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Autore: demoniopellegrino    14/12/2009    1 recensioni
Una cena di Natale tra amici, la noia nei confronti della vita e della quotidianita', una caduta libera del personaggio principale verso l'amoralita' e la pazzia. Forse
Genere: Commedia, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caduta Libera / Cena di Natale
di Demonio Pellegrino 


Festa di Natale, casa di Luca. Ho un bicchiere di champagne in una mano, una tartina al salmone nell’altra, e i miei occhi sul culo della donna del padrone di casa.

Sono bellissimo. Indosso un paio di jeans G-star, una maglia nera a pelle, un maglione Superdry verde con cappuccio, scarpe Prada.

Siamo in 20, in perfetta parità uomo donna, come da legislazione sulle quote rosa. Gli uomini presenti si dividono in tre grandi gruppi: Luca e Vittorio fanno parte della categoria dei trentenni che approfittano del loro essere trentenni per trombare venticinquenni; Paolo, Umberto e Igor fanno parte della categoria di trentenni che approfittano del loro essere trentenni per trombare tutto il trombabile; Giulio, Valerio, Marco e Giovanni fanno parte del gruppo di trentenni sposati, fidanzati o quant'altro che vorrebbero trombare venticinquenni o tutto il trombabile, ma non lo fanno.

Io sono in bilico tra le prime due categorie.

Le donne sono tutte in una sola categoria: troie. Ma ci sono tre sottocategorie: mettibili, trombabili e ingiovibili.

Mi guardo intorno. Sono seduto tra donne disperate per un figlio, donne disperate per un cazzo (letteralmente), donne inconsapevoli dell'animale che si ritrovano per marito o compagno. Nessuna ingiovibile, per fortuna, molte trombabili, pochissime mettibili.

Igor, di fronte a me, grugnisce nella sua lingua del cazzo. Giusy sostiene che il suo accento è molto sexy. Mi domando se la Mercedes classe E che ha parcheggiato di fronte a casa di Luca influisca sulla sensualità del suo accento. E se sì, in che misura.

Continuo a guardarmi attorno, e mi chiedo dove siano finite le corpiduri delle mie compagne di università: guardo Laura, a capotavola. Le sorrido, e penso a quando scopammo a casa sua, con sua sorella in salotto, e la camera da letto con la porta aperta. Sta servendo una zuppa grigia, di non so che cosa, impedita dal suo maglione extralarge. Immagino l'abbia comprato per coprire lo sboddamento del suo corpo. Dovrebbe richiedere indietro i soldi: ovviamente l'indumento in questione non svolge bene il proprio compito.

Cristina sta parlando con Vittorio, si vede che è annoiata. Si vede che non ascolta. Mi tolgo il mocassino Prada pagato col sangue, e comincio a farle piedino sotto il tavolo, solo per non impazzire e avere qualcosa da fare, mentre Giulio, il suo convivente, mi sfonda le meningi con programmi d'investimento che secondo lui possono aiutarmi a superare la crisi economica.

"Dovresti investire nel vino, Matteo, comprarti una bella cassa di Chateux Gran Cul, lasciarla li' vent'anni, e poi rivenderla. Ci faresti un sacco di soldi, è una polizza per la vita", continua a parlare sbavando. E' l'unico ad indossare una cravatta del cazzo. Cristina, che non si è mossa se non per aprire un po' le gambe e permettere al mio piede di montare verso le sue cosce, lo guarda con disprezzo.

"Giulio, perché devi rompere le scatole a tutti con queste menate d'investimento?"

"Lascia stare Cristina, che se avessimo investito in vino come avevo detto io, a quest'ora saremmo ricchissimi"

"Beh, ma non lo siamo, Giulio. E credo che questo ti squalifichi abbastanza come possibile consulente finanziario, non credi?".

Nel dire queste cose Cristina infila la mano sotto la tavola, prende il mio piede e se lo mette con forza in mezzo alle gambe. Mi domando che biancheria abbia, mentre il mio piede senza scarpa assorbe il calore della sua figa. Mi domando dove potrei scoparmela in casa di Luca, senza che nessuno se ne accorga. Mi domando per quale motivo m'interessi che nessuno se ne accorga.

Giulio continua a parlarmi di fondi d'investimento e di un suo amico che una volta a Singapore ha comprato un mobile antico e ha scoperto che...Mi alzo all'improvviso per non sclerare e prenderlo a sberle. Cristina sobbalza. M'infilo la scarpa, mentre Giulio mi guarda, vede che mi sto mettendo la scarpa, e poi alza gli occhi verso Cristina, che lo guarda basita. Non dico niente, e faccio come se fosse perfettamente normale togliersi il mocassino destro durante una cena.

Tutti hanno capito benissimo che fino a un secondo prima il mio piede era tra le gambe di Cristina. Tutti tranne Giulio. Che si alza con me e continua a parlarmi di fondi d'investimento.

"Giulio, devo andare al cesso", gli dico, "vuoi accompagnarmi anche li'"?

Mi allontano, e mi avvicino per principio al corpo sformato di Laura, faccio in modo di toccarlo passando per aprire il cesso, e sento il mio gomito affondare in un mare di carne.

Stranamente non mi schifa, provocando una semi erezione.

Vado in bagno, provo a farmi una sega pensando a Cristina, ma non ci riesco. Mi rassetto, esco dal bagno e torno in sala da pranzo.

Il gruppo si è spostato verso il tavolo del dolce. Pandori, panettoni, tiramisù, creme-caramel e ogni altra bomba calorica sono offerti come su un altare sacrificale.

Elena mi si avvicina. Trombabile, sicuramente. Forse mettibile. E' l'unica che ancora si prenda la pena di parlarmi come se potessi davvero risponderle.

"Matteo, che cazzo stai facendo con Cristina? Tra un po' il tuo piede le sbucava dalla bocca..."

"Sei gelosa?"

"No, ma non credo tu ti faccia del bene a fare quello che fai. Giulio è un tuo amico!"

"Giulio è uno a cui ho venduto la raccolta di Martin Mystère nel 1994, Elena, e a prezzo maggiorato. Non un amico. Sii precisa nell’utilizzo dei vocabili, per favore, ti sei pure laureata in lettere."

"Sei davvero uno stronzo".

"Per servirla, signora".

Elena si allontana e torna da Vittorio. Igor si avvicina.

"whsqdjheshsj tiramisù?"

"Eh?"

"qsqkhdkqsdh tiramisù"?

"Ma come cazzo parli, Igor? Non ti capisco"

Igor si offende, sta per dirmi qualcosa. Cristina mi prende per un braccio e mi porta in cucina.

"Ti vuoi fare ammazzare stasera?"

"Avrei altre priorità...", le rispondo, mentre le guardo deliberatamente la scollatura abbondante, che lascia intravedere due tette durissime.

"Ah sì, e quali sarebbero?"

Non alzo lo sguardo dalle sue tette. Sto parlando con loro: "Non ho programmi. Vado dove mi porta il cuore".

"Matteo, tu un cuore non ce l'hai. O se ce l'hai è sulla punta del tuo uccello".

"E' un problema?", le chiedo sfoderando il mio sorriso migliore.

"Non necessariamente..."

Mi avvicino, e senza guardarla negli occhi le metto una mano sulla tetta destra, e una mano sul fianco sinistro. L'attiro verso di me. Le bacio il collo. Sento il suo respiro aumentare.

"Certo che voi donne siete veramente tutte troie", sussurro, ancora con la mano sulla tetta, ancora senza guardarla in faccia.

Sento il rumore dello schiaffo prima ancora del dolore sulla gota. Mentre Cristina se ne va in bagno, con le lacrime agli occhi, le urlo "che cliché del cazzo, che sei". Non credo che mi abbia sentito. Faccio per urlare più forte, ma mi dico che non è una buona idea.

Torno in salotto. E' il momento della consegna dei regali. Umberto, come ogni anno, sta cercando di trovare una nuova procedura per la consegna di questi cazzo di regali a sorpresa. Evidentemente non è soddisfatto della procedura reinventata ogni anno negli ultimi 15 anni.

M'innervosisco, e per dispetto comincio a spezzettare le foglie di una pianta costosa che Maria ha portato di regalo a Luca stasera. Non so che pianta sia, ma è verde.

Luca mi vede, e si avvicina. Mi sorride e versa il suo spumante nel vaso della pianta, sorridendo. "Mi faceva comunque schifo", mi dice.

Lo abbraccerei se non fossi uno stronzo.

Umberto sta ancora cercando di spiegare come avverà la cernita dei regali. Io mi piazzo dietro al divano, guardando i culi delle donne, per vedere se qualcuna non lasci il tanga in bell'evidenza. Scommetto con me stesso che ce ne sono almeno cinque. BINGO! Ne conto 6. Di queste sei, tre me le sono scopate, una mi ha fatto un pompino. Due mi mancano.

Decido che devo rimediare.

Mentre fantastico di un'orgia con due gemelle viste su una rivista dal dentista quel pomeriggio, arriva il momento dei regali. Ho il regalo numero 6. Lo apro. E' un cuscino per appoggiare la testa nella vasca da bagno. Comincio a urlare come un pazzo, saltando, gridando che è bellissimo, e che Dio solo sa quanto lo volessi. Corro intorno agli altri. Inciampo in una lampada che cade per terra e si rompe.

Gli altri mi guardano in silenzio, imbarazzati. Io continuo ad urlare. Taccio all'improvviso.

"Cazzo, ho solo la doccia a casa", dico. E comincio a fingere di piangere.

Giulio scuote la testa in un angolo, guardandomi. Cristina mi guarda. Non capisco se è amore, disprezzo o pena quello che vedo nei suoi occhi. Luca ride.

Capisco che è il momento di sloggiare. Saluto e me ne vado. Prima di uscire frugo nei cappotti appesi all'ingresso, prendo un paio di mazzi di chiavi che non so a chi appartengano. Uscito in strada, le butto nel pozzetto della fogna.

In strada, cerco poi la Mercedes Classe E di Igor, la rigo con una chiave, e ci scrivo UNGHERIA MERDA.

Salgo su un taxi, e vado a casa.

  
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