Film > Alice nel paese delle meraviglie
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Autore: leschatnoir    19/12/2009    1 recensioni
fan fiction ispirata alla miniserie "alice" in onda su SYFY (emittente inglese) la storia narra di una "wonderland" moderna e tutti i personaggi sono visti in modo molto particolare. cosa accadrebbe se una nuova Alice, più adulta, arrivasse nel paese delle meraviglie 150 anni dopo la prima Alice? nota: la fan fiction è il racconto esatto (dialoghi compresi) della miniserie, la trama quindi non è mia, come non lo sono gran parte dei dialoghi!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo uno: Alice

Dentro alla palestra permeava un pungente odore di sudore, il caldo emanato dai corpi degli atleti, misto al calorifero, rendeva l’aria quasi irrespirabile.

Le coppie di karateki si allenavano nella lotta, posizione per posizione, osservati a vista dalla loro insegnante.

La giovane istruttrice di Karate stava in piedi, fuori dai tappeti, controllando che gli allievi non commettessero errori e che eseguissero i katà correttamente.

-YAME!- esclamò d’un tratto, battendo le mani una volta, e tutti si fermarono, chi a terra, chi in piedi.

-credo sia tutto, per oggi. Ottimo lavoro.- disse l’istruttrice, congedando gli atleti con un sorriso. Rumorosamente, questi si avviarono ciarlando verso gli spogliatoi, raccogliendo le proprie cose nel passaggio.

-signor Chase!- Chiamò la giovane istruttrice. Un giovane ragazzo biondo alzò la testa, in risposta alla chiamata. –credo che lei abbia una lezione privata, adesso-

Jack Chase sorrise, posò la borsa a lato della sala, e si avvicinò alla sua insegnante.

-quante lezioni ha frequentato, fin’ora, signor Chase?- chiese l’istruttrice al giovane allievo.

-dieci…in sei settimane, credo. Ma sono certo che potrei farne molte di più…!- rispose lui inchinandosi al cenno dell’insegnante e ponendo le mani in guardia.

-sa bene, signor Chase, che io faccio solo part-time, qui. Dovrò assegnarla ad un altro istruttore…HAJIME!-

I due cominciarono a lottare, tentando di buttarsi a terra a vicenda.

-ha…qualcuno da consigliarmi?- chiese affannato l’allievo.

-Tim Robert è un ottimo insegnante- rispose la giovane donna, per niente affaticata, continuando lo scontro.

-Tim Robert? Mi hanno detto che non è un tipo molto socievole…che ne dice di Jenny Moysers?- continuò Jack, poco convinto.

-mmm….non credo sia adatta a lei…è troppo…- rispose l’insegnante.

-Carina?- insinuò Chase con un sorriso. La giovane donna colse il momento di disattenzione dell’uomo, per atterrarlo. Jack cadde con un tonfo sordo sul tappeto e lei in un attimo gli fu sopra.

-ahi! Alice! Fa davvero male!-

Alice lo guardò sorridendo con i suoi profondi occhi azzurri.

-oh, scusa tesoro…dove ti ho fatto male?-

-eh..un po’ ovunque- si lamentò Jack.

-un bacino farà passare la bua?- disse ridendo alice e si avvicinò a baciare il fidanzato.

-mm…già molto meglio, ma il dolore si è spostato un po’ più in basso- disse lui indicando la zona “pantalone”. Alice si alzò ridendo.

-no, ferma! Ho bisogno di attenzioni particolari!- scherzò lui, tentando di fermarla. Lei lo prese con un braccio e lo aiutò a sollevarsi, per poi dirigersi verso la sua sacca da palestra.

-allora, per stasera, alle sette!- lo informò lei. –mia madre non vede l’ora di conoscerti!-

-anche io, davvero…che le hai detto di me?- chiese lui, curioso, asciugandosi il sudore con un asciugamano.

-mmm..che i tuoi calci necessitano di molto esercizio-

-ahahah. È vero. Allora, alle sette, amore!- disse lui, stampando un bacio a fior di labbra alla fidanzata.

Lei lo guardò allontanarsi sorridendo felice, poi si mise a riordinare la sua sacca sportiva.

*

Alice si guardò nell’ampio specchio davanti a lei, lisciandosi i lunghi capelli castani con una mano e stirando le pieghe del vestitino blu a mezza coscia. Indossava un paio di calze arancioni e stivali di pelle marroni.

Fece un giro di 360° per guardarsi da tutte le angolazioni e sospirò assorta.

Fece una linguaccia alla sua immagine allo specchio, poi si avviò verso il computer.

Sul monitor stavano aperte una serie di finestre con foto di persone scomparse. Tutti uomini di un’età compresa tra i cinquanta e i sessant’anni.

Lei cominciò a scorrere le foto, osservandole attentamente, tentando di trovare qualcosa di famigliare in quei volti.

-no…no…assolutamente no!- diceva cliccando sulle immagini e cancellandole una ad una, quando non vedeva nulla di famigliare.

La madre, Carol, le si avvicinò sulla soglia della stanza, guardò le fotografie e chiese curiosa.

-di dove sono questi?-

-kokatahi- rispose la figlia, scorrendo altre fotografie.

-ah, e dove si trova? Hawaii?- domandò la madre.

-no…in nuova zelanda-

-che bello!- esclamò la madre divertita –se papà è in nuova zelanda, forse vorrei andare a cercarlo per conto mio…-

-…non…è…a…kokatahi- concluse Alice con un sospiro chiudendo il computer e appuntando una puntina su un planisfero appeso al muro. Il planisfero ormai era pieno di puntine.

La madre si allontanò e, di spalle, chiese alla figlia: -allora, vuoi che tiri fuori il servizio buono, per stasera?-

-credevo fossi felice di conoscerlo!- esclamò la figlia indispettita.

-lo sono! È solo che tutte le volte che porti a casa un uomo, dopo trovi mille motivi per cui non è adatto a te…non voglio che questa cena sia il preludio di una fine…Di nuovo!-

-questa volta è diverso- disse Alice sorridendo, sognante.

-ahaaaa…lo vedo- le rispose la madre, ridendo complice.

In quel momento il campanello suonò e Alice si buttò letteralmente verso la porta. Quando la aprì vide davanti a sé Jack, elegante come non mai, in un completo nero con cravatta.

-ehi!- lo salutò lei con un sorriso. –stavamo giusto parlando di te…!-

-vi serve più tempo?- scherzò lui.

-naaa…credo abbiamo finito…Per ora…vieni, entra!-

Lui attraversò la soglia e tirò fuori da dietro la schiena un mazzo di rose bianche che porse alla fidanzata sorridendo.

Lei aprì la bocca in un sorriso sorpreso e tintinnò: -per me?-

Lui rispose con voce calda e gentile : -per tutte e due le donne di questa casa-

In quel momento la madre apparve, elegantissima, sulla soglia.

-che gentile!- esclamò deliziata, e prese in mano il mazzo di rose. –le metto subito nell’acqua.- concluse, e si allontanò.

-questa, però, è per te- disse Jack estraendo dalla manica una singola rosa rossa a stelo lungo.

Alice la accolse nelle sue piccole mani affusolate sorridendo divertita.

 

*

la cena si svolse tranquilla tra chiacchiere spensierate e qualche bicchiere di vino rosso.

Jack si  comportò da vero gentleman, impeccabile agli occhi di Carol. Alice ne era a diro poco estasiata.

Tutto andava per il verso giusto.

-…e poi abbiamo rifatto i pavimenti quest’autunno- concluse Carol, dopo un lungo discorso sulle modifiche apportate di recente alla loro casa.

-avete davvero una splendida casa- commentò Jack sorridendo gentile.

-grazie, caro…in effetti mi sembra di vivere qui da sempre…beh, in fondo è così- continuò Carol, ridendo. -…viviamo da sole, da quanto, Alice?- chiese alla figlia –più o meno…quanto saranno? Dieci anni?-

-si, dieci…il ventitré marzo- annuì Alice.

I grandi occhi blu della ragazza apparvero tristi a Jack, che la guardava interessato.

-Alice è davvero meticolosa con le date- scherzò Carol.

-beh…si, con quella data, in particolare- concluse Alice.

Jack rimase momentaneamente interdetto e chiese: -e sarebbe quando?-

-quando suo Padre scomparve-

Jack sospirò per il nervosismo, prese la mano ad Alice e rispose: -certo, ovviamente-

Alice gli sorrise gentilmente e accarezzò il dorso della mano del fidanzato.

Carol si alzò ed esordì: -sapete? Il mio programma preferito sta per iniziare, vi lascio tranquilli a chiacchierare, non credo sentirete troppo la mia mancanza. Buonanotte, Jack, è stato favoloso conoscerti!-

-anche per me, signora, buonanotte- disse Jack alzandosi e stringendo la mano a Carol.

Così Jack e Alice rimasero soli, vicino alla tavola ancora apparecchiata, con gli avanzi della cena.

Si sorrisero, amorevolmente.

-non avevo intenzione di fare la scenetta della famiglia problematica, col discorso su mio padre. Mi spiace- iniziò Alice, dispiaciuta.

-no, non ti preoccupare…voglio conoscere tutto di te…e…-

Il telefono di Jack trillò per un messaggio ricevuto.

Lui si alzò per prendere il telefonino dalla tasca e lesse il messaggio:

 

mittente: numero privato

oggetto del messaggio: CORRI.

 

L’espressione sul viso di Jack mutò da serena ad allarmata. Aveva avuto l’impressione di essere pedinato tutto il giorno, ma non poteva immaginare che tutto ciò fosse reale. Che l’avessero trovato. Si avvicinò ad Alice con aria tesa.

-c’è qualche problema?- chiese Alice, cogliendo il suo cambio d’umore.

Jack sembrò ricomporsi e le chiese a bruciapelo: -che ne diresti di incontrare la mia famiglia?-

-la tua famiglia?- domandò Alice. –è in città?-

-no, dovremo andare noi da loro-

-d’accordo- rispose lei nervosa. –quando?-

-ora-

-sei matto?- esclamò Alice, sgranando gli occhi.

-vedila come un’avventura, Alice. Torneremo non più tardi di lunedì mattina-

-ma…- balbettò lei –non posso venire con te, ora. E se non gli piacessi?-

Jack prese le mani di Alice nelle sue e la guardò intensamente.

-gli piacerai…quando vedranno questo indosso a te.-

Estrasse dalla tasca dei pantaloni un cofanetto dall’aria strana e lo porse alla fidanzata.

Alice se lo rigirò tra le mani, incerta.

-c’è un trucco, per aprirlo- disse Jack portandosi dietro di lei. Le prese le mani e la guidò ad aprire il meccanismo del cofanetto.

Il contenitore si aprì, mostrando un grosso anello finemente lavorato, con incastonata una pietra scura.

-wow…dev’essere davvero vecchio-  commentò Alice, assorta, osservando l’anello tra le sue mani.

-è nella mia famiglia da molto tempo. Vuoi provarlo?- rispose Jack.

-e…tu lo stai dando a me?- Alice sembrò realizzare il punto della questione e arretrò da Jack. –Jack…un anello ha un grosso significato…è troppo presto…no! È DAVVERO troppo presto.- esclamò lei rendendo la scatolina al fidanzato.

-ok, forse ho agito troppo in fretta. Ma sono sicuro che dopo che tu avrai visto la mia casa, e conosciuto i miei amici…-

-…no, Jack! Davvero, è troppo presto. Forse è il caso che non ci vediamo per qualche giorno- disse Alice prendendo il cappotto del fidanzato e avvicinandosi alla porta, per aprirla.

-Alice…- tentennò Jack.

-no, davvero, Jack…ho bisogno di tempo-

Jack si avvicinò a lei con aria afflitta e prese la giacca che lei le porgeva.

-buonanotte, Jack- concluse lei aprendo la porta.

Lui l’abbracciò forte e uscì.

*

-ma…era un anello di diamanti?- chiese Carol alla figlia.

Alice stava sbracata sul divano, con aria triste. –no, ma sembrava valere davvero tanto-

-e quindi…lo hai mandato via- concluse Carol.

Allo sguardo severo della figlia continuò: -tesoro, senti…solo perché papà se n’è andato…non significa che tutti gli uomini lo faranno. Devi avere fiducia in Jack, piccola-

Alice si alzò a sedere e in quel momento sentì qualcosa di duro nella tasca del vestito.

Cercò con la mano e pescò dopo qualche secondo la scatolina contenente l’anello.

-l’anello!- esclamò Alice, mostrando la scatolina alla madre. Si alzò livida di rabbia.

-non esiste proprio!- e corse giù per le scale, verso l’uscita.

*

Giunse in strada che Jack non era più in vista.

-JACK!- gridò Alice, sperando di ottenere risposta, ma tutto taceva. La strada era buia e quasi priva di macchine.

Camminò fino in fondo all’isolato, chiamando il fidanzato, senza ottenere risposta.

Tutt’ad un tratto, però, il rumore di un colpo e un grido la misero in allarme.

-JACK!- ripetè Alice allarmata, conscia che il grido soffocato era uscito dalle labbra del suo fidanzato. Corse in direzione del rumore e fece appena in tempo a vedere degli uomini, elegantemente vestiti, che caricavano Jack in un furgone bianco e partivano a tutto gas.

-no! Fermi!- ansimò lei tentando invano di correre dietro al furgone. Quando li perse di vista si fermò, respirando affannosamente per lo sforzo.

-…temo che ormai sia andato- una voce dall’ombra la fece sobbalzare. Si voltò per vedere chi fosse stato a parlare e vide venirle in contro un uomo di età indefinita, vestito di un soprabito grigio ed eleganti calzoni bianchi. Aveva i capelli albini legati in due lunghe code dietro la testa e una spilla raffigurante un coniglio bianco nel risvolto della giacca.

-e lei chi è?- chiese Alice all’erta.

-un amico di Jack- rispose l’uomo. –sono qui per aiutarlo-

-e allora perché non l’ha fatto- lo incalzò lei. –perché ha lasciato che lo portassero via? E chi erano quei tizi?- Alice sentiva montare la rabbia dentro di se. Girava intorno all’uomo come un predatore con la preda, prima dell’attacco.

Al contrario l’uomo sembrava calmo, quasi divertito, mentre le rispondeva:

-Jack ha preso qualcosa che non gli appartiene. Noi vogliamo questa cosa indietro.-

-che cosa intende?- domandò Alice.

-…l’anello, Alice- sorrise l’uomo.

Alice tremò: -come sa il mio nome?- stava in piedi davanti all’uomo, le mani giunte dietro la schiena, che giocherellavano con il meccanismo della scatola.

-dove avete portato Jack?-

-è al sicuro, tranquilla- commentò l’uomo sorridendo.

-e allora portatelo indietro e fatemelo dire da lui, che è al sicuro!- urlò lei, in preda alla rabbia e allo sconforto.

-temo che debba tornare indietro con noi, per affrontare le accuse che sono state mosse contro di lui- rispose l’uomo misterioso, senza perdere la calma.

Alice tremava per la paura, sapeva che qualcosa non andava in quella situazione.

Dietro la sua schiena, le mani stavano freneticamente trafficando con la scatola, che si aprì con uno schiocco metallico.

L’uomo si avvide del rumore e la sua espressione cambiò all’improvviso, da calma ad eccitata:

-allora…ce l’hai!- esclamò e le si avventò sopra.

L’uomo era incredibilmente forte e agile e Alice, colta alla sprovvista, tentò di difendersi come meglio poteva.

Nella colluttazione la scatola dell’anello le cadde per terra.

L’uomo con un balzo la raccolse e prese a correre.

-ASPETTA!- gridò alice correndogli dietro tra i palazzi bui e deserti.

L’uomo era davvero veloce, Alice con gli stivaletti col tacco faticava molto a stargli dietro. Correva col timore di perderlo in un vicolo e con lui perdere l’unica speranza di rivedere Jack sano e salvo.

Lo rincorse tra i palazzi e su scalette di ferro, finchè non lo vide sparire dietro un angolo. Aumentò l’andatura e svoltò lei stessa l’angolo quando vide l’uomo saltare verso un enorme specchio incorniciato, grande quanto la parete del palazzo.

“si schianterà!” pensò lei sconvolta, non fece nemmeno in tempo a pensarlo che vide l’uomo svanire all’interno dello specchio, come se esso fosse immateriale.

Tentò di fermarsi, ma la rincorsa era stata troppa. Perse l’equilibrio e si vide cadere contro lo specchio. Chiuse gli occhi, aspettando lo schianto ma questo non avvenne. E nel giro di un battito di ciglia si sentì cadere nel vuoto.

*

Con un tonfo cadde su una superficie umida e morbida, che ricordava vagamente l’erba di un prato.

Aprì gli occhi e si avvide che proprio di erba, fiori e piante, si trattava. Ma non era caduta in un giardino o in un bosco, si accorse quando si alzò in piedi.

Sembrava che la natura avesse preso il sopravvento sul palazzo in cui era atterrata.

Un corridoio lungo, illuminato da neon tremolanti e con il pavimento completamente ricoperto d’erba e acqua paludosa.

Alice cominciò a camminare giù per il corridoio, finchè non sentì un rumore e vide l’uomo dai capelli bianchi svoltare in un angolo.

-FERMA!- gridò Alice cominciando nuovamente a correre.

Seguì l’uomo alla fine del corridoio e lo vide sparire dietro una porta.

Giunse anche lei all’uscita e spinse la porta con forza per non perdere la rincorsa e per poco non cadde nel vuoto.

Si attaccò al muro tremando di paura, guardando uno strapiombo sotto di lei di cui non vedeva la fine.

Si guardò intorno.

Rovine di palazzi altissimi si stagliavano intorno a lei, pallazzi moderni, grigi e malridotti, completamente invasi dalla natura.

E intorno il vuoto.

-che diavolo è questo posto?- sussurrò spaventata.

Prese una strada a sinistra, tra i tetti e continuò a seguire l’uomo.

Vide che l’uomo entrava in uno stabile dalle ampie porte automatiche, bianche.

Si nascose, giusto in tempo per vedere due uomini ben vestiti che trascinavano un incosciente Jack all’interno dell’edificio.

Appena essi sparirono dietro le porte, Alice li seguì.

Prima di entrare nell’edificio un rumore la spaventò, e si mise contro la parete, immobile.

Subito vide una sorta di velivolo, enorme, con le fattezze di uno scarabeo puntare un luminoso faro intorno ai palazzi. Il faro di luce la raggiunse e le illuminò il braccio, che improvvisamente iniziò a bruciarle di dolore.

Si spostò dal fiotto di luce, appena in tempo per vedere che sul suo avambraccio era apparso una specie di tatuaggio verde brillante, simile a un’arabesco.  Tentò più volte di sfregarselo via, senza riuscirci.

Decise che forse era meglio entrare nell’edificio, così spinse la porta bianca ed entrò.

Aprendo la porta, si accorse di trovarsi in una stanza senza uscita. Dov’erano finiti tutti gli altri?

La stanza era quadrangolare, fatta di pareti imbottite, bianche.

Alice si guardò intorno e notò un tavolino di vetro  con sopra una bottiglietta di vetro, contenente un liquido rosa.

La bottiglietta aveva un’etichetta con su scritto “la curiosità uccise il gatto”.

Alice posò di nuovo la bottiglia sul tavolino e si mise ad osservare la stanza. Aveva delle feritoie apribili su ogni lato del muro e lei ne aprì una e guardò all’interno.

Davanti ai suoi occhi vide diverse stanze come la sua, solo rimpicciolite, con all’interno persone, come lei, con lo stesso curioso tatuaggio in diverse parti del corpo: chi sulla fronte, chi sulla guancia, chi sulla spalla, chi sulla mano…

Tutti addormentati, a differenza di lei, che era ben sveglia.

-che cosa vi è successo?- domandò Alice, più a se stessa, che agli altri.

Non fece tempo a chiedersi altro, che sentì le pareti restringersi intorno a lei e il soffitto abbassarsi.

-no…NO! ASPETTATE, FERMI!- gridò in  preda al panico.

Le pareti si strinsero e si abbassarono fino a diventare talmente piccole, che Alice, per non battere la testa, fu costretta a sedersi a terra.

Subito una feritoia si aprì e dall’altra parte apparve il viso dell’uomo dai capelli bianchi.

Vide i suoi occhi azzurro chiaro brillare per la soddisfazione.

-bene, l’abbiamo presa! Portatela via- ordinò.

-FATEMI USCIRE DA QUESTO COSO!- esclamò Alice terrorizzata.

-…calma…calma…non perdere le staffe…- la ammonì l’uomo dai capelli bianchi, sorridendo.

-che cavolo di posto è questo?- domandò Alice.

L’uomo rise sardonico.

-non avresti dovuto seguirmi, piccola ostrichetta- le rispose.

La feritoia si chiuse con uno scatto, e subito la stanza prese a tremare e ad alzarsi verso l’alto.

-DOVE VAI? TORNA QUI!- implorò alice.

-devo scappare!- sentì la voce dell’uomo sempre più lontana. –si sta facendo tardi-

 

 

 

Note dell’autrice:

 

Miao! Eccomi qui!

Allora questo è il primo capitolo della storia di Alice. Informo i miei futuri lettori che questa storia è la trasposizione in lettere della miniserie andata in onda sul canale SYFY inglese (credo sia inglese, ma potrebbe anche essere americano, boh!)

Io ho visto la serie in streaming e me ne sono innamorata, così ho deciso di scriverci su una fan fiction…però prima ho pensato: cavolo e se parto a scrivere dal finale del film , poi chi non ha visto il film non capisce!

Così ho deciso di partire prima scrivendo questa storia, così com’è nel film…poi penserò al seguito.

Spero che vi piaccia, troverete tutti i personaggi del libro…ma in chiave un po’ “atipica”.

Mi raccomando, commentate!!!

 

Le Chat Noir.

  
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