Breve
introduzione poi mi levo dalle scatole xD
Allora…questa
fanfiction ha partecipato al concorso “New
Couples Contest” indetto da amimy, che ringrazio di cuore e ammiro per la
pazienza che ha impiegato nel giudicare BEN 30 STORIE!!
Inoltre mi congratulo con tutte le altre partecipanti, bravissime! ^^
Nonostante mi sia classificata 10° sono
comunque felice per il punteggio ottenuto: 53 su 55, non posso lamentarmi ^^
Per parlare di questa storia, dico solo che
ci sono molto affezionata. Dogs è un manga che adoro e desideravo da tempo
scrivere qualcosa in questo fandom ^^
Con ciò, vi lascio alla lettura e ringrazio
anticipatamente chi leggerà, recensirà, aggiungerà la storia tra i preferiti et
alia talia xD
Bye!!
Titolo: L’amore dei cani
Autore: binky
Fandom: Dogs
Personaggi: HeinexBadou
Rating: arancione
Avvertimenti: non per stomaci
delicati, yaoi, one- shot, linguaggio colorito
Genere: sentimentale, azione,
generale
Breve introduzione: “ Bassi fondi della città. Là la luce non giungeva ad
illuminare neanche nelle giornate più soleggiate. Ed era là che corruzione,
prostituzione e violenza detenevano il maggior potere. Nei magazzini e nei
palazzi abbandonati e decadenti venivano compiuti in segreto gli esperimenti su
cavie umane più atroci…”
In una città maledetta due cani randagi uniscono le proprie forze
per sopravvivere. Il loro legame sarà abbastanza forte per
sconfiggere le avversità?
L’amore dei cani
“Un’unica,
tetra nube di malinconia e disperazione accompagna le vite di una generazione,
che con la sua tecnologia e l’orgogliosa proclamazione dell’ età
dell’oro della scienza, ha condotto il pianeta sull’orlo del disastro.”
[Dogs,
Bullet & Carnage]
Nere. Nere le strade di quella città lercia e corrotta. Nere le anime
di chi vi viveva, le cui vite valevano al pari di quelle dei cani. Nonostante
il genere umano vantasse conoscenza e progresso, la legge della sopravvivenza
vigeva ancora in quella prigione sotterranea. Adattarsi era l’unica possibilità
per avere salva la vita.
Si accese l’ennesima sigaretta, mentre era intento nel chiudere il
negozio. Il lavoro facile era concluso.
Il sole tramontava e la città si faceva maggiormente tetra. Ma, oramai,
ciò non lo sfiorava neppure. Ci era nato, in quella città maledetta e, per
quelle strade deserte, si era visto privare prima dei genitori, e poi del suo
unico fratello.
Nel portarsi nuovamente la sigaretta alla bocca osservò l’evidente
cicatrice che, da parte a parte, attraversava il palmo della sua mano destra e,
istintivamente, alzò quella stessa mano all’altezza dell’occhio destro, a
sfiorare la benda che ne celava l’orrenda mutilazione. Fu un istante.
L’immagine del fratello sorridente, la sigaretta stretta tra le labbra, i
capelli di un rosso vivo così simili ai suoi. E poi
dolore, sangue e l’impotenza provata nel vedere l’unico familiare a lui rimasto
morirgli davanti agli occhi. Tutto per un indagine al
fine di un articolo di giornale del quale a nessuno sarebbe importato.
Gettò il mozzicone a terra, estraendo un pacchetto di sigarette dalla
tasca della giacca. Aveva iniziato per emulare in fratello, ed era finito con
il diventare un fumatore dipendente. Forse fin troppo.
- Merda, ho finito le siga…- ringhiò tra i denti. Vide un telefono
pubblico poco distante e vi si accostò velocemente, per poi digitare in modo
quasi frenetico quel numero che ormai conosceva a memoria.
- Heine!- urlò, costringendo il proprio interlocutore ad allontanare la
cornetta dall’orecchio.
- Badou.-
lo salutò l’altro con un tono di totale indifferenza.
- Ho finito le siga. -
-
Compratele.-
Il rosso fu colto da un attacco d’ira, sintomo dovuto alla carenza da
nicotina - Idiota, lo sai che i negozi sono già chiusi.-
- Non è
un problema mio.-
- Bastardo, hai ancora le siga che ti sei intascato durante l’ultima
missione?-
- Anche
se fosse?-
- Vengo a riprendermele quindi vedi di essere a casa altrimenti ti
butto giù la porta.-
Attaccò violentemente la cornetta, incamminandosi con passo veloce e
sicuro per quelle strade ormai buie.
In meno di dieci minuti si ritrovò a salire le scale del palazzo in cui
viveva il compagno, quattro gradini per volta, fermandosi poi dinnanzi alla
porta del suo appartamento.
- Heine!- non attendendo risposta iniziò a bussare con violenza
crescente fino a che non gli fu aperto. Vide il tanto bramato pacchetto
poggiato sul tavolo del salotto dinnanzi a lui e, superato l’amico senza
neanche un saluto, corse a prenderlo, estraendone poi una sigaretta e
osservandola quasi fosse stata un oggetto più unico che raro. Solo dopo che
l’ebbe accostata alla bocca e, accesa, ne ebbe inspirato e gustato il sapore,
si voltò verso il compagno che, nel frattempo,
si era avvicinato per appoggiarsi con il bacino
al tavolo e lo osservava quasi divertito. Ne studiò per qualche secondo la
magra corporatura, i capelli di un bianco quasi innaturale e gli occhi
vermigli. Poi ghignò.
- Heine, ti amo!- detto ciò prese la sigaretta tra le dita e avvicinò
il volto a quello dell’altro ragazzo, per poi posare un veloce e casto bacio
sulle labbra di lui.
- Puzzi di nicotina da fare schifo.- protestò l’albino, allontanandosi
e fingendo un’ espressione di disgusto.
- Smettila, lo so che ti piace.- rise l’altro.
Heine si abbandonò sul divano accostato ad una delle pareti del salotto
– Oggi sono andato dalla vecchia.-
Badou avvicinò una sedia per poi sedervisi poggiando il petto contro lo
schienale – Fammi indovinare, nuove cavie da salvare?- domandò.
L’albino gli lanciò un’occhiata d’intesa.
- Ho capito, mi toccherà di nuovo farmi sparare nel culo mentre tu
pensi al lavoro grosso.- sospirò il rosso contrariato.
- Impara a difenderti da solo.- ribatté l’altro, alzandosi e
dirigendosi verso l’armadio che si trovava nella camera da letto. Tornò poco
dopo con indosso un lungo cappotto in pelle nero e due pistole legate ai polsi da delle
catene.
- Sei pronto?- domandò al compagno.
In risposta, Badou si portò una mano all’altezza della cintura, per far
intendere di avere il necessario con sé
–Andiamo.-
Bassifondi della città. Là la luce non giungeva ad illuminare neanche
nelle giornate più soleggiate. Ed era là che corruzione, prostituzione e
violenza detenevano il maggior potere. Nei magazzini e nei palazzi abbandonati
e decadenti venivano compiuti in segreto gli esperimenti su cavie umane più
atroci.
- Detesto scendere qua sotto.- si lamentò Badou, gettando a terra
l’ennesima sigaretta finita. Fece per prenderne un’altra, quando fu bloccato
dal compagno – Dammi quel pacchetto.- ordinò.
- Col cazzo, Heine. Non di nuovo!- protestò il rosso, ma ad uno sguardo
omicida dell’albino fu costretto a cedere a malincuore.
Si fermarono poco dopo di fronte ad un ospedale abbandonato.
Un’occhiata d’intesa, poi Badou avanzò – Ti do cinque minuti per trovare quelle
cavie, dopodiché vengo a cercarti e ti pesto a sangue.- minacciò con un ghigno.
- Vedo che l’astinenza da nicotina si sta già facendo sentire.- ribatté
l’altro con divertimento.
- Se perdi le mie sigarette quando ritorno ti uccido.- e l’immagine del
rosso scomparve nell’edificio.
Heine raggirò con circospezione l’ospedale, per entrarvi da una finestra
rotta.
Era buio, spaventosamente buio. Eppure, lui vedeva perfettamente. Uno
dei vantaggi della sua maledizione.
Cautamente si incamminò per quei corridoi sporchi e pericolanti,
seguendo una pista che solo lui conosceva.
- Merda, mi ha preso di nuovo le siga. Ma la prossima volta se solo ci
prova vede cosa gli combino.- parlando ad alta voce per dar sfogo alla
scocciatura, neanche si accorse di essere entrato in quella che un tempo doveva
fungere da sala operatoria, nella quale alcuni uomini vestiti in nero erano
intenti a discutere. Questi, non appena lo videro, impugnarono le pistole per
puntargliele contro.
- E tu chi cazzo sei?!- domandò uno di loro.
Badou li contò: erano ventitre. Sarebbe stato facile eliminarli tutti
senza troppo sforzo.
- Mi spiace, ragazzi, ma non vi conviene mettervi sulla mia strada
quando sono in astinenza da nicotina.- portò le mani all’altezza della cintura,
estraendo da sotto la giacca mimetica due mitragliette MAC-10.
- Non si sa mai come potrei reagire.- ghignò, pregustandosi il
divertimento.
Salì per tre piani, attraversando numerosi corridoi deserti, fino a
fermarsi davanti alla porta di una stanza chiusa a chiave. Vi entrò. Tuttavia,
da quando aveva messo piede in quell’ospedale, continuava ad essere assillato da
uno strano e spiacevole presentimento, fattosi più concreto ad ogni passo che
muoveva verso quella stanza.
Nessun ostacolo lo aveva intralciato. Troppo facile.
Puntò una delle pistole contro la serratura, facendola saltare. Poi
aprì la porta con un calcio.
Nell’oscurità di quella stanza, due occhi rossi lo spiarono assetati di
sangue.
Mosse qualche passo, ma si bloccò all’istante. In quel momento comprese
il motivo di quel pessimo presentimento.
In un angolo della stanza, vicini e tremanti, vi erano quattro bambini.
Avevano i capelli di uno strano colore porpora ed una coda del medesimo colore
faceva capolino da sotto gli stracci con cui erano vestiti. Eccolo, il
risultato della smodata curiosità degli uomini.
Eppure, la cosa più spaventosa era la creatura posta a guardia di
quelle cavie: un corpo enorme, un ammasso quasi informe di muscoli e carne. La
pelle era ricoperta da escoriazioni e dal capo rasato sporgevano due corna
color argento.
- Ma che diavolo…- non fece in tempo a capacitarsi della mostruosità di
quella bestia, che questa gli fu subito addosso, emettendo grida colme d’ira.
Schivò. Saltò. Evitò i colpi del mostro, ma a nulla servirono i suoi
proiettili contro quella pelle che pareva d’acciaio.
Cercò di allontanarsi dalla portata distruttiva della bestia, ma questa
colpì violentemente il pavimento, facendolo crollare.
Heine cadde.
Undici, dodici, tredici. Ormai ne aveva uccisi più della metà.
- Avanti ragazzi, la festa è appena cominciata.- gridò Badou in preda
ad un’euforia incontrollata, un caricatore stretto tra i denti. Velocemente, lo
inserì in una delle mitragliette, pronto a riprendere la sparatoria, ma in quel
momento il soffitto sopra la sua testa crollò. Si scansò appena in tempo per
non rimanere schiacciato e vide cadere dall’alto il compagno.
- Heine, ma che cazzo combini?- domandò irritato. Non gli servì
ricevere una risposta, perché vide comparire l’enorme bestia che iniziò
nuovamente ad attaccare l’albino.
- Chi è il tuo nuovo amico?- chiese con finto sarcasmo.
- Credo che questi balordi abbiano fatto qualche esperimento anche su
un loro compagno. Se sopravvivo dopo te lo presento.-
ribatté l’altro, intento a schivare i colpi del nemico.
- Vedi piuttosto di restituirmi le siga. - intimò il rosso, riprendendo
poi a sparare contro gli uomini rimasti.
Ad un tratto il mostro afferrò una sbarra di ferro che fungeva da
sostegno e la scagliò contro Heine, senza riuscire a colpirlo. Badou si trovò
in quel momento nella traiettoria della stessa sbarra e riuscì a schivarla solo
grazie ad un repentino avvertimento da parte del compagno, ma ciò gli si rivelò
fatale. Uno dei pochi nemici ancora vivi approfittò del momento per sparare due
proiettili, che colpirono il rosso al petto e al fianco sinistro. Badou cadde,
contorcendosi per il dolore in una pozza di sangue che andava ingrandendosi.
- Badou!- Heine non ci vide più. Si portò una mano al collo, strappando
via la fascia che nascondeva l’enorme collare conficcato nella carne. Ne sentì
il peso aumentare, mentre, da un angolo del proprio inconscio, udì un ringhio
rabbioso, carico d’ira. Si lasciò trasportare dalla rabbia e dalla follia,
sguinzagliando il cane nero racchiuso in sé.
Un’ espressione insana gli
si dipinse in volto, gli occhi iniettati di sangue e la bava alla bocca come un
animale rabbioso.
Saltò addosso al mostro, iniziando a lottare selvaggiamente. In quel
momento era impossibile distinguere chi dei due fosse la vera bestia. In un
primo momento sembrò che la loro forza fosse alla pari. L’albino e la cavia si
ferirono mortalmente a vicenda.
Tuttavia, le ferite di Heine si rimarginarono immediatamente, merito
del collare che gli pesava al collo, e con l’uso dei denti, divenuti affilati
come zanne, ridusse a brandelli il nemico.
Poi, rivolse la propria ira contro gli uomini rimasti che, con orrore,
avevano assistito impietriti alla sua furia distruttiva. Li uccise, gustandone
il sapore di carne e sangue, una gioia folle ad animarlo.
- Heine…non devi…-
L’albino si voltò in direzione di Badou, che aveva sollevato la testa
sostenendosi con un gomito puntato a terra, ed ora lo guardava con espressione
grave. L’odore del sangue che ricopriva quasi per intero il corpo del rosso gli
diede alla testa, impedendogli di riconoscere il compagno. Si avvicinò con un espressione di crescente pazzia. Voleva uccidere anche
lui, massacrare il suo corpo e provare piacere nel farlo.
Chinò la testa verso il collo di Badou, che rimase immobile, a fissarlo
– Heine…- una supplica.
Ed Heine rivisse il suo più grande incubo. Si rivide mentre uccideva
Lily, la sua amata “sorellina”, specchiandosi nei grandi occhi di lei colmi di
terrore e tristezza. – Heine…-
- Heine…-
L’albino si allontanò all’istante, tenendosi la testa tra le mani,
cercando di imporsi l’autocontrollo. Doveva esiliare nuovamente il cane
rabbioso nel proprio inconscio.
Non avrebbe commesso lo stesso errore. Non con la persona che adesso
significava di più per lui.
Chiuse gli occhi e lottò contro se stesso. Quando li riaprì, udì un
ringhio ormai lontano, ed il corpo di Badou giaceva inerme sul pavimento,
ricoperto dal sangue che continuava a fuoriuscire dalle ferite.
Temette il peggio.
Gli si accostò velocemente, controllandone il battito cardiaco. Era
vivo.
Sospirò di sollievo, prima di togliersi il cappotto con cui cercò di
frenare l’emorragia. Fece per issarsi il compagno sulle spalle, quando ricordò
l’obbiettivo della loro missione. Iniziò ad osservarsi
intorno, soffermando poi lo sguardo nel punto in cui giacevano i resti del
crollo. Dei capelli color porpora erano distinguibili tra le macerie, ed Heine
comprese il proprio fallimento.
Riportò l’attenzione sul ragazzo che giaceva ai suoi piedi. Respirava a
fatica e aveva perso molto sangue, ma era vivo. Ed Heine fu colto da una
felicità che ormai credeva di aver dimenticato.
Quando riprese coscienza, era sdraiato tra le lenzuola di un letto che
ormai conosceva bene. Provò a muoversi, ma un dolore lancinante che dal fianco
sinistro si estendeva fino al petto lo immobilizzò. Passando una mano sulla
fasciatura che gli copriva le ferite, mise a fuoco, scorgendo la figura
dell’albino di fronte alla finestra della stanza, intento a dargli le spalle,
osservando il paesaggio immerso nella notte.
- Cazzo, Heine, invece che stare lì impalato potresti almeno darmi una
siga. – protestò.
L’altro non si voltò, limitandosi a ribattere – Così finisci il lavoro
che ha cominciato l’uomo che ti ha sparato. Stai calmo e smettila di agitarti.-
- Senti da che pulpito viene la predica. Mi agiterò pure quando sono in
carenza da nicotina ma tu superi i limiti dell’immaginabile.- quella che doveva
essere una battuta, fu posta in tono quasi accusatorio. Badou se ne accorse
all’istante, vedendo il compagno sussultare, e si sentì uno stronzo – Scusa.-
Rimasero in silenzio per secondi che parvero interminabili, poi l’albino si voltò a
guardare il rosso – Prima ho veramente
desiderato di ucciderti.-
- Non immagini quante volte vorrei ucciderti io. – tentò di
sdrammatizzare l’altro, senza successo.
- Non fare l’idiota, parlo sul serio.- si adirò Heine – Riaccadrà e la
prossima volta non so se riuscirò a fermarmi in tempo. D’ora in avanti devi
starmi lontano.- abbassò lo sguardo, vergognandosi di se stesso.
Questa volta fu Badou ad alzare il tono – Non ho nessuna intenzione di
allontanarmi da te solo perché non riesci a tenere al guinzaglio quel cane
rabbioso. O ci riesci da solo o ci penso io a costo di prendere provvedimenti
drastici.-
Heine si avvicinò ad un lato del letto – E come pensi di riuscirci?-
chiese sull’orlo dell’esasperazione.
Il rosso alzò un sopracciglio, con espressione di supponenza. Poi,
ignorando il dolore dovuto alle ferite, si tirò in avanti, aggrappandosi ad un
braccio del compagno e tirandolo a sé. Le loro bocche si unirono in un bacio
lungo e passionale, come mai prima d’allora. Le loro lingue si sfiorarono prima
con timidezza, poi con prepotenza sempre maggiore, i respiri si unirono, le
salive si mischiarono. Heine comprese quanto fosse necessario per lui gustare
quel sapore di tabacco che solo il compagno possedeva.
Si separarono, entrambi con l’impressione che
quel gesto fosse durato troppo poco.
- Allora, pensi che questo metodo sia abbastanza efficace?- domandò
Badou, le labbra piegate in un sorriso strafottente.
Heine ricambiò quel ghigno – Forse se ti impegnassi un po’ di più…- rubò
un secondo bacio al rosso, che ricambiò con convinzione.
Poi Badou, inaspettatamente, interruppe quel contatto, puntando l’unico
occhio in quelli dell’albino – Ok, stronzo, adesso esigo le mie siga. -
Heine sospirò, estraendo il pacchetto dalla tasca dei pantaloni. Fece
per porgerlo al compagno, ma ritrasse la mano all’ultimo secondo – Quanto sei
disposto a pagarmi?-
- Fottuto bastardo, ho bisogno di fumare!- il rosso tirò nuovamente
l’albino a sé, facendogli perdere l’equilibrio. Heine si abbandonò sul letto a
fianco del compagno, cedendogli infine le sigarette.
Badou se ne accese velocemente una, rilassandosi non appena ebbe
inspirato la prima boccata di fumo.
Dopo qualche minuto il rosso domandò – La missione è andata a puttane?-
Il silenzio dell’altro gli bastò per intuire la risposta.
Sospirò – Pazienza, la prossima volta andrà meglio.-
Si sporse leggermente, per scambiare un bacio con l’albino.
- Puzzi di nicotina.- protestò Heine fingendosi infastidito.
Badou rise – Fottuto ipocrita.-
Il sole stava sorgendo, illuminando appena le sagome di quella città
maledetta. Erano cani randagi, uniti dal comune desiderio di sopravvivenza,
soli nella lotta contro quel mondo dispotico e corrotto da violenza e crimine.
Eppure, così uniti da quel legame profondo, credevano di poter combattere ogni
avversità. Abbandonandosi a quella falsa convinzione, volsero insieme lo
sguardo verso il domani, dimentichi per il momento dei
dolori e delle sofferenze passate.