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Autore: Shiriko    27/06/2005    1 recensioni
“Basta, Morrighan, smettila” era cominciata così, la nostra conversazione settimanale, stavolta; in uno di quei locali Londinesi in cui non capisci realmente con chi tu sia o se sia da sola, da tutte le anime che circolano con bicchieri in mano. “Smetterla di cosa?” quello era stato il punto culminante. Già, smetterla di cosa? Lo avevo chiesto buttando giù il secondo bicchiere di Gin, penso fosse Gin, ma si sa all’alba non è semplice rendersi conto di cosa si butta dentro lo stomaco: poteva anche essere veleno, non mi sarebbe importato granché.
Genere: Generale, Malinconico, Mistero, Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Basta, Morrighan, smettila” era cominciata così, la nostra conversazione settimanale, stavolta; in uno di quei locali Londine

Basta, Morrighan, smettila” era cominciata così, la nostra conversazione settimanale, stavolta; in uno di quei locali Londinesi in cui non capisci realmente con chi tu sia o se sia da sola, da tutte le anime che circolano con bicchieri in mano.

Smetterla di cosa?” quello era stato il punto culminante. Già, smetterla di cosa? Lo avevo chiesto buttando giù il secondo bicchiere di Gin, penso fosse Gin, ma si sa all’alba non è semplice rendersi conto di cosa si butta dentro lo stomaco: poteva anche essere veleno, non mi sarebbe importato granché.

“Indovina? Cosa stai facendo da due ore a questa parte?” ironia spiccia, veramente scontata, la sua; era una frecciatina eppure non riuscivo ad allontanare lo sguardo dal bicchiere, sfiorando la sua figura magrolina ma ben mantenuta che si rifletteva sul vetro lucido.

Non so, stressarmi con te affianco, forse?” lui sbuffa, inarcando la schiena all’indietro. Sicuramente sarebbe caduto dalla sedia, se non avesse avuto la fortuna di avere il muro a pochi centimetri. Il suo sguardo sarebbe stato un perfetto vaffanculo, se non sapessi quanto tende ad essere educato nei miei confronti.

Penso di fargli pena, per i miei vestiti, per la mia casa piccola, per i miei genitori chissà dove.

Ed anche per il mio essere stata esclusa dalla sua vita così brutalmente da farmi dimenticare gran parte delle cose che facemmo insieme da bambini.

Ovviamente no, voglio che la smetta di bere quel Gin.” E no per una volta mandami a quel paese e basta! Odio quello sguardo da Padre che mi mostra ogni volta che mi vede così. Che poi.. non sono in nessun modo così.

Bene, allora, per farti contento, passerò alla Tequila, ti piace?” sbatte un piede contro il pavimento, tornando con le gambe della sedia contro il terreno. Oh, sei arrabbiato, tesoro?

E poi come cazzo ti ci porto a casa, me lo dici? Come glielo spiego a Mio padre che ti sei ubriacata fino a rischiare di crepare?  bella argomentazione, peccato non regga. Reggo l’alcool quant’è vero che lui è davanti a me in questo momento, per cui non vedo perché debba stufarmi con le sue Filippiche.

Domani mattina sarò fresca come una rosa, per vedere tuo padre, non ti preoccupare.” Steccata, mi guarda con un’espressione compassionevole ed al contempo stufa.

E’ già domani mattina, Morrighan” ecco quelle parole che ora mi tormentano violentemente.

Che tu possa essere maledetto quanto quest’alba metropolitana” lentamente lascio andare il bicchiere sul tavolo. E’ mezzo vuoto, o mezzo pieno, dipende dai punti di vista, ovviamente. Il mio adorato Gin abbandonato da solo a quel tavolo scorticato da chissà quale balordo londinese. A guardarlo ora, Lui sembra più rilassato, odia quando bevo, o meglio, odia dovermi portare a casa sua ubriaca, sebbene sia la prima volta dopo mesi – o forse anni addirittura – che lo fa.

Non finirò mai di ricordare quella lettera via Gufo che aveva spaventato la mia vicina di casa.

“Ti vengo a prendere, dobbiamo parlare. Amadeo

Quel nome lo usava solo con me e non so nemmeno perché lo facesse. Amato da Dio, significava, visto dal latino, davvero un bel controsenso, per uno che crede solo in sé stesso usare quel nome.

Mi aveva spaventata, sapevo cosa fosse successo negli anni in cui ero stata lontana da casa sua anche se ovviamente informarsi era difficoltoso nascosta com’ero dentro quel maledetto Collegio in Svizzera, ma per mia fortuna tre anni fa ne fui liberata, in modo tale da potermi godere quel poco che dei miei genitori mi rimaneva, il loro patrimonio

 - non da poco, lo ammetto – e le loro rare foto insieme.

Credo di non aver mai odiato tanto la libertà.

Fattosta che ora, a distanza di tre anni dalla morte dei miei genitori lui torna farsi vivo. Perché? A causa di cosa?

Era per quelle domande che mi mantenevo lucida, per quelle risposte che da lui non arrivarono mai se non con un secco: saprai tutto quando saremo a casa.

Sinceramente lo avrei preso a pugni, ma la mia reputazione di donna paziente doveva essere sicuramente salvaguardata più della mia curiosità.

Ovviamente, però hai accettato il mio invito, vero Puerpera? E come mai? Perché avevi voglia di vedermi, di tornare dove sei nata, ed è questo che intendo fare io. Oggi stesso.” Quelle parole mi riportano alla realtà come pugnalate contro il cuore. Si, volevo rivederti, Amadeo, era da così tanto che i tuoi occhi grigi non mi scorgevano, da farmi tremare al pensiero di tornare vicini anche se per poco tempo.

Anche se fosse? Qui ho una vita più che decente, non vedo perché dovrei tornare dove ero prima. Non lo capisco, non capisco perché dopo anni i tuoi genitori mi permettono di mettere piede in casa tua, dopo che per tutto questo tempo ti hanno impedito di vedermi.” Prendo fiato, è il dolore che mi brucia in petto forte come il Sacro Fuoco di Vesta che non si spegneva mai, per ardere in eterno e proteggere così le mura della Roma Latina. Ricordo ancora i nostri incontri clandestini, le lettere spedite da Londra a Londra via posta, niente di più naturale, niente di più fraterno d’una relazione mantenuta segreta con chi con te condivide il sangue più dolce.

Sapevano d’Ambrosia, le sue parole. Lettere chilometriche,  pagine su pagine di parole ricolme di rancore verso chi lo partorì e d’amore verso chi non gli era permesso di vedere: me, la sua Puerpera.

No, non è così, e lo sai. Potresti avere molto più di questo, e sai perfettamente che la ricchezza dei tuoi genitori non ti è di supporto, né tanto meno di consolazione: hai bisogno di me, ed io ho bisogno di te, ora più che mai.” Una fucilata, la definitiva. Io non ho bisogno di nessuno e nessuno ha bisogno di me; mando giù il Gin, con lui che si disgusta alla vista del liquido che bagna le mie labbra. Gli piacciono, le mie labbra, le ha sempre trovate belle e nelle sue tavole erano speciali, sempre tinte di rosa perlato ed i miei capelli? Anche quelli li adorava: rossi come il fuoco delle foglie autunnali, con tinte oro che sembrano privare di luce il Sole.

Non hai bisogno di me, lo sai” ed ora sono in piedi, trascinata dalle sue mani fuori dal locale, stretta tra corpi sconosciuti, tra l’ebbrezza di un fumo strano, di droga cerebrale: il conforto. Sentivo il suo respiro accanto al mio, sentivo le sue mani strette intorno ai miei polsi mentre quei corpi estranei mi sfioravano maledettamente precoci.

Poi il nulla, l’Alba su una Londra ancora viva: viva dei suoi giovani, delle sue anime allegre, tinta da colori vivaci ed invitanti. Ecco cos’era Londra, una candela accesa in mezzo al Buio, buttaci su del Gin e s’infiamma mortalmente.

Ecco, cosa dovevo farti vedere” ora sembra disperato. E’ il buio, che sovrasta la città, il buio del cielo, un buio innaturale che non sembra reale; che non è reale, bagnato da lampi verdastri, sempre più imponenti. “E’ tornato quello che ti allontanò e tu non puoi farci niente, Puerpera. La settimana scorsa è arrivata questa, a casa: se non mi credi t’illuminerà.”

Una busta bianca, a contrario del cielo mi veniva in mano, ora. Sottile e morbida, penso che se fossi stata più sveglia avrei subito riconosciuto il sigillo che la teneva chiusa. Quanto aveva atteso Amadeo quella busta! Quanto i suoi genitori avevano sperato in meglio! Ma probabilmente ero troppo annebbiata per rendermi conto di quello che stava succedendo, di collegare i fatti, di immaginare cosa quella busta celasse, cosa quel cielo mettesse in mostra: non fuochi d’artificio, ma altro.

Il sigillo si spacca con poca difficoltà, mostrando una carta sbiadita lievemente e poche parole:

“Questa per informarLa della mia decisione – tardiva – di accoglierLa fra le braccia della Scuola di Stregoneria e Magia di Hogwarts. La sua carriera scolastica presso Noi riprenderà esattamente dal 5° Anno, sperando che, nella sua lontananza abbia mantenuto vivi i suoi poteri. Speriamo accetti di abbandonarsi alle Mie cure ed a quelle degl’insegnanti

 

 

Ossequi,

Albus Silente

 

Girai la lettera. Non era possibile, non tutto d’un tratto, non tutto ora. Sull’altra faccia della busta brillava, una scritta in oro:

Morrighan Eloise Malfoy

 

 

  
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