Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: HachiJoe    24/12/2009    1 recensioni
ho scritto questa storia qualche anno fa, quando avevo 11 anni. Forse è un po' banale, ma mi fa piacere che altri possano leggerla lo stesso :)
y era una ragazza di 14 anni. Era nata il 24 maggio ’93. Era alta come tante ragazze della sua età e pesava come una normalissima 14enne, né troppo magra né certamente grassa ...
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Emily era una ragazza di 14 anni. Era nata il 24 maggio ’93. Era alta come tante ragazze della sua età e pesava come una normalissima 14enne, né troppo magra né certamente grassa.
Aveva una cascata di capelli lunghi e mossi, castani con del bellissimi riflessi rossi, gli occhi scurissimi, uno sguardo profondo e una spruzzata di lentiggini sulle guance.
Aveva tantissimi interessi: per esempio amava la musica, qualsiasi tipo, ma soprattutto quella ritmata e scatenata che sapeva ascoltare non solo con le orecchie come molti, ma soprattutto con il cuore. Amava anche ballare; per lei non importava essere brava o no a muovere il corpo, l’importante era…ballare, muoversi, scatenarsi, sfogarsi, divertirsi!
Aveva una passione per gli anelli, di tutti i tipi forme e colori; ne indossava sempre tantissimi alle mani e anche ai piedi. Amava un sacco quei piccoli gruppi di cantanti sconosciuti al mondo.
Aveva un luogo segreto e magico, solo per lei. Non ci aveva mai portato nessuno e neanche ne aveva parlato a nessuno. Era solo suo. A volte, quando ne aveva voglia, prendeva la sua bici, si allontanava dalla sua villetta, dalla sua cittadina di mare, e pedalava per un’ora su una strada in cui pian piano, più andava avanti, più le macchine che incontrava diminuivano. Alla fine la strada diventava sterrata ed a un certo punto Emily girava ed entrava in un boschetto che costeggiava la via. Pedalava tra le piante fino ad un fiumiciattolo e lo costeggiava fino ad arrivare ad un prato con una piccola spiaggia e poi il mare. Il mare più bello che lei avesse mai visto. Di un colore indescrivibilmente fantastico. Emily restava li per ore sola con se stessa e il mare.
L’unico inconveniente nella sua vita era quello di essere timida, molto timida. Per questo non aveva amici. A volte a scuola raccoglieva tutto il suo coraggio e cercava di attaccare discorso con i suoi compagni di classe ma loro quasi sempre la snobbavano e la ignoravano completamente. Era come se Emily non esistesse per loro. Lei aveva imparato a convivere con questo e si era abituata a stare da sola. In tutto il mondo aveva solo un amico. Lo aveva conosciuto in chat e non lo aveva mai visto. Però a furia di scriversi erano diventati amici. Lui aveva 16 anni ed era il batterista di uno di quei gruppi sconosciuti che a lei piacevano tanto. Si chiamava Tommy. A Emily a volte veniva da pensare che non esistesse nessun Tommy, o almeno  che non fosse veramente un cantante come diceva lui. Però chiunque fosse, era il suo unico amico o l’unica cosa che più poteva assomigliare ad un amico, reale o no, musicista o meno, e lei gli voleva bene.


Un giorno Emily stava tornando a casa quando le accadde una cosa strana; era appena stata alla sua spiaggia e ora stava pedalando con le cuffie nelle orecchie. Ormai il sole era tramontato da un pezzo e la strada era illuminata dai pochi lampioni e dai fari delle rare macchine che le passavano accanto velocemente. Anche la via dove abitava era poco illuminata, eppure quando  Emily svoltò l’angolo e imboccò la stretta via dove abitava, era stata quasi sicura di avere visto un’ombra allontanarsi in fretta dal giardino di casa sua, saltare lo steccato e correre dalla parte opposta…
Arrivata davanti a casa sua legò la bici a un paletto nel giardino e si avviò verso la porta. Stava per suonare il campanello quando qualcosa di luccicante attirò la sua attenzione… In mezzo a un cespuglio vicino al paletto dove aveva appena lasciato la sua bici c’era davvero qualcosa che brillava… Incuriosita Emily si avvicinò e, stando attenta a non pungersi con le spine delle rose del cespuglio, allungò la mano e afferrò quello che era un pacchetto con una carta che rifletteva la pallida luce di un lampione… Sul pacchetto c’era una busta con su scritto: “Con amore, per Emily”
Il cuore cominciò a batterle forte mentre apriva la busta e tirava fuori una lettera e i battiti aumentarono ancora mentre i suoi occhi timidi e scuri scorrevano veloci e emozionati sulle parole più dolci che le avessero mai scritto:


Cara Emily
è da un po’ che sto cercando le parole giuste per dirti quello che ho capito appena ti ho vista. Ho capito subito che sei una persona speciale e unica…
tutte le volte che ti vedo il mio cuore impazzisce e io non ho bisogno di altro, quando t i guardo, mi basta vivere… Spero che gradirai il regalo che ti ho fatto… mi dispiace ma non riesco a trovare il coraggio per firmare questa lettera… chissà forse prima o poi lo troverò ma non è ora il momento…
Vorrei essere il raggio di sole che ogni giorno ti viene a svegliare per farti respirare e frati vivere di me. Vorrei essere la prima stella che ogni sera vedi brillare perché così i tuoi occhi saprebbero che ti guardo e che sono sempre con te…
 
Con affetto,
un tuo ammiratore segreto…



Emily scartò veloce il pacchetto e ne tirò fuori 5 CD di gruppi che lei adorava…
Per la prima volta in vita sua entrò in casa sorridendo e corse in camera sua. Non chiuse occhio per tutta la notte e continuò a leggere all’infinito quella corta lettera che qualcuno le aveva scritto, stringendola al petto, come per paura che da un momento all’altro potesse sparire veloce come era apparsa.

Il giorno dopo Emily cominciò la giornata con il desiderio di incontrare il suo ammiratore segreto. È vero che per molte ragazze forse è normale avere ammiratori. Ma non era certamente il caso di Emily, che agli occhi dei ragazzi così come a quelli del resto del mondo risultava invisibile. Così Emily uscì di casa di corsa e di corsa raggiunse la scuola. Fu quasi sorpresa nel vedere andando in classe che nulla era cambiato dal giorno prima né dal giorno prima ancora. Lei era ancora la ragazza fantasma. Le ore di lezione passarono più lentamente del solito mentre Emily era persa nei suoi pensieri, con lo sguardo fisso sull’orizzonte fuori dalla finestra dell’aula. Per la prima volta si era sentita speciale. Certo, Emily aveva sempre la sua famiglia, ma in fondo lei aveva bisogno di qualcosa di più di una madre troppo immersa nel mondo del lavoro, di un padre in giro per il mondo un mese si e uno no e di una sorella dall’altra parte dell’America impegnata a studiare e divertirsi per preoccuparsi di lei. E poi c’era Tommy, ma in fondo per quanto Emily gli volesse bene, lui era solo un amico virtuale che non aveva mai visto.
Così Emily leggendo quelle poche righe si era sentita finalmente una persona importante, e vedendo che poi nella realtà non era cambiato niente, si sentì delusa e pian piano tutte le speranze che le erano cresciute dentro durante la notte senza che se ne accorgesse, si sbriciolarono e la ragazza si ritrovò sola, seduta dietro al suo banco.
Sola, eppure circondata da tutti i suoi compagni di classe.


La sensazione di solitudine che aveva provato Emily in classe non fu niente a confronto di quella che la invase quando si ritrovò a casa da sola dopo la scuola. Sulla soglia di casa le venne quasi spontaneo lanciare uno sguardo al cespuglio vicino al paletto davanti a casa sua.
Ma niente.
Non c’era niente oltre alle rose a cui sua madre prestava tutto il suo tempo libero e le sue attenzioni.
Emily accese il suo portatile appoggiato sulla scrivania nella sua camera e aprì subito la posta. Un nuovo messaggio:


Ciao emy!
Ho delle splendide notizie. Io e il mio gruppo abbiamo finito di registrare il nostro primo vero album (evvivaaaaaa!) e abbiamo deciso di fare un tour, se così si può chiamare… Faremo 5 concerti in 5 città della California.  Per me e per il resto del gruppo questa è un ottima occasione per farci conoscere e per trovare qualche fan in più. Che ne pensi? Spero tanto che riuscirai a venire a uno dei nostri concerti. Ho allegato all’email un volantino con tutte le date del tour.
Baci
Il tuo amico
Tommy

Per un attimo un sorriso si dipinse sul volto di Emily. Era davvero felice per il suo amico. Questo per lui era un passo avanti verso il mondo del successo. Scorse rapidamente le date dei concerti, stampò il volantino e lo lanciò sul letto. Non ce la faceva più a stare in casa, doveva uscire. Si mise in fretta un costume sotto i vestiti, preparò un panino e lo mise in uno zaino insieme a un asciugamano. Uscì con le cuffie nelle orecchie e prese la bici. Cominciò a pedalare verso la sua spiaggia e quando vi arrivò si spogliò in fretta e si tuffò in acqua. Fece qualche bracciata e si fermò ad osservare la spiaggia da un'altra prospettiva. Il suo zaino giaceva vicino a una roccia a lato della piccola spiaggietta. Emily aveva sempre amato quella spiaggia. Era l’unico luogo in cui si sentiva veramente a casa. Eppure per la prima volta da quando era stata lì molti anni prima, quel fantastico luogo che in un certo senso aveva riempito quel vuoto nel suo cuore fino a quel momento, le sembrò incompleta, troppo bella per essere ammirata da una persona sola.
Emily uscì piano dall’acqua, si avvolse nell’asciugamano e si voltò verso il mare. Il sole stava per tramontare e il cielo cominciava a dipingersi di rosso e lei, alla vista di quello spettacolo meraviglioso, provò l’irrefrenabile desiderio di condividere la vista con qualcuno e si accorse di essere scoppiata a piangere.


Emily aveva vissuto in solitudine gran parte della sua vita e questo non le aveva mai creato grossi problemi, ma adesso, tutto all’improvviso, il suo modo di veder il mondo era cambiato. Un po’ per il fatto di aver ricevuto una lettera da qualcuno che finalmente si era accorto della sua presenza, chiunque fosse, un po’ per il fatto che non era più una bambina ma pian piano si stava trasformando in una donna.
Appena tornò a casa quel giorno dopo essere stata alla spiaggia, Emily scrisse a Tommy, tutto quello che era successo e di come si sentiva sola. Ma in fondo lui cosa poteva farci?


Emily si girò nel letto per vedere l’ora sulla radiosveglia sul comodino. Le 03:07. eppure non aveva sonno né voglia di chiudere gli occhi. Aveva solo voglia di cambiare la sua vita. Si alzò e mise uno dei cd che aveva trovato insieme alla lettera tenendolo basso per non rischiare di svegliare la madre. Poi tanto per far qualcosa aprì la posta elettronica per vedere se Tommy le aveva risposto. Un nuovo messaggio. Fantastico. O no… no non è di Tommy. Julie le aveva scritto un messaggio. Julie, sua sorella. Emily aprì il messaggio senza troppo entusiasmo, pronta ai soliti racconti della sorella su quanto stava bene lì, su quanto si divertiva, su quanti amici e fidanzati aveva ecc…
Non riuscì a trattenere un urlo quando lesse l’email:

Ciao Emily
Sono Veronica, la compagna di stanza di tua sorella Julie. Julie ti avrà parlato di me, sono la sua migliore amica… Ecco, ti scrivo dalla sua posta perché c’è una cosa di cui devo avvisare te e la tua famiglia. Spero di essere stata più veloce del college ad avvisarvi così quando riceverete la chiamata sarete pronti. Bè non voglio girarci tanto intorno, ma è difficile da dire … Julie sta male. Molto male. Troppo male. Lei, insomma, ha fatto un incidente. Era in moto con Andrew, il suo ragazzo… Julie è in coma!!! Sono disperata quanto voi. Non riesco a dire altro. Non riesco a parlarne più. Scusate se non vi do altri dettagli, il college chiamerà a momenti e vi spiegherà il retso… ci tenevo solo ad avvisarvi prima. Mi dispiace tanto…
Veronica


AIUTO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!


Emily fissò lo schermo del computer senza riuscire a ragionare, poi il telefono cominciò a squillare.
Emily sentì sua madre che scendeva le scale e andava a rispondere. Raccolse tutte le sue forze che all’improvviso l’avevano abbandonata e uscì di corsa dalla stanza raggiungendo il soggiorno in cui sua madre stava parlando al telefono. Arrivò giusto in tempo per vedere la madre sbiancare e lasciarsi cadere sul divano con il telefono in mano. Emily si avvicinò piano. La madre aveva appena riagganciato. Per qualche interminabile e profondo momento le due si guardarono negli occhi; poi, per la prima volta dopo tanto tempo, Emily si lanciò tra le braccia della madre che la strinse a sé come non faceva da troppo tempo. Rimasero così, abbracciate sul divano, a piangere in silenzio insieme, incapaci di parlare o di muoversi. Non sapevano quanto tempo avevessero passato così, ma all’improvviso tutto si fece chiaro. Era come se fino a quel momento il loro cervello non avesse assimilato la notizia. All’improvviso si resero conto dei fatti e passarono all’azione. Emily si fiondò di sopra in camera sua e prenotò subito due biglietti d’aereo per San Francisco, dove si trovava l’università di Julie. Intanto la madre, Tailor, chiamò subito il marito, Matt, per informarlo dell’accaduto e per chiedergli di raggiungerle all’ospedale in cui si trovava la figlia. Poi salì in camera sua e ficcò in fretta e distrattamente qualche vestito in valigia e raggiunse la figlia nell’ingresso che aveva già lo zaino in spalle. Le due si presero per mano e corsero insieme sotto la pioggia che aveva cominciato a cadere poco prima. Raggiunsero il taxi che Emily aveva chiamato e vi salirono in fretta.


Un paio d’ore dopo le due si trovarono sedute ai loro posti sull’aereo pronto a decollare. Negli ultimi tempi pur vivendo sotto lo stesso tetto, madre e figlia avevano vissuto indipendentemente ognuna la propria vita, ma in quel momento, sedute mano nella mano su quel aereo, si sentirono davvero unite per la prima volta. Il sole stava sorgendo. Emily si perse nei suoi pensieri mentre guardava l’orizzonte fuori dal finestrino.


Emily aprì gli occhi. Era appoggiata alla spalla della madre che a sua volta dormiva con la testa appoggiata alla sua testa. Ascoltando il suo respiro regolare pensò a come la madre doveva sentirsi sola e insicura come lei. Non ci aveva mai pensato e si sentì in colpa per non essersene mai accorta.
L’hostess avvisò che l’aereo stava per arrivare all’aeroporto di San Francisco.
Emily sentì la madre sussultare e aprire piano gli occhi. Nonostante la situazione fosse critica le due si sorrisero e si abbracciarono piano.


Fuori dall’aeroporto Tailor e Emily salirono su un taxi e si avviarono verso l’ospedale.
L’ospedale di san Francisco non si trovava molto lontano dall’aeroporto e la macchina non ci mise molto ad arrivare. Appena l’auto si fermò, le due donne si lanciarono fuori e corsero all’ingresso. Chiesero informazioni all’accettazione e salirono le scale fino al quarto piano. Davanti a una stanza c’erano due medici che parlavano con due signori. Tailor vi si avvicinò e chiese dove si trovasse la figlia. I due signori si presentarono, erano professori dell’università di Julie. Intanto Emily sbirciò in una stanza, ma non vide sua sorella. Provò con la stanza dopo. Julie giaceva su un lettino. Sul comodino si trovava un vaso con dei fiori e la sorella era piena di fili su tutto il corpo. Emily si mise a piangere. Intanto i medici accompagnarono anche la madre in quella stanza e cominciarono a parlare di traumi e altre cose che Emily non conosceva.
I medici parlavano, ma Emily non sentiva niente. Stringeva la mano della madre e piangeva. In quel momento un uomo alto e robusto entrò di corsa nella stanza interrompendo il dottore: Matt.
Emily si tuffo nelle braccia forti del padre che la strinse a sé mentre osservava il letto dove Julie era sdraiata. Era la prima volta dopo tanti mesi che l’intera famiglia si trovava tutta nella stessa stanza.


Passarono cinque lunghi giorni e cinque lunghe notti in cui padre madre e figlia si diedero il cambio a passare il tempo in ospedale. I medici dissero loro che era bene che parlassero a Julie come se lei potesse ascoltare e capirli. Così Emily le raccontò tutto. Le raccontò di Tommy, della lettera, del loro viaggio per arrivare lì, di come stava la madre, dei viaggi del padre. Tutto.
E dopo cinque giornate così Julie aprì gli occhi. In quel momento in camera con lei c’era Emily che le stava raccontando dell’ultimo viaggio del padre in Giappone. Subito un aggeggio cominciò a suonare e tre infermieri corsero lì. Emily non fece in tempo a riabbracciare la sorella che fu accompagnata fuori da una gentile signora. Subito corse a chiamare i genitori che si trovavano in un albergo a 100 metri dall’ospedale. Quando entrò in camera trovò il padre che guardava la televisione e la madre che riposava nel letto. Vedendo il sorriso stampato sul viso della figlia, i due si alzarono di scatto e tutti insieme corsero all’ospedale.
Una mezz’ora dopo i medici li fecero entrare nella stanza di Julie. Tutti e tre la abbracciarono forte e si sentirono così uniti e felici in quella camera come non lo erano mai stati.



è strano come a volte ci sia bisogno di una disgrazia per riunire delle persone…


Due settimane dopo Emily rientrò a casa con il padre. Tailor preferì rimanere un po’ a San Francisco con Julie, ma per la sorella minore era ora di ricominciare la vita normale.
Emily tornò a scuola e notò con dispiacere che nulla era cambiato più di tanto, ma almeno ora poteva contare sulla presenza di una famiglia. Quando arrivò in classe sorrise ai suoi compagni e per la prima volta almeno una le rispose: Sarah, la sua compagna di banco con la quale non aveva mai parlato. Alla fine della prima lezione della giornata, Sarah si girò timidamente verso Emily e le disse:
-Ben tornata Emily. Come sta tua sorella?
Si sa che nei paesi piccoli tutti sanno tutto di tutti…
Il cuore di Emily fece un salto quando si rese conto che la sua compagna stava parlando proprio con lei. Le rispose e da lì cominciarono a parlare notando e scoprirono di avere un sacco di cose in comune e di cui chiacchierare. Si trovarono subito bene e quello fu l’inizio di un’amicizia destinata a decollare.
Il primo pomeriggio che Emily passò a casa, lo trascorse alla spiaggia. Rimase lì a nuotare e pensare e per la prima volta da tanto, non si sentiva sola.


Quando Emily riprese la bici e si avviò verso casa, il sole stava tramontando. Pedalò piano godendosi il vento che le spettinava i capelli. Si sentiva bene.
Mentre legava la bici al solito paletto notò un biglietto appoggiato per terra. Lo prese in mano e lo aprì:

Ben tornata Emily… Mi sei mancata tanto… Mentre eri via ho pensato tanto a te e ho deciso che non ha più tanto senso rimanere “il tuo ammiratore segreto”… Così ho deciso di dichiararmi… Domani…
Con tanto amore
Il tuo ammiratore ancora per poco segreto


FANTASTICO!
Tutto cominciava ad andar bene… finalmente… E Emily era felice…


Il giorno dopo quando Emily arrivò in classe fu accolta dalla sua compagna di banco. Lei e Sarah cominciarono subito a chiacchierare come se si conoscessero da una vita intera. Finalmente Emily aveva un’amica vera con cui parlare, ridere e scherzare. Le raccontò tutto dell’ammiratore che le lasciava bigliettini nel giardino e Sarah né fu felice.
La giornata trascorse normalmente e quando Emily tornò a casa le venne spontaneo lanciare un’occhiata al cespuglio, ma non c’era nessun bigliettino.
Dopo la cena con il padre Emily stava per salire in camera per finire di studiare quando qualcuno suonò il campanello. Il cuore della ragazza cominciò a batterle forte mentre si avvicinava piano alla porta. Aumentò ancora quando la mano prese la maniglia e lentamente la abbassò.
Emily si trovò davanti il ragazzo più bello che avesse mai visto. Era poco più alto di lei, aveva la carnagione abbastanza chiara, i capelli spettinati castano scuro e gli occhi blu come il mare che lei amava tanto. Le labbra erano piegate in un sorriso che lasciava scoperti dei bellissimi denti bianchi come la schiuma delle onde. Il ragazzo le porse un mazzo di rose rossissime  e le disse:
-Ciao Emily, io sono Steven…
La sua voce aveva un suono dolce e delicato, e allo stesso tempo sicuro. Emily ne fu affascinata subito. Amore a prima vista 

 
Quella notte Emily la passò sdraiata sul suo letto a guardare le stelle fuori dalla finestra.
Si chiese come aveva fatto a vivere accanto a un angelo e non averlo notato. Steven frequentava la sua stessa scuola, lo vedeva tutti i giorni, tutti i giorni lo incrociava per i corridoi… Eppure non l’aveva mai notato. Si sentiva strana, felice come non lo era mai stata.


La mattina seguente Emily si alzò, si preparò e uscì di casa. Una sorpresa l’attendeva sulla strada di fronte a casa sua. Steven era là, sorridente, che l’aspettava. Lei gli si avvicinò e insieme si avviarono camminando lentamente verso la scuola. Chiacchierarono di tutto, parlarono di loro, della loro vita, della loro famiglia… Steven dopo qualche minuto avvicinò la mano a quella di Emily e le due mani si intrecciarono. Arrivarono così a scuola, parlando, sorridendosi, camminando mano nella mano. Steven accompagno Emily fino alla sua classe, poi i due si salutarono dicendosi che si sarebbero visti nel pomeriggio.


Emily passò la mattinata con il cuore che non accennava a rallentare e la testa da tutt’altra parte. Raccontò tutto alla sua nuova amica che le offrì il suo aiuto per la preparazione all’appuntamento del pomeriggio.
Così Sarah andò a pranzare a casa dell’amica e le due passarono un’ora davanti all’armadio a provare vestiti fino a quando non si decisero per una canottiera rossa con un fiore bianco e un paio di pantaloncini corti neri.
Steven arrivò puntualissimo. Era venuto in bici, come gli aveva chiesto Emily la mattina.
-Vieni con me
Gli disse lei correndo a slegare la sua bici e saltandoci sopra.
-Dove mi porti?
-Nel posto più bello del mondo, vedrai…

I due pedalarono insieme prima per la strada e poi per il bosco che lei conosceva meglio di chiunque altro. In poco tempo arrivarono alla spiaggia di Emily. Scesero dalle bici e le adagiarono nell’erba lì vicino.
-Wow!
Sussurrò lui appena guardò la spiaggia.
-Ti piace qui?
-è fantastico…
I due ragazzi passarono un pomeriggio stupendo insieme.
Senza che si fossero accorti che il tempo passava, il tramonto arrivò.
-è bellissimo!
Disse Emily prendendo Steve per mano.
-Come te
Gli rispose lui.
I due si guardarono negli occhi e si persero ognuno nello sguardo dell’altro. Si conoscevano solo da un giorno, ma era come se si conoscessero da anni e anni, come se sapessero tutto della vita dell’altro…
Rimasero abbracciati a guardare il tramonto, poi lentamente i loro visi si avvicinarono e le
loro labbra si toccarono, baciandosi lentamente…

E quella mattina decidi di non essere più
Te stesso,
Decidi di essere diverso per te stesso
E per lui
che è lì che ti guarda
e ti sorride.
E nei suoi occhi vedi il mare
Quel mare da cui farti travolgere
E cullare.
E vedi l’inferno e il paradiso
Dell’amare e dell’essere amati.
Ma nei suoi occhi c’è la magia di quel sogno
Che nonostante tutto è ancora lì
 Latente dentro di te
che grida per venire fuori.
E tu lo ascolti allora quel grido,
lo ascolti per non essere più
uno di quelli che cammina per le vie di
questa città troppo ferito
per ammettere
che un fiore
può ancora nascere
dalle ceneri di un dolore.
Decidi di avere il coraggio di amare
Per arrivare lassù.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: HachiJoe