L'aria era tersa, e il cielo azzurro intenso,
che si rifletteva nelle tranquille acque del Nilo, in cui i pescatori
erano già da lungo tempo indaffarati. La stagione
della raccolta aumentava il calore di Ra1, il quale, navigando a
bordo della sua nave dorata, illuminava i cuori e bruciava la pelle. Il solo
refrigerio era offerto dalle alte palme, che proiettavano la loro ombra sulla
sabbia rossa del deserto.
Un altro luogo in cui raramente penetravano i raggi
del sole erano le ampie grotte scavate nella valle dei
Re, destinate alla costruzione di tombe magnifiche per i signori dell’Egitto.
Tuttavia, in quel momento, nella tomba destinata al riposo eterno e sicuro del
Faraone Tuthmosis lavorava un’unica persona, poiché era l’Opet2, il
giorno della festa del grande Amon3 e nessuno
artigiano di Per-Maat4, a parte quella ragazza che dipingeva la
parete a mani nude, sarebbe stato tanto indemoniato5 da mancare
all’appuntamento, per vedere la statua del grande Dio uscire finalmente dal
tempio. Era l’unico giorno dell’anno nel quale a tutti gli egiziani era concesso vedere la sua forma.
La ragazza si massaggiò le mani sporche di tintura
azzurra, poi le immerse nella ciotola piena d’acqua che si trovava ai suoi
piedi. Sentì dei passi venire nella sua direzione, perciò decise di
interrompere il suo lavoro. Era sicura che fosse l’intendente ai lavori, il
quale non sopportava la sua presenza, in quanto donna
e in quanto miglior pittrice del villaggio, venuto a cacciarla via per condurla
all’Opet. Lei non desiderava parteciparvi, poiché
preferiva l’oscurità nascosta alla luce aperta, preferiva Anubi6 ad
Amon.
Attraverso la luce flebile che proveniva dalla
lontana entrata, una figura femminile si proiettò sulla parete di fronte a lei.
Allora sorrise, agitando i lunghi capelli ricci, che
raramente portava coperti dalla parrucca.
«Sei posseduta dalla spirito
di Sekhmet7, oggi» disse, immergendo il dito ancora bagnato nella
ciotola di ocra rossa. «Chi ha osato provocare la collera della principessa
reale Hatshepsut, futura erede al trono?»
La nuova arrivata alzò fieramente la testa, facendo
comparire due occhi neri e decisi da sotto le trecce della sua fine parrucca. «Riesci
sempre a capire molto bene il mio stato d’animo, Teti»
«E’ solo perché ti conosco da quando camminavi
ancora come i gatti» minimizzò la ragazza di nome Teti,
spostandosi una ciocca dietro l’orecchio. «Allora, non vuoi
dirmi cos’è accaduto?»
«Se fosse possibile, vorrei maledire colui che provoca in questo modo la mia collera» mormorò Hatshepsut, levandosi la parrucca e gettandola nella
polvere con un gesto scocciato. «Ma non posso, poiché egli è il prediletto degli dei»
«Tuo padre è il signore dell’Egitto e la sua bocca
parla per Maat8» sorrise Teti. «La
Giustizia ha dunque offeso la tua maestà?»
Hatshepsut colpì la ciotola d’acqua con
un calcio, facendola rompere contro la parete. «Non è Maat
che mi offende, ma la regola! Mio padre desidera – anzi, ordina, poichè nessun desiderio del Faraone rimane incompiuto – che
io sposi Tuthmosis, il mio fratellastro»
«Questo è ovvio, poiché lui non ha il sangue di Amosis, mentre tu si» Teti si
chinò e raccolse lentamente tutti i cocci, posandoli dentro un’altra ciotola
vuota. «Solo sposandoti potrà diventare Horus incarnato»
«E’ così ingiusto!» esclamò lei mentre si
massaggiava i lunghi capelli neri, liberi dal peso opprimente della parrucca. «Il
mio fratellastro non vale nulla! Ed è anche più
piccolo di me! Potessi diventare io Faraone…!»
«Chissà che un giorno non accada…» Teti strofinò il dito rosso sulla parete bagnata e solo
allora Hatshepsut notò che la sua collera aveva
distrutto una parte della pittura murale della sua amica, amalgamando i colori
in una sorta di caos informe simile al Nun
primordiale.9
«Scusami, non volevo rovinare il tuo lavoro… Non è
colpa tua»
Teti scosse la testa. «Lo
ridisegnerò, e verrà ancora meglio» Incurante delle sue mani sporche di colore,
afferrò il braccio pulito e ingioiellato della principessa, trascinandola fuori
della grotta, sotto la luce calda e accecante del potente Ra. «Guarda!» Indicò
le dune rossastre, il cielo terso e la grande città di
Tebe in lontananza, al di là del Nilo, cuore e potenza dell’Egitto. «Questa è
la nostra terra! La terra che tu, come regina, avrai in custodia! Non ti curar
di Tuthmosis, regna le due terre con l’aiuto di Maat,
perchè restino sempre così belle come le vedi ora»
Hatshepsut aspirò forte l’aria calda
del mattino, per conservare in eterno quella sensazione
di dolcezza. «Io, però… Volevo sposarmi con la persona che amavo…» Sul suo viso
dai fini lineamenti, dolci come il viso della bella Iside,
si dipinse un’espressione di disappunto.
«Mia nonna diceva che raramente, nelle famiglie
reali, il matrimonio si identifica con l’amore» annuì
convinta Teti.
«Stai incitando la tua principessa all’adulterio?»10
domandò di nuovo sorridente Hatshepsut, pizzicandole
la pancia nuda.
«Non mi permetterei mai» sorrise Teti.
«Dico solo che, se un Faraone può avere un harem, una regina potrebbe…» Non
finì la frase, perché non desiderava spingersi troppo oltre. E
Hatshepsut aveva abbastanza malizia da capire
l’allusione.
«Va bene…» La principessa fece un giro su sé stessa,
tintinnando come sistri11 i suoi numerosi ornamenti d’oro. «Ora mi
sento meglio»
Teti rivolse lo sguardo in
lontananza, verso la strada sterrata che portava al suo povero ma accogliente
villaggio. Un ragazzo percorreva di corsa la strada, sollevando sbuffi di
polvere rossa al suo passaggio. Pur da lontano, lei poteva notarne i vestiti di
seta tanto puliti da sembrare luminosi, così differenti dalla sua corta gonna
sempre macchiata, e i sandali che teneva appesi alla spalla. Non era l’intendente
alla costruzione, ma chiaramente un nobile o un appartenente al clero.
«Sarà qualcuno venuto a chiamarmi» dedusse Hatshepsut massaggiandosi la lunga veste plissettata. «In
fondo, a quest’ora dovrei essere alla cerimonia del
mio Dio prediletto, Amon» Lasciò che alcune ciocche le scendessero sul petto. «Ma
non potevo andarci con il cuore infiammato dai demoni di Sekhmet»
«Teti!» chiamò il ragazzo
non appena le raggiunse, appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere
fiato dopo la lunga corsa. «Ero sicuro di trovarti a lavorare»
La ragazza affondò i suoi occhi neri come la notte
nel viso delicato di lui, scrutandolo come se fosse un antico papiro del quale
non capiva alcuni geroglifici. «Scusa, chi sei?» disse
infine, con tutta l’innocenza che riusciva ad avere.
«Eh?» Lui assunse un’espressione tra lo stupito e il
demoralizzato, mentre alcuni ciuffi della sua parrucca nera gli si appiccicavano
al viso a causa del sudore che scendeva dolcemente lungo le guance. «Ma… Come…
Chi sono…»
Teti coprì un leggero risolino
con la mano affusolata. «Sto scherzando» disse sorridendo. «Sei diventato
veramente affascinante, Senmut. Vestito così sembri
un giovane nobile»
«Sei sempre tu…» Lui tirò un sospiro
di sollievo. «Sai, finalmente sono riuscito a farmi accettare come puro12
del clero di Amon…» Tentò, inutilmente, di staccarsi
le ciocche appiccicate sul viso.
«Congratulazioni» mormorò dolcemente Teti. «Era il tuo sogno, vero? Sono sicuro che arriverai ad
essere profeta, un giorno»
«Ti prego, non dirlo» sorrise Senmut.
«Potrebbe essere un giorno infausto, per me» Spostò lo sguardo dalle forme
semplici e scoperte della pittrice alle forme dolci e delicate della ragazza a
fianco, messe ancora più in evidenza dall’elegante veste bianca. Capì subito di
trovarsi di fronte ad una nobile. «Con chi ho il privilegio di parlare?»
Teti scoccò un’occhiata rapida
alla sua amica da sotto le lunghe ciglia. Stranamente, Hatshepsut
non aveva attirato la loro attenzione con leggeri colpi di tosse, com’era
solita fare quando veniva ignorata anche per
brevissimo tempo, che lei riteneva comunque abbastanza lungo, ma era rimasta
ferma ad osservarli curiosamente, con la bocca leggermente aperta e gli occhi
neri come il Nilo notturno brillanti d’interesse. «Hat,
ti presento Sennenmut, un mio amico d’infanzia. Tu
non l’hai mai incontrato, perché viaggia spesso ed è raro che sia a Per-Maat» Si rivolse nuovamente a lui. «Hai davanti a te
nientemeno che la principessa reale Hatshepsut,
figlia del signore delle due terre e discendente di Amosis»
La bocca carnosa di Sennenmut
si piegò in un dolce sorriso. «Le storie che raccontano a Tebe sulla tua bellezza sono dunque vere, poiché io stesso credevo di
trovarmi di fronte ad Hathor13 stessa» Fece una pausa, nella quale i
suoi occhi azzurri saettarono velocemente dall’una all’altra ragazza. «Se posso osare, adesso che rimarrò a lungo a Tebe, spero avremo
occasione di vederci più spesso»
«Certamente!» Il viso di Hatshepsut
si illuminò. «Sapere che Teti
ha un così buon amico riempie di gioia il mio cuore»
«E io che dea sono?» Teti tirò leggermente una ciocca della parrucca. «Non è
giusto che sia solo Hat a ricevere dei complimenti»
Senmut la guardò attentamente, come
un paziente che cerca di individuare la causa della
malattia. «Tu sei come Seshat, la bella e paziente patrona dei testi antichi»
«Grazie per avermi ricordato che non so scrivere» Teti si finse offesa.
«Se tu sapessi scrivere,
saresti uno scriba geniale» intervenne Hatshepsut. «Ma
l’Egitto avrebbe perso uno dei suoi migliori artisti»
«Sono d’accordo» aggiunse lui. Teti
scosse la testa. Non era abituata ai complimenti.
«Adesso, però, dovrei davvero andare alla cerimonia
dell’Opet…» mormorò annoiata Hatshepsut.
«Vieni anche tu, amica mia?»
«No, grazie» respinse dolcemente l’invito lei.
«Vorrei finire la parete entro oggi. Ma Senmut ti
accompagnerà volentieri»
«Veramente, io volevo raccontarti un poco del mio
viaggio… Ma ci sarà un’altra occasione» aggiunse,
vedendo l’espressione severa di Teti.
«Allora, andiamo» Hatshepsut
afferrò un braccio a Senmut e quasi si strusciò
contro di lui. «A presto, Teti»
«E buon lavoro»
La ragazza annuì, vedendo la coppietta allontanarsi
lentamente lungo il sentiero fumante per il caldo. L’aria stava diventato
sempre più afosa, segno che si avvicinava l’ora di
fusione di Amon con Ra. Il fresco della grotta le avrebbe portato
un poco di consolazione, visto il leggero groppo che le andava man mano
formandosi in gola. Un gatto tigrato iniziò a strusciarsi lungo le sue gambe
nude. «Non è strano il destino, Miu? Appena Hat ha desiderato l’amore, lo ha trovato» Si chinò e lo
prese in braccio. Lui le leccò il viso macchiato di azzurro,
la tintura che stava usando prima. «Ma va bene così, Hat è il futuro delle due terre e ha bisogno di un ragazzo
come Senmut» Respirò a fondo, lasciando che l’aria
calda le sciogliesse la tristezza che provava nel cuore. Un soffio di vento
leggero le scompigliò i lunghi capelli ricci, massaggiandoli morbidamente
accanto alle sue guance, e le sollevò la colta gonna. Non vi erano motivi per
essere tristi, vivendo in una terra così amata dagli
dei. Lei, inoltre, aveva un motivo in più per essere felice, poiché Ptah14
le aveva consegnato il dono di una manualità
straordinaria nel disegno. Mentre rientrava
silenziosamente nella grotta solitaria, Miu miagolò,
lasciando che quel triste suono si propagasse ad eco lungo il nero cunicolo.
Dizionario:
1. Ra: dio del sole, si credeva
attraversasse il cielo a bordo di una barca dorata.
2. Festa annuale, nella quale la
statua del dio attraversava il fiume e veniva
trasferita dal santuario di Karnak a quello di Luxor. Era anche l’unico giorno
in cui la statua del Dio, solitamente chiusa in una stanza accessibile solo al
Faraone al capo del tempio, veniva mostrata al
pubblico.
3. Amon: Dio di Tebe e re degli dei
4. Nome originale indicante il
villaggio dove un tempo abitavano gli artigiani che
lavoravano alle tombe reali, situato infatti vicino alla valle dei re
5. Si credeva che la pazzia
fosse provocata dai demoni (come in età cristiana, insomma^^’’)
6. Dio dei morti, imbalsamava le
anime dei defunti e assisteva gli altri dei durante la pesatura del cuore
7. Sekhmet era la dea leonessa, giunta
sulla terra a punire gli uomini. Qui rappresenta la rabbia.
8. Maat: dea della giustizia, pesava
i cuori sulla bilancia.
9. Nun: massa informe e caotica,
esistente prima del mondo, da cui si sarebbe generato per primo Amon e in
seguito il resto del mondo
10. In Egitto per la pena di adulterio vi era la pena di morte
11. Il livello più basso della
casta sacerdotale
12. Sistri: strumento musicale
composto da una serie di piccole lame di metallo non
fisse assicurate ad un’asta; muovendo l’asta, le lame tintinnano l’una
sull’altra
13. Hathor: Qui, intesa come dea
della bellezza, ma in generale anche del canto e della musica
14. Ptah: Dio degli artigiani