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Autore: castelar    14/12/2009    0 recensioni
questa storia è da tanto che mi ronza per la testa, il primo capitolo è un pò cortino, ma spero che qualcuno legga e recensisca, da qui non si capisce molto della storia che vi annuncio essere piena di colpi di scena, spero tanto vi piaccia, ps c'è un paragrafo che non vuole essere offensivo per nessuno, ho voluto solo rendere la ragazza insopportabile anche nei ragionamenti. buona lettura
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’estate era ormai iniziata si sentiva nell’aria il profumo dei gelsomini e la gente aveva riposto in tutta fretta gli abiti invernali, mentre i libri di scuola che erano pesati per interminabili mesi sulle spalle degli studenti d’ogni età giacevano in un angolo dimenticati. Era bello non pensare più per qualche giorno o qualche mese alla grigia vita quotidiana. I ragazzi che uscivano per le strade in compagnie o in gruppi di cinque o sei persone sembravano quelli che più sentivano lo spirito dell’estate, con i loro commenti e le loro risate sempre spensierate. Vi erano gruppi di giovani donne che passeggiavano lungo le vie del centro entrando in tutti i negozi a  cercare l’abito o il costume che più gli stava bene, non c’erano solo loro, una moltitudine di individui formata da altre donne non più giovani, nonni con i nipotini, giovani coppie di sposi, ragazzi, uomini si accalcava per la città. In mezzo a tutto questo, una ragazza si aggirava, si chiamava Marian, era uscita a comprarsi qualcosa di carino per premiarsi della fatica di mesi di studio, sempre sui libri o meglio, così le era sembrato, verso marzo era anche arrivata al punto di dire basta, ma poi ripensandoci si era ancora data da fare, ma le restava ancora la voglia matta di evadere con qualcosa o semplicemente di vivere due secondi in più senza quella preoccupazione, per lei stare in quella città spenta o andare al mare era indifferente, era solo quell’impicciona di sua mamma Sofia che aveva deciso di intraprendere il viaggio solo per farla uscire dal suo guscio, per l’occasione le aveva comprato una quantità di vestiti di marca illudendosi così di farla sentire meglio. Marian doveva recarsi alla svelta in Piazza Cinque Lune era lì che Sofia sarebbe venuta a prenderla con la macchina.

Il  viaggio si svolse senza particolari contrattempi, era una giornata piovosa e brutta, il mare appariva blu, ma puzzava, sulle prime non era una bella impressione, cominciava così una pallosa vacanza tutto sole mare e noia, Marian si domandava che strano e insulso piacere si provava a stare come lucertole al sole, e a far cosa,  dormire, quando c’era la notte fatta per dormire ma alle signorine no non piaceva preferivano andare in discoteca a sfondarsi d’alcool, a vedere che bel fisico ha quella  che figo è quello: ecco la classica storia “quando la gatta non può arrivare al lardo dice che è rancido”, la ragazza era soprattutto un tipo geloso, di tutto e di tutti, molte volte non vedeva la sua fortuna, non vedeva i molti lati positivi della sua esistenza vedeva solo i pochi sprazzi di felicità che persone più infelici di lei tentavano di regalarsi; invidiava quelle che andavano la sera a bere, ma non si accorgeva che lei non bevevo perché semplicemente non ne aveva bisogno, perché la sua vita era già perfetta…

Un giorno per caso si era trovata a passeggiare in riva al mare scrutando il tramonto, quando “Attenta!” gridò una voce alle sue spalle subito seguita da un dolore abbastanza forte all’altezza della spalla “Scusa non volevo!” disse la stessa voce, la ragazza seccata si girò stava quasi per tirare fuori un’imprecazione, quando girandosi si trovò di fronte un ragazzo apparentemente della sua stessa età, non altissimo, magro, con un viso ovale, coronato una capigliatura bionda e ondulata, e su cui risaltavano due grandi occhi blu cobalto, scurissimi e tagliati leggermente a mandorla.

 “Ma non potevi stare più attento?”

 “Chiedo scusa non ti avevo visto. Comunque io mi chiamo Filippo,  e tu?”

Marian

“Ti accompagno dove puoi bagnarti un po’ la spalla, vedo che è tutta rossa.” La ragazza si lasciò trascinare per mano da quel ragazzo che la condusse in un posto dove c’erano dei tavoli e una piccola fontana, Filippo la fece sedere e posi si mise ad ispezionare l’ematoma, non era niente di grave, solo un leggero arrossamento della pelle: “Scusa ancora, non volevo!”

“Non mi sono fatta niente, non crearti tanti problemi.”.

 “Lo dici tu, e se ti avessi colpita in testa con quella maledetta palla, mentre il ragazzo andava a prendere un po’ d’acqua, Marian colse l’occasione di osservarlo meglio, era un tipo abbastanza insolito, indossava un paio di braghini azzurri e una maglietta bianca con un buffo disegnino che davano l’aria di non essere stati acquistati da poco, non aveva nessun orecchino o piercing e i suoi capelli davano l’impressione che ci fosse stato un litigio tra lui e il parrucchiere, non lasciava dietro di se una scia di profumo come la maggior parte dei ragazzi che conosceva, ma sia lui sia i suoi abiti profumavano quasi impercettibilmente di sapone di Marsiglia.

“Ti posso offrire un gelato?”

 “Magari un’altra volta mi stanno aspettando a casa

 “Peccato, spero in ogni caso di rivederti in spiaggia uno di questi giorni!”

 “Certo!”

 La ragazza tornò a casa, era abbastanza confusa, non sapeva chi fosse quel ragazzo, ma qualcosa di lui l’aveva toccata, non sapeva ancora a che livello della sua psiche ma l’aveva toccata.

“Sei in ritardo!” disse Sofia appena vide la figlia.

“Scusa, ma sono stata trattenuta…”

“Da chi, da quei tuoi amici, lo sai che non mi piacciono.”.

“A parte il fatto che non sono miei amici, comunque no, un ragazzo mi ha dato una pallonata sulla spalla, non mi aveva visto

“Come va adesso?”

“Bene, ma non era niente anche prima”     

“Spero che il ragazzo sia bello”

“Abbastanza, non era malaccio” cercò di sminuire la ragazza, non aveva voglia quella sera di uscire. si mise a guardare “Robin Hood principe dei ladri” così per fare  e per non passare tutta sera a rigirarsi i pollici  iniziò un lavoro a punto croce, peccato non avere di meglio da  fare .

 

  
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