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Autore: roxyed    21/12/2009    3 recensioni
Vigilia di Natale: Kairi organizza una festa, invitando gli amici più stretti. Sora e Riku non mancano all'appello. Ma se per colpa di un rametto di vischio la situazione degenerasse?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kairi, Riku, Sora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You better watch out
You better not cry
You better not pout

I'm telling you why
Santa Claus is coming to town

 

 

 

 

 

24 Dicembre

 

L’aria fredda che spirava dal mare aveva già, dalle prime luci dell’alba, invaso la piccola cittadina di Destiny Islands. La ragazza dai capelli color cremisi era intenta da quella mattina presto ad addobbare la sua smisurata villa, la più grande dell’isola.

Certo, essere la figlia adottiva del sindaco aveva i suoi vantaggi, e Kairi ne era consapevole. In effetti, nell’ultimo periodo, non era stato difficile per lei sentirsi la ragazza più fortunata del mondo: le due persone più importanti per lei, i suoi amici Sora e Riku, erano nuovamente al suo fianco, dopo tanto tempo.

In particolare, era contenta del ritorno di Sora, ed era a lui che pensava mentre sistemava il vischio in punti strategici della casa. Forse era una cosa un po’ immatura, ma, per una volta nella sua vita, aveva deciso di non badare a cosa fosse da lei e cosa non lo fosse.

Era la vigilia di Natale, e quell’atmosfera leggera e romantica aveva finito per contagiare anche lei. Selphie, la sua migliore amica, aveva insistito per farle comprare quel vischio: fondamentale, a Natale, aveva detto. E lei, contagiata dalla bellezza degli alberi addobbati e dei pupazzi di neve sintetica che spuntavano ormai in ogni cortile, aveva ceduto.

Kairi sorrise quando sentì suonare il campanello. Doveva essere Selphie che veniva ad aiutarla con le decorazioni. Sentì la domestica aprire la porta e salutare qualcuno all’ingresso, educatamente; poi, la voce squillante della sua migliore amica arrivò sino a lei, simile ad un trillare di campanellini impazziti. Non ci volle molto prima che se la ritrovasse accanto, pronta ad appendere festoni e mazzetti di vischio ovunque, un’espressione maliziosa dipinta sul viso. –Allora, parte il piano Vischio?- chiese, soppesandone un rametto.

Kairi le lanciò un’occhiataccia, si abbandonò ad una risatina svagata e riprese il lavoro.

 

Sora si svegliò decisamente di buonumore. La sua camera era un casino come al solito, ma d’altronde, bastava non farci troppo caso. Sperava solo che sua mamma non ci mettesse piede troppo presto, altrimenti ne avrebbe ricavato una strigliata non da poco e una vigilia di Natale rovinata.

I regali per i suoi amici erano ammucchiati disordinatamente sulla scrivania, nei loro pacchetti colorati. Li aveva fatti Sora stesso –i pacchetti, s’intende- e non era venuti neppure così male come si sarebbe aspettato. Passò l’intera mattinata ad oziare, a riempirsi di dolci e ricevere doni dai parenti e biglietti d’auguri di amici lontani. Non era poi così male. Soprattutto, non era faticoso. Ricevette persino una cartolina natalizia da Goofy e Donald che suonava ogni volta che veniva aperta. Era abbastanza opprimente ma gradì il pensiero. Dopo pranzo si vide costretto a sabotarla con le forbici –non senza un filo di rimorso- perché aveva preso a far chiasso anche da chiusa, seppur “jingle bells”  risultasse ormai più simile al lamento di un uomo agonizzante. Era sicuro che Donald l’avrebbe fatta a pezzi con le sue mani se avesse potuto, e questo pensiero lo consolò.

Passò un pomeriggio quasi tedioso, seduto in salotto davanti alla tv, che trasmetteva solo film pieni zeppi di buoni sentimenti e renne parlanti che gli riportarono alla mente l’emozione che aveva provato nell’incontrare Babbo Natale in persona alla città del Natale, non molto tempo addietro. In qualche modo, quell’esperienza straordinaria gli pareva lontana ed effimera come un sogno.

Restò così, perso nei suoi pensieri, succhiando distrattamente un bastoncino di zucchero bianco e rosso, perfino quando sua madre gli calcò sulla testa un cappello da Babbo Natale un po’ troppo largo per lui e andò ad aprire alla porta. Avevano suonato il campanello, e Sora cominciò a prepararsi psicologicamente all’ennesima ondata di parenti con bambini al seguito. Sentì sua madre salutare qualcuno, nell’ingresso, e augurargli un buon Natale.

Sora si sistemò un po’ meglio sulla poltrona, spinse ancor di più il cappello sulle orecchie per non sentire e tornò a concentrarsi sul suo bastoncino di zucchero, sperando d’essere lasciato in pace. La tv stava ancora trasmettendo le avventure di Rudolph e, quasi senza accorgersene, Sora si perse in quel mondo fatto di neve, luci, colori…almeno per cinque minuti, trascorsi i quali iniziò a sentirsi addosso uno sguardo insistente. 

Si voltò verso l’ingresso del salottino, per trovarsi faccia a faccia con un Riku in camicia nera, che lo scrutava con aria divertita. Sora trasalì; imbarazzato a mille, sentì il sangue affluire violentemente alle guance. Si tolse subito di bocca il bastoncino di zucchero, poi fu la volta del cappello, che venne goffamente nascosto dietro al cuscino della poltrona.

–Come se non avessi visto tutto…- commentò Riku, con un ghigno malizioso, andando a sedersi sul divano accanto alla poltrona. Sora cercò di giustificarsi, ma riuscì solo a balbettare qualcosa di incomprensibile che non fece altro che divertire Riku ancor di più.

–Guardi un film su una renna che parla?- attaccò lui nuovamente, quando Sora gli sembrò più tranquillo. Il ragazzo avvampò di nuovo. –Nient’affatto!- sbraitò, afferrando tempestivamente il telecomando e spegnendo la tv.

Riku ghignò ancora, soddisfatto dalla reazione di Sora. –Se non stavi guardando un film su una renna parlante, com’è che non sei ancora pronto per uscire?- lo interrogò, pungente, guardandolo di sottecchi.

Sora assunse l’espressione più scema della terra, ai suoi occhi, mentre sembrava finalmente realizzare. –Oh no!- esclamò improvvisamente, battendosi una mano sulla fronte –la festa a casa di Kairi!-

Riku si abbandonò ad una risatina composta, scuotendo la testa, mentre Sora correva in camera sua a cambiarsi.

 

Alle otto tutti gli invitati erano arrivati.

Kairi e Selphie avevano fatto un gran bel lavoro con gli addobbi, appendendo per tutta la casa striscioni e fiocchi di colore argento e rosso; fuori, all’ingresso, c’era anche un pupazzo di neve finta, molto di moda nelle case con giardino. Ma quello sembrava, straordinariamente, il più bello di tutti.

Sora rimase letteralmente incantato quando Kairi aprì la porta e requisì cappotti e sacchetti dei regali a lui e Riku, con un sorriso. Quella sera era più bella che mai: indossava un corto abito rosso, fasciante, molto elegante, e Sora si sentì un po’ goffo nel suo maglione nero completo di cappuccio.

Kairi li fece accomodare nell’enorme salone adiacente la cucina, dove Tidus, Wakka e una sgargiante Selphie in tenuta da Folletto di Natale si erano già avventati su un enorme buffet con sopra ogni ben di dio possibile.

–Buon Natale, ragazzi!- esclamò subito Selphie, entusiasta, correndo loro incontro e riempiendoli di pacchettoni e pacchettini.

Tidus e Wakka scoppiarono a ridere: probabilmente anche loro avevano dovuto sopportare Selphie in versione piccola aiutante di Babbo Natale.

–B-buon Natale, Selphie- rispose Sora, pentendosene immediatamente dopo, perché la ragazza si era avventata su di lui e aveva preso a stritolarlo squittendo qualcosa che assomigliava tremendamente a “kawaii!”.

Riku si allontanò immediatamente dalla scena del delitto, probabilmente preoccupato che potesse capitargli la stessa cosa, e nelle grinfie di Selphie, sempre più esagitata, finì Kairi.

La serata continuò così, tra risate e prese in giro. Selphie era incontrollabile, e continuò a tormentare Kairi e Sora per tutta la durata della festa. Non mancarono anche i complimenti per Riku, che quella sera, effettivamente, si era presentato al meglio.

Sora iniziò quasi subito a sentirsi a disagio; non riusciva a stare fermo sulla sedia, e la cosa peggiore era che non sapeva il perché. Kairi non gli tolse gli occhi di dosso per tutta la sera, e Selphie tentò più volte di spingere entrambi sotto il vischio che –Sora se ne era accorto forse un po’ in ritardo- penzolava apparentemente innocente da ogni dove.

Accadde quando dovette alzarsi per andare a telefonare ai suoi in corridoio. La musica era troppo alta, e Sora lo ritenne opportuno. Kairi tornava da camera sua, dove aveva lasciato i suoi regali per loro, e finì per andare a sbattere contro Sora, che usciva dalla sala in quel momento. Si staccarono infarcendosi vicendevolmente di scuse, ma quando Kairi notò con la coda dell’occhio cos’era nascosto in quella che sembrava un’innocua decorazione, appesa proprio sopra la sua testa, il rossore che le si dipinse sul viso spinse Sora ad alzare lo sguardo a sua volta.

Sopra di loro troneggiava un enorme rametto di vischio. Sora era quasi sicuro che, quando era entrato per la prima volta in salotto, non ci fosse. Kairi sembrò pensare la stessa cosa, perché si voltò verso Selphie come a voler avere conferma di un dubbio. –Quando..?- domandò, la voce spezzata dall’emozione. –Qualche minuto fa. Ho finto di sistemare quella decorazione.- rispose Selphie con un sorriso furbetto.

Kairi si irrigidì immediatamente, e così fece Sora, al suo fianco. Il sorriso di Selphie si allargò ulteriormente, mentre cominciava ad incitarli a rispettare la tradizione. Tidus e Wakka si unirono al coro di “bacio! Bacio!” iniziato dall’amica; Riku si chiuse in un mutismo ostinato e distolse lo sguardo. Sora non potè non notarlo.

Kairi, nel frattempo, si sentiva il cuore a mille e le gambe in gelatina. Sperava che per Sora fosse lo stesso, ma non riusciva a leggere il volto di lui, che sembrava una maschera di cera.

Il coro di Selphie, Tidus e Wakka nel mentre si era fatto più alto e più insistente; avevano persino cominciato a battere le mani.

Kairi sentì un brivido correrle giù, lungo la spina dorsale. Era una cosa che andava fatta. E sarebbe bastato un secondo. Uno schiocco di dita, un incontrarsi di labbra fugace. Un solo, lunghissimo, secondo. Prima ancora che riuscisse a capacitarsene, si ritrovò a prendere maldestramente tra le mani il viso di Sora; lui non disse nulla, ma era chiaro che l’aveva preso alla sprovvista. La ragazza s’alzò sulle punte dei piedi quel poco che le bastò per appoggiare la sua bocca su quella di lui, e nella stanza tutti ammutolirono. La musica assordante regnò incontrastata per qualche attimo, almeno fino a quando Kairi non si staccò da Sora, che rimase interdetto a fissarla come se non l’avesse mai veramente vista prima.

Qualcuno abbassò la musica –forse Tidus- ed iniziarono i fischi e le acclamazioni. Kairi sorrise imbarazzatissima, e non osò più guardare Sora negli occhi. Dopotutto, neppure Sora ci riusciva.

Non riusciva a credere che Kairi l’avesse appena baciato. Così, all’improvviso. Cercò di buttare tutto sul ridere, e quando tornò a sedersi sul divano accolse con finti sorrisi e risatine gli apprezzamenti di Tidus e Wakka. Si chiese perché non riusciva assolutamente ad esserne contento. Aspettava quel momento probabilmente da tutta la vita, e adesso che era giunto, gli era sembrato tutto fuorché perfetto. Si disse che probabilmente era per via della situazione, del contesto. Era stato un po’ squallido da parte di Kairi baciarlo sotto il vischio, così, davanti a tutti. Era stato squallido farlo davanti a Riku. Sora cercò con lo sguardo l’amico, per vedere come avesse preso quell’anomalo corso degli eventi, e rimase basito a fissare una poltrona vuota.

La musica riprese più forte. Selphie si era rimessa a ballare con ancor più entusiasmo di prima, e spingeva Kairi a farlo con lei. Sembravano entrambe avere la ridarella.

–Scusate, dov’è finito Riku?- chiese Wakka all’improvviso, precedendo, di fatto, Sora. Tidus prese a guardarsi attorno perplesso. –Sarà andato in bagno- disse, alzando le spalle. Ma i minuti passavano, e Riku non tornava. Kairi andò a cercarlo al piano di sopra e Selphie ispezionò il primo piano, ma senza risultato.

L’umore di Sora stava peggiorando velocemente. Sentiva un bizzarro peso all’altezza dello sterno, e uno stordimento strano che gli sembrava di non aver mai avvertito prima. Kairi se ne accorse quasi immediatamente ma non disse nulla; le sembrava prioritario, a quel punto, ritrovare Riku.

–non capisco perché se ne sia andato così- mormorò d’improvviso, accostandosi alla finestra per guardare fuori. Non riusciva a credere che Riku l’avesse fatto. Selphie mise il broncio. –che maleducato!- sbottò. Tidus e Wakka presero a scuotere la testa, sempre più confusi.

–io vado a cercarlo- decise improvvisamente Sora, alzandosi dal divano e correndo ad infilarsi il cappotto. In breve, si era già chiuso la porta alle spalle. Kairi non fece in tempo a dire alcunché.

 

Fuori faceva un freddo insopportabile. Il vento aveva smesso di soffiare ma l’aria immobile era gelida come il ghiaccio.

Sora percorse la strada principale fino alla spiaggia, dove le palme svettavano come neri spettri nel chiarore della luna piena. Quella notte era incredibilmente luminosa.

Si accorse quasi subito dell’assenza della barca di Riku, perché solitamente si trovava accanto alla sua e a quella di Kairi. Indugiò per qualche attimo soltanto, riflettendo sul da farsi. Poi, come spinto da chissà quale forza, trascinò la barca in acqua e si diede da fare con i remi.

Il mare era assurdamente placido e, seppur fosse nero come la notte, non gli incuteva timore. D’altronde, erano finiti i tempi in cui si spaventava per tutto. 

Arrivò sull’isoletta in poco tempo. Non aveva dubbi sul fatto che avrebbe trovato Riku seduto sul solito tronco di palma storto. Lui andava sempre lì, quando voleva stare da solo a pensare. E in quella notte straordinariamente chiara, fu facile individuarlo, esattamente lì dove sapeva l’avrebbe incontrato.

Sora salì gli scalini della baracca di corsa, aprì la porta e raggiunse l’amico con il cuore che gli esplodeva nel petto. Riku non si volse neppure a guardarlo.

Sora prese fiato e cominciò: -perché diavolo te ne sei andato così?- L’occhiata che Riku gli rivolse gli gelò il sangue nelle vene. Improvvisamente, gli parve che facesse ancora più freddo. –non ho il diritto di andarmene quando ne ho voglia?- lo interpellò Riku, tagliente. –non avevo alcun obbligo verso Kairi, verso di te, o Tidus, o chiunque altro-

Sora rimase senza parole. Non riusciva a capire il comportamento di Riku; gli sembrava assurdo, immotivato. Muto, si portò davanti al tronco e si sedette a sua volta, accanto a lui, lo sguardo fisso davanti a sé. La luna piena era uno spettacolo incredibile, e per qualche secondo Sora si dimenticò di tutto. Della festa di Kairi, del bacio, della sparizione di Riku. Si compiacque semplicemente della vicinanza dell’altro, godendo della sua presenza silenziosa. Rimasero così, immobili e taciti, almeno fino a quando Riku ruppe il silenzio, cogliendo alla sprovvista Sora. –la sabbia sembra neve- mormorò, a bassa voce.

Sora seguì il suo sguardo e si disse che Riku aveva ragione. La sabbia resa innaturalmente bianca dalla luce della luna sembrava neve finissima. Quello che si presentava ai suoi occhi era un paesaggio irreale, quasi magico, e gli risultò impossibile credere di non averlo notato prima.

Sprofondarono di nuovo in un silenzio perfetto che fu Riku, anche questa volta, a spezzare. –non sei tu che adori la neve, Sora?- domandò, e questa volta si volse a guardare l’amico, con un mezzo sorriso dipinto sulle labbra.

Lo sguardo di Sora venne inevitabilmente attratto da quello dell’altro, finchè al ragazzo parve che niente, intorno a lui, fosse all’altezza di quello spettacolo. Rabbrividì. Non riusciva a capire. Non aveva mai provato nulla di simile, e ora ne aveva la certezza.

Deglutì rumorosamente, ma per fortuna Riku non sembrò farci caso. –Mi dispiace- disse infine Sora; in qualche modo, gli era sembrato che quelle fossero le parole giuste da dire.

Riku sembrò sorpreso; inclinò leggermente il capo e assunse un’aria perplessa. –Di che cosa?-

-Di essermi lasciato baciare da lei. Avrei dovuto rifiutarmi- Sora chinò il capo, e seguitò a parlare. –è chiaro il motivo per cui te ne sei andato; non so neppure perché te l’ho chiesto, prima. So che ti piace Kairi e…insomma, mi…mi dispiace davvero tanto, Riku-

Quand’ebbe terminato il discorso, Sora rimase così, a capo chino, aspettandosi parole piene di risentimento da parte di Riku, che, inaspettatamente, non arrivarono. –ma allora sei davvero idiota- commentò invece il ragazzo, lapidario.

Sora rialzò lo sguardo, stupefatto. Non capiva perché Riku gli desse dell’idiota in un momento simile. Il viso del ragazzo era contratto in una strana espressione, quasi inquieta. –A me non piace Kairi- stava dicendo, portandosi una mano alla fronte e scuotendo appena il capo, esasperato. –e tu non riesci mai a capire niente, senza un aiuto. Sei uno scemo irrecuperabile.-

Sora fu colpito da quelle parole come lo si può essere da un pugno. Fecero male. La consapevolezza lo investì in pieno, gli tolse il fiato. Poco a poco, gli sembrava che i pezzi del puzzle stessero tornando insieme, e il disegno che celavano lo terrorizzò.

Riku avvicinò una mano al suo viso, gli sfiorò la pelle con le dita, e quel lieve contatto riuscì a far perdere a Sora il controllo di sé. Gli sembrava di galleggiare, sospeso in un momento che avrebbe voluto durasse il più a lungo possibile. Le dita di Riku erano calde come il fuoco, e quando il suo pollice gli accarezzò le labbra, Sora si ritrovò a pensare che avrebbe dato di tutto per poter vivere quell’attimo milioni di volte, ancora e ancora… senza stancarsi mai.

Sentì il cuore scoppiare nel petto quando vide Riku chinare il capo, e il respiro del ragazzo si mescolò al suo, bollente come le sue dita, come i suoi occhi, che non lasciavano un momento le sue labbra. Sembrava tutto così perfetto.

Fin troppo perfetto.

Per questo Sora non si meravigliò quando sentì tuonare alle loro spalle la voce di Kairi. –Ecco dov’eravate!- stava sbraitando la ragazza, la voce alterata dal disagio, intrisa di rabbia e preoccupazione. A Sora sembrò che avesse le lacrime agli occhi. –Vi ho cercato ovunque!-

Riku non disse nulla, e Sora preferì seguire il suo esempio. Lasciarono che Kairi si calmasse, poi fu lei stessa ad intimare un fragile “torniamo a casa”. I due ragazzi non si rifiutarono. Seguirono entrambi l’amica fin dentro la baracca, e poi giù, fino alla spiaggia. Sora voleva provare a dirle qualcosa, spiegarle, ma Kairi non cercò il suo sguardo mentre saliva sulla sua barca, e non lo fece neppure più tardi.

Sembrava chiusa in un dolore troppo grande, troppo intimo.

E Sora non poteva violare il suo silenzio.

 

Quando arrivarono a casa di Kairi, trovarono Selphie, Tidus e Wakka seduti al tavolo della sala. Si erano cambiati. Selphie era in pigiama, così come Tidus. Wakka indossava invece solo un paio di boxer, ma Kairi non sembrò esserne scandalizzata.

Selphie notò subito che qualcosa non andava e seguì l’amica con occhi pieni d’apprensione e un nodo alla gola. –Andiamo a letto, che ne dite?- suggerì quindi, rivolta a Tidus e Wakka, con un sorrisetto forzato. –I regali li apriremo domattina-

Kairi le fu immensamente grata d’aver proposto l’idea giusta.

Selphie e Kairi dividevano la stessa camera, che era poi quella di Kairi a tutti gli effetti. I ragazzi erano stati sistemati tutti insieme nella stanza degli ospiti.

Appena entrati, Tidus e Wakka cominciarono subito a prendersi a cuscinate. A Sora parve per un attimo di essere tornato ai bei tempi passati, a quando passavano un sacco di tempo sull’isoletta e combattevano tra di loro con qualsiasi cosa capitasse loro a portata di mano. Una spada di legno, una palla, una corda per saltare… ricordava che passava molto tempo con Riku e Kairi, sempre alla ricerca di nuovi modi per passare il tempo. Una volta avevano addirittura costruito una zattera per lasciare Destiny Islands. Se poi gli eventi non fossero precipitati, forse avrebbero potuto riuscirci, o fallire miseramente. Ma almeno, sarebbero rimasti sempre insieme, non si sarebbero mai separati, neanche per un attimo. Forse, le cose tra di loro non sarebbero cambiate così radicalmente come invece era successo quella sera.

Sora si distese sul letto con la mente satura di questi pensieri, e Riku gli si sedette accanto, lo sguardo fisso su Tidus e Wakka. La battaglia era entrata nel vivo. –A che pensi?- Sora si girò su un fianco e non rispose. Fortunatamente, Riku non insistette.

Nella stanza accanto, anche Selphie si era arresa. Kairi non aveva alcuna intenzione di parlare di cosa fosse capitato sull’isoletta. Selphie si disse che doveva essere davvero sconvolta per non volersi confidare con lei. –Sarò tua amica per sempre, lo sai, vero?- le chiese.

Kairi non disse nulla. Sdraiata sul suo letto,continuò semplicemente a guardare il soffitto. Selphie sospirò. –Dico davvero. Non hai bisogno di nessun altro, solo della tua migliore amica.-

Questa volta, Kairi si volse a guardarla. Aveva gli occhi umidi. Selphie le si avvicinò, risoluta, e la costrinse a mettersi seduta. Kairi non oppose resistenza ma distolse immediatamente lo sguardo da lei. –Qualunque cosa sia successa stasera, sappi che il tempo guarisce tutte le ferite. E io ti starò sempre accanto. Sei la mia migliore amica, no?-

Kairi non rispose. Scoppiò in lacrime sulla sua spalla, e Selphie la strinse forte a sé. –Andrà tutto bene- le sussurrò, e Kairi si sentì rincuorata.

 

 

Solo quando la disputa tra Wakka e Tidus fu giunta ad una conclusione –Tidus si arrese per evidente superiorità di Wakka- Sora riuscì finalmente ad infilarsi il pigiama e ad addormentarsi. Nonostante ciò, dormì male, e si svegliò non poche volte, vittima dell’ansia, consapevole della brutta situazione in cui si era cacciato.

Lui adorava Kairi. L’adorava, sì, ma come amica. Con Riku era diverso. Era bastato il solo contatto delle sue dita per fargli provare qualcosa di assolutamente unico. E non gli importava di quanto la cosa potesse risultare strana, insensata…sbagliata, agli occhi degli altri. Non aveva senso accostare la parola “Riku” e la parola “sbagliato”. Riku era perfetto. Aveva sempre voluto essere come lui. Riku era migliore di lui in qualsiasi cosa. Aveva provato a sfidarlo, a cercare di batterlo, in tutti i campi, e non c’era mai veramente riuscito. La sua superiorità era a dir poco schiacciante. Ma se non era facile batterlo, era facile amare quella sua superiorità. Quel suo riuscire a primeggiare in tutto, senza alcuno sforzo.

Nel buio, Sora sorrise tra sé e sé. Rimase così per qualche tempo, minuti, forse ore, assaporando il silenzio che ben si mescolava ai ricordi che si inseguivano nella sua mente, senza concedergli una tregua neppure per un attimo.

Decise di alzarsi solo quando si rese conto di dover prendere fiato. Cercò di fare meno rumore possibile mentre apriva la porta della camera ed usciva nel corridoio deserto. Per fortuna, la luce della luna che filtrava dalle finestre lo illuminava a tratti, rendendolo facilmente percorribile.

Sora puntò verso dapprima verso la cucina, poi verso il bagno, senza una meta precisa. Si lavò il viso arrossato con l’acqua gelida, cercando di non guardare la sua immagine riflessa nello specchio. Poi, sempre cercando di non fare rumore, tornò a dirigersi verso la stanza degli ospiti.

Quando arrivò davanti alla porta del salotto, però, fu attratto dal rumore attutito dei passi di qualcuno sul parquet. Esitò per qualche attimo, poi fece un passo avanti. Un solo passo avanti, all’interno della stanza, che lo portò ad andare a sbattere contro qualcuno, contro l’ultima persona nella quale avrebbe voluto imbattersi.

Riku.

Immediatamente, il viso di Sora si fece rosso come il fuoco. Il ragazzo fu lieto che l’altro non potesse notarlo.

Riku indossava una canottiera nera e un paio di boxer dello stesso colore. Non aveva addosso nient’altro. Sora aveva evitato di guardarlo per tutto il tempo che avevano trascorso nella stanza degli ospiti, ma forse sarebbe stato meglio averlo fatto. Almeno avrebbe potuto abituarsi a vederlo così…svestito.

–Hai visto dove siamo?- sentì la sua voce domandare, bassa ed eccitante, nella semioscurità. Sora fu lieto di risentire sulla pelle gli stessi brividi di piacere che l’avevano attraversata come una scarica sull’isoletta. Alzò il capo, e quasi gli parve che il cuore gli saltasse in gola quando distinse il ramo di vischio che penzolava dal soffitto. Non fu neppure capace di rispondere. Sentì le dita di Riku tornare ad accarezzare il suo viso, stavolta con maggiore convinzione, e si abbandonò a quel tocco bruciante.

Si appoggiò con la schiena allo stipite della porta, o forse fu Riku a sospingerlo sin lì, con delicatezza. Sora non era più sicuro di nulla. La testa gli girava in maniera incontrollabile, il cuore sembrava a questo punto aver smesso di battere, e le gambe parevano ormai incapaci di sostenere il suo peso.

Quando sentì per la seconda volta in una serata il respiro scottante di lui sul collo, si sentì completamente perso, in preda al panico.

Riku sembrò rendersi conto della sua agitazione, perché esitò per un attimo, con un mezzo sorriso, prima di prendere a baciare lievemente il collo del ragazzo, senza fretta, lasciando a Sora il tempo di abituarsi. Nel medesimo istante, Sora si disse che non sarebbe mai riuscito ad abituarsi in vita sua ad una cosa così splendida.

Provò a parlare, a dire qualcosa, ma aveva un nodo in gola che non gli permetteva di farlo.

Riku decise quindi di concludere la questione, almeno per quella sera. Tornò ad accarezzare il viso di Sora, più delicatamente di come aveva fatto in precedenza, sempre più piano, finchè non si fermò, per guardarlo negli occhi.

Sora trasalì. Il viso di Riku era pericolosamente vicino al suo. –Buon Natale…- gli sussurrò il ragazzo, prima di violare la breve distanza che ancora li separava ed appoggiare con leggerezza le labbra sulle sue.

Durò solo qualche attimo, poi Sora avvertì la lingua di Riku chiedere delicatamente il permesso di entrare. Permesso che gli fu accordato, quasi immediatamente. Sora si sentiva incredibilmente impacciato, ma la sicurezza di Riku, l’assoluta perfezione di ogni suo minimo gesto, gli fece presto dimenticare ogni vergogna. Nonostante ciò, proprio quando cominciava a sentirsi veramente a suo agio, Riku interruppe il contatto.

Sora  lo guardò basito per qualche secondo, cosa che disegnò il solito ghigno divertito sul volto dell’altro. –Andiamo a letto- comandò quindi Riku, semplicemente, precedendo Sora lungo il corridoio.

Lui mosse qualche passo solo dopo diversi secondi. Senza sapere cosa pensare, lo seguì fino alla stanza degli ospiti, dove Riku gli intimò di sdraiarsi e dormire.

Sora fece come gli veniva detto, ma aveva l’amaro in bocca. Non capiva perché Riku avesse voluto allontanarsi da lui proprio sul più bello. Aveva forse fatto qualcosa di sbagliato? Non poteva credere d’essere un disastro anche nel baciare. Fortunatamente, le sue paure furono in breve smentite.

–Sora- si sentì chiamare improvvisamente, e si voltò appena in tempo per prendere al volo una piccola renna di peluche. Si stupì nel notare che aveva il naso rosso.

–Buon Natale ancora, Rudolph- rise Riku, prima di appoggiare la testa sul cuscino, dandogli le spalle. Sora rimase a guardarlo per qualche attimo, soppesando tra sé e sé il modo in cui l’aveva chiamato, poi decise che Riku meritava una punizione, e la renna fu rispedita –con violenza- al mittente.

 

 

–Beh, Buon Natale anche a te, Riku-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Commentini:

Ci tengo a precisare che non sono un genio nello scrivere one-shot (e neanche a scrivere storie a capitoli!xDD),e che non ne avevo mai scritta una prima d'ora. E no, no, non sto cercando di pararmi il culo Uu xD

tornando alla storia, ringrazio Kona-chan per avermi suggerito l'idea del vischio, anche se per lei è stata assolutamente controproducente ^^" (Ne approfitto anche per farti le mie scuse: non ho inserito alcun riferimento al vento della russia o alle case dei plebei. Però le palme ci sono. Ah! e mi scuso anche per aver reso Selphie ancor più maniaca che nei tuoi peggiori incubi. buahaua.).

Quindi, che dire? mi auguro in futuro di migliorare. Spero comunque che commenterete in molti^^

That's all.

 

Roxy.

  
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