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Autore: crimsontriforce    20/12/2009    0 recensioni
I finali sono cosette sfuggenti, non ci si aspetti pertanto di trovarne davvero uno in questo racconto. Sull'esistenza di un buon caffè, per contro, è relativamente semplice trovare un accordo.
Genere: Malinconico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Atrus, Yeesha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '5. Una piccola bolla di (sur)realtà'
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SPOILER per tipo tutto già dalla riga sotto.

Appena dopo il finale di serie (quindi, a furor di popolo, il Male incarnato... pardon l'Emo incarnato... insomma End of Ages... s nn t pc nn lggr che intanto Atrus me lo fangirlo io), rettificando solo l'inspiegabile invecchiamento della Yeesha del gioco. LA Yeesha è a Grower to move through time e di queste rughettine e dettagliucci si fa un baffo. u_u Due anni dopo era pimpante e giovanile, perdiana!
L'idea nacque appena finito di vedere il finale in questione ed è rimasta qualche mese a sedimentare, rimpolpata e immalinconita poi dal prompt di Harriet the road refuses strangers, the land the seeds we sow. Che nonostante le metafore scelte non è un paragrafo di Words...
Non sono solita consigliare musiche da accompagnare alla lettura ma, ecco, qui un Canone di Pachelbel potrebbe non stonare.









Finale e un caffè


] Does this end have to leave so soon? (5:11)





Yeesha lo sorreggeva lungo il sentiero, respirando a fondo. Atrus la guidava. Capitava che le stringesse la mano, in preda a un timore improvviso. Più spesso cercava il suo sguardo: si ritrovavano increduli e complici.
Scesero a valle con tutta la calma di un'assolata giornata estiva. Duecento anni di passeggiate da e verso quel belvedere avevano iniziato a scavare al centro i gradini, notò Yeesha, che li ricordava lustri e regolari com'erano appena intagliati. Raddrizzò la schiena. La realtà dei fatti era che stava camminando a braccetto con due persone: Atrus da un lato e, dall'altro, il ricordo della bambina che per la prima volta aveva ammirato quella nuova D'ni. Sembravano così sorpresi di trovarla cambiata; lei era solo felice di poter ritornare a guardarli negli occhi da pari a pari.
Tornare, ritrovare, discendere in cerchio lungo mura che riportano al principio.



“Padre. Sono tornata”, ripeté a beneficio di entrambi quando Atrus le aprì la porta di casa.
Fu accolta dal profumo del legno. Legno intagliato, legno laccato, legna da ardere accatastata, legno coperto da tovaglie tappeti cuscini, carta. Ritrovò una cara lampada slanciata e la vide covare una nidiata di fotografie e ritratti ingialliti dal tempo; la parete vicina sembrava reggersi su pile di diari.
Dovunque girasse lo sguardo, Yeesha coglieva gli spazi di suo padre. Si rabbuiò solo di fronte a un tavolo sgombro, senza progetti.

“Ho portato – le ho portate con me quando sono venuto qui, intendo. Ho le lenzuola verdi col ricamo di foglie.”
“Quelle della mamma?” Yeesha inclinò la testa.
“Ho un solo letto”, spiegò Atrus. “Ma sul divano, vedi, c'è spazio. Certo non sembra”, lo squadrò critico. “Però lo posso liberare in fretta. Mi chiedevo se tu volessi quelle verdi o...”
“Padre.”
“Cosa c'è, uccellino mio?”
Yeesha indietreggiò fino ad appoggiarsi allo stipite della porta, con un piede all'infuori a cercare la strada. Si sforzò di non abbassare lo sguardo mentre il cerchio che portava tatuato in fronte si schiacciava ruga su ruga.
“Non posso. Non posso, padre, non posso restare, non è il mio ruolo. Quanto, quanto lo vorrei...”

Atrus si morse il labbro. Zoppicò verso la sua bambina e le carezzò con un dito i ghirigori scuri sulla guancia.
“Shhht, bambina mia. Non... nemmeno per un caffè?”
Lo fissò stranita. “Sei poco D'ni.”
“Sempre per metà più di te.”


Dal barattolo aperto si sprigionava un buon aroma di chicchi tostati. Yeesha sprofondò in una sedia imbottita della cucina, alternando lo sguardo fra le pentole e un lumino di latta che stava risvegliando ricordi antichi: c'era stato un tempo, in un'altra cucina, in cui aveva desiderato crescere solo per arrivare a toccarlo.
Con la coda dell'occhio seguiva suo padre mentre metteva a bollire un bricco e sistemava i filtri ben pieni su due grosse tazze. Un movimento misurato alla volta.
Le immagini vorticose nella sua testa parlavano di semi e buio.

“Ti si leggeva addosso”, disse all'improvviso Atrus, senza voltarsi. “Scusami.”
“No, non servono scuse.”
“Scusami per avere insistito comunque.”

“Un grande vuoto.”
Atrus non rispose. Si appoggiò ai fornelli, un po' più curvo.
Non che si aspettasse una risposta. C'era un grande vuoto inaspettato che la soffocava, in quella casa, e non sapeva cosa farsene. Aveva fatto molto, negli anni passati: aveva portato luce nell'oscurità e invitato all'oscurità quando la luce cresceva; aveva ridato voci al silenzio e vita alla pietra, ma i suoi vuoti erano sempre rimasti lì dov'erano. Un vuoto andava riempito e costruire non stava a lei. Divisa. Sempre divisa.
Sì, forse se l'aspettava, una risposta. Un piccolo aiuto.

“Ho tenuto un diario. Vorrei che tu sapessi.”
“Uno solo?”, rise, grata. Ecco l'aiuto, ecco un gradino. “Mentre io non sono stata diligente come avresti desiderato.”
“Yeesha. Sei stata molto più di quanto Catherine ed io avremmo potuto desiderare.”

L'acqua bolliva.



Appoggiata coi gomiti al tavolo, Yeesha si specchiò nella sua tazza fumante. Minuta com'era, si era ricavata un angolino sulla panca vicino al padre e si stringeva tutta sotto il suo abbraccio. Non c'era vuoto, quando lo sentiva così vicino.
Rifiutò lo zucchero.
“Uccellino del deserto, puoi dirmi almeno perché devi scappare ancora lontano?”
“La strada chiama”, sospirò, soffiando via il vapore. Fece gesto con due dita di camminarci sopra. “Scava il suo percorso lungo molte terre, ma è ancora secca.”
“E tu devi andare.”
“Devo, perché la fine non è ancora stata scritta.” Con gli occhi lucidi, allungò il collo per poterlo guardare. “È stato il mio turno di insegnare, mentre eravamo lontani, sai? È stato il mio compito quello di trasmettere conoscenza e saggezza, e sogni e visioni, come voi faceste con me. E ho insegnato molto, a molte persone. Ma ripetere ora proprio questo, proprio a te... ci reincontriamo in un mondo diverso. Ed è per questo che devo andare, padre, capisci? L'acqua scorre solo alle mie spalle. La pioggia inizia a scendere e l'albero crescerà, ma sono io a causarlo? Non ho fatto altro che seguire”, recitò, “colui che guida è...
Atrus le carezzava i capelli. “Sei tu, sì. Lo vedo ora, tanto chiaro quanto all'inizio lo rifiutavo. Ricordo le discussioni: tua madre vide prima di me, come sempre. Io speravo che potessi essere solo la nostra bambina.”
“Lo sono ancora. Lo sono sempre stata.”
“Ma devi andare.”
“Ci reincontriamo in un mondo diverso. Oggi ho visto un pezzo del passato tornare ad aiutarci: un amico, uno straniero, ha preso a cuore la nostra causa e si è caricato del nostro fardello. Nell'umiltà l'ha sciolto e ci ha liberati tutti. Un dono, per noi che avevamo fallito così a lungo. Ma non è questa la via del presente, è finito il tempo dell'uno. Altri attendono, giungono, chiamano e sono chiamati. Cosa devo dire a queste persone, padre? E posso lasciare morire al vento i semi che ho gettato prima che il Creatore ci concedesse quest'ultima possibilità? Così tanto dev'essere ancora coltivato e accudito... e la terra è dura.”

Lo stava stancando con quel fiume di parole. Continuava ad ammirarla come se fosse un fiore, ma era affaticato, con gli occhi ridotti a fessura, stretti per la concentrazione, e un annuire ormai meccanico.
“Sei sempre stata una ragazza forte. Sono fiero di te. Ora però bevi o si fredda.”
“È buono. Porta buoni ricordi.”
“Perdonami per aver dubitato di te, bambina mia. E di averti addossato questo peso... questo grande peso... se ti ha tenuta lontana, io non... e ora dici che non è concluso. Ma sei saggia, ora. Sì, sei saggia e saprai cosa dire. E io resterò qui finché anche questo non sarà passato. È una lunga, lunga storia...”
Atrus scosse la testa e tacque, così che Yeesha credette che si fosse addormentato. D'improvviso le si rivolse spaventato come un bambino:
“Però torni?”

“Già domani”, promise d'un fiato senza lasciarlo finire di parlare. “E il giorno dopo. Posso muovermi fra le Ere, ricordi? E prendere il tempo e muoverlo a sua volta. Non lascerò che ne passi tanto da tenermi lontana da te. Sei la mia radice.” Le parole scorrevano veloci, molto veloci o sarebbe scoppiata a piangere alla prima pausa. “Per tortuoso che sia il mio cammino, tortuoso e incerto, e doloroso, e solitario, scorro in un'unica direzione. Ricordi, padre? È come scrivevi, è tutto come scrivevi. Ciò che ho trovato mi avvicina, infine.”
Finì in lacrime, senza ritegno. Lì, solo lì e in quel momento, poteva.



“Ho qualcosa per te, allora.”
Fece per alzarsi. Yeesha lo precedette e gli porse il braccio. Ma volle andare da solo – farle una sorpresa, diceva – e lei restò appoggiata sul tavolo a braccia incrociate, vedendolo sparire in una stanza in penombra.

Questo posto profuma di casa. Un nuovo luogo dove essere, dove iniziare? Una divisione ricucita. C'è stata una fine, sì: la fine del mio esilio, del camminare al buio sotto gli Ultimi, per sorreggerli, per imparare. Un giorno glielo spiegherò.
Così tanto da spiegare.
Così tanto da ascoltare.
Un grande vuoto. Ma che gioia avremmo avuto se mi fossi mostrata quand'ero potente, vittima dell'orgoglio, o più spesso piangente, vittima del fallimento? Una piccola gioia, e molto dolore a legarci. Con che diritto avrei caricato lui di un tale fardello? Con che ragione? Ho già causato troppo dolore. Non sarei ripartita, per accudire quel nuovo dolore, e molte lacrime ne sarebbero seguite – non solo mie, non solo nostre. Ora lo vedo. Così tanto da spiegare.

E oggi è giunto il tempo di riportare il nostro passato al presente. Ma quanto tempo mi rimane? Questa fine deve svanire così presto? Non toglietemela... non toglietemela.



Atrus tornò con un fagotto di panno in braccio. Lo aprì con cura, rivelando la forma massiccia di un libro di collegamento per Tomahna. Le lettere d'argento incastonate nella rilegatura brillavano ancora.
“Per te.” Il suo volto si aprì in un sorriso soddisfatto.
“Ma non ne ho...”
“Farai prima che ad andare a chiederne uno ufficiale”, continuò Atrus, con un colpetto affettuoso al tomo.
“Non...”

Lasciò perdere. Nulla di quello che aveva da dire, e certo non uno sfoggio di potere, valeva l'incrinare la soddisfazione che si era dipinta su quei lineamenti squadrati intristiti dall'età. Yeesha avrebbe fermato il tempo, per quel sorriso.
“Grazie, padre. Sì, così farò prima. E tornerò presto.”
Si attardò ad accarezzare la sua mano rugosa.

Appoggiò il palmo sul pannello e attese a testa alta di disperdersi nel buio familiare del legame.





















Outtake iniziale:
“È stato corretto lasciarlo andare solo?”
“Pffft. Sa la lingua. Riuscirà a orientarsi.”
“Hai ragione. È svelto e adattabile, non avrà problemi.”
“...Stiamo parlando della stessa persona?”



Outtake finale:
“È inutile che continui a sperarci, padre.”
“Cosa, uccellino mio?”
“Non fingere ignoranza delle tue azioni, ho visto come mi guardi, ma no. Definitivo: no. Niente nipotina! Non oggi, non domani. Per la miseria, quei versi saranno la mia rovina...”


@ belvedere: quello dove finisce EoA.
@ casa di Atrus: questa è la mappa più dettagliata di Releeshahn che abbiamo. Io ci giocavo a “Dove vive Atrus?”, facendo a turno a indicare i posti più desolati, dalla casupola più sperduta al cucuzzolo della montagna alla luna XD Scherzi a parte, scommetterei su una delle casupole sperdute a sud.
@ arguti arzigogoli linguistici & frasi tronche: non so come dire Grower in italiano, quindi non lo dico, punto e chiuso. '_' Se sono riuscita a evitarlo ne Il ruolo prescritto a un uccello del deserto, che non parla d'altro, vieppiù non ci casco qui. “Coltivatore” ci sarà il vecchio zio Tobia... For the lulz, mi dicono dalla regia che negli altri territori PAL è ancora peggio: Architetto in francese e Costruttore in tedesco. Come se non fosse difficile arrancare fra i piani di lettura già quando le metafore sono al posto giusto... se Yeesha è il Costruttore, il DRC cos'è, di grazia? E gli alberi li fanno gli architetti mo'? Cresce l'albero della Foppapedretti?
@ discorsi di Yeesha: a parte qualche parte presa di peso da Words qua e là, che voglio dire se lo fa lei lo posso fare anch'io imitandola, sono tutti inventati. Un minuto di silenzio per i neuroni valorosamente morti in battaglia per la prosa di Yeesha. u_u/
@ outtake iniziale: non riporto notizie false, tendenziose e Sue-icide finché non ho la guida ufficiale di EoA sotto mano. Però nel finale Atrus dice davvero “old friend”... e mi pare che Watson abbia confermato di non averlo conosciuto prima (rovinandomi peraltro un headcanon fighissimo ç_ç)... quindi qualcosa non torna.
@ outtake finale: Words termina dicendo che “la figlia della figlia vivrà in pace”, Yeesha non ha figli, Atrus sarebbe il nonno più meraviglioso di tutte le Ere. 'nuff said.

Bene, anche se Artemisia89 dice che me la cavo meglio con le storie brevi, e probabilmente ha tutte le ragioni per dirlo, io a 'sta cosa ci tengo davvero un botto e spero possa essere piacevole anche per voi. *torna in un angolino a commuoversi per Atrus vecchierello. Cioè ha anche gli occhiali a mezzaluna! G-guardatelo! è... è così... qualcuno gli offra un biscottino, per l'amor del Cielo! ç_ç*
   
 
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