Titolo:
La guerra secondo un diverso
Rating:
Arancio
Personaggi:
Francia (Francis Bonnefoy) Un po’ tutti
Genere:
Generale, guerra, introspettivo
Avvertimenti:
AU, Shounen Ai
Riassunto:
Francis è un diverso, un omosessuale. Cercherà di aiutare altri “come lui”,
rischiando la vita, ma accogliendo tutto con la sua voglia di vivere.
Quando aprì “Die Devilkatze” non
lo fece per chissà cosa. Lo fece per poter stare accanto alla persona che
amava. E non gli importava di essere “diverso”, di non amare ciò che amavano
tutti, quello che voleva era vivere in pace la vecchiaia, magari con qualche
rimpianto ma con tanti bei soldini sulle spalle. Francis Bonnefoy era emigrato
a Monaco da un piccolo paesino del sud della Francia, era un bell’uomo dai modi
gentili e raffinati, in cerca dell’eleganza e con una cura quasi maniacale
della propria persona. Ed era diverso dagli altri, per le credenze dell’epoca.
Una guerra aveva sconvolto il
mondo, la crisi aveva sconvolto la gente, ma lui era riuscito a mantenere alto
il suo sorriso, e aprendo “Die Devilkatze” aveva dato il via a quello che
sarebbe stato il suo destino. Aveva trovato degli amici, immigrati nella città
tedesca anche loro, tutti di nazionalità differenti. C’era Lovino, che nel suo
paese suo fratello aveva abbracciato il fascismo in modo assurdo, e per
sopravvivere era arrivato lì, c’era Antonio, spagnolo, che seguiva Lovino come
un’ombra. Ivan era fuggito dal comunismo di Stalin, mentre Yao cercava un modo
per aiutare i fratellini lasciati in patria. E c’era Arthur. Francis aveva una
passione celata per il giovane inglese, arrivato in chissà quale modo nella
città tedesca, sempre imbronciato, sempre con insulti nella sua lingua sulle
labbra, labbra che Francis avrebbe voluto sigillare con un bacio, un eterno
bacio per dichiarargli tutto l’amore che teneva dentro e che voleva donargli.
Completamente.
I suoi amici lo aiutavano nella
gestione del locale. Lo aiutavano a mandare fuori l’ultimo ubriacone, a tenere
pulita la sala, a chiamare intrattenitori e ballerini, per la gioia dei molti
clienti. I molti clienti che si stavano trasformando in nazisti, guardie della
Gestapo che venivano nel suo locale solo per fare casino. Perché erano
intoccabili, come i samurai al tempo degli shogun. Francis notava gli sguardi
preoccupati che si lanciavano i suoi amici, ascoltava le notizie alla radio di
una nuova guerra, ma non volle crederci, non fino a quando Ivan non comparve
più al lavoro. Nessuno sapeva dove fosse scomparso. Sapevano solo che aveva
avuto un diverbio con qualcuno, e che da quel momento fosse sparito. Come
sparirono molti clienti. Ma Francis volle tenere aperto, non volle nascondersi,
anche se invitò caldamente i suoi amici, se avevano la coda di paglia, di stare
attenti, e di scappare quando la faccenda fosse stata troppo calda.
Un giorno, una donna lo implorò
di aiutarla. Era ebrea, aveva la stella al petto, e qualcuno la inseguiva.
Aveva due bambini, uno per mano e uno in braccio. Entrambi con la stella. Francis
non poteva farla andare via in quelle condizioni, e la nascose in una cantina
del locale. La sera, la mandò assieme ad un gruppo di mercanti di vino dei
quali si affidava per uscire dal paese, andare in Francia. E salvarsi. Chissà
come, la notizia prese il volo. Gli ebrei si sussurravano parole di salvezza e
di speranza, così, il mercoledì sera, giorno di chiusura in molti,
segretamente, si presentavano alla sua porta, per implorarlo di aiutarli.
Francis non si sentiva come loro, non era come loro, ma si fece in quattro, per
aiutarli. Cercò di salvarli, di dargli una mano, del cibo, anche un po’ per
vendetta di quei nazisti così poco gentili. Li raccoglieva, curava le loro
ferite e li nutriva con il suo cibo, e quando era il momento, li spediva verso
un altro paese, con i pulmini delle merci. I suoi amici, li aveva persi. Non
sapeva dove fossero e che fine avessero fatto.
Ma mentre si faceva in quattro
per aiutare gli ebrei, non sapeva che c’era, nell’ombra, qualcuno che lo
osservava darsi da fare, qualcuno che lo segnava su una lista nera, un tedesco
che voleva diventare famoso presso il Kaiser. E la retata fu fatta un mercoledì
sera. Fosse stato solo per gli ebrei, forse Francis sarebbe stato ucciso
subito, ma c’era qualcos’altro, qualcosa di assolutamente più gustoso. Gli
ebrei furono portati ai campi di lavoro, mentre lui fu condotto in centrale, in
una sala d’interrogatori. Un nazista biondo con gli occhi azzurri, un tipico
“ariano” , lo aspettava, duro come un pezzo di ferro, impiegabile. ≪Bon jour... ≫.
Salutò cortese,
mentre gli altri nazisti lo costringevano a sedersi. ≪Francis Bonnefoy.≫. pronunciò l’ariano, come se
fosse stata una parolaccia. ≪è
il mio nome.≫.
rispose Francis, con un lieve sorriso d’onnipotenza. ≪Sei stato accusato di aiutare gli
ebrei a scappare. Di essere un diverso. Di nascondere armi nella sua cantina e
di essere una spia dei partigiani. E di non accettare la nuova politica del
Reich, evitando accuratamente di affiggere svastiche nel vostro locale. Anzi,
il vostro locale è aperto ad ogni razza, permettendo loro di mescolarsi.≫ Francis alzò le spalle,
lisciando pieghe immaginarie sui calzoni. ≪Non
sono stato io a creare le porte. Perderei clientela importante, se mettessi
stupidi cartelli con stupide scritte tali “Solo ariani” gli affari andrebbero a
rotoli! E quelle svastiche... beh... sono molto ma molto poco estetiche, stonerebbero
con l’arredamento del “Katze”!≫.
≪E
riguardo agli ebrei? Hai nulla da ridire in proposito?≫. ≪Perché dovrei? Mi hanno colto in
fragrante!≫. ≪E i partigiani?≫. ≪Di questo non ne so nulla.≫. Ecco la negazione. Quello che
la guardia aspettava. ≪È
sicuro, Bonnefoy, di non aver mai passato informazioni al nemico? Sa, se lei me
lo dice... o mi rivela queste informazioni, potremmo giungere ad un accordo...
Al Kaiser interessano molto queste informazioni.≫. ≪Le dico che al suo Kaiser le
dicerie del povero proprietario di un locale non possono interessare in
granché.≫.
Una delle mani del tedesco salì piano verso la sua nuca, per poi fargli
sbattere con violenza la testa sul tavolo, due, tre, quattro volte. Quando
giudicò abbastanza, il tedesco si allontanò da lui, e mentre Francis si
risollevava, si portò una mano al sopracciglio ferito. Faceva male. ≪ Il nostro Kaiser potrebbe essere molto interessato, invece. Sa, le
divise dei campi da lavoro non vanno ancora di moda...≫. lo prendeva in giro parlando la
sua lingua. ≪Io
non tradirò mai i miei amici≫.
Dichiarò in francese, provocandolo, ma Ludwig, così si chiamava la guardia, era
lontano dal perdere la pazienza. Aveva il gioco in mano sua. ≪Rodriguez, Vargas, Braginski...
Kirkland e Wang. Riconosce qualcuno?≫.
Francis impallidì vagamente, fingendo noncuranza. ≪Sono cognomi... non di certo
cognomi tedeschi ma...≫.
≪Sono
i nomi dei suoi soci, quelli con cui ha aperto il “Katze”. Sono stati
denunciati come partigiani e diversi, e li abbiamo spediti al campo. A parte
due. Wang e Kirkland. Uno di loro è ancora qui, su questa terra intendo.
L’altro... beh, non ha resistito all’interrogatorio.≫. Francis tremò leggermente.
Arthur, o Yao? Se avessero fatto qualsiasi cosa ad Arthur... ≪ Puoi vederlo, se vuoi. Sai cosa
devi fare...≫. ≪Ho... ho altri amici. Loro non li
avete ancora presi...≫.
≪Ma
Kirkland... tra voi c’è più che un’amicizia... I suoi occhi verdi spalancati
dal terrore... la verga sulla sua pelle bianca, arrossandola di sangue, la sua
voce con quell’accento così volgare che grida pietà... Le corde strette intorno
ai suoi polsi, corde di canapa, secche, che lo segnano e feriscono. Vuole
vederlo, Francis Bonnefoy? È qui... anche se non so se sia ancora vivo...≫
Parlare del cinese
non avrebbe fatto così effetto, lo sentiva. Adesso, quegli occhi azzurri erano
diventati opachi. Aveva fatto bene a tenerlo in vita. Avrebbe cantato tutto. Andò
verso la finestra, spalancando la tenda. Arthur era lì, che lanciava accuse con
i suoi occhi verdi. ≪è
un nuovo tipo di vetro. Noi vediamo lui, ma lui non può vedere noi.≫. parlava il tedesco, ammirando
il corpo dell’inglese segnato dagli interrogatori. ≪Peccato... era un bel ragazzo...≫. Arthur voltò la testa verso
qualcuno che Francis non poteva vedere. Scosse la testa, e i suoi occhi si
riempirono di terrore. Una guardia, grossa come un armadio apparve nel loro
campo visivo, con un bastone in mano. Arthur non cercò di scappare, gettandosi
tra le braccia del destino, e subendo le percosse con regalità. ≪Posso farlo smettere, se vuoi.
Non reggerà ancora per molto.≫.
Francis strinse i denti, fissando gli occhi verdi di Arthur che si stavano
riempiendo di dolore. Voleva salvarlo. ≪Conosco...
alcuni piani dei partigiani...≫
. Ludwig guardò verso di lui:≪Mi
dica..≫. ≪Il trenta, a mezzogiorno, sulla
Kaiserstraße... ci sarà un attentato. E... il sette, in una via interiore.≫. Ludwig fece un gesto, e il
gigante smise di picchiare Arthur. ≪Verrai
deportato come “diverso” in un campo di lavoro. Il tuo amico verrà liberato, a
meno che qualcuno non lo denunci come diverso...≫. Gli occhi di Francis non si
staccarono dalla figuretta piena di lividi. ≪È pulito≫. Mormorò, mentre lo portavano
via.
Il trenta, a mezzogiorno, non ci
fu nessun attentato sulla Kaiserstraße. Né il sette, né negli altri giorni. E
non ci sarebbero stati. Francis aveva mentito, lui aiutava solo gli ebrei, non
sapeva neanche cosa fossero i partigiani. Ma per salvare un “amico”, aveva
inventato una data, un luogo e un piano, anche se sapeva che non ne sarebbe
uscito comunque.
La neve, mescolata alla cenere
degli inceneritori rendeva il paesaggio freddo e grigio. I capelli di Francis
crescevano troppo in fretta, e veniva mandato molte volte a raparsi, come se
almeno loro non si arrendessero di fronte agli stenti e le torture che doveva
subire. Gli occhi azzurri avevano perso ogni luce, e rughe inespressive gli
circondavano il bel volto. Yao era morto, Lovino pure. Antonio era stato
mandato in un altro campo, e Ivan... Francis lavorava come un automa, alzava il
piccone e lo abbassava sulle pietre meccanicamente. Il numero sul braccio gli
pizzicava, e se l’era grattato fino a farlo sanguinare. Ma lui voleva vivere.
Voleva vivere per Yao e Lovino, vivere per Arthur. E per sé stesso. La sua
volontà di vivere lo fece durare, ammirare, dietro di lui si parlava di
vittoria, o sconfitta, ma la sua morale sopravisse, e quando in un giorno di
febbraio i raggi di sole bucarono le nubi, rischiarando il mondo. Gli americani
arrivarono il giorno dopo. Bussarono sulle finestre, li portarono fuori, li
aiutavano...≪Come
ti chiami?≫. gli
chiese un soldato, aiutandolo a uscire. ≪Francis...≫.
≪Io sono Alfred.
Abbiamo vinto la guerra e vi riportiamo a casa. Non vi faranno più del male.≫. Francis si sentì mancare,
scivolando a terra, e Alfred lo resse, preoccupato. ≪Stai bene?≫. Gli occhi del francese
tornarono azzurri e luminosi come una volta:≪Si... sono felice, Alfred. Sono
felice perché sono vivo.≫.
Alfred sorrise. Aveva un bel sorriso ≪Certa
gente che abbiamo trovato on sa più cosa vuol dire vivere. L’Hai ancora una
casa? Se vuoi, posso portarti a stare da me per un po’..≫. ≪Ne sarei felice...≫.
Alfred aveva comprato una casa a
monaco, e riuscì a portarselo lì. Farsi una vera doccia, dormire in un vero
letto, mangiare vero cibo e indossare veri, anche se semplici vestiti. Alfred
si occupava di lui, come un amico fedele, ignorando l’intensità della
gratitudine che Francis provava per lui. ≪Oggi
voglio farti conoscere una persona. Vieni Arty!≫. Arthur? Gli occhi di Francis
slittarono sulla porta, mentre lo sconosciuto entrava. Non era uno sconosciuto.
Quegli occhi verdi che aveva visto ricoprirsi di panico, adesso erano seri e
tranquilli. ≪Arthur!≫. Esclamò Francis. ≪Vi conoscete già?≫. Chiese Alfred, incuriosito.
Arthur gli rivolse appena uno sguardo, fissando Francis incredulo:≪Sei vivo? Ma... mi avevano detto
che eri morto!≫.
Francis sorrise, asciugandosi le lacrime:≪
Io ero convinto che... di averti perso per sempre...≫. Arthur sospirò, guardando
Alfred:≪scusami..
è un mio vecchio... amico...≫.
Durante il pranzo, si raccontarono un po’ le loro esperienze:≪I tedeschi mi hanno presso
assieme agli altri, ama mentre Ivan, Lovino e sono stati portati subito ai
campi, io e Yao siamo stati interrogati. Lo hanno ammazzato di botte. Ti
ricordi com’era sottile?≫.
Francis annuì, ricordando il suo dolce sorriso. ≪Poi, mi hanno picchiato anche me,
ma senza farmi domande, improvvisamente, un giorno hanno smesso quasi come se
avessero raggiunto uno scopo. E mi hanno lasciato andare.≫. ≪Ti hanno usato per farmi parlare.≫. Per salvarti, ho inventato dei
piani da partigiani.≫.
Gli occhi verdi di Arthur si spalancarono dallo stupore. ≪Ah... quindi... oh... beh, sono
scappato, ho cercato rifugio tra gli americani e ho conosciuto Alfred.≫. Francis li guardò, gli sguardi
che si rivolgevano, il loro “cercarsi”, non poteva che voler dire una cosa. ≪Siete insieme?≫. Alfred arrossì, mentre Arthur
sorrise:≪Già...
è stato un colpo di fulmine≫.
≪Sono
felice≫.
Rispose Francis, alzandosi in piedi. L’estate stava passando rapidamente, e il
vento freddo dell’’autunno stava ricordando alle foglie di cadere. Francis si
passò una mano sulla cicatrice che aveva sul sopracciglio, ricordo di un
pomeriggio d’interrogatori lontano. ≪Ci
sei rimasto male?≫.
gli chiese Alfred, sedendosi accanto a lui. ≪Non lo so... forse...≫. Rispose, con un lieve sospiro. ≪Lo amavi molto?≫. Francis alzò le spalle:≪ Ho soltanto rischiato la vita
per salvarlo, che vuoi che sia...≫.
≪Perché
non dici niente?≫.
≪Perché
Iggy è felice. Non potrei mai fargli del male, farlo soffrire...≫.
Alfred tacque, per poi chiedere:≪Iggy?≫. Francis ridacchiò:≪ Lui mi chiamava “stupid frog”
perché sono francese. Eravamo un gruppo di amici “stranieri” e adesso siamo
rimasti solo noi due. ≫.
Alfred gli passò un confortevole braccio intorno alle spalle:≪Ho suggerito ad Arty di venire
con me in America. La mia casa è molto grande, ci potremo stare...≫.
Francis sorrise,
passandosi una mano tra i capelli biondi che ricrescevano lentamente. ≪
Grazie, Alfred, ma
non potrei mai irrompere nella vostra intimità.≫. ≪Allora, accetteresti il passaggio
di proprietà di questa casa?≫.
Francis sorrise
Agitando la mano verso la nave
che partiva, Francis salutò gli amici in un gesto d’addio. Prima di tornare a
casa, passò per il suo vecchio locale, dove era cominciato tutto. Di
“Devilkatze” era ancora in piedi, in mezzo alle case distrutte dalle bombe.
Davanti, s’aggirava una figuretta bianca, zoppicante. Francis si avvicinò,
incuriosito. ≪Cercare
qualcuno?≫.
era un ragazzino dagli occhi scuri e la pelle chiara, ricoperto di fasciature. ≪Cerco... mio fratello mi ha detto
di affidarmi ad un uomo... Francis Bonnefoy...≫. ≪Tuo fratello?≫. ≪Yao Wang. È morto.≫. ≪Così... tu sei Kiku, o Yong Soo?≫. ≪Mi chiamo Kiku. È lei il signor
Bonnefoy?≫.
Francis annuì:≪Sì,
piccolino, è il mio nome. Yao parlava sempre di voi... lavorava per mandarvi
soldi. L’altro tuo fratello?≫.
≪È
morto. Ci trovavamo in Giappone, e gli americani hanno tirato quelle bombe.≫. Francis non riusciva a
staccargli gli occhi di dosso. Sembrava così piccolo e indifeso...≪Adesso cosa farai?≫. ≪Non sono ancora abbastanza
grande. Per questo mio fratello mi ha affidato a lei.≫. ≪Quindi... io adesso sarei il tuo
tutore?≫. ≪Sì, signore.≫. Era ferito, una benda gli
copriva un occhio e portava un braccio al collo, ma era vivo. Lo spirito di Yao
aleggiava su di lui. ≪Vieni
Kiku, ti porto a casa.≫.
Il ragazzo sorrise, seguendo il suo protettore.