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Autore: Eli5594    15/12/2009    4 recensioni
Era la prima volta da quando avevo iniziato il liceo che avevo paura di mettere piede a scuola. Sul serio. Potrò sembrare esagerata, ma quando dico che questa è una scuola dove la parola privacy è tabù non scherzo.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO QUATTRO: IO NON TI CAPISCO

 

Era la prima volta da quando avevo iniziato il liceo che avevo paura di mettere piede a scuola. Sul serio. Potrò sembrare esagerata, ma quando dico che questa è una scuola dove la parola privacy è tabù non scherzo. E, come ho già detto, la cosa sembrava farsi sentire di più quando ci andavamo di mezzo io e Amianti. Più o meno, ogni singolo studente, professore e bidello di questo liceo sapeva della simpatia che provavamo l'uno verso l'altro e si permettevano pure di scherzarci su! Solo quelli che avevano avuto la (s)fortuna di conoscermi si erano resi conto che non c'era proprio un bel niente su cui scherzare.

Con un groppo in gola che odiavo avere, feci il mio ingresso a scuola con un'espressione nervosa e agitata. Continuavo a guardarmi in giro nel timore di vedermi spuntare all'improvviso Amianti che mi sbeffeggiava, ma non lo incrociai nè all'ingresso nè per i corridoi.

Ok, era strano. E non mi rendeva affatto più tranquilla. Perchè non si faceva vedere?

- Erika! -.

Sobbalzai, spaventata a morte, e mi girai con gli occhi sgranati.

Ma era solo Giulia. La mia amica mi raggiunse e fece un sorrisetto perplesso. - Ehi... Tutto ok? -.

- S-sì. Ehm... Sì, certo. Perchè? -.

Giulia mi lanciò un occhiata seria e imbarazzata, e il mio cuore mancò un battito.

Sapeva tutto.

Eppure... Come poteva essere? Possibile che Amianti avesse trovato il modo di smerdami ancora prima che arrivassi a scuola?

Lacrime di frustrazione minacciarono di salire su, e io abbassai il viso. - Be'... Ehm... -.

Non avevo la più pallida idea di cosa dire, quindi per risparmiare il disagio ad entrambe, feci dietrofront e mi fiondai in classe. Non dovevo pensarci. Dopottutto, ero Erika Mantelli. Ero una dura. Non mi sarei certo fatta infinocchiare da quello là.

Mi morsi il labbro, nervosa.

Sì, sono una dura... Però... Che fastidio!

***

La lezione di storia sembrava interminabile. Il professore continuava a blaterare chissà cosa senza preoccuparsi dell'evidente disinteresse della maggior parte della classe.

Io non lo guardavo nemmeno. Stavo spaparanzata sul mio banco con gli occhi fissi sul campo di basket che si vedeva fuori dalla finestra, persa nei miei pensieri.

Vola vola vola vola vola l'ape Maia,

gialla e nera nera, gialla tanto gaia.

E che pensieri. Il fatto è che ripetere sciocchezze mentalmente mi aiutava a distrarmi da ciò che mi rodeva veramente. Quindi ripassai assorta la canzone dell'ape Maia parecchie volte prima che qualcosa mi scuotesse finalmente da quel torpore.

Fuori, nel campo di basket fino ad allora vuoto, alcuni ragazzi avevano iniziato a passarsi un pallone da calcio facendo un gran chiasso.

Li guardai impassibile finchè non riconobbi tra loro la testa ricciuta di Diego Regaldi. Allora mi destai all'improvviso e, agitata, feci scorrere lo sguardo sul gruppo.

Eccolo.

Luca Amianti, con una scocciata aria di superiorità, faceva rimbalzare il pallone sul piede destro, le mani dentro alle tasche dei jeans.

Ma guardalo, quanto si fa figo. Sparati, pezzo d'idiota.

- Mantelli? -.

Sai che gran cosa far rimbalzare una palla. Pure il mio pesce è capace.

- Mantelli?! -.

Deficiente del caz...

- ERIKA MANTELLI! -.

Girai di scatto la testa, e non potei nascondere la sorpresa. Tutta la classe, accessoriata di professore incazzato, mi fissava. Oh, merda.

- Ehm... -, balbettai, facendo un sorrisetto stupido.

Il professore si alterò ancora di più. Stringendo i denti, afferrò il registro e me lo porse. - Non mi importa niente se non ascolti la spiegazione, Mantelli, perchè a rimetterci sei solo tu. Ma, almeno, quando ti richiamo, potresti girarti, per favore? -.

- Scusi, prof, davvero non so cosa mi sia preso -.

Lui sbuffò, spazientito. - Sì sì, tu non sai mai cosa ti sia preso. Ora prendi il registro e vai pure su. La strada la conosci fin troppo bene, direi -.

Cazzo. E' la seconda volta questa settimana che finisco in presidenza. Mamma mi amazza.

Prima di uscire dalla classe, lanciai un'ultima occhiata alla finestra. Il campo era di nuovo vuoto.

Sorrisi, sarcastica. Maledetto Amianti. Lo fai apposta a rovinarmi l'esistenza, vero?

***

Svogliata, percorsi i corridoi che conducevano all'ufficio del preside con passo lento e strascicato. Carlo, un bidello che nella sua vita faceva di tutto tranne che pulire quello che doveva pulire, mi sorrise. - Ancora in presidenza, Erika? -.

Gli feci una linguaccia e mi piazzai davanti alla porta facendo dondolare il registro. Bussai, di malavoglia.

- Avanti -.

- Permes... -.

Oh, porca troia.

A quanto pare, non ero l'unica ad aver bisogno del preside quel giorno.

Luca Amianti, Diego Regaldi e Simone Peretti, un altro loro simile di un narcisismo insopportabile, avevano circondato la scrivania del preside e lo sovrastavano in tutta la loro maestosità (pff...).

- Guarda chi c'è. Ma sei sempre qui, tu? -, disse Simone.

- Sul serio -, aggiunse Diego, - mi sa che hai più note tu di me -.

- E ce ne vuole! -.

Scoppiarono a ridere, dandosi delle manate sulle spalle con fare scimmiesco. Oh, Gesù, come si è ridotta la specie umana.

In quel momento, il professor Marchetti, un omino grassottello e pelato che corrispondeva anche al titolo di preside, decise di dire la sua e fece un gran sorriso a tutti quanti.

- Che bello avere i migliori studenti della scuola tutti riuniti qua! -.

Mentre loro ridevano, io guardai Marchetti leggermente scioccata. - Mi sta paragonando a 'sti qua, o sbaglio? -.

L'uomo scosse la testa, condiscendente. - Andiamo, Erika! Questo è l'ultimo anno (forse) per i tuoi compagni. Non credi che sia ora di mettere da parte i vecchi rancori e socializzare un po' anche con loro? -.

Con un gesto teatrale che disgustò me e sconvolse il preside, Diego mi abbracciò da dietro e disse, sorridente: - Guardi che il miracolo c'è già stato. Ieri Erika ci ha chiesto scusa e siamo diventati grandi amiconi, noi e lei, vero piccola? -.

Osò pure farmi l'occhiolino. Indecisa se tirargli un pugno o semplicemente prenderlo a insulti (quand'è che gli avrei chiesto scusa io a loro?! E perchè avrei dovuto, poi?), rifflettei per un nanosecondo. Visto che ormai mi ero rovinata l'immagine davanti ad Amianti, non c'era più bisogno che cercassi di avvicinarmi a quel gruppo. Però... stranamente non mi andava che Diego o uno dei suoi amici capisse che li avevo presi in giro.

Oh, merdaccia. Mi sto ramollendo. Perchè dovrebbe importarmi della loro reazione?!

Feci un sorrisetto insicuro, che speravo sembrasse gentile ai loro occhi, e mi strinsi a Regaldi. - Infatti. Alla fine ho capito che non sono tanto male -.

Simone mi guardò incredulo. - Non siamo tanto male?! Tesoro, ma tu scherzi? Io sono il più strafigo, simpatico, unico e inimitabile studente di questa scuola, siamo seri! -.

- Buuuuuu! -, facemmo io e Diego contemporaneamente, e, stupendo anche me stessa, sorrisi ad entrambi. Amianti guardò storto tutti e tre. Infastidito per qualcosa che sapeva solo lui, Luca si girò verso il preside e sbottò con un: - Allora? -.

Marchetti sospirò. - Non posso Amianti, mi dispiace. Ti ho già dato troppe giustificazioni l'anno scorso, ma quest'anno hai il diploma e devi pensare solo a quello -.

- Che succede? -, sussurrai a Diego, liberandomi nel frattempo dai suoi tentacoli (quel ragazzo si stava prendendo decisamente troppa confidenza, e troppo in fretta).

- Luca non ha abbastanza tempo per prepararsi per il diploma quest'anno, sai per via degli allenamenti di calcio, e vorrebbe dei crediti extra, come aiuto. Il problema è che non ha mai fatto niente per guadagnarseli, quei crediti -.

- E voi, invece? -, chiesi, scettica. Non mi risultava che Regaldi e Peretti avessero un quoziente intellettivo superiore a quello di Amianti.

- Noi no -, rispose Diego, - perchè io e Simo stiamo facendo dei corsi di recupero dall'inizio dell'anno, quindi più o meno siamo a posto. Luca, però, non aveva voglia, quindi... -.

Feci un gran sorrisone, per niente dispiaciuta. Tsè, povero idiota. Sai che peccato se venissi bocciato!

Il sorriso mi si congelò sulle labbra quando ripetei quella frase con più calma, analizzandola sotto ogni aspetto. Ma, per quanto cercassi di negarlo, il succo era sempre quello.

Se Luca non avesse passato l'esame, sarebbe stato bocciato. E se fosse stato bocciato, mi sarebbe toccato di sopportarlo ancora un anno.

Sentendomi improvvisamente male, mi aggrappai al braccio di Diego e mormorai un: - E' impossibile... - alquanto sconvolto.

Diego mi guardò confuso. - Eh? -.

No, mai e poi mai!

- Andiamo, prof, non scherzi! -, urlai, concitata. - Gli dia 'sti crediti, così passa l'esame! E chi lo vuole ancora l'anno prossimo questo imbecille?! -.

Marchetti mi guardò severo. - Erika, vedi di piantarla ora! Guarda che questa è una cosa seria -.

Mentre sbuffavo per la poca comprensione che il preside mi dava, girai la testa con uno scatto infastidito e incrociai per una frazione di minuto gli occhi di Luca. Credevo di vederlo arrabbiato per le mie parole, o strafottente per quello che era successo a casa sua.

Mi sbagliavo. Per la prima volta da quando lo conoscevo, Luca Amianti mi fissava dispiaciuto. Addirittura, sembrava quasi... triste.

Mi fece sentire un verme.

Non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi. Perchè quell'espressione? Non era da lui, per niente. Perchè non mi prendeva in giro? Perchè non mi insultava?

Accidenti! Non mi piaceva vederlo così... mi faceva sentire... in colpa.

Con un enorme sforzo, distolsi infine lo sguardo dal suo, maledettamente a disagio, e abbassai la testa.

Nessuno si era accorto di niente. Eravamo solo noi due.

Brutto affare, Erika, davvero un bruttissimo affare.

***

Dieci minuti dopo, uscì dall'ufficio del preside decisamente depressa.

Il motivo era semplice, ma insopportabile: avrei dovuto dare ripetizioni di tutto ad Amianti, secondo un accordo tra un entusiasta preside e una rassegnata me. E sapete qual era la cosa più incredibile? Non che io mi fossi offerta volontaria per questo squallido compito (che ci posso fare, sono altruista), ma che Luca non abbia detto una sola, singolissima parola. Insomma, sembrava che il fatto di vederci regolarmente non gli desse il minimo fastidio. Tutto ciò era assolutamente incomprensibile.

Prima, in presidenza, mi guardava con una faccia triste, e subito dopo accettava serenamente delle ripetizioni da me.

Che gli prendeva?

Ma che ci sto a pensare? Dopottutto, io l'ho sempre detto che quel ragazzo ha qualcosa di strano.

Sospirando per lo stress di quella mattinata, feci il percorso al contrario e me ne tornai in classe. Ebbi appena il tempo di rimettere il registro sulla cattedra, che suonò la campanella del primo intervallo, e Giulia mi raggiunse.

Fantastico, ora mi chiederà un bel po' spiegazioni. Devo proprio parlargliene?

- Si può sapere come fai ad essere tanto stronza?! -.

Girai la testa verso la mia amica, sbalordita. Eh...?

- Perchè? -, domandai, dubbiosa. Sembrava furiosa o era solo una mia impressione? E che cavolo, però, per una volta che non avevo fatto niente di male, la mia migliore amica mi guardava con disprezzo. Cos'è, sto antipatica a qualche Dio, per caso? Il viso di Giulia si alterò e arrossì di rabbia. Oh, cazzo. Forse sono sonnambula e stanotte ho fatto davvero qualcosa senza rendermene conto. Ehi, perchè nessuno mi ha mai detto che sono sonnambula?!

- Ah, fai pure la finta tonta, adesso? Ma porca troia, Erika, che sei una stupida egocentrica lo so benissimo e non me n'è mai importato, ma per una volta che qui si parla di me, anzichè di te e delle tue seghe mentali, perchè diavolo non te ne frega niente?! -. Ma che diavolo stava dicendo quella pazza sclerata?

- Ok, Giu, farò finta di non essermi offesa per quel "stupida egocentrica", ma davvero non so di cosa tu stia parlando. Certo che mi frega di te, semplicemente non capisco dove tu voglia arrivare -.

Lei mi fissò dritto negli occhi, certamente per assicurarsi che fossi sincera (e accidenti, giuro sul suo cane che lo ero!), poi si calmò poco a poco, e con un grugnito degno di lei mi afferrò per un braccio e mi trascinò di nuovo in classe.

Non c'era nessun altro a parte noi, quindi potevamo parlare in tutta tranquillità.

Giulia sospirò, poi si morse il labbro per scacciare il nervosismo e alla fine si decise a parlarmi. - Ti ho mandato un e-mail ieri sera! Non mi hai risposto, quindi almeno stamattina potevi ascoltarmi due minuti invece di scappare subito via -.

Quindi era per quello che oggi era strana? Oh... Be'... Allora non sapeva niente... Che sollievo.

- Scusa, Giu, non ho proprio acceso il pc ieri. E stamattina... Vabbè. Ma che ti è successo? -.

- Scusa tu, non è colpa tua... E' che mi dà sui nervi solo a ripensarci, e avevo voglia di parlare con te -. Si interruppe per trarre un respiro profondo. - Be', ecco... Ieri pomeriggio, no? Mentre tu eri a casa di Luca Amianti -. Sbaglio o c'era una leggera quanto evidente nota di accusa nella sua voce? - Sono andata a casa di Marco -.

Che cosa...?!

Marco era il suo quasi-ex-ragazzo da quattro mesi. Ed era odioso.

Ok, lo so che a questo punto viene naturale pensare che io sia una specie di femminista lesbica misandropa, ma non è così.

Il fatto è che Marco era odioso per davvero. L'unica cosa che gli interessava di Giulia era quella cosa là sotto, e ogni volta che si incontravano le faceva pressione per cominciare ad adoperarla là suddetta cosa.

Non che la mia amica fosse una santarellina, ma erano settimane e settimane che tentava di darci un taglio con lui, e andarci a letto proprio quando si stavano per lasciare non le sembrava poi questa gran bella idea.

Il problema consisteva nel fatto che Marco di lasciarla non ne voleva proprio sapere, e la sua insistenza era cominciata a diventare soffocante per Giulia.

Per questo motivo, quando mi disse di essere andata a casa sua, mi venne un mezzo colpo. - Stai scherzando?! Sei andata a casa di quel maniaco appiccicoso?! -.

- Sì. Per dirgli una volta per tutte che era finita -, borbottò Giuly, scura in volto.

- E...? -, la incoraggiai, pensando nel frattempo che la sua espressione non prometteva nulla di buono.

Giulia si mosse sulla sedia, a disagio. -E... Be'... Niente di che. Solo... -.

Strinsi gli occhi, sospettosa. Giuro che se le ha fatto qualcosa, lo ammazzo. - Non ti ha toccata, vero? -.

- ... -.

- Giuly! -.

- Be', no, perchè me ne sono andata quasi subito, però ci ha provato -.

Brutto pezzo di merda schifoso! Aspetta solo che ti riincontri!

- Stai pensando ad uno dei tuoi loschi piani di vendetta? -, sorrise debolmente la mia amica. - Lascia perdere, ora mi sono davvero rotta di cercare di ragionare con lui. Che se ne vada pure affanculo -.

Annuii; da una parte ero pienamente d'accordo con lei, dall'altra stavo ancora meditando su un metodo per fargliela pagare a quel...

- Ehi? -, mi richiamò Giu.

- Scusa, pensavo. Ah, e... be', scusa anche per non esserci stata. Accidenti, però, potevi dirmelo che volevi andare a casa di quello ieri, ti avrei accompagnata -, mormorai, corrucciata.

- E tu saresti venuta con me, rinunciando al tuo "grande piano" contro Luca? -.

Scoppiai a ridere, seriamente divertita, ma anche un po' dispiaciuta. - E cosa ti fa credere che mi importi più di lui che della mia migliore amica? -.

Giulia mi guardò sorpresa, poi curvò le labbra in un sorriso caloroso. - Sai cosa, Erika? -.

- Cosa? -.

- Io non ti capisco. E' davvero un peccato che tu ti intestardisca a sembrare una dura, perchè in realtà sei una ragazza molto dolce -.

La guardai sbalordita. Una ragazza molto dolce?

Scoppia a ridere per la seconda volta, anche più di prima. - Non lo sai che chi è forte non soffre? -.

- Non lo sai che chi è se stesso vive libero? -.

Curvai le labbra in un sorrisetto amaro, e guardandola negli occhi capii perchè, pur conoscendola solo da un paio d'anni, Giulia fosse diventata la mia migliore amica. Era così perspicace!

- Dimmi una cosa -, riprese lei. - Non te l'ho mai chiesto seriamente, e tu non me l'hai mai detto di tua volontà -.

Attesi la sua domanda, paziente.

- Perchè ce l'hai così tanto con Luca Amianti? -.

Era questo il grande dubbio? Wow. - Non è ovvio? E' un bas... -.

- Sul serio, Erika -, mi interruppe lei bruscamente. - Perchè? -.

Scrollai le spalle, inespressiva, evitando di rispondere ad una domanda così inutile. Cosa cambierebbe tanto?

In quell'istante un trillo acuto e fastidioso segnò la fine dell'intervallo, e io potei ritenere quella conversazione chiusa.

 

 

 

 

 

Andato anche questo =) . Per ora sto postando un capitolo al giorno, chissà se riuscirò a continuare così? =D

Di nuovo ringrazio Luine (che continua a essere l'unica che recensisce ç_ç _________XDXD Vabbè, non importa...=) ), ma stavolta non solo per il commento.

"Ma in che famiglia vive quel Luca?! Povero Federico, vive in una casa d'appuntamenti!"

Non so neanch'io perchè, ma ho riso per dieci minuti dopo aver letto questa frase O_O .

 

Per Maki_chan (che ha commentato il primo capitolo): scusami, sia tu che suinogiallo avete ragione sul fatto che a qualcuno potrebbe dare fastidio. Non mi ci ero soffermata tanto, perchè credevo fosse ovvio che l'introduzione, o quantomeno le sue parole, non fosse così seria come potrebbe esserlo nella realtà. Non ho voluto assolutamente offendere o turbare nessuno, e non è un problema modificarla subito (più che altro, appena riuscirò a capire come si fa). Per quanto riguarda il titolo, invece, sono un pelino più stupita. In che modo può essere fastidioso? Non mi sembra che la parola "stronzo" sia così temuta e insopportabile, ai giorni d'oggi. E la mia non è di certo la prima fanfic con un titolo simile. Comunque sia, a meno che mettere un titolo del genere non sia vietato (e se fosse così mi stupirei parecchio, per lo stesso motivo che ho puntualizzato prima, ovvero sia che la mia storia non è l'unica) non ho intenzione di cambiarlo, semplicemente perchè riassume bene la mentalità della protagonista. Ripeto, mi dispiace che tu, o chi come te, la troviate volgare, ma la motivazione del mio "turpiloquio" è molto semplice: ho voluto rendere i dialoghi consoni al linguaggio dei "giovani" e, non so dalle vostre parti, ragazzi, ma vi assicuro che qui da me c'è gente che parla ancora peggio. Non per niente, del resto, ho messo il rating alto. Le parolacce ci sono, è vero, ma uno dovrebbe andare anche oltre prima di accanircisi tanto.

Concludo rassicurandoti sulla mia educazione: fai sogni tranquilli e sereni, Maki_chan, in verità non mi permetterei mai di insultare o di rivolgermi a qualcuno con parole offensive (a meno che questi non cominci per primo, s'intende).

 

Detto questo, mi scollego da qui, triste e abbattuta, e mi avvio a farmi un panino perchè sto morendo di fame.

  
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