcosa di nuovo. E come dice Madama McClan: l’abito non fa il monaco… -.

- Beh almeno tu hai le idee chiare…a me ancora il vestito manca…-, rispose mestamente.

- Lo sapevo -, le disse facendole l’occhiolino. – Per questo c’è una…sorpresa per te. –

- Una sorpresa per me? –

Le si leggeva chiaro in faccia lo stupore e Harry fu ancora più felice. Prese la bacchetta che aveva poggiato sul comodino e con un gesto fluido, una scatola bianca si presentò d’avanti a Ginny.

 

- Cos’è? –

- Aprilo -, si limitò a risponderle.

 

Con le mani tremanti, Ginny si accinse a scogliere il fiocco dorato che decorava la scatola. Alzò la parte superiore e per poco non si commosse.

Era un…vestito.

Un vestito meraviglioso.

 

Era di seta blu, con un ampio scollo, e arrivava fino alle ginocchia. Inizialmente stretto, finiva con una gonna ampia.

- Harry non dovevi -, disse con voce tremante.

- Invece si…ho sempre voluto farti un regalo, ma non ne ho mai avuto occasione. E poi…ho anche una cosa da chiederti… -

Con gli occhi lucidi, e le guance arrossate, Ginny lo spronò ad andare avanti.

- Io non so esattamente come sia messa al momento la tua vita…sentimentale. E non voglio incasinarti… Perciò non sentirti obbligata a dirmi di si…ma mi piacerebbe che tu venissi con me al matrimonio…-.

Aveva parlato con calma e serenità, e se non fosse stata per la mano sinistra chiusa a pugno tanto da essere sbiancata, sarebbe potuto sembrare leggermente…freddo.

- Io…si…certo… -, riuscì a balbettare, prima di abbracciarlo forte e scoppiare a piangere.

Era più che altro un modo di sciogliere la tensione.

Aveva avuto seriamente paura che per loro due non ci fosse più possibilità, e ora sentirlo ricambiare l’abbraccio con così tanta premura, le faceva credere che forse non tutto era perduto.

E, ne ebbe la prova certa, quando lui si staccò un attimo solo per prenderle il viso tra le mani e baciarla delicatamente, come solo lui aveva fatto, e come solo lui avrebbe fatto in futuro.

 

Le sue labbra erano calde e morbide, e le fecero venire in mente una sola, unica, meravigliosa sensazione: la felicità.

Dopo tanto tempo sentì di nuovo la serenità invadere il suo corpo…Harry, rifletté in un secondo di lucidità, era l’unico ad avere il potere di mandarla in paradiso con un solo semplice gesto…

 

- Ginny, hai visto…?-

Immediatamente si staccarono, ed entrambi ebbero una strana sensazione di dejà vu, quando irruppe con una certa verve nella stanza della sorella.

E forse fu per questo che tutti e tre cominciarono a ridacchiare.

- Si Ron, cosa volevi? –, chiese Harry senza lasciare la ragazza dalla stretta morsa in cui l’aveva rinchiusa.

- Veramente cercavo te…Mamma sta andando fuori dai gangheri perché ho sbagliato un incantesimo…e lo sai che non si arrabbia mai quando ci sei tu…Comunque noto che sei impegnato -, disse il Rosso facendo sorridere Harry sfacciatamente. – Vedi di non esagerare, è sempre la mia sorellina… -.

- Si certo Ron -, gli rispose Harry con condiscendenza e una certa malizia – Potrei dirti la stessa cosa di Hermione…ma te la sposi, quindi… -.

Le orecchie di Ron diventarono subito rosse e Harry scoppiò a ridere di nuovo.

- Avete finito? -, borbottò Ginny un po’ offesa da tutto il testosterone che stava opprimendo la sua stanza. Per tutta risposta, Harry  abbassò il capo e le rubò un altro bacio veloce prima di seguire Ron fuori dalla stanza.

Istintivamente lei allungò un braccio per trattenerlo. Non voleva che se ne andasse. Non voleva che la lasciasse di nuovo.

Harry lo capì, e le sorrise dolcemente. – Torno tra cinque minuti. –

 

Certo, pensò Ginny mentre si ributtava sul letto con le guance in fiamme e il cuore che batteva forte, non si era ancora risolto tutto. Ma le cose stavano migliorando. E lei sapeva che con Harry e la sua famiglia accanto sicuramente sarebbe stato tutto più facile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi di nuovo qua, questa volta con Harry e Ginny, i miei preferiti…

Beh, che dire…la storia si spiega da sola. Dopo la guerra non è possibile che tutto sia facile…ma con un po’ di pazienza si risolve tutto, no??

 

Alla prossima…

 

Francesca

 

   
 
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