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Autore: Mikiri_Tohoshima    21/12/2009    1 recensioni
Francis è un diverso, un omosessuale. Cercherà di aiutare altri “come lui”, rischiando la vita, ma accogliendo tutto con la sua voglia di vivere.
Genere: Generale, Introspettivo, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La guera secondo un diverso

Titolo: La guerra secondo un diverso

Rating: Arancio

Personaggi: Francia (Francis Bonnefoy) Un po’ tutti

Genere: Generale, guerra, introspettivo

Avvertimenti: AU, Shounen Ai

Riassunto: Francis è un diverso, un omosessuale. Cercherà di aiutare altri “come lui”, rischiando la vita, ma accogliendo tutto con la sua voglia di vivere.

 

Quando aprì “Die Devilkatze” non lo fece per chissà cosa. Lo fece per poter stare accanto alla persona che amava. E non gli importava di essere “diverso”, di non amare ciò che amavano tutti, quello che voleva era vivere in pace la vecchiaia, magari con qualche rimpianto ma con tanti bei soldini sulle spalle. Francis Bonnefoy era emigrato a Monaco da un piccolo paesino del sud della Francia, era un bell’uomo dai modi gentili e raffinati, in cerca dell’eleganza e con una cura quasi maniacale della propria persona. Ed era diverso dagli altri, per le credenze dell’epoca.

Una guerra aveva sconvolto il mondo, la crisi aveva sconvolto la gente, ma lui era riuscito a mantenere alto il suo sorriso, e aprendo “Die Devilkatze” aveva dato il via a quello che sarebbe stato il suo destino. Aveva trovato degli amici, immigrati nella città tedesca anche loro, tutti di nazionalità differenti. C’era Lovino, che nel suo paese suo fratello aveva abbracciato il fascismo in modo assurdo, e per sopravvivere era arrivato lì, c’era Antonio, spagnolo, che seguiva Lovino come un’ombra. Ivan era fuggito dal comunismo di Stalin, mentre Yao cercava un modo per aiutare i fratellini lasciati in patria. E c’era Arthur. Francis aveva una passione celata per il giovane inglese, arrivato in chissà quale modo nella città tedesca, sempre imbronciato, sempre con insulti nella sua lingua sulle labbra, labbra che Francis avrebbe voluto sigillare con un bacio, un eterno bacio per dichiarargli tutto l’amore che teneva dentro e che voleva donargli. Completamente.

I suoi amici lo aiutavano nella gestione del locale. Lo aiutavano a mandare fuori l’ultimo ubriacone, a tenere pulita la sala, a chiamare intrattenitori e ballerini, per la gioia dei molti clienti. I molti clienti che si stavano trasformando in nazisti, guardie della Gestapo che venivano nel suo locale solo per fare casino. Perché erano intoccabili, come i samurai al tempo degli shogun. Francis notava gli sguardi preoccupati che si lanciavano i suoi amici, ascoltava le notizie alla radio di una nuova guerra, ma non volle crederci, non fino a quando Ivan non comparve più al lavoro. Nessuno sapeva dove fosse scomparso. Sapevano solo che aveva avuto un diverbio con qualcuno, e che da quel momento fosse sparito. Come sparirono molti clienti. Ma Francis volle tenere aperto, non volle nascondersi, anche se invitò caldamente i suoi amici, se avevano la coda di paglia, di stare attenti, e di scappare quando la faccenda fosse stata troppo calda.

Un giorno, una donna lo implorò di aiutarla. Era ebrea, aveva la stella al petto, e qualcuno la inseguiva. Aveva due bambini, uno per mano e uno in braccio. Entrambi con la stella. Francis non poteva farla andare via in quelle condizioni, e la nascose in una cantina del locale. La sera, la mandò assieme ad un gruppo di mercanti di vino dei quali si affidava per uscire dal paese, andare in Francia. E salvarsi. Chissà come, la notizia prese il volo. Gli ebrei si sussurravano parole di salvezza e di speranza, così, il mercoledì sera, giorno di chiusura in molti, segretamente, si presentavano alla sua porta, per implorarlo di aiutarli. Francis non si sentiva come loro, non era come loro, ma si fece in quattro, per aiutarli. Cercò di salvarli, di dargli una mano, del cibo, anche un po’ per vendetta di quei nazisti così poco gentili. Li raccoglieva, curava le loro ferite e li nutriva con il suo cibo, e quando era il momento, li spediva verso un altro paese, con i pulmini delle merci. I suoi amici, li aveva persi. Non sapeva dove fossero e che fine avessero fatto.

Ma mentre si faceva in quattro per aiutare gli ebrei, non sapeva che c’era, nell’ombra, qualcuno che lo osservava darsi da fare, qualcuno che lo segnava su una lista nera, un tedesco che voleva diventare famoso presso il Kaiser. E la retata fu fatta un mercoledì sera. Fosse stato solo per gli ebrei, forse Francis sarebbe stato ucciso subito, ma c’era qualcos’altro, qualcosa di assolutamente più gustoso. Gli ebrei furono portati ai campi di lavoro, mentre lui fu condotto in centrale, in una sala d’interrogatori. Un nazista biondo con gli occhi azzurri, un tipico “ariano” , lo aspettava, duro come un pezzo di ferro, impiegabile. ≪Bon jour... ≫. Salutò cortese, mentre gli altri nazisti lo costringevano a sedersi. ≪Francis Bonnefoy.≫. pronunciò l’ariano, come se fosse stata una parolaccia. ≪è il mio nome.≫. rispose Francis, con un lieve sorriso d’onnipotenza. ≪Sei stato accusato di aiutare gli ebrei a scappare. Di essere un diverso. Di nascondere armi nella sua cantina e di essere una spia dei partigiani. E di non accettare la nuova politica del Reich, evitando accuratamente di affiggere svastiche nel vostro locale. Anzi, il vostro locale è aperto ad ogni razza, permettendo loro di mescolarsi.≫ Francis alzò le spalle, lisciando pieghe immaginarie sui calzoni. ≪Non sono stato io a creare le porte. Perderei clientela importante, se mettessi stupidi cartelli con stupide scritte tali “Solo ariani” gli affari andrebbero a rotoli! E quelle svastiche... beh... sono molto ma molto poco estetiche, stonerebbero con l’arredamento del “Katze”!≫. ≪E riguardo agli ebrei? Hai nulla da ridire in proposito?≫. ≪Perché dovrei? Mi hanno colto in fragrante!≫. ≪E i partigiani?≫. ≪Di questo non ne so nulla.≫. Ecco la negazione. Quello che la guardia aspettava. ≪È sicuro, Bonnefoy, di non aver mai passato informazioni al nemico? Sa, se lei me lo dice... o mi rivela queste informazioni, potremmo giungere ad un accordo... Al Kaiser interessano molto queste informazioni.≫. ≪Le dico che al suo Kaiser le dicerie del povero proprietario di un locale non possono interessare in granché.≫. Una delle mani del tedesco salì piano verso la sua nuca, per poi fargli sbattere con violenza la testa sul tavolo, due, tre, quattro volte. Quando giudicò abbastanza, il tedesco si allontanò da lui, e mentre Francis si risollevava, si portò una mano al sopracciglio ferito. Faceva male. ≪ Il nostro Kaiser potrebbe essere molto interessato, invece. Sa, le divise dei campi da lavoro non vanno ancora di moda...≫. lo prendeva in giro parlando la sua lingua. ≪Io non tradirò mai i miei amici≫. Dichiarò in francese, provocandolo, ma Ludwig, così si chiamava la guardia, era lontano dal perdere la pazienza. Aveva il gioco in mano sua. ≪Rodriguez, Vargas, Braginski... Kirkland e Wang. Riconosce qualcuno?≫. Francis impallidì vagamente, fingendo noncuranza. ≪Sono cognomi... non di certo cognomi tedeschi ma...≫. ≪Sono i nomi dei suoi soci, quelli con cui ha aperto il “Katze”. Sono stati denunciati come partigiani e diversi, e li abbiamo spediti al campo. A parte due. Wang e Kirkland. Uno di loro è ancora qui, su questa terra intendo. L’altro... beh, non ha resistito all’interrogatorio.≫. Francis tremò leggermente. Arthur, o Yao? Se avessero fatto qualsiasi cosa ad Arthur... ≪ Puoi vederlo, se vuoi. Sai cosa devi fare...≫. ≪Ho... ho altri amici. Loro non li avete ancora presi...≫. ≪Ma Kirkland... tra voi c’è più che un’amicizia... I suoi occhi verdi spalancati dal terrore... la verga sulla sua pelle bianca, arrossandola di sangue, la sua voce con quell’accento così volgare che grida pietà... Le corde strette intorno ai suoi polsi, corde di canapa, secche, che lo segnano e feriscono. Vuole vederlo, Francis Bonnefoy? È qui... anche se non so se sia ancora vivo...≫ Parlare del cinese non avrebbe fatto così effetto, lo sentiva. Adesso, quegli occhi azzurri erano diventati opachi. Aveva fatto bene a tenerlo in vita. Avrebbe cantato tutto. Andò verso la finestra, spalancando la tenda. Arthur era lì, che lanciava accuse con i suoi occhi verdi. ≪è un nuovo tipo di vetro. Noi vediamo lui, ma lui non può vedere noi.≫. parlava il tedesco, ammirando il corpo dell’inglese segnato dagli interrogatori. ≪Peccato... era un bel ragazzo...≫. Arthur voltò la testa verso qualcuno che Francis non poteva vedere. Scosse la testa, e i suoi occhi si riempirono di terrore. Una guardia, grossa come un armadio apparve nel loro campo visivo, con un bastone in mano. Arthur non cercò di scappare, gettandosi tra le braccia del destino, e subendo le percosse con regalità. ≪Posso farlo smettere, se vuoi. Non reggerà ancora per molto.≫. Francis strinse i denti, fissando gli occhi verdi di Arthur che si stavano riempiendo di dolore. Voleva salvarlo. ≪Conosco... alcuni piani dei partigiani...≫ . Ludwig guardò verso di lui:≪Mi dica..≫. ≪Il trenta, a mezzogiorno, sulla Kaiserstraße... ci sarà un attentato. E... il sette, in una via interiore.≫. Ludwig fece un gesto, e il gigante smise di picchiare Arthur. ≪Verrai deportato come “diverso” in un campo di lavoro. Il tuo amico verrà liberato, a meno che qualcuno non lo denunci come diverso...≫. Gli occhi di Francis non si staccarono dalla figuretta piena di lividi. ≪È pulito≫. Mormorò, mentre lo portavano via.

Il trenta, a mezzogiorno, non ci fu nessun attentato sulla Kaiserstraße. Né il sette, né negli altri giorni. E non ci sarebbero stati. Francis aveva mentito, lui aiutava solo gli ebrei, non sapeva neanche cosa fossero i partigiani. Ma per salvare un “amico”, aveva inventato una data, un luogo e un piano, anche se sapeva che non ne sarebbe uscito comunque.

 

La neve, mescolata alla cenere degli inceneritori rendeva il paesaggio freddo e grigio. I capelli di Francis crescevano troppo in fretta, e veniva mandato molte volte a raparsi, come se almeno loro non si arrendessero di fronte agli stenti e le torture che doveva subire. Gli occhi azzurri avevano perso ogni luce, e rughe inespressive gli circondavano il bel volto. Yao era morto, Lovino pure. Antonio era stato mandato in un altro campo, e Ivan... Francis lavorava come un automa, alzava il piccone e lo abbassava sulle pietre meccanicamente. Il numero sul braccio gli pizzicava, e se l’era grattato fino a farlo sanguinare. Ma lui voleva vivere. Voleva vivere per Yao e Lovino, vivere per Arthur. E per sé stesso. La sua volontà di vivere lo fece durare, ammirare, dietro di lui si parlava di vittoria, o sconfitta, ma la sua morale sopravisse, e quando in un giorno di febbraio i raggi di sole bucarono le nubi, rischiarando il mondo. Gli americani arrivarono il giorno dopo. Bussarono sulle finestre, li portarono fuori, li aiutavano...≪Come ti chiami?≫. gli chiese un soldato, aiutandolo a uscire. ≪Francis...≫. ≪Io sono Alfred. Abbiamo vinto la guerra e vi riportiamo a casa. Non vi faranno più del male.≫. Francis si sentì mancare, scivolando a terra, e Alfred lo resse, preoccupato. ≪Stai bene?≫. Gli occhi del francese tornarono azzurri e luminosi come una volta:≪Si... sono felice, Alfred. Sono felice perché sono vivo.≫. Alfred sorrise. Aveva un bel sorriso ≪Certa gente che abbiamo trovato on sa più cosa vuol dire vivere. L’Hai ancora una casa? Se vuoi, posso portarti a stare da me per un po’..≫. ≪Ne sarei felice...≫.

Alfred aveva comprato una casa a monaco, e riuscì a portarselo lì. Farsi una vera doccia, dormire in un vero letto, mangiare vero cibo e indossare veri, anche se semplici vestiti. Alfred si occupava di lui, come un amico fedele, ignorando l’intensità della gratitudine che Francis provava per lui. ≪Oggi voglio farti conoscere una persona. Vieni Arty!≫. Arthur? Gli occhi di Francis slittarono sulla porta, mentre lo sconosciuto entrava. Non era uno sconosciuto. Quegli occhi verdi che aveva visto ricoprirsi di panico, adesso erano seri e tranquilli. ≪Arthur!≫. Esclamò Francis. ≪Vi conoscete già?≫. Chiese Alfred, incuriosito. Arthur gli rivolse appena uno sguardo, fissando Francis incredulo:≪Sei vivo? Ma... mi avevano detto che eri morto!≫. Francis sorrise, asciugandosi le lacrime:≪ Io ero convinto che... di averti perso per sempre...≫. Arthur sospirò, guardando Alfred:≪scusami.. è un mio vecchio... amico...≫. Durante il pranzo, si raccontarono un po’ le loro esperienze:≪I tedeschi mi hanno presso assieme agli altri, ama mentre Ivan, Lovino e sono stati portati subito ai campi, io e Yao siamo stati interrogati. Lo hanno ammazzato di botte. Ti ricordi com’era sottile?≫. Francis annuì, ricordando il suo dolce sorriso. ≪Poi, mi hanno picchiato anche me, ma senza farmi domande, improvvisamente, un giorno hanno smesso quasi come se avessero raggiunto uno scopo. E mi hanno lasciato andare.≫. ≪Ti hanno usato per farmi parlare.≫. Per salvarti, ho inventato dei piani da partigiani.≫. Gli occhi verdi di Arthur si spalancarono dallo stupore. ≪Ah... quindi... oh... beh, sono scappato, ho cercato rifugio tra gli americani e ho conosciuto Alfred.≫. Francis li guardò, gli sguardi che si rivolgevano, il loro “cercarsi”, non poteva che voler dire una cosa. ≪Siete insieme?≫. Alfred arrossì, mentre Arthur sorrise:≪Già... è stato un colpo di fulmine≫. ≪Sono felice≫. Rispose Francis, alzandosi in piedi. L’estate stava passando rapidamente, e il vento freddo dell’’autunno stava ricordando alle foglie di cadere. Francis si passò una mano sulla cicatrice che aveva sul sopracciglio, ricordo di un pomeriggio d’interrogatori lontano. ≪Ci sei rimasto male?≫. gli chiese Alfred, sedendosi accanto a lui. ≪Non lo so... forse...≫. Rispose, con un lieve sospiro. ≪Lo amavi molto?≫. Francis alzò le spalle:≪ Ho soltanto rischiato la vita per salvarlo, che vuoi che sia...≫. ≪Perché non dici niente?≫. ≪Perché Iggy è felice. Non potrei mai fargli del male, farlo soffrire...≫.  Alfred tacque, per poi chiedere:≪Iggy?≫. Francis ridacchiò:≪ Lui mi chiamava “stupid frog” perché sono francese. Eravamo un gruppo di amici “stranieri” e adesso siamo rimasti solo noi due. ≫. Alfred gli passò un confortevole braccio intorno alle spalle:≪Ho suggerito ad Arty di venire con me in America. La mia casa è molto grande, ci potremo stare...≫. Francis sorrise, passandosi una mano tra i capelli biondi che ricrescevano lentamente. ≪ Grazie, Alfred, ma non potrei mai irrompere nella vostra intimità.≫. ≪Allora, accetteresti il passaggio di proprietà di questa casa?≫. Francis sorrise

Agitando la mano verso la nave che partiva, Francis salutò gli amici in un gesto d’addio. Prima di tornare a casa, passò per il suo vecchio locale, dove era cominciato tutto. Di “Devilkatze” era ancora in piedi, in mezzo alle case distrutte dalle bombe. Davanti, s’aggirava una figuretta bianca, zoppicante. Francis si avvicinò, incuriosito. ≪Cercare qualcuno?≫. era un ragazzino dagli occhi scuri e la pelle chiara, ricoperto di fasciature. ≪Cerco... mio fratello mi ha detto di affidarmi ad un uomo... Francis Bonnefoy...≫. ≪Tuo fratello?≫. ≪Yao Wang. È morto.≫. ≪Così... tu sei Kiku, o Yong Soo?≫. ≪Mi chiamo Kiku. È lei il signor Bonnefoy?≫. Francis annuì:≪Sì, piccolino, è il mio nome. Yao parlava sempre di voi... lavorava per mandarvi soldi. L’altro tuo fratello?≫. ≪È morto. Ci trovavamo in Giappone, e gli americani hanno tirato quelle bombe.≫. Francis non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Sembrava così piccolo e indifeso...≪Adesso cosa farai?≫. ≪Non sono ancora abbastanza grande. Per questo mio fratello mi ha affidato a lei.≫. ≪Quindi... io adesso sarei il tuo tutore?≫. ≪Sì, signore.≫. Era ferito, una benda gli copriva un occhio e portava un braccio al collo, ma era vivo. Lo spirito di Yao aleggiava su di lui. ≪Vieni Kiku, ti porto a casa.≫. Il ragazzo sorrise, seguendo il suo protettore.

  
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