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Autore: chaplin    22/12/2009    9 recensioni
“Sei un deficiente. Ora andiamo a Londra, Parigi, Liverpool o dove cazzo vivono e lo lasciamo in stazione.”
“Un corno, Pennuzza!” fece Tyler, rialzandosi. Sembrava allegro.
“E' l'occasione della nostra vita! Saremo famosi!”
“Si', famosi per aver rapito il chitarrista dei Beatles?” fece Penny, “Ridicolo, vai a fanculo. Me ne torno a casa.”
La storia di una cricca - della oramai famosa generazione della gioventu' del '67 - e il suo sogno di acquisire fama.. rapendo il malcapitato George Harrison, chitarra solista dei Beatles. Ma nelle loro losche intenzioni si intromettera' qualcosa..
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Harrison, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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“No, ragazzi, questo non voglio farlo.”
“Oh, invece lo fai.” le rispose Tyler.
Avrebbe voluto chiedere aiuto a Stan, il suo fidanzato, ma lui era sempre d'accordo con Tyler.
“Jimbo...” piagnucolo', allora “diglielo tu...”
“Mi dispiace, Penny,” ghigno' Jim, “a me sembra un'idea stupenda.”
Penny avrebbe voluto ucciderlo a botte. Che viscido traditore...
“Tutti, tutti. Siete tutti dei... aah, non importa, lo faccio. Ma non andro' fino a San Francisco, questo scordatevelo.”
Tyler sghignazzo'.
“Se non lo trovi entro due sere, sai cosa ti potrei fare. Poi sara' divertentissimo, ci faremo fama!” e si poggio' a Penny, sfoderando il sorriso da dandy.
Penny lo spinse via in malo modo e si accese una sigaretta.
“Io continuo a dire che con McCartney sarebbe piu' fico.”
“Scordatelo, Stan. Sai molto meglio di me che Rebecca va pazza di Paul McCartney, gia' si e' messa a sbavare quando si e' accorta che avete la stessa faccia di merda. Non voglio sentire i suoi pianti commossi e gli schiocchi dei suoi baci per tre intere settimane.”
“Sei una guastafeste, Penn” e si mise a baciare da dietro il collo della ragazza. Lei lo spinse lontano da lei, come aveva fatto con Tyler.
“Lo so. In fondo sono Penny Rain, la cosiddetta ladra.” e fece un tiro.

Penelope Rain, quella sera, puliva i tavoli con uno straccetto e, ogni tanto, dava una sistemata rapida al grembiule bianco.
La gente che frequentava quel locale jazz era in genere formata da uomini che non avevano nulla da perdere nella loro vita, uomini stanchi di peccare e di lavorare, in genere neri. Il capo era un uomo biondo che pagava poco e andava a donne, un uomo che Penelope detestava, a parte quando le comunicava che il suo turno era finito. E infatti, dopo un paio di minuti, sbuco' fuori dal nulla un uomo biondo con gli occhi azzurri, dall'aria poco gradevole. Penny ormai si era abituata alle sue occhiate maliziose al suo seno; lo svantaggio di avere una terza.
“Rain.” le sorrise, piu' o meno gentilmente “puoi andare, sono le undici e il tuo turno e terminato.”
Era ora. Penny si levo' il grembiule in fretta e rivolse al capo il sorriso piu' falso che potesse fare, come faceva tutte le sere. Ma in quella sera gli era particolarmente grata: quella sera doveva svolgere lavoro sporco.
Doveva prendere l'auto e dirigersi a San Francisco, dove avrebbe trovato i Beatles in un hotel.
Aveva l'indirizzo, sebbene pochi fossero a conoscenza di questa cosa, semplicemente il padre di Stan era un conoscente di Epstein, e Stan era solito a riferire tutto quello che sentiva in giro a Tyler.
Jim le aveva prestato freccette che contenevano tranquillanti per balene del padre: nel caso il bersaglio andasse addormentato, aveva detto.
Stanley e Jim erano davanti al locale ad aspettarla.
Stan si era poggiato ad un palo con una sigaretta tra le labbra e si faceva un paio di tiri, Jim era seduto sulla loro macchina e beveva.
Quando Penny passo' davanti a Stan, gli schiocco' un bacio sulle labbra. Quando lui fece per trattenersi a lungo, Penny lo respinse, facendolo sbattere contro il palo.
“Penn, non sarai mica...”
“Incazzata? Si', sei il mio ragazzo, devi appoggiare le mie decisioni.”
“Eddai, per una cavolata del genere...”
Penny gli mollo' un pugno sul braccio.
“Jim ci aspetta in macchina, muoviamoci, che odia aspettare.”
Stan la strinse in un abbraccio da dietro, baciandole i capelli.
Jim, alla vista dei due piccioncini, sogghigno' e scese dalla macchina, su cui si era praticamente sdraiato, e lancio' la bottiglia di birra, vuota, verso il parabrezza di un pick-up che si scheggio' mentre la bottiglia ando' in frantumi.
“Automobile di merda.” e rise.
“Allora, ci sbrighiamo o no?! Stan, tu ti siedi dietro di noi e nascondi bene la roba. Jimbo, tu non guidi se sei brillo,” ordino'.
“Non vedo ancora doppio, Penelope,” e sorrise delicato.
Penny roteo' gli occhi, le solite battutine da macho. Accese il motore dell'auto e schiaccio' violentemente il piede sull'acceleratore, e intanto nella sua mente si fissava il piano che le aveva descritto Tyler.
Quando il bersaglio sarebbe un attimo uscito a fumarsi qualcosa – cosa che avrebbe dovuto succedere, prima o poi – Jim, con la sua magnifica mira (piu' o meno) gli avrebbe sparato una freccetta, nel caso fosse stato su un balcone. Se invece, per una sfacciatissima fortuna, avrebbero incontrato il bersaglio con i piedi per terra, lo avrebbero agguantato e legato come un salame per poi portarlo a casa di Penny, dove si sarebbero un po' divertiti con lui. Quindi, appena possibile, avrebbero lanciato la minaccia.
A Penny sembrava un piano idiota, e probabilmente anche Stan pensava la stessa cosa, perche' era agitato. Jim era neutrale – o almeno diceva lui.
Penny sapeva di dover fare questa cosa, perche' sapeva cosa avrebbe potuto farle Tyler se lo avrebbe fottuto: gliel'avrebbe fatta pagare, com'era successo con un suo ex.
Lui si era rifiutato di impacchettare la casa della vecchia signora della 24, quindi Tyler, il giorno dopo, gli aveva riempito tutta la casa di uova marce e gli aveva spaccato i vetri, dopo averlo convinto a ubriacarsi e averlo fatto addormentare per strada. Due settimane dopo, Ed era scomparso dalla circolazione per dubbi motivi di lavoro, e Penny aveva conosciuto Stan.
Penny faceva ancora fatica a ripensarci.
Nel frattempo, Penny, Stan e Jim erano in autostrada. Stan era visibilmente annoiato.
“Penn, manca ancora tanto?” chiese.
“Un ora, Stanley. La pazienza e' la virtu' di pochi,” rispose, secca. Stan butto' la testa all'indietro, sfinito, Jim rise tra se e se sull'ironia della cosa. Tyler aveva detto che sarebbe stato “divertentissimo e eccitante”, per dirla con le sue esatte parole, e in effetti stavano proprio saltellando dal divertimento. Prima che Jim potesse aprire la bocca per dire la sua, in quel momento, si irrigidi' sul sedile.
“Jimbo, va tutto bene?” gli chiese Penny, preoccupata. “Non dovevi bere, secondo me...”
“No, no. Guarda la', Penn,” e indico' un punto oltre il parabrezza, illuminato dai fari dell'auto in mezzo al buio.
Un uomo era li', in piedi, vestito solo con cannottiera e boxer, e faceva l'autostop. Aveva i capelli neri, un viso ovale a spigoloso ed era alto. Stan ridusse gli occhi a fessura per mettere a fuoco l'immagine.
“Ma non vi sembra che quel deficiente mezzo nudo somigli a...”
Penny capi' subito, e fece un sospiro lungo e disperato.
“Che fortuna...” disse con l'entusiasmo alle stelle, “Sentite, io non ne ho voglia. Mettiamo in atto il piano B, prendete quelle corde e portatelo qua. Io resto qui ad aspettarvi.”
Il Beatle, intanto, si era accorto che l'auto rossa si era fermata, quindi fece il migliore sorriso che gli riuscisse e fece per avvicinarsi, quando dalla portiera uscirono due ragazzi, entrambi armati di corda, e uno stringeva un fucile. L'istinto gli disse di correre, e lui obbedi', mentre i due lo seguivano, urlandogli addosso.
Penny, per distrarsi dalle urla, accese l'autoradio, che metteva Help! dei Beatles. A lei non piacevano, soprattutto per i giochi di parole che le faceva spesso sua sorella, a proposito della simile pronuncia tra Penny Lane e Penny Rain. Spense subito la musica, e guardo' fuori dal finestrino: un cielo scuro costellato di milioni di stelle luminose, una luna nuova e, attorno all'autostrada, una grande prateria stile Far West.
“Bah. Avevo ragione quando dicevo che i Beatles sono quattro pazzi inglesi. Ecco perche' Harrison fa l'autostop in mutande.”





Volevo scrivere un altra fic con i Beatles da un po' di tempo, e tra i banchi di scuola e' uscita fuori questa cosa XD l'idea mi e' definitivamente venuta ascoltando Taxman, canzone scritta da George e.. inzomma, spero che vi sia piaciuto il capitolo e che seguirete la storia! Potrebbe sembrare abbastanza stupida la trama, ma sfocia in argomenti molto strani XD
Non so se ritenermi soddisfatta, quindi spero di ricevere qualche commento, seppur negativo :) Saluti cordiali XD
  
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