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Autore: iceriel    27/12/2009    17 recensioni
"Perchè non me l'ha mai detto, Gaius?" "Sire, Merlin ha passato tutta la vita a sentirsi considerato un mostro. Non poteva sopportare l'idea che lo pensaste anche voi."
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gaius, Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nemmeno so da dove iniziare.

Dunque, scritta per la exchange di Natale, questa fic è ispirata al prompt della rivelazione dei poteri di Merlin ad Arthur.

Non mi vergogno di dire che è stata un'impresa atrocemente difficile per me scriverla. Non perché non sapessi cosa fare, ma perché il prompt in sé lasciava talmente tanta libertà che non sapevo dove sbattere la testa.

Risultato? Questa che leggerete è la sesta, e sottolineo, sesta fic che il prompt mi ha ispirato. Dietro a me ci sono altri 5 parti di cui ho scritto circa 2 pagine l'uno che poi ho abbandonato perché non mi sembravano consone all'exchange... Quindi ora ho altre 5 fic che, giustamente, pretendono di essere finite.

Scrivo questa introduzione prima di aver finito la storia, augurandomi che questa sia quella definitiva.

Ho optato per questa perché la scoperta della magia è la protagonista indiscussa, mentre nelle altre Arthur scopriva la cosa di conseguenza ad altri avvenimenti che erano più rilevanti nella trama. Spero di averci visto giusto. Comunque prima o dopo (immagino prima) leggerete anche le altre 5 storie e poi magari mi darete della scema perché ritenete che una a random delle altre sarebbe stata migliore di questa.

Beh, faccio tantissimi auguri di Natale a tutti, specialmente a chi questa storia è dedicata, spero vivamente che sia di suo gradimento!:3

Ringrazio l'eccezionale beta reader che si è sobbarcata la correzione di questa fic: moony90


Behind blue eyes the darkside of the moon.


It's like I've been awakened
Every rule I had you breakin'
It's the risk that I'm takin'
I ain't never gonna shut you out

Beyoncé-Halo




Non osare calare la lama su di lui”.

I suoi occhi blu erano così taglienti che il cavaliere si ritrovò a deglutire prima di rinfoderare la spada e compiere un passo indietro.

Sire ma..” provò a blandirlo con voce forzatamente pacata.

Non osare discutere le mie parole.” Fermo. Deciso.

Non gli importava di essere irragionevole.

Non gli importava andare contro a tutto ciò che aveva, fino a quell'istante, professato.

La coerenza in quel momento era l'ultima delle sue priorità.

Il braccio di Merlin, completamente inerme, era stretto nella ferrea morsa della sua mano guantata e quella certezza era da sola sufficiente a sostenere la sua determinazione, in quella che sapeva sarebbe stata la sua rovina, senza ombra di dubbio,.

I cavalieri lo guardarono ammutoliti, confusi, sgomenti.

Il principe li fissò uno per uno, la spada sguainata in una mano, l'altra saldamente stretta alla sua personale ancora.

Non un briciolo di esitazione nel suo sguardo, non l'ombra della confusione nel suo volto.

La sua fermezza palesata dalla sua postura composta.

Seguì un lungo silenzio rotto soltanto dal rantolo spezzato di Merlin che implorava Arthur di smetterla, di lasciar perdere.

Ma il principe lo ignorava.

Non poteva permettersi distrazioni.

Non poteva concedersi esitazioni.

Lui, il principe, stava esercitando la sua autorità sopra quella di suo padre.

Un cedimento di qualsivoglia natura, persino il più banale, avrebbe decretato la sua sconfitta e avrebbe indotto i cavalieri a prediligere gli ordini supremi del re a discapito di quelli del principe.

E non poteva accadere.

Doveva ad ogni costo guadagnarsi la totale fedeltà e lealtà dei suoi uomini e non quella riflessa di cui aveva sempre goduto in quando Arthur, figlio del re.

No, ora era di vitale importanza che i cavalieri scegliessero lui, ripudiassero l'autorità massima e consacrassero la loro nobiltà e lealtà ad Arthur il principe, perché egli era fermo e giusto. La limpidità dei suoi intenti doveva risaltare cristallina come il suo cuore privo di qualsivoglia rancore o timore.

Per questo non poteva concedersi nessun cedimento.

I cavalieri lo fissarono per un lungo attimo poi, soverchiati, rinfoderarono le spade e si inchinarono al cospetto del principe.

Come desiderate, Sire.”

Arthur annuì compiaciuto e ripose pacatamente la spada nel fodero, ogni tremore stroncato dalla sua volontà, poi volse il capo verso il servo, chiuse gli occhi e sospirò.

Aveva vinto.

****

Seduto su quello scomodissimo sgabello Arthur vegliava sul giovane servo con le braccia conserte e lo sguardo ormai perso, incatenato a quel corpo.

Merlin giaceva in quel letto ormai da due giorni ansante, gemente di dolore, sudato. Le membra ricoperte di bende venivano puntualmente cambiate ogni due veglie dal cerusico che, con amorevole cura, tamponava con freschi cataplasmi le innumerevoli ustioni che martoriavano il corpo del figlioccio prima di bendarle nuovamente.

Gaius entrò nella stanza per la seconda volta da che il sole era sorto. Appoggiò la bacinella con l'acqua sul grezzo tavolino e una più piccola contenente un impacco verde acceso sul letto. Pazientemente cominciò a togliere la fasce con estrema cautela partendo dalla mano destra.

Arthur non lo aiutò.

Si era presentato due giorni prima varcando trafelato la soglia delle sue stanze con il corpo di Merlin orribilmente ferito tra le braccia. Il cerusico era subito accorso chiedendo con voce disperata cosa gli fosse accaduto, cosa l'avesse ridotto in quello stato tanto grave.

Il principe aveva risposto con voce asettica, atona:

Il suo potere, Gaius, la sua magia lo ha ridotto così.”

Da quel momento Gaius non l'aveva udito più proferir verbo.

Stava semplicemente seduto a fissare Merlin nel suo calvario.

Non lo aiutava a medicarlo, non lo denunciava al re.

Non vi era né condanna né perdono nei suoi occhi blu, semplicemente osservava.

Guarirà completamente?”

Dopo due giorni di silenzio le sue parole fendettero l'aria come una lama.

Gaius esitò, alzò lo sguardo per testarne l'espressione dato che il tono non suggeriva alcun particolare sentimento.

Il volto pareva una maschera tuttavia, negli occhi, il vecchio cerusico poté leggervi la scintilla della preoccupazione.

Si sentì incredibilmente sollevato e gli sorrise sincero, rispondendogli con serenità:

Ci vorrà del tempo Sire, ma Merlin si riprenderà perfettamente: è giovane e forte.”

Arthur annuì esitante, si mordicchiò il labbro inferiore guardando il volto sofferente del giovane mago poi domandò:

La sua...magia... lo aiuterà a riprendersi?”

Quella dannata parola rotolò fuori dalla sua gola come un macigno troppo grosso per passare da un'apertura troppo stretta, ma appena riuscì a pronunciarla seppe di essere pronto per affrontare tutta la realtà.

In quei due giorni aveva guardato il suo servo senza capacitarsi di come un corpo così all'apparenza fragile potesse realmente contenere tutto quel potere.

Più lo guardava meno ci credeva.

Vedeva le sue braccia magre e non poteva credere che arti così scarni potessero, semplicemente sollevandosi, sprigionare una forza che avrebbe spezzato senza esitazione la sua spada e le sue vigorose braccia forgiate da anni di allenamenti.

Osservava quelle labbra così pallide, sottili.

Si erano schiuse innumerevoli volte per rivolgersi a lui con sfacciate osservazioni o premurose parole di conforto. Lo aveva visto mordicchiarle nervoso più di una volta e stendersi in un sorriso luminoso molte altre.

Come poteva credere che quelle labbra fossero in grado di aprirsi attorno a parole dalla forza distruttiva, devastante?

E gli occhi…

Dio, quegli occhi!

Erano la cosa che più lo tormentavano.

Azzurri come il cielo, come il lago in una giornata di sole.

Avrebbe potuto riconoscere gli occhi turchesi di Merlin ovunque, avrebbe saputo che erano i suoi in mezzo a mille. Perché quegli occhi appartenevano a lui e lui soltanto, perché avrebbe potuto spendere minuti a trovare in quelle iride sfumature mai notate.

Ma mai avrebbe immaginato che l'azzurro del cielo si potesse tramutare in oro così scintillante. Sembrava aver sciolto il precedente colore come una tinta destinata a non durare, come una maschera di cera ormai liquefatta.

Come potevano quegli occhi celare un tale potere?

Come?

Non lo so Sire, davvero non ve lo so dire.”

La risposta del cerusico arrivò mesta mentre con cura spalmava il cataplasma sulle ustioni.

Merlin si inarcò gemendo e Arthur trattenne il respiro.

Lo so figliolo che fa male, lo so... resisti...” gli sussurrò Gaius spostandogli i capelli dalla fronte, ma il giovane si agitò nuovamente, il viso contratto, il corpo che sussultava di dolore ad ogni movimento, anche il minimo.

Il medico di corte gli posò una pezza bagnata in fronte e questo sembrò placare, anche solo lievemente, le sue pene.

Gaius tornò a spalmare l'impasto verde sulle ferite.

Non mi chiedi perché non ho detto nulla a mio padre, Gaius?” domandò Arthur.

Già, perché non l'aveva ancora fatto?

Perché l'aveva lasciato vivere?

Perché non aveva fatto pagare il prezzo delle menzogne con la morte?

Che cosa aveva visto in quegli occhi d'oro da imporgli intimamente non solo di risparmiarlo, ma di proteggerlo sopra ogni cosa?

Nemmeno lui lo sapeva, non con esattezza per lo meno.

Si diceva che l'aveva fatto per onore: una vita per una vita.

Merlin aveva salvato la sua ed egli avrebbe ricambiato il favore.

Ma sapeva che c'era ben altro.

Il puro onore non l'avrebbe mai spinto a riportare il corpo di un nemico a Camelot per essere curato.

Né lo avrebbe inchiodato su quello sgabello a vegliare per giorni.

Il medico lo fissò per un secondo, poi riprese il suo operato.

Perché ho il timore che possiate farlo, Sire. Perché temo che spingervi a spiegare le vostre ragioni a voce alta le faccia risultare al vostro stesso orecchio meno convincenti e meno valide al punto di farvi addirittura sentire un sciocco per non averlo denunciato fino ad ora.” confessò senza l'ombra della vergogna.

Tacque per pochi istanti poi guardando negli occhi il principe, domandò:

E voi, Sire? Non mi domandate perché fino ad ora abbiamo taciuto?”

Non sono così sciocco, Gaius, da non rendermi conto del perché del vostro silenzio.” sputò con rancore.

Di certo non lo era, non lo era affatto.

Sapeva perfettamente che chiunque con un minimo di amor per la propria vita avrebbe taciuto.

Ma non aveva mai considerato Merlin “chiunque”.

Aveva sempre visto in lui qualcosa di misterioso, qualcosa di semplicemente inafferrabile, ma mai avrebbe pensato che quel che aveva visto di Merlin fosse nulla in confronto a ciò che egli celava.

Ragione e cuore non vanno sempre nella stessa direzione. Io capisco che possiate sentirvi tradito...” Arthur chiuse gli occhi.

Tradito.

Sì esatto.

Si sentiva tradito.

E detestava ammetterlo.

Aveva svelato tutto di sé a Merlin: si era mostrato nei suoi momenti peggiori, nei suoi momenti migliori.

Piegato dal dolore e gonfio di gioia.

Dall'alto della sua arroganza e dal basso della sua umiltà.

Merlin sapeva di lui ciò che nessun altro immaginava.

Ed egli?

Egli cosa aveva scoperto di sapere del suo servo?

Niente.

L'aveva visto piangere e ridere.

L'aveva visto distante e sconsolato.

L'aveva visto euforico e partecipe.

Ma si era rifiutato di condividere con lui i suoi occhi dorati.

E non importava quanto si sforzasse di ripetersi che aveva avuto un buon motivo per tacere, non riusciva a non pensare che ogni volta che lo vedeva lontano c'era stato ben oltre quello che lui aveva immaginato a turbarlo.

E non gli aveva mai svelato nulla, aveva sempre lasciato che il principe credesse quello che voleva credere, aveva sempre lasciato che pensasse di averlo capito.

E ciò che lo faceva sentire ancora peggio era stato capire il perché non l'aveva fatto: per paura.

Merlin si fidava così poco del suo principe che aveva taciuto nel timore che lui tradisse il suo segreto.

Ed era questo a graffiarlo nel profondo.

Perché poteva fingersi furibondo e oltraggiato, indignato e disgustato, ma la verità era che ciò che sentiva era la rabbia di un leone ferito.

Merlin lo reputava dunque tanto meschino da prendere la verità e sbatterla in faccia a chi avrebbe potuto usarla per ucciderlo?

Non l'avrebbe mai fatto.

Avrebbe preso quella confessione e l'avrebbe chiusa in uno scrigno e avrebbe sguainato la spada per proteggerlo, se necessario.

E invece era venuto a scoprirlo così, per un danno collaterale in battaglia, come un prezzo che a volte bisogna pagare quando si combatte.

Non riusciva a non togliersi dalla testa che, se non fosse stato per quel giorno, Merlin avrebbe taciuto per sempre.

No, Gaius. Non capisci.” si passò una mano sul volto e i suoi occhi tornarono al suo servo.

Gli aveva mentito.

Lo aveva tradito.

Ma soprattutto aveva contravvenuto alle leggi sacre di Camelot, si diceva.

Quella era l'unica cosa che per lui doveva contare.

Dunque perché non lo uccideva?

Arthur- lo chiamò il cerusico – non avete nessun motivo per credere alle mie parole, lo so bene. Ma per quel che vale nulla di quello che ha fatto Merlin è stato fatto per uno scopo differente dal servirvi.”

Non riusciva a trovare menzogna in quegli occhi.

Nemmeno ora che la ricercava riusciva a vederne traccia.

Si alzò di scatto sospirando, voltando le spalle al giaciglio.

A...r..thur...” quel rantolo spezzato gli fece voltare il capo.

Merlin aveva gli occhi socchiusi.

Occhi blu come li ricordava.

Mi.. dis..spiace...” riuscì a sussurrare.

Vide una lacrima rotolare sulla sua guancia pallida e malignamente pensò di attribuirne la colpa al dolore delle ustioni.

Ma non ci riuscì.

Si voltò di nuovo per non guardare.

Era Merlin, dannazione!

Era solo Merlin.

Non riusciva a vedere nulla che non fosse lui.

Rammentava quegli occhi dorati, rammentava le parole dell'antica religione, la rabbia con cui erano state pronunciate.

Sarebbe stato così semplice, così facile credere che quella fosse la sua vera natura, di crudele stregone bugiardo che millantava di essere il suo incapace e fedele servo.

Lo avrebbe aiutato a scegliere, a smettere di tormentarsi.

Eppure non riusciva a scindere il Merlin della radura con quello che giaceva ferito a pochi passi da lui.

Qualcosa gli impediva di vedere bianco o nero...

Era tutto così dannatamente grigio.

Hai mentito.” sussurrò senza voltarsi.

Senza nemmeno sapere se Merlin fosse ancora cosciente per ascoltarlo.

Hai mentito a me.” sibilò.

Come hai potuto mentire a me?!” ringhiò voltandosi.

Merlin era di nuovo privo di conoscenza.

Vi era solo Gaius a fissarlo.

Si lasciò di nuovo cadere sulla vecchia sedia scricchiolante, esausto.

Sapete- cominciò il cerusico scoprendo il petto e ripetendo gli impacchi - quando Merlin è arrivato qui mi chiese se fosse un mostro.” raccontò.

Il principe sollevò un sopracciglio perplesso.

Perché mai lo pensava?” domandò riluttante, quasi le parole di Gaius fossero la più grande eresia che potesse essere detta.

Perché così era sempre stato considerato. Perché tutti, a parte sua madre e Will, lo avevano sempre guardato come se lo fosse.” Fece una pausa per sollevare delicatamente il corpo del figlioccio per medicare anche la sua schiena.

Arthur non commentò.

Gaius continuò. Non vi era tono di supplica nella sua voce. Non raccontava quella storia né per intenerire né per impietosire.

Sua madre mi mandò una lettera chiedendomi di aiutarlo: non poteva più vederlo così ed ella non era in grado di rispondere alle sue domande. Merlin non si sentiva parte di nulla di quello che aveva intorno, era unico, diverso e il non avere un senso per quello che era, non vedere uno scopo, rendersi conto che nessuno attorno a lui lo considerava parte di quel mondo... in genere è esattamente ciò che fa sentire dei mostri.”

Posò delicatamente il corpo del mago, fece il giro del letto e si mise accanto al principe per medicare l'altro braccio.

Quando è giunto qui.. la magia per lui era qualcosa di puramente istintivo. Si sentiva un mostro nel possederla e tuttavia era l'unica cosa che aveva di veramente suo. Non usarla lo faceva sentire incompleto ed insignificante.”

Mi stai dicendo che non ha mai studiato magia? Che è nato... così?” Stentava a crederci. Suo padre gli aveva sempre detto che la magia era una strada sbagliata che la gente decideva di imboccare con l'unico scopo di creare caos.

Gaius annuì.

Finì di medicare il ragazzo in silenzio, lo ripose tra le lenzuola con cura e gli sorrise con affetto.

Merlin ha capito a cosa servisse la sua magia quando ha incontrato voi. I suoi poteri erano volti a proteggervi e servirvi. Se non vi ha mai confidato nulla è stato solo per colpa mia. Per la mia paura…- e lo guardò colpevole.

-Ho visto vostro padre mettere al rogo tante persone a me care... non potevo permettere che gli facesse del male. Egli non ha parlato non per paura della morte, ma per non far pesare su di voi quello che considerava, nonostante tutto, un fardello solo suo.” lo guardò ancora serio, aspettando una sua reazione.

Ma Arthur sembrava non ascoltare, continuava a guardare il servo in quel letto, le mani giunte di fronte alla bocca, i gomiti sulle ginocchia.

Tuttavia mentirei se non vi dicessi che sì, Merlin effettivamente aveva un grande timore: nonostante avesse trovato il suo posto, la sua strada... non avrebbe sopportato di sentirsi chiamare mostro da voi.”

Il cerusico lasciò la stanza dopo aver raccolto le sue cose.

Idiota - sussurrò passandosi nuovamente la mano sul volto - l'unica cosa veramente mostruosa in te è la tua incapacità nel pulire la mia armatura.” ma non vi era divertimento in quelle parole.

****

Si alzò da terra confuso, ancora stordito per la botta.

Aveva visto la mano di Merlin a pochi centimetri da lui arpionare la terra prima di venir trascinato via.

Merlin!” In un rantolo aveva allungato le proprie dita per afferrare quelle del servo, ma la sua presa si era stretta attorno al terriccio mentre il ragazzo veniva trascinato via e scaraventato contro un tronco.

Merlin!!!” aveva urlato scattando in piedi, chinandosi a raccogliere la spada a pochi metri da lui e dirigendosi verso quelle liane che si agitavano come alghe in mezzo alla corrente.

Arthur scappa!!!” gli aveva gridato il servo prima di venir di nuovo intrappolato tra quelle spire verdi e nodose.

Il principe schivava le frustate provando ad avvicinarsi il più possibile al mago, le liane sempre più avvinghiate a quel corpo magro come se volessero spezzarlo.

Arthur cercava disperatamente il punto debole di quella dannata bestia ma il corpo giaceva nascosto nella boscaglia mentre i suoi rami sbucavano da essa senza permettere di individuare con esattezza la posizione del nemico.

Gli altri cavalieri lottavano allo stesso modo cercando di non essere catturati.

Merlin venne sbattuto a terra e poi sollevato nuovamente a mezz'aria, le liane si attorcigliarono più strette circondandogli le braccia e il collo, mozzandogli il respiro.

Merlin!” era a così pochi passi da lui... fendeva l'aria cercando di guadagnare spazio e quando tranciava uno di quei rami nodosi, il doppio lo attaccavano cercando vendetta.

Venne scaraventato indietro e ringhiò frustrato per aver perso i pochi passi guadagnati con tanta fatica.

Vattene Arthur!!” sentì urlare Merlin ma, ovviamente, lo ignorò.

Non l'avrebbe mai lasciato morire, non così, non senza aver tentato il tutto e per tutto.

Si lanciò verso la sua direzione falciando con furia inaudita qualsiasi liana provasse ad ostacolarlo...

Ciò che successe dopo non gli fu chiaro.

Si ritrovò a terra di nuovo, un martellante dolore gli torturava le tempie.

Aveva tastato il suolo istintivamente cercando la spada, senza trovarla.

Nella testa solo il sibilo delle frustate che si schiantavano al suolo e l'urlo dei cavalieri che non erano stati abbastanza agili o fortunati nel schivarle.

A stento si sollevò sulle ginocchia, il capo dolorante, i riflessi rallentati dallo stordimento.

A malapena notò una di quelle liana lanciate verso di lui come una freccia.

Ma udì distintamente quell'urlo.

TINE!”

E fu nuovamente schiacciato a terra dal rombo del fuoco, vide il ramo che stava per trafiggerlo contrarsi come una coda di lucertola mozzata avvolta dalle fiamme prima di crollare a terra carbonizzato.

Vide tutte le liane contorcersi avvolte dalle fiamme.

E vide Merlin, a mezz'aria, avvolto da quelle spire che bruciavano mentre con i denti serrati per il dolore stringeva con la mano libera la liana che aveva attorno al collo.

E li vide per la prima volta... credette fosse il riflesso del fuoco, ma nessun riflesso poteva fare degli occhi turchesi di Merlin le due iridi dorate che vedeva davanti a sé.

Vide i rami perdere la presa e lasciarlo scivolare.

Lo vide precipitare senza emettere un gemito, senza scomporsi... come se non avesse le forze di cercare di cadere nel modo meno doloroso possibile.

Il rumore che fece toccando il suolo servì a ridestarlo... ma non fu abbastanza da scuoterlo dallo shock.

Il corpo del giovane era scomposto e fumante. Lo vide distendere un braccio, il sinistro, e far leva su di esso per alzarsi.

I vestiti carbonizzati si confondevano con la carne bruciata, il braccio destro inerme assecondava i movimenti del resto del corpo come se non ne facesse parte.

Ricordava gli occhi blu - sì, rammentava fossero ancora blu- del servitore fissarlo nei suoi con immensa vergogna, con mille parole di scusa stampati in quelle iridi.

Ma egli non si era mosso.

Non riusciva a capire cosa fosse successo, da dove fosse venuto il fuoco.

Le parole di Merlin furono uno schiaffo violento che lo riportarono alla lucidità:

Andate, non è morto, andate...” tremanti per il dolore, salde per la determinazione.

Cos'hai fatto, Merlin?”

Fu un sussurro il suo.

Il servo si alzò incerto e lo fissò di nuovo con quegli occhi che Arthur aveva visto spesso incastonati sul volto magro del giovane.

Due occhi che trasmettevano una forza tale che mai uno penserebbe di trovare in un corpo così esile e all'apparenza fragile.

Alle spalle di Merlin il verso acuto e stridulo della bestia esplose con fragore quando questa emerse in tutta la sua raccapricciante e mutila forma dalle fronde.

Il corpo del mostro si rivelò come un nodoso ammasso di corteccia la cui parte anteriore era seriamente danneggiata dalle ustioni: quasi tutte le liane di quel ceppo erano semi-carbonizzate e si agitavano come colli di idra senza testa.

Istintivamente il principe si era alzato scattando in avanti e afferrando il braccio sinistro del servo ponendosi tra lui e la creatura.

Merlin era debole e fragile e incapace e inadeguato alla battaglia, lo era sempre stato.

E questo meccanismo così automatico offuscò il ricordo di quello che aveva appena visto, il ricordo dei suoi occhi d'oro e delle fiamme divampate attorno a lui.

Spostatevi...” e la sua voce risuonò così familiare e così stridente al tempo stesso. Voltò il capo verso di lui.

Vide il braccio destro alzarsi e la mano tendersi.

Una mano nera dalle ustioni, ferita forse in modo grave, pensò.

Poi sentì le parole uscire con rabbia da quelle labbra:

DÓIGH TAIN!” e vide gli occhi accendersi, vide l'oro divampare come le fiamme che avevano avvolto il mostro.

Le guardò e vi vide qualcosa che lo stupì, ma non lo spaventò.

Perché quegli occhi seppur dorati… erano familiari.

E vide davanti a sé l'enigma risolto, vide ciò che di Merlin non era mai riuscito a cogliere ma di cui aveva sempre percepito le sfumature in ogni suo gesto.

Guardò in quei pozzi dorati e vide di fronte a sé non un estraneo, vide semplicemente Merlin nella sua folgorante interezza, vide il perché di ogni cosa e diede un senso ad ogni sguardo e sorriso e sospiro.

Non era qualcuno che non riconosceva, non era un estraneo che si spogliava delle membra che lo rendevano familiare ai suoi occhi, no...

Per quanto sconvolgente egli riconobbe Merlin in ogni sfumatura di oro ed in ogni pagliuzza cangiante vide ciò che aveva solo potuto intuire di lui.

Perché quel colore non lo mutava in nessun altro ma lo completava, non lo rendeva estraneo, al contrario lo rendeva più vicino.

Merlin. Semplicemente, meravigliosamente nessun altro se non Merlin.

Lo strillo acuto della creatura che bruciava viva lo fece voltare di scatto per vederla agonizzare avvolta dal fuoco.

Il suo calvario si spense in pochi secondi insieme ai suoi spasmi convulsi mentre cadeva a terra priva di vita.

E Arthur si voltò di nuovo in tempo per vedere gli occhi di Merlin sfumare e tornare azzurri, l'oro dissolto come polvere portata via dal vento, le palpebre calare esauste e pesanti su quegli occhi incompleti.

Crollò sulle ginocchia e l'immensità e lo splendore della rivelazione collassarono con lui accartocciandosi su sé stessi in un ammasso contorto, come un fuoco stupendo divampato all'improvviso che si spegne in un secondo lasciando solo un cumulo informe di paglia bruciata a rivelarne l'essenza.

Solo qualche scintilla a rammentarne l'antico splendore.

E così la perfezione di quella rivelazione esplosa come un fuoco vivo e luminoso nella notte si spense rivelando ai suoi piedi la sua vera natura così misera e profana.

Sei uno stregone....” e in quella parola ecco l'origine del più bel fuoco di paglia che Arthur avesse mai visto e di cui non v'era più alcuna tangibile memoria.

Solo qualche sensazione che lo stuzzicava nell'istinto che lo portò a sguainare la spada in risposta alla lama sfoderata del suo cavaliere.

Non osare calare la lama su di lui.”

****

Si svegliò con un sussulto, spalancando gli occhi ritrovandosi a portare la mano in avanti come se stesse impugnando la spada.

Pochi istanti dopo scosse la testa cancellando l'alone del ricordo che aveva appena sognato.

Aveva rivissuto tutto, istante per istante, ma ora era dotato del distacco necessario per osservare e ricordare ogni sensazione.

E rivide quegli occhi dorati di fronte a sé.

Gli occhi dorati e lucenti di Merlin... ricordò che non aveva visto nessun estraneo, solo Merlin.

E l'alone del tradimento nel suo cuore lo ferì, per un ultima volta, sussurrandogli malignamente che gliel'aveva tenuto nascosto, che gli aveva mentito per non svelare la sua natura...

Ma Arthur non l'ascoltò... certo, esso rimaneva lì, rintanato in quel taglio che aveva creato... ma capì che in fondo Merlin non gli aveva mai mentito veramente.

Aveva nascosto una parte di lui, aveva celato come la luna fa con il suo lato oscuro, ma non per questo quello che appare è meno autentico.

E capì, infine, che gli occhi blu di Merlin erano tanto genuini quanto quelli dorati... che il suo animo puro, quello che mai aveva dubitato albergasse in quel corpo fragile, non mutava in splendore anche in quel lato così nascosto di lui.

Sorrise a sé stesso, più sereno.

Ora vedeva Merlin e sapeva del perché non aveva potuto ucciderlo, del perché non l'aveva abbandonato al suo destino, del perché sedeva lì incapace di odiarlo e del perché si fosse e si sentisse tradito.

Del perché non riuscisse a vedere bianco o nero ma solo grigio.

Del perché non riusciva a vedere niente di più di Merlin in quel letto.

Del perché c'era qualcosa di intrinsecamente sbagliato a scindere lo stregone da Merlin.

Non erano uno la maschera dell'altro, semplicemente, l'uno il completamento dell'altro.

La magia era parte di Merlin, come l'arte della spada era parte di lui...

Arthur non sarebbe stato lo stesso Arthur senza quella dote e probabilmente il Merlin dagli occhi blu non sarebbe stato così splendente senza le sue iridi dorate.

Potrai mai perdonarmi?” quel sussurro giunse alle sue orecchie come se arrancasse nell'aria per arrivare a destinazione.

Merlin lo fissava, con lo sguardo offuscato dal dolore, le palpebre tenute aperte dalla mera forza di volontà.

Il principe vide in quegli occhi il disperato bisogno di una risposta.

Occhi che non cercavano compassione o perdono mosso da pietà.

Ci vorrà del tempo.” rispose solo. E non mentiva.

Dare un senso ed un'identità alla sua ferita ne preveniva la cancrena e ne accelerava la guarigione, ma il tempo doveva fare, comunque, il suo lavoro.

Grazie... per aver capito...” le sue palpebre minacciavano di calare pesanti, nuovamente a sopire i suoi sensi.

Oh credimi, Merlin, una volta che sarai guarito avrai così tante armature da lucidare, panni da lavare e stivali da spazzolare che mi odierai per aver capito.” Il suo sorriso sbruffone di sempre comparve nuovamente sul suo viso.

Il mago sorrise stancamente senza avere la forza di ribattere a tono mentre, infine, il sonno lo riavvolgeva nelle sue spire.

E Arthur si alzò avvicinandosi al giaciglio e osservò il mago un'ultima volta.

Ci sarebbe voluto del tempo ma, si disse, per quella creatura così brillante valeva la pensa strappare un po' di orgoglio per ricucire il suo cuore ferito.


FINE


Hit me like a ray of sun
Burning through my darkest night
You're the only one that I want
Think I'm addicted to your light




O.O

Ho finito... non so come ciò sia possibile.. ma pare che abbia finito.

Non mi guardate così, lo so che non c'è nemmeno un bacino, me ne sono accorta mentre scrivevo, non crediate. Fa più male a me che a voi, sul serio. È che l'argomento della rivelazione è qualcosa di estremamente complesso a mio dire, non potevo e non volevo soprattutto, che la rivelazione avvenisse quando loro erano già insieme, a quel punto la frattura sarebbe stata estremamente difficile da saldare, il che implicava un'interminabile fic a capitoli. E non mi sembrava nemmeno coerente scrivere 13 pagine di introspezione e ricordi, di ferite e sensazioni e poi risolvere il tutto in 3 righe con un bacio. Non aveva senso... e io adoro il senso logico in quello che leggo.. indi non posso ometterlo in quello che scrivo. Quindi mio malgrado non trovo un finale più adeguato per questa fic di questo.

Ciò non implica che effettivamente potrebbe esserci, infatti immagino che me ne salterà uno in mente mentre starò facendo qualcosa di assolutamente insignificante e allora vi prometto che picchierò ripetutamente con violenza la testa contro il muro. Visto l'assenza anche solo di un bacio immagino io vi debba un po' del mio sangue. Io lo pretenderei.


Continuo a rileggere la fic e la trovo strana, veramente.. non mi sembra nemmeno scritta da me... ma ha preso vita da sola e da sola è andata avanti e da sola si è conclusa.

Spero quindi che la mancanza totale del mio arbitrio la renda piacevole ai vostri occhi quanto strana ai miei!=P


Beh... auguro un buon Natale a tutti voi, spero vivamente che il regalo sia gradito, lo spero sul serio. Ancora mi scuso per gli standard un po' violati quindi se chi la riceve non dovesse esserne soddisfatto, la autorizzo a mandarmi a quel paese e impormi di scriverne un'altra. Rammento che dietro di me ci sono altri 5 abbozzi di fic, qualcosa che vada bene ci sarà!XD


Buone feste,

Iceriel


Note:

DÓIGH = verbo bruciare in gaelico

TAIN= fuoco in gaelico.


La canzone che cito è la bellissima Halo di Byoncé, se avete occasione ascoltatela: merita.



  
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