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Autore: Karyon    19/12/2009    3 recensioni
«Tu puoi scegliere di non appartenere a loro, puoi decidere di appartenere a te, te soltanto.
Puoi decidere di vivere, puoi decidere di sentire e di appartenere a chi si interessa di te, a chi ti vede…»

Prima classificata al contest "What means Crack?" indetto da Kimly-Eden.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Narcissa Malfoy, Sirius Black
Note: OOC, Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Contest What Means Crack? Indetto da Kimly-Eden.

Autore: Karyon.
Titolo: Making a choice.
Genere: Drammatico, angst.
Coppia Crack Scelta: Sirius/Narcissa.
Rating: Arancione.
Capitoli: One shot.
Avvertimenti: One shot, what if…?
NdA(caldamente consigliate): Non c’è l’OOC, perché non credo sia così palese. Sono sempre convinta che si possa fare introspezione su un personaggio, in modo da tirarne fuori lati semi-sconosciuti e spero di averlo fatto con Narcissa; ciò nonostante è in una veste diversa, quindi potrebbe considerarsi vagamente fuori personaggio. Il “per Merlino” lì è davvero orrendo, ma effettivamente la Rowling non parla mai di Dio, non so se una esclamazione religiosa (del tipo, “che Dio le fosse testimone”) possa essere fattibile. Per il resto… questa storia mi sembrava un po’ dispersiva, ho avuto non so perché problemi di controllo., forse non è neanche tanto originale. Spero non sia proprio da buttare.

Buona lettura!

»All I wanna say is that:
They don't really care about us«
(Micheal Jackson)

Sirius fissava l’elegante scarpa nera dal tacco alto muoversi su e giù, come ipnotizzato. Da qualche parte sopra la sua testa, la voce squillante di sua madre tesseva lodi a un cognome che neanche aveva più la forza di indossare.
Black, Black, Black. Le parole si ordinavano – precise – negli schemi preconfezionati di onore, orgoglio, sangue, e tutta quella miriade di definizioni vuote con le quali amavano tanto riempirsi la bocca.
Solo quando le sottili labbra della madre si mossero ad articolare il nome “Narcissa”, Sirius sbuffò, roteando gi occhi; Walburga Black si fermò con una sorta di sospiro trattenuto, mentre Regulus piantava lo sguardo scuro e cauto sul fratello.
Sirius ghignò e spostò gli occhi dalla lucida scarpa, ormai ferma «Perdonami Cissa, non volevo offenderti» ironizzò, fissando la bionda cugina di fronte a sé, sprofondata nel divano scuro.
Le pallide sopracciglia si unirono in un cipiglio e le mani sul vestito scuro si strinsero leggermente; quelli furono gli unici segni di vita che gli mostrò. Sirius borbottò qualcosa, poi si girò verso la madre, ancora in piedi «Tutto questo discorso è davvero affascinante, ma non m’interessa» replicò sbrigativo, mentre si alzava agilmente.
Walburga chiuse per un attimo gli occhi, come se avesse temuto una reazione del genere, poi lo fronteggiò «Dovrebbe. Lei fa quello che dovresti fare tu».
Sirius la fissò, le mani inermi lungo i fianchi.
«Rispetta la sua famiglia».
Un ghigno sottile si disegnò sul viso indifferente «Questa…» Sirius guardò per un attimo Narcissa, poi tornò alla madre. «Questa non è la mia famiglia» sibilò, per poi andarsene.
Narcissa continuò a guardare di fronte sé, mentre un sospiro le si mozzava nella gola sottile e Walburga restava immobile. Era una… routine così consumata che nulla diede segno che il figlio maggiore dei Black avesse - per l’ennesima volta – rinnegato il suo stesso sangue; tuttavia, alcune ferite scavano e lasciano il segno dall’interno.
Regulus, fermo accanto al camino, batté le palpebre per poi allontanarsi lentamente, come se non avesse voluto fare il minimo rumore.
«Allora, cara, tua madre cosa dice?» Ricominciò sua zia, rivolgendole un sorriso talmente ampio da lasciarle un sentore di follia o quantomeno di affezione esagerata. Walburga riempì il posto occupato qualche istante prima dal figlio, prese la delicata tazza in candida porcellana, un cucchiaino, tre giri e un tintinnio; tremò, leggermente, ma a Narcissa parve una scossa che permeava l’aria, gli opprimeva i polmoni. Strinse appena una porzione di stoffa nera sulle cosce accavallate e si costrinse a sorridere «Lei è… felice. Lei è felice».
Certo, Narcissa Black sposava Lucius Malfoy, unico erede della nobile e pura Casata. Lei, prima di qualunque altra, era pronta a raccogliere e incrementare l’eredità dei Black; prima di Bella – selvaggia e magnifica - prima di Andromeda, che pure era più grande e celebre, e prima di Sirius, il Black per eccellenza in linea diretta.
La bionda piantò lo sguardo chiaro in quello smunto della zia, senza più sorridere: loro scrutavano, aspettavano nell’ombra come grossi e oscuri ragni, che fallisse; che, ancora una volta, fosse provato che non erano loro le mele marce, che tutto funzionava nel ciclopico e abbagliante ingranaggio del sangue. E lei lo voleva, per Merlino, lei lo voleva! Indossare comodamente quel vestito d’ipocrita razionalità che aveva comandato la sua vita e quella di tutti gli altri. Tuttavia, aveva scoperto, non era così semplice – non più.
Non da quando aveva scoperto che la vita – quella vera, che non aveva mai neanche provato a sognare – era fuori, era al di là di tutto, era crudele e faceva male; faceva male come respirare profondamente, con la sensazione che il petto e la gola e il viso andassero in fiamme, corrodendosi dall’interno.
Narcissa batté le palpebre, sorrise «Devo parlare con Regulus» espose meccanicamente, prima di alzarsi. Il vestito le scese liscio sui fianchi snelli, mentre si muoveva lentamente, costringendosi a incedere in modo perfetto, come le avevano insegnato.
Quando l’eco dei suoi passi si fermò, al secondo piano, liberò il fiato e le sembrò un urlo nel pianerottolo silenzioso.
«Ti senti meglio?» Ironizzò qualcuno sulla destra.
Narcissa sorrise «Non credevo avrei assistito a una delle celebri sfuriate “alla Sirius”, oggi…» fece, mentre il cugino affondava le mani nei pantaloni eleganti; si era velocemente sbarazzato di giacca e camicia per infilare una maglia polverosa a caso, dalle scritte conturbanti. Un contrasto decisamente azzardato.
Sirius ghignò «Mi sono limitato per te, Cissa. Di solito sono molto peggio… siamo molto peggio».
La bionda sospirò «Forse potresti dare un po’ di tregua-»
«A chi?» Scattò lui, girando la testa come un cane da caccia.
«A tutti» terminò lei, con un sibilo.
La risata latrante la accompagnò verso una delle grandi, baroccate ed essenzialmente inutili sale di Grimmauld Place, dove un lucido pavimento a losanghe e un camino in pietra levigata aspettavano silenziosi.
Narcissa si mosse fino al centro della stanza, accompagnata dal ticchettio delle alte scarpe, poi si girò a guardarlo «Non avevo mai visto questa sala».
«Neanche’io» convenne lui, poi rise. «Non mi sono mai interessato a esplorare quest’orrendo luogo» spiegò, mentre la fissava.
Lei scosse il capo, con gli occhi al cielo «Mi stai fissando?»
Sirius scrollò le spalle «E’ una sciocchezza…»
Narcissa lo guardò incuriosita, avvicinandosi «Cosa?»
Lo sguardo del bruno vagò per i capelli acconciati in una rigida crocchia sotto la nuca, la schiena pallida e scoperta, il lungo vestito nero.
«Non mi piace» disse solo, irrigidito.
Narcissa inarcò un sopracciglio, mentre si scrutava: non aveva nulla che non andasse, era perfetta. Quel vestito – scelto da Lucius – esaltava la sua linea, così come la pettinatura esaltava il collo sottile.
«Cos’ha che non va?» Domandò, con una nota lievemente scontrosa. A qualcuno poco avvezzo a quell’ambiente poteva sembrare stupido, ma non per lei che stava per avere su di sé gli sguardi famelici di tutta la comunità magica.
Sirius incrociò le braccia tornite, che spuntavano nude dalla maglia a mezze maniche, e sospirò «Sei bellissima» sibilò ma con distacco. «Assolutamente in tinta con l’ambiente» terminò, con voce gelida, dandole le spalle.
Sembrò avere una vita intera per decidere, pochi passi per colmare un vuoto sporcato da una scelta pesante da portare, un sangue denso come tenebre.
«S-sirius…» sussurrò, fermandolo per un lembo della maglietta. Un sussurro talmente flebile che, se non fosse stato per l’improvviso irrigidimento delle spalle, Narcissa avrebbe pensato perso per sempre tra la spessa polvere del maniero.
Sirius sospirò, stringendole il polso sottile «Cosa vuoi ancora da me, Cissa?»
Lei sussultò «Noi… stavamo… parlando» pigolò a fatica, sotto lo sgretolamento di una maschera che con lui non aveva mai funzionato.
Sirius la guardò, lo sguardo cupo e i muscoli tesi dalla rabbia repressa che si diffondeva come elettricità su per i nervi.
«Due settimane fa stavi con me» fece, la voce bassa di due toni in quello che era segnale di pericolo – lei lo sapeva bene.
«Ora… solo ora vengo a sapere che ti sposi con Lucius Malfoy» nonostante il flebile sussurro condensato di collera, quasi niente sul suo viso dava segno di emozioni. Narcissa pensava che Sirius fosse molto più Black di quanto fosse disposto a concedersi, forse molto più di lei.
«Lucius è… una buona scelta» commentò lei, cercando di divincolarsi; il bruno non fece nulla per fermarla, limitandosi a far scivolare le dita per la sua mano gelida. Sirius guardò un punto imprecisato del pavimento, poi emise un verso di scherno «Non dovrebbe essere solo una questione di scelte, Cissa. Tu stai per sposarti» replicò, pacatamente, ma fu lei a sbuffare.
«Tu non capisci…» sibilò, allontanandosi verso il camino. «Tu non hai mai capito! “Sirius l’anticonformista e il ribelle”, “Sirius il Grifondoro”... tu porti lo stemma del tradimento come se fosse una corona e ne sei fiero» scoppiò, con voce tremante.
Lui rimase immobile, guardandola da una distanza che non sembrava – era – solo fisica «Sì».
Narcissa sorrise acidamente «Già. Tuttavia sei perdonato perché sei un Black puro, come si ostinano a evidenziare i nostri genitori… e poi c’è Andromeda, così forte da disinteressarsi e scegliere un babbano, ma lei è la preferita lo è sempre stata… E Bella, sì Bella…»
«Lei è pazza» commentò con sarcasmo il cugino.
«Lei è vera. Segue i principi del sangue, della nobiltà e dell’onore della famiglia senza alcun peso, come se fosse naturale. I nostri genitori sono preoccupati perché lei è persino troppo, ma chiudono un occhio perché perlomeno è una Black!»
Sirius si avvicinò lentamente «Cosa vuoi dire?»
«Io sono quella che deve resistere Sirius! Sono la figlia e la nipote che segue gli ideali di famiglia a differenza di te e Andromeda, senza gli scalpori e le follie di Bella e senza l’ingenuità di Regulus. Devo rimediare ai vostri errori e devo farlo col sorriso».
Lui negò col capo «Devi? Tu devi fare quello che vuoi!»
«A te e Andromeda magari non interesserà della famiglia, ma io li amo!»
Sirius lasciò scivolare una mano sulla mandibola contratta «Che amore puoi provare per una famiglia che ti reprime… a loro non interessa di noi…» sussurrò.
Narcissa sospirò, chiudendo gli occhi, cercando di ignorare quella voce che si faceva strada per la sua mente.
«Ami Lucius?» Le chiese a tradimento, avvicinando le labbra al lobo sinistro.
Lei spalancò lo sguardo senza rispondere.
«Non è così difficile. Tu ami l’uomo che stai per sposare?»
Ancora un’altra scelta, ancora tanto tempo per decidere. La voce, che col sangue e il cervello e i nervi e i muscoli, urlava "Sì", si perse negli strati della sua stessa bugia – risucchiata da occhi troppo vivi per essere respinti.
«Io…» cercava un aiuto, un suggerimento forse, qualcosa o qualcuno che potesse salvarla da quella verità che graffiava e mordeva ed esigeva. Tuttavia Sirius non era quella persona: era inclemente e duro e la fissava con quegli occhi colmi di collera e qualcos’altro che la terrorizzava.
«Va bene» lui la interruppe, poi avvicinò le labbra. «Non ti costringerò a una scelta…» le sussurrò, prima di baciarla; le mani di Sirius scesero a lambirle la schiena, mentre Narcissa gli accarezzava i lunghi capelli scomposti. Non doveva pensare, quasi mai quando era con lui; era qualcosa di talmente naturale da permetterle di respirare veramente – solo allora. Le mani le tremarono un istante, quando scesero a lambirgli il collo, così come la schiena che reagiva al tocco delicato dei suoi polpastrelli.
Narcissa sapeva che chiunque, persino uno degli elfi domestici, poteva vederli; sapeva che tutto quello avrebbe potuto distruggere la sua vita, farle perdere Lucius e quella sicurezza che si era creata con fatica. Ma non riusciva a smettere e –nonostante la mente giustificasse il suo comportamento con la passione – non poteva ancora mentire a se stessa. Con un fruscio del vestito da sera, le mani di Sirius si spostarono verso i fianchi, mentre le labbra le sfioravano la scapola nuda.
Quella non era passione, benché desiderasse il suo corpo a ogni respiro soffocato nell’ordine della sua vita ossessivamente progettata, e forse non era vero amore, di quelli che si bevono con l’anima e ti lasciano addosso un sogno che non ti togli più - sulla pelle.
Sirius era come il vento che lasciavi entrare in casa – per un istante – e ti portava profumi, odori, ricordi e verità di un mondo lontano, che non ti appartiene mai del tutto. E, solo in quel momento, ti senti sommersa da tutto, quasi come se lo respirassi quel mondo, vivessi di esso.
Narcissa respirò – tutto, a pieni polmoni – e si scostò con forza.
«Io, devo andare» sussurrò, cercando di sistemarsi le ciocche sfuggite alla rigida pettinatura. «Devo andare…» ripeté, mentre neanche lo guardava.
Ci fu silenzio, in quel momento, un silenzio che si espandeva rapidamente tra di loro e che odorava di qualcosa che forse non esisteva e che aveva sfiorato con l’anima e voleva riprovare – solo un’altra volta ancora.
Narcissa gli diede le spalle e si mosse, velocemente, verso la porta; i capelli liberi che scorrevano sulla schiena vibrante, le mani strette in un gesto convulso, un singulto intrappolato in un’espressione distaccata.
Sirius aspettò, aspettò che fosse alla porta e la raggiunse, la fermò a pochi passi dall’altra realtà, quella dalla quale voleva scappare.
«Tu puoi scegliere di non appartenere a loro, puoi decidere di appartenere a te, te soltanto. Puoi decidere di vivere, puoi decidere di sentire e di appartenere a chi si interessa di te, a chi ti vede…»
Narcissa chiuse gli occhi e si lasciò accarezzare - solo un istante – dal fuoco; ed era caldo, rassicurante, forte ma pericoloso, difficile e bruciava, faceva male – troppo.
«Grazie, Sirius» sussurrò, allontanandosi.
Il bruno rimase lì, con il ticchettio di passi troppo composti nelle orecchie e il freddo polveroso di un corridoio deserto, che gli entrava dentro fin nelle ossa.
Narcissa, sull’ultimo scalino, si fermò brevemente; impiegò tutta la forza che ancora le rimaneva per non girarsi, poi sospirò e sorrise.
Ancora una volta.

N/A
Questa cosa mi ha fatto penare. Non so perché, ma improvvisamente ho odiato l’atmosfera, sembrava fina, scattosa, tuttavia sono riuscita a finirla (Evviva!).
Per questo, non posso fare altro che ringraziare Kimly-Eden che ha pubblicato davvero velocemente i giudizi. Questa fiction ha partecipato al suo Contest "What means Crack?"
Grazie ancora (L)


   
 
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