L’estate
era ormai iniziata si sentiva nell’aria il profumo dei gelsomini e la gente
aveva riposto in tutta fretta gli abiti invernali, mentre i libri di scuola che
erano pesati per interminabili mesi sulle spalle degli studenti d’ogni età
giacevano in un angolo dimenticati. Era bello non
pensare più per qualche giorno o qualche mese alla grigia vita quotidiana. I
ragazzi che uscivano per le strade in compagnie o in gruppi di cinque o sei
persone sembravano quelli che più sentivano lo spirito dell’estate, con i loro
commenti e le loro risate sempre spensierate. Vi erano gruppi di giovani donne
che passeggiavano lungo le vie del centro entrando in tutti i negozi a cercare l’abito o il
costume che più gli stava bene, non c’erano solo loro, una moltitudine di individui
formata da altre donne non più giovani, nonni con i nipotini, giovani coppie di
sposi, ragazzi, uomini si accalcava per la città. In mezzo a tutto questo, una
ragazza si aggirava, si chiamava Marian, era uscita a
comprarsi qualcosa di carino per premiarsi della fatica di mesi di studio,
sempre sui libri o meglio, così le era sembrato, verso marzo era anche arrivata
al punto di dire basta, ma poi ripensandoci si era ancora data da fare, ma le
restava ancora la voglia matta di evadere con qualcosa o semplicemente di
vivere due secondi in più senza quella preoccupazione, per lei stare in quella
città spenta o andare al mare era indifferente, era solo quell’impicciona di sua mamma Sofia che aveva deciso di intraprendere il viaggio
solo per farla uscire dal suo guscio, per l’occasione le aveva comprato una
quantità di vestiti di marca illudendosi così di farla sentire meglio. Marian doveva recarsi alla svelta in Piazza Cinque Lune era
lì che Sofia sarebbe venuta a prenderla con la macchina.
Il viaggio si svolse
senza particolari contrattempi, era una giornata piovosa e brutta, il mare
appariva blu, ma puzzava,
sulle prime non era una bella impressione, cominciava così una pallosa
vacanza tutto sole mare e noia, Marian si domandava
che strano e insulso piacere si provava a stare come lucertole al sole, e a far
cosa, dormire, quando c’era la notte
fatta per dormire ma alle signorine no non piaceva preferivano andare in
discoteca a sfondarsi d’alcool, a vedere che bel fisico ha quella che figo è quello: ecco
la classica storia “quando la gatta non può arrivare al lardo dice che è
rancido”, la ragazza era soprattutto un tipo geloso, di tutto e di tutti, molte
volte non vedeva la sua fortuna, non vedeva i molti lati positivi della sua
esistenza vedeva solo i pochi sprazzi di felicità che persone più infelici di
lei tentavano di regalarsi; invidiava quelle che andavano la sera a bere, ma
non si accorgeva che lei non bevevo perché semplicemente non ne aveva bisogno,
perché la sua vita era già perfetta…
Un
giorno per caso si era trovata a passeggiare in riva al mare scrutando il tramonto,
quando “Attenta!” gridò una voce alle sue spalle subito seguita da un dolore
abbastanza forte all’altezza della spalla “Scusa non volevo!” disse la stessa
voce, la ragazza seccata si girò stava quasi per tirare fuori un’imprecazione,
quando girandosi si trovò di fronte un ragazzo apparentemente della sua stessa
età, non altissimo, magro, con un viso ovale, coronato una capigliatura bionda
e ondulata, e su cui risaltavano due grandi occhi blu cobalto, scurissimi e
tagliati leggermente a mandorla.
“Ma non potevi stare più attento?”
“Chiedo scusa non ti avevo visto. Comunque io
mi chiamo Filippo, e
tu?”
“Marian”
“Ti
accompagno dove puoi bagnarti un po’ la spalla, vedo che è tutta rossa.” La
ragazza si lasciò trascinare per mano da quel ragazzo che la condusse in un posto
dove c’erano dei tavoli e una piccola fontana, Filippo la fece sedere e posi si
mise ad ispezionare l’ematoma, non era niente di grave, solo un leggero
arrossamento della pelle: “Scusa ancora, non volevo!”
“Non
mi sono fatta niente, non crearti tanti problemi.”.
“Lo dici tu, e se ti avessi
colpita in testa con quella maledetta palla, mentre il ragazzo andava a
prendere un po’ d’acqua, Marian colse l’occasione di
osservarlo meglio, era un tipo abbastanza insolito, indossava un paio di braghini azzurri e una maglietta bianca con un buffo
disegnino che davano l’aria di non essere stati acquistati da poco, non aveva
nessun orecchino o piercing e i suoi capelli davano l’impressione che ci fosse
stato un litigio tra lui e il parrucchiere, non lasciava dietro di se una scia di
profumo come la maggior parte dei ragazzi che conosceva, ma sia lui sia i suoi
abiti profumavano quasi impercettibilmente di sapone di Marsiglia.
“Ti
posso offrire un gelato?”
“Magari un’altra volta mi stanno aspettando a
casa”
“Peccato, spero in ogni caso di rivederti in
spiaggia uno di questi giorni!”
“Certo!”
La ragazza tornò a casa, era abbastanza
confusa, non sapeva chi fosse quel ragazzo, ma qualcosa di lui l’aveva toccata,
non sapeva ancora a che livello della sua psiche ma l’aveva toccata.
“Sei
in ritardo!” disse Sofia appena vide la figlia.
“Scusa,
ma sono stata trattenuta…”
“Da
chi, da quei tuoi amici, lo sai che non mi piacciono.”.
“A
parte il fatto che non sono miei amici, comunque no, un ragazzo mi ha dato una
pallonata sulla spalla, non mi aveva visto”
“Come
va adesso?”
“Bene,
ma non era niente anche prima”
“Spero
che il ragazzo sia bello”
“Abbastanza,
non era malaccio” cercò di sminuire la ragazza, non aveva voglia quella sera di
uscire. si mise a guardare “Robin Hood principe dei
ladri” così per fare e per non passare
tutta sera a rigirarsi i pollici iniziò
un lavoro a punto croce, peccato non avere di meglio da fare .