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Autore: ross_ana    23/12/2009    7 recensioni
Robert e Kristen... che ciò che stanno interpretando abbia riscontri con la realtà?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A bea_s e lasimo77 che hanno letto per prime e mi hanno dato il coraggio di pubblicare.
Buone feste, buon Natale.
Buona lettura :) 

 

 

 

Pensare a lei era diventato una costante.
Appena sveglio, quasi addormentato, a pranzo, a cena, al bagno, al mare, con gli amici, davanti alla tv.
Insieme a lei.
Il suo volto era costantemente davanti ai miei occhi. E non c'era niente che potessi fare per cambiare questa costante. Perchè la costante è immutabile.
In un equazione ogni cosa è variabile, ma c'è sempre una costante: nel passato, nel presente, nel futuro.
Lei era la mia costante.
Dal primo giorno che l'avevo incontrata, ad ora. E lo sarebbe stata sempre.
D'altronde, come sarebbe potuto non essere così?

-Per favore, siate più naturali. Muovetevi, parlate, fate finta che questo non sia un servizio fotografico. Per favore ragazzi,non è la prima volta e non è difficile. Quindi forza... naturali. Naturali.
Azzardai, e alzai lo sguardo.
Da quando avevamo fatto l'amore tutto era cambiato.
Sorrisi.
Lei ricambiò.
E in quel momento mi sembrò di volare.
Vederla sorridere era tutto ciò che chiedevo al mondo. Avrebbero potuto bruciarmi sul rogo, ma se lei avesse sorriso io sarei stato felice. La gioia che provavo vedendola sorridere era più grande di qualsiasi altra sensazione si sarebbe mai potuta provare nella vita, e se quel sorriso fosse stato accompagnato da uno sguardo intenso privo di ogni inibizione non avrei sentito neanche il formicolio delle fiamme che rubavano ogni mia scintilla di vitalità.
I suoi denti bianchi, i suoi occhi grandi... l'inizio e la fine di ogni mia volontà.
Non esisteva nient'altro al di fuori di quel viso, che a meno di quindici centimetri dal mio appariva etereo alla luce dei riflettori.
Mai bellezza fu più grande. Mai splendore più fu intenso.
-Ciao.
Mai desiderio fu più profondo.
Mai paura fu più ingombrante.
-Non penso di poter continuare questo servizio.
-Perchè?
Non risposi. Non ne avevo la forza, nè tanto meno il coraggio.
Quei quindici centimetri diventarono venti, poi quaranta, poi non fui più in grado di scorgere la luce dei suoi occhi: codardo, abbassai lo sguardo.
-Ragazzi che problema c'è?
-Non posso continuare.
-Come?
-Non posso continuare.
La mia voce apparve spenta persino alle mie orecchie.
Nessun cambio di inflessione da una frase all'altra.
-Tu devi continuare.
-Non posso.
-Senti...
-Lasciateci soli un momento per favore. Parlo io con lui.
La mia dea. La mia regina. La mia sovrana.
Fredda come una lama, la sua voce mi trafisse lo stomaco. Attraversò il mio corpo con un brivido, e si tradusse in tremolio.
Per lei avrei attraversato l'oceano a nuoto.
Per lei avei scalato le montagne più alte.
Se solo me lo avesse chiesto, mi sarei buttato in un mare incandescente di lava appena eruttata.
Tutto per renderla felice.
Anche la mia vita per renderla felice.
Lei era la mia dea, io il suo devoto. Mi sarei volentieri offerto come agnello sacrificale solo per vedere dipinto ancora una volta sul suo viso quel bellissimo sorriso.

-Non posso.
-Perchè?
-Non posso.
-Va bene.
Senza girarmi a guardare quel miracolo che sentivo appena due passi dietro di me, mi avvicinai verso la porta, implorando qualsiasi giustizia divina di fulminarmi sul momento, qualsiasi possibile autorità di uccidermi per ciò che stavo facendo, ma il mio cuore pulsante era troppo dolorante per fare finta di nulla.
-Aspetta.
La mano sulla maniglia.
Mi fermai.
Poggiai la fronte su quel legno scuro odorante di pellicole, scatti e flash, e mantenni il respiro, nell'attesa di sentire ancora la soave melodia che produceva la sua dolcissima voce.
Non parlò.
Non parlai.
Esalai il sospiro che ormai si era formato nel mio petto, e senza dire nient'altro uscii.

-E... stop!
Mi girai di scatto e guardai il regista.
-Ragazzi... wow. Sono... senza parole. I vostri sguardi... così... tormentati... sembravano... reali. Sono... molto soddisfatto, ecco. Bravi.
Nell'ultima parte della frase il regista aveva ripreso i suoi modi un pò burberi di sempre. Ma all'inizio... all'inizio persino lui era rimasto sconvolto dalla nostra performance. Nessuno avrebbe immaginato che avremmo fatto quella... scena... in modo così perfetto... ma... nessuno sapeva che la finzione corrispondeva alla realtà.
Cominciai a guardarmi intorno, ad accettare le pacche sulle spalle, e a ricevere complimenti da tutte le persone che stavano lavorando con noi.
Poi un tocco diverso delle altre mi costrinse a chiudere gli occhi.
Sentii movimenti d'aria intorno a me. Probabilmente tutti stavano uscendo da quella stanza troppo stretta, affollata e semi buia.
Poi la chiusura della porta alle mie spalle confermò la mia sensazione.
Silenzio. Tanto silenzio.
Soltanto il tocco della sua mano sulla mia manteneva salda la mia presa sul presente.
-Se ne sono accorti tutti.
-Non mi importa.
-Non può continuare.
-Me lo hai già detto.
-Non odiarmi.
-Non potrei mai farlo.
Ed era la verità.
Non avrei mai potuto odiarla. Mai.
Lei era la mia regina, io un suo semplice suddito. Sapevo che la sua regale presenza mi sarebbe stata presto negata, così come sapevo che la realtà in cui
lei viveva aveva fatto di me sin dal primo nostro istante insieme un dolce diversivo alla monotonia delle sue tiepide giornate.
Non mi ero mai aspettato nulla di più di quanto avevo avuto, e vederla sorridere era sempre stata per me una più che lauta ricompensa. Ma adesso non riuscivo a guardare sul suo viso i segni dell'abbandono e del distacco. Non riuscivo a guardare la luce dei suoi occhi attenuarsi sotto il peso della sua sofferenza. Non riuscivo a guardare il suo volto contorto in una smorfia nel tentativo di farmi credere al suo quasi disprezzo o quel che era.
Lei era la mia sovrana, ma io non ero abbastanza coraggioso da concedergli la totalità della mia anima per farla sminuzzare insieme al resto di me che già avevo prostrato al suo cospetto.

La presa della sua mano sulla mia si fece più salda.
Improvvisamente fui in grado di recepire il forte contatto della sua pelle con la mia.
Con gli occhi ancora chiusi, riuscii a visualizzare la sua mano candida che stringeva convulsamente la pelle ghiacciata che circondava le ossa delle mie dita. Il sangue aveva smesso di defluire e portare calore, ma il bianco della sua pelle si fondeva con il rosso della mia e insieme formava una combinazione di intenso colore.
Sospirai. Un'altra volta.
-Mi hai lasciato.
-Non l'ho fatto.
-Invece si.
-Invece no.
-Bugiarda.
Perchè il suo desiderio più grande era dilaniarmi?
Perchè i suoi sorrisi dipendevano dalla mia sofferenza?
Perchè la sua gioia era legata al dolore che mi trasmetteva?
Aprii gli occhi e trovai il suo naso a due soli centimetri dal mio.
-Ti sei deciso finalmente.
Potevo sentire il suo respiro sulle mie labbra.
Mi resi immediatamente conto che non avrei resistito a lungo.
-Ho i miei tempi, lo sai.
-Lo so.
-Che vuoi?
Sorrise.
Mi rivolse quel suo sorriso tentatore che era in grado di ridurmi il cuore in poltiglia, e nello stesso istante in cui mi resi conto che di fronte a quelle labbra curvate all'insù le barriere che mi ero imposto di ergere erano miseramente crollate, lei rispose alla mia scortese domanda.
-Te.
I battiti accelerarono. La saliva si prosciugò. Il cervello si spense.
Ed io mi ritrovai per l'ennesima volta a baciare le sue splendide labbra, a succhiare la sua meravigliosa lingua, e a toccare il suo fantastico corpo con le mie mani tanto indegne di cotanta perfezione.
In fondo sapevo che anche lei provava i miei stessi sentimenti.
In fondo speravo che anche lei provasse i miei stessi sentimenti.
E in quel momento mi autoconvinsi di avere ragione. Perchè che motivo c'era di rovinare un momento tanto bello con paranoie che potevano soltanto distruggere la felicità di quell'istante?
Si: quell'alone di magia che ci avvolgeva sarebbe presto scomparso.
Si: quell'istante di infinita felicità sarebbe presto terminato.
Si: quella sensazione di galleggiare su un mare fatto di nuvole sarebbe presto esplosa come un'insignificante bolla di sapone.
Si: quello era un desiderio realizzato che poteva durare solo pochi minuti.
Si: non avrei mai potuto far nulla per rendere eterno quel momento di gioia incondizionata.
Ma perchè non potevo intensificare la felicità di quel brevissimo istante facendo finta che tutto fosse meravigliosa, onnipresente, giornaliera realtà?
Lei era lì.
Le sue mani stringevano con forza i miei capelli.
Le sue labbra spingevano con foga sulla mie.
La sua lingua danzava, combatteva e giocava insieme alla mia.
Le fiamme di quella passione rovente che imperversava nel mio animo, lambiva il mio corpo avvinghiato al suo.
E in quel momento niente avrebbe indotto a credere che non fosse per sempre.

Poi, entrambi bisognosi di prendere fiato, fummo costretti a interrompere quell'idillio.
Avrei voluto dirle tante parole. Avrei voluto continuare a baciarla fino alla fine del mondo.
Se fossi stato sempre con lei, non avrei avuto più bisogno di mangiare, di bere, di fare altro.
Se lei fosse rimasta sempre con me, mi sarei accontentato di un tetto sopra la testa e un paio di scarpe ai piedi.
Ma io non potevo stare con lei. E lei non poteva rimanere con me.
-Chiedimi tutto ciò che vuoi.
Quel giochetto lo conoscevo bene.
Ogni volta era finita così: lei mi diceva di domandare tutto ciò che volevo, io le chiedevo di rimanere, e lei scuoteva la testa andando via.
-Non ti chiederò di rimanere.
-Perchè no?
-Sorridimi.
-Come?
-Sorridimi.
E lei mi sorrise. Non per accontentare la mia richiesta, ma perchè presa in contropiede da essa.
Ma quello che vidi mi bastò.
Il suo sorriso aveva reso perfetto quell'istante, e io avrei goduto di quel ricordo per molto altro tempo ancora.
-Addio Kristen.
-Addio Robert.
E andai via.
Le voltai le spalle per la prima volta, e per la prima volta fui consapevole che quella era davvero la fine del nostra piccola relazione segreta.

   
 
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