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Autore: Esther    27/12/2009    4 recensioni
Voglio uccidere l’usurpatore del mio tesoro, quel mezzo cane senza forma e razza.
- Edward. - la voce di mia sorella rivendica l’attenzione mancata - devi calmarti, Bella è tornata. - termina passandomi una mano sulla fronte, come a voler togliere tracce di sudore invisibili.
- Non riesco a controllarmi, mi sta facendo impazzire. -
- Non le farai del male, io l’ho visto fidati. -
- Fidarmi? - rispondo scettico scoppiando a riderle in faccia e come un folle mi passo la mano tra i capelli disordinandoli, per infine farla scivolare sul volto. - Tu vedi ciò che vuoi vedere, non provi, non senti il turbine di sensazioni che prendono possesso di me, non controllo più il mio corpo, desidero solo prenderla. -
- Devi stare calmo. -
- Come faccio a stare calmo, come puoi pretendere da me ciò? Tu non sai, io… mi sento strano. Sto impazzendo. -
- Sei innamorato. -
- Questo non è amore, è qualcosa che supera il comprensibile, è più simile ad una droga che ad altro, credevo d’essere un essere dannato ma solo in questo istante mi rendo conto. -
- Edward… -
- È lei la mia condanna e se non farai qualcosa, io sarò la sua. Perché l’istinto non possiede ragione. -
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Mio amore proibito

Non ho mai desiderato far del male quanto in questo momento, sento la rabbia e il rancore invadere il mio corpo, ogni muscolo si contrae man mano che il tempo trascorre perché come un drogato ho bisogno della mia fonte, di lei.

Isabella, una giovane mortale dalla caratteristiche umili e insignificanti. È questo per i miei fratelli ma per me lei non è una qualunque. La sua bellezza ha la capacità di incantarmi, i suoi occhi mi scrutano dentro, la sua voce mi ammalia attirandomi verso di sé, il suo odore mi annebbia i sensi portandomi ad uno stato di semi coscienza.

Quando le sono accanto non riesco a controllare il mio corpo, che, come se avesse una volontà propria, segue i suoi istinti, i più primitivi ed impulsivi ed io lotto contro me stesso per impedire che l’inevitabile avvenga, perché il desiderio di farla mia mi porta giorno dopo giorno sempre più vicino alla fine. La mia è un ossessione malata.

L’inizio di questa storia non ha origini avvincenti o degne d’interesse, tutto è avvenuto in modo tranquillo e prevedibile, mai avrei creduto d’arrivare sino a questo punto.

Alcune settimane fa Carlisle ha indetto una riunione di famiglia, nessuno conosceva le ragioni di un tale gesto ma in ognuno di noi c’era quel timore di sapere, tra pensieri confusi e l’appoggio di una moglie sempre presente, il capo famiglia ci raccontò una storia.

Un paio d’anni fa lavorava come medico legale per la polizia di New York che collaborava con quella di Forks; all’epoca c’era in circolazione un serial killer che torturava e uccideva giovani studentesse, un caso molto delicato oltre che pericoloso per gli umani. Fu in quest'occasione che conobbe Charlie. Era il capo della polizia e seguiva insieme a lui le indagini, il giorno che riuscirono a incastrare il killer rischiò quasi la vita, e così dopo questo episodio spiacevole decise di trasferirsi in Italia insieme alla moglie e alla loro unica figlia, Isabella. Alcuni giorni prima Charlie lo aveva chiamato chiedendogli un favore, la figlia si era dimenticata la scadenza del permesso di soggiorno, le leggi lì sono molto chiare: tra la scadenza e la domanda di rinnovo può passare solo un mese. Il permesso scadeva il 5 Gennaio, lei se n’è accorta due mesi dopo cioè a Marzo. Hanno provato di tutto per riuscire a rinnovarlo ma niente, ogni procedura, domanda è stata rifiutata, doveva tornare in America. Qui non hanno più nessuno, Isabella si ritroverebbe da sola, è ancora una bambina e non riuscirebbe ad affrontare la vita con tutte le sue difficoltà, perciò durante il tempo che i suoi genitori impiegano per cercare di risolvere questo problema, lei avrebbe abbandonato il paese e sarebbe venuta a vivere qui!

Dopo questa notizia ogni membro della famiglia si è agitato manifestando il proprio pensiero, Rosalie è stata la più combattiva, opponendosi con ogni sua forza e affermando che sarebbe stata una follia ospitare un’umana a casa nostra, esponendoci in questo modo al pericolo, non capiva perché noi dovessimo prenderci cura di questa mortale.

A differenza sua mio padre insieme ad Esme cercarono di farci ragionare manifestando il loro pensiero, infatti a loro avviso sarebbe stato troppo rischioso per la giovane restare sola, così all’improvviso in un nuovo continente senza punti di riferimento e una dimora dove poter risiedere.

Dall’altra parte c’era anche da mettere in conto che noi non eravamo le persone più indicate, vivere con otto vampiri seppur vegetariani non era la cosa più saggia da fare, c’era sempre il rischio che la ragazza si ferisse. Jasper era terrorizzato da questa probabilità, temeva di non controllarsi e ucciderla mettendo in luce la nostra natura. Queste paure, questi pensieri, occupavano la sua mente per tutte le ore scolastiche, quest’ansia non poteva mantenerla anche a casa, sarebbe diventato tutto più difficile, lui stesso sarebbe stato più nervoso e questo avrebbe fatto vacillare il suo già debole autocontrollo.

Noi viviamo in un modo differente, non ci nutriamo di sangue umano ma questo non vuol dire che i mortali non siano una tentazione; per questo mio fratello continuò ad appoggiare le idee di Rose, la quale continuava a dire che sarebbe stata una costante tentazione, avremmo dovuto cacciare più spesso, sopprimere la nostra natura anche a casa nostra, l’unico luogo in cui siamo noi stessi. Secondo lei ci potevamo occupare di Bella ma in un altro modo; potevamo cercare una casa con tutti i comfort, darle sicurezza ed una protezione silenziosa e indiretta, Alice avrebbe visto il futuro, se le fosse successo qualcosa avrebbe avuto una visione e noi saremmo accorsi in suo aiuto.

Dopo una discussione si era arrivato ad un accordo, si sarebbe deciso in maniera democratica tramite una votazione e la maggioranza volle Isabella Swan a casa nostra. Se solo avessi saputo mi sarei opposto, avrei impedito a quella giovane di entrarmi dentro, non avrei mai dato il mio consenso.

Non riesco ad accettare il nostro destino, nonostante ciò non mi ribello perché questa realtà è l’unica che possiamo avere. Bella appartiene a quel mondo fatto di luce e speranza per un futuro migliore, mentre nel mio c’è solo il limite di un’eternità buia priva di quel calore che ti scalda l’animo, priva di quelle lacrime che ti bagnano il volto e con le quali sfoghi quel dolore sordo, che non abbandona più l’animo.

Vorrei poter chiudere gli occhi e perdermi nella fantasia di un proseguire diverso, creare il nostro futuro secondo desideri e passioni dannate.

Una speranza la mia o un illusione infinita? Anche se conosco la risposta non riesco a rinunciare ad essa, perché non è l’immortalità a rendere forti ma è quell’amore a tenerci su questa terra. Ha il potere di far sentire l’uomo migliore e felice, con esso si vede il mondo sotto altri colori, più caldi e ammalianti, ora lo so, è questo sentimento che mi causa pena.

Un attimo mi sento in balia d’emozioni affascinanti e sconosciute, quello dopo ricado con forza verso gli inferi della solitudine, in quell’angolo le tenebre mi avvolgono risucchiando ogni felicità e ricordo, lasciandomi svuotato e angosciato.

Io Prigioniero della mia eterna vita non avevo bisogno di nessuno.

Il tempo trascorreva.

I giorni si susseguivano.

I mesi passavano un dopo l’altro.

Gli anni.

I decenni.

Poi sei arrivata tu…

La mia ossessione, la tentatrice del mio falso paradiso.

Come potrò vivere senza di lei, come potrò calpestare il suo stesso suolo senza però poterla raggiungere? La devo evitare come la peggiore tra le minacce, lottando contro il mio corpo che ne sente la mancanza, come in questo momento.

Poche ore fa ha lasciato questa casa, non per sempre ma per il solo giorno, eppure la frustrazione per la sua assenza mi sta facendo impazzire. La mente richiama la sua immagine, l’olfatto ricerca il suo odore aspirandolo con frenesia, l’udito porta il mio corpo a scattare appena percepisce un suono, un movimento che si possa anche solo ricollegare a lei.

È la mia droga o la mia cura?

Quando tornerai a casa Isabella?

Stamattina quel mutaforma l’ha portata via da questa dimora, e non per portarla a fare una semplice passeggiata, non è questo il suo intento, perché Bella non ha conquistato solo me, non sono l’unica vittima di quella piccola umana. Jacob se n’è innamorato, il suo pensiero la cerca, forse, quanto il mio, ed ora spera di poterla strappare a me, di portarmela via, di rubare ciò che è mio, perché lei mi appartiene.

Sento il mio corpo fremere al solo pensiero, si agita mentre la rabbia mi spinge ad allontanarmi dal mio rifugio e andare a prendere la mia amata, perché se non la potrò avere io non l’avrà nessuno.

Porto le mie mani verso il letto, le appoggio a palmi aperti e spingo contro di esso, un’immagine di Bella che sorride ad un uomo che non sono io fa vibrare le mie membra, le chiudo a pugno imprigionando tra le dita quel tessuto delicato, lo spezzo facendo risuonare il rumore tra queste mura, ma non mi basta. Non è l’illusione di ferirlo che mi può calmare, non è rompendo un oggetto che la mia fame di sangue si sazia, perché in questo momento la mia natura pretende vendetta.

Voglio uccidere l’usurpatore del mio tesoro, quel mezzo cane senza forma e razza.

- Edward. - la voce di mia sorella rivendica l’attenzione mancata - devi calmarti, Bella è tornata. - termina passandomi una mano sulla fronte, come a voler togliere tracce di sudore invisibili.

- Non riesco a controllarmi, mi sta facendo impazzire. -

- Non le farai del male, io l’ho visto fidati. -

- Fidarmi? - rispondo scettico scoppiando a riderle in faccia e come un folle mi passo la mano tra i capelli disordinandoli, per infine farla scivolare sul volto. - Tu vedi ciò che vuoi vedere, non provi, non senti il turbine di sensazioni che prendono possesso di me, non controllo più il mio corpo, desidero solo prenderla. -

- Devi stare calmo. -

- Come faccio a stare calmo, come puoi pretendere da me ciò? Tu non sai, io… mi sento strano. Sto impazzendo. -

- Sei innamorato. -

- Questo non è amore, è qualcosa che supera il comprensibile, è più simile ad una droga che ad altro, credevo d’essere un essere dannato ma solo in questo istante mi rendo conto. -

- Edward… -

- È lei la mia condanna e se non farai qualcosa, io sarò la sua. -

Sento in lontananza il rumore di una moto, inspiro tutta l’aria che posso godendomi quel leggero odore, un po’ meno satura di lei ma non del tutto lontano, poi trattengo il fiato e mi dirigo verso la porta che apro.

- Non ti creare problemi, tu sai chi sei. - mi rincuora mia sorella.

- So cosa sono Alice, l’istinto non possiede ragione. - con queste ultime parole chiudo la porta alle mie spalle e a passi, in apparenza, spontanei mi avvicino all’ingresso. In realtà misuro ogni centimetro, conto ogni passo compiuto, fisso con insistenza ogni granello di polvere che aleggia in aria, portando la mia attenzione lontana dal giardino, là dove il mio amore attende.

Edward sta calmo, le tue emozioni sono come impazzite, c’è rabbia, desiderio, ansia, calmati.”

Mi dice Jasper avvicinandosi a me. Comincia a esercitare il suo potere per tranquillizzarmi, azione inutile, il solo sentire nella mente dei presenti il suo nome mi agita. Non esco fuori ma mi fermo davanti alla finestra, posso vedere due figure mentre si salutano. Le piccole mani di Bella tengono un casco nero che ritorna al proprietario, con fatica mantengo il controllo quando noto lo sfiorare delle loro dita durante questo trasferimento, è stato veloce e delicato, si sono toccati. La mia bocca si riempie di veleno.

- Grazie Jacob ho trascorso una splendida giornata. - sento dire a Bella, poi con mia grande sorpresa la vedo avvicinare le labbra al volto del licantropo fino ad appoggiarle sulla guancia di quel cane.

Jasper con più intensità cerca di calmarmi. Nonostante questo non ci riesce, la rabbia che provo per ciò che ho visto non ha limiti, non può essere calmata, la odio! Come ha potuto baciarlo?

Fermo così rischi di allontanarla, lascia fare a me. “

Cerca di rassicurarmi Alice che velocemente mi oltrepassa andando incontro alla donna che senza saperlo mi ha pugnalato, con un'innocenza unica. Non ho il diritto di arrabbiarmi, l'ho sempre trattata male spaventandola, trattandola con inferiorità, definendola nei peggiori modi possibili. Non c’è stata malizia in quel semplice tocco dato sulla guancia, per lei è un gesto spontaneo, un gesto che rappresenta solo la gratitudine per la giornata appena trascorsa insieme, ma per lui non è stato così! No, per quel bastardo è di più, quel gesto così innocente ha fatto nascere in lui la voglia di lottare più di prima, ha fatto nascere la speranza.

- Ciao Jacob, ora sarebbe meglio che tu vada è tardi e Bella, come ben sai, ha delle esigenze, deve mangiare, sarà stanca. - dice Alice prendendo Bella sottobraccio per poi condurla verso la porta di casa.

Io rimango impassibile, la ignoro mentre mi passa accanto. No, non la guardo, in quel momento la odio con tutto il mio essere, la mia attenzione è rivolata al licantropo che mi sorride con arroganza, mentre mette in moto quell'ammasso di latta e scompare inghiottito dal buio. Il mio respiro è veloce, le mie emozioni non vogliono tornare alla normalità. Il desiderio di correre e raggiungere Jacob è troppo forte.

Dopo pochi minuti ormai stanco di quella situazione cerco di rilassarmi, con lentezza i miei occhi ritornano dorati.

- Voglio vederla. - affermo con voce ferma e controllata.

- Non fare pazzie, sei ancora teso. - aggiunge Jasper ma non lo ascolto, la mia mente è invasa da un solo pensiero, Bella.

Una piccola umana, così goffa, con il tuo calore, con la tua vita.

Un tuo solo sguardo è riuscito a sciogliere il ghiaccio del mio cuore.

Tu, una tentazione, un frutto proibito che non posso cogliere.

Ti odio.

Un odio che mi sta distruggendo, che è nato nel momento in cui sei entrata nella mia vita, stravolgendo la mia esistenza.

Un’emozione che mi sta devastando e dietro il quale, come il peggiore dei vigliacchi, si nasconde un sentimento a me sconosciuto.

Velocemente raggiungo la cucina dove quella piccola infame sta mangiando, non si è accorta della mia presenza, continua imperterrita, prende un boccone, mastica, inghiotte, racconta della sua giornata ad Esme che in quel momento non ha occhi che per lei, ma adesso basta la mia pazienza è finita.

- Puzzi come quel cane. - le dico con cattiveria attirando la sua attenzione. Lentamente si gira facendo incontrare i nostri occhi, i suoi sono diventati subito lucidi, sembra addolorata per le mie parole ma non mi importa, non accetto niente. - Allora? Non rispondi. -

Edward calmati. ”

Così la spaventi smettila, povera piccola.”

Se ne dovrebbe andare.”

Brutta bestia la gelosia.”

Perché gli sta così a cuore… “

- Allora!? - ripeto alzando un po’ la voce.

La vedo mordersi il labbro inferiore, è sconcertata dal mio comportamento, non comprende la ragione per cui la tratto in questo modo. La forchetta è ancora a mezz’aria mentre il suo sguardo confuso saetta da una parte all’altra della stanza evitando il mio, mi sto per avvicinare ma vengo interrotto da Alice.

- Bella è tardi, non fare caso a lui, piuttosto andiamo sarai stanca, ti voglio preparare un bagno, massaggi, ti rilasserai. Mi devi finire di raccontare tutte le storie che oggi hai sentito e dobbiamo finire di programmare la giornata di domani. - con queste parole che hanno lo scopo di distrarla, la conduce di sopra.

- Si può sapere che ti prende? - mi dice Ginevra mettendosi davanti a me, le mani sui fianchi, lo sguardo accesso dalla gelosia. - Non è un tuo problema se quella si intrattiene con il licantropo. -

- Se è per questo non è nemmeno tuo. -

- Infatti non m’importa di lei. -

- Ma io non mi riferivo a Bella. - le dico avvicinandomi - non è a far tuo se io mi intrometto nella vita della piccola umana. - Ginevra continua ad indietreggiare finché tocca con la schiena il muro, sembra impietrita dalle mie parole. - Io posso, io devo e tu limitati a stare zitta e buona. - continuo prendendo tra le dita una sciocca di capelli biondo cenere, un colore sporco ed ibrido, non come quello di Bella. - E tieni a bada i tuoi pensieri, formula anche solo una parola contro di lei ed io ti faccio a pezzi. - la prendo per il collo e la sbatto con violenza contro il muro, per sottolineare che il mio non è un consiglio ma una minaccia. - Tu non ti devi neanche avvicinare a lei, sono stato abbastanza chiaro? -

- Tu sei il mio compagno, il mio uomo, maledizione Edward, lei è solo un’umana. - urla cercando di liberarsi dalla mia presa, senza tuttavia riuscirci.

- Io non sono il tuo uomo, non lo ero prima e non lo sarò mai mettitelo bene in testa. -

- Lei non è una di noi. -

- Neanche tu. -

Le lascio il collo e ignorando i pensieri di tutti mi dirigo verso la stanza di lei, perché ho bisogno di sentirla vicina, anche se per poco, anche se il mio è solo un sogno, non posso permettere che si dissolva, scivolando dalle mie dita.

Entrando mi posso beare del suo profumo, così forte e dolce ma non puro, ora è contaminato da quello di Jacob. Mi avvicino alla sua scrivania prendendo in mano un cd di musica rock, ha l’odore del cane, sento quel sottile oggetto che tengo in mano sgretolarsi e cadere sul pavimento creando un leggero suono. Deglutisco il veleno, devo calmarmi.

Mi siedo sul letto aspettandola, pensando, cercando di calmare la mia gelosia e il male che le voglio fare, poi sento il rumore dei suoi passi che con leggerezza toccano il pavimento del corridoio, per poi fermarsi davanti alla porta e aprirla. Entrando non fa caso a me, chiude la porta alle sue spalle per poi dirigersi verso il letto, la vedo sgranare gli occhi appena mi vede.

- E… Edw… E… - inizia a balbettare mentre io mi alzo andandole incontro.

- Edward. - scandisco quando sono ormai davanti a lei. Posso percepire il calore del suo corpo, indossa una veste bianca lunga fin sotto il ginocchio. Le guance sono rese rosse dall’imbarazzo che in quel momento sta provando, per un attimo mi fa tenerezza ma poi ricordo. - Non è difficile ma ora, l’unico nome che ti degni di pronunciare è quello di quel cane. - sibilo tra i denti.

- No, io n… .-

- Sta zitta. Voglio che tu mi dica perché avevi il suo odore addosso. -

Guarda a terra, poi la vedo stringere le mani a pugno, così strette che posso notare il rossore dei palmi causate dalle unghie, che con forza hanno lasciato il segno sulla sua tenera pelle. Alza lo sguardo ma quegli occhi sono diversi, non è intimorita.

- Ma come ti permetti? Come osi tu stronzo che non sei altro, tu che da sempre mi tratti con indifferenza poi chissà perché ti gira la luna e mi attacchi. Se non è per una cosa allora è per l’altra, fatto sta che qualsiasi cosa io faccia a te non sta mai bene. Sono stanca! Io… io. - si morde il labbro inferiore con forza, sento l’odore delle sue lacrime. L’ho ferita un’altra volta, come posso pretendere che scelga me se poi la tratto così? Se poi la faccio star male. Faccio un passo verso di lei. - Stammi lontano! - urla.

- Bella. -

- No, io non ne posso più, voi mi odiate e non capisco il perché, mi guardate come l’ultima delle donne, mi umiliate con le vostre parole, perché tutta questa cattiveria, perché mi fai del male? -

La vedo tremare mentre manifesta tutta la sua rabbia, non capisce che io sono ossessionato da lei, io vivo con la paura di perderla, crede che io la odi! - Sei una stupida. -

- Ma bene ora sono anche una stupida, facciamo passi avanti! Esci da questa stanza. Vattene. -

- No. Non mi hai ancora risposto. -

- Io non devo rispondere ad un bel niente. -

- Non te lo chiederò un’altra volta, perché avevi il suo odore addosso. -

- Questi non sono affari tuoi. -

- Mi sto innervosendo rispondi. - le ruggisco contro, mentre sento i miei occhi diventare neri, il solo pensiero che lui l’abbia toccata mi annebbia la ragione. Devo sapere!

La vedo fare qualche passo indietro, velocemente la raggiungo prendendola per un polso. Mi guarda con quegli occhi così profondi che credo di perdermi ogni qualvolta si posano su di me, mi sento inferiore, indegno di fronte a lei, ad un’umana migliore e innocente. - Sei così freddo. - sento un dolore in mezzo al petto che mi toglie il respiro, un dolore che il mio corpo non avrebbe mai potuto provare, da dove viene?

Perché il mio cuore morto fa così male?

Perché le sue parole mi hanno ferito?

Forse perché è vero? Io sono freddo. Sono un mostro senz'anima, un impuro che inquina la sua stessa aria. Come scottato dal calore del suo corpo lascio la presa facendo un passo indietro. Ignorando il suo sguardo limpido mi volto per dirigermi fuori da quella stanza.

- Aspetta. - sussurra con un filo di voce ma ormai è tardi me ne sto andando, sono freddo. - Edward. - il suono di quelle sillabe pronunciato da lei, è così bello. - Fermati. - non posso, sono indegno. - Ti prego. - percepisco il suo corpo muoversi per andare incontro al mio, il suono dei suoi passi veloci ma terribilmente insicuri risuonano nella mia testa. Un passo dopo l’altro si avvicina a me, avvolgendomi tra le sue braccia. - Non te ne andare, scusa non so cosa mi sia preso. - mi sta abbracciando da dietro, sento il tessuto della camicia bagnata mentre le sue piccole braccia si stringono sempre più forte attorno al mio corpo come se volessero impedirmi d’andare via, un singhiozzo strozzato esce dalle sue labbra, cerca di trattenersi, sta piangendo un’altra volta a causa mia!

- No. - sussurro piano, con lentezza avvicino le mie mani alle sue, per poi dividerle e allontanarle dal mio corpo freddo, da questo corpo senza vita, morto.

- Edward. - mi giro verso di lei che con le braccia lungo i fianchi continua a guardarmi, le sue guance bagnate, il labbro inferiore tremante, devo andarmene è colpa mia, sono io il mostro che le causa questo dolore. - No. Tu non puoi fare così. -

- Così come? -

- Fai il geloso e poi… -

- Io non ho fatto il geloso per il semplice fatto che non lo sono. -

- Non sei geloso? Beh… scusa ho capito male, quindi non ti interessa sapere la ragione per cui sul mio corpo c’era l’odore di Jacob. - dice provocante superando quasi l’arroganza.

A sentire quel nome, non capisco più niente. La prendo con forza sbattendola contro il muro. - Non ti conviene provocarmi. -

- Sei tu quello a cui non conviene fare il bastardo, mi sono stufata del tuo comportamento, sii coerente. -

- Coerente? - le dico deridendola e assottigliando gli occhi. Posso vedere la rabbia che in questo momento prova, la sto confondendo, lo so ma non posso fare altro, io stesso non capisco.

- Sì, dovresti essere coerente perché uno che prima mi tratta male, poi mi ignora, poi ancora fa il geloso, poi nega, infine appena dico le paroline magiche mi sbatte contro il muro. - continua ad elencare muovendo la testa. - uno così è tutto tranne che coerente, se hai una doppia personalità, in questo caso fatti curare ma smettila di prenderti gioco di me. Io non capisco più niente! -

- Tu non hai mai capito. -

- Allora non sono l’unica. -

- Cosa dovrei capire? -

- Che io non ti aspetterò per sempre. - dice abbassando lo sguardo, sento il suo cuore aumentare i battiti mentre la determinazione che ha avuto fino a questo momento scompare lasciando il posto alla tristezza.

- Spiegati. - uno strano timore ha invaso il mio corpo, mentre la mia mente velocemente cerca ogni possibile interpretazione, ognuna della quali finisce con lei che se ne va. - Maledizione voglio una spiegazione. - la mia mano colpisce il muro. Cerco di misurare la mia forza ma questo non mi impedisce di sgretolarlo, mi sento trascinato a forza in un vortice di sensazioni tutte contrastanti, faccio un respiro profondo. - Bella perché hai detto… - non finisco quella frase, perché le mie labbra sono catturate da quelle di lei, che mettendosi in piedi ha intrecciato le braccia dietro al mio collo, baciandomi.

Stacco le sue labbra dalle mie. - Fa l’amore con me. -

La paura d’amare, di non essere degno di te.

Non si può vivere con tutto questo dolore.

Non conosco queste emozioni, del resto cosa ne sa un demone dell’amore?

Mi sento tra due fuochi, tra istinto e ragione.

Tu la mia ossessione.

Fa l’amore con me. Le sue parole mi risuonano ancora in testa, come un eco continuo che non mi vuole ancora abbandonare, sento il suo respiro sul mio volto, il suo sapore sulle mie labbra, quelle stesse labbra che per la prima volta ho avuto l’onore di assaggiare, lei il mio eterno frutto proibito.

- Non sai ciò che dici. - no, non lo sa, non sa che l’uomo che ha davanti in realtà non è ciò che sembra.

Non ti fare ingannare, non sono ciò che sembro, non mi guardare così, non mi guardare come se fossi la persona più bella e buona di questo mondo, non mi guardare con quello sguardo incantato e profondo, rivolto solo a me, ad un mostro. No, amore mio, tu non sai ciò che stai chiedendo, non sai che desideri donare te stessa ad un dannato che con solo una carezza può spezzare per sempre la tua vita, causandoti un dolore infinito, non solo fisico… no, i dannati come noi macchiano l’anima.

- Sei tu che non capisci. -

- Cosa dovrei capire? Che sei una stupida che non sa ciò che chiede? Che non si rende conto del pericolo che corre? Cosa dovrei capire? Qui l’unica che non capisce sei tu! Una ragazzina viziata che crede di sapere tutto ma in realtà tu non sai niente! - mi sento frustrato, la consapevolezza di non poterla avere mi sta facendo impazzire, il suo profumo, quell’odore che desidero avere su di me.

- Perché mi tratti così. -

- Perché la tua sola presenza mi dà i nervi! - le sussurro a pochi centimetri dal viso, parole più false non sono mai state pronunciate.

- No. -

- Sì. -

- No, non è vero, tu non sei così. Non sei cattivo come mi vuoi fare credere, non può essere. - continua a ripetere scuotendo la testa.

- Hai un'opinione troppo candida di me, perché io sono peggio. -

- Io… -

- Tu? -

Ti vedo alzare il viso facendo incontrare i nostri sguardi, mi sento perso, avrei voluto per sempre rimanere così, anche solo a fissarti avendoti accanto, a pochi centimetri da me. Le tue guance rosse bagnate dalle lacrime che incessanti scendono dai tuoi occhi lucidi.

- Resta con me. -

- No, non ti rendi conto di ciò che mi stai chiedendo. -

- Sì, che lo so. Ho provato a lottare contro me stessa. Contro le emozioni contrastanti che provo standoti solo accanto. Contro quel sentimento al quale solo ora so dare un nome… Amore. - dice sorridendo tristemente. - Ma ho fallito, sono stata sconfitta e ora non voglio rinunciare a te. -

- La pensiamo in modo differente, io ho rinunciato da tempo. -

La vedo sgranare gli occhi, le sue labbra tremano mentre le apre e le richiude boccheggiando. Abbassa il volto per poi rialzarlo di scatto, come se fosse spinta da una forza invisibile mi raggiunge colpendo il mio torace con i pugni, utilizzando tutta la forza che un fragile corpo come il suo possiede.

- Perché? - la voce incrinata non nasconde la rabbia e il dolore che prova. - prima avevi ragione non capisco. Quando siamo lontani, un tuo gesto, un tuo sguardo ci riavvicina. Se non tieni a me, allora perché proviamo tutte queste emozioni? Perché non riusciamo a stare lontani? È così anche per te, lo so. -

Con delicatezza le blocco le mani, allontanandole da me. - Così rischi di farti del male. -

- Non mi importa. Fa più male la tua indifferenza, il non sentire contro la mia pelle la tua. -

Il gelo mi attanaglia, soffre a causa mia. Un mio dito sfiora la sua guancia poi, scivolando, lo porto sotto il mento alzandolo. - Ho paura. - queste due semplici parole escono senza che me ne renda conto. - sei arrivata nelle mia vita senza preavviso, guarendo con la tua umanità le ferite del mio animo, delle ferite profonde che incuranti del tempo hanno continuato a sanguinare. Mi fai sentire vivo. - le poso l’indice sulle labbra scarlatte. - conosco la sincerità delle tue parole… - lottando contro me stesso mi allontano da lei, dirigendomi verso la porta. - …non ti affezionare a me. -

- E’ troppo tardi. - un sussurro. - io ti amo. -

- Non sai cos’è l’amore. -

- Perché tu lo sai? Non fai altro che ignorare ciò che provi. Basta lottare contro noi stessi, abbandonati a me. Amami. Ti darò me stessa, il mio corpo, la mia mente, il mio cuore, tutto… perché voglio essere tua. - Sento i suoi passi portarla sino a me, posa un tenero bacio sulla mascella e comincia a risalire sulla guancia per poi passare al collo, a pochi millimetri dall’orecchio. - Fa l’amore con me, solo per oggi amami. - le sue piccole mani scendono toccando il mio corpo.

L’istinto la vuole, io la voglio tra le mie braccia mentre geme a causa del piacere che le avrei dato, facendola mia, non permettendo a nessun altro di toccarla. No. Non posso permetterlo, lei mi appartiene.

Quando sento la maglietta alzarsi, l’aiuto a toglierla, i nostri occhi immersi in quelli dell’altro. Non perdendo quel contatto visivo avvicino le mie mani alle sue spalle spostando le spalline della veste da notte, facendole scivolare giù per le braccia, finché posso ammirare il suo corpo in intimo.

È bellissima, come una dea scesa in terra.

Porto le mie mani sulla sua schiena, percorrendola, godendo della sua morbidezza, facendo attenzione alla forza con la quale la sfioro, devo stare attento, la mia piccola umana è così fragile, basterebbe un niente per farle del male.

Le mani di lei iniziano a toccare il mio torace percorrendolo con curiosità, analizzando ogni linea, ogni centimetro come se volesse imprimerli nella mente. Quel leggero tocco mi fa perdere la testa, con troppo impeto la prendo in braccio facendola sdraiare sul letto. Mettendomi sopra di lei inizio a baciarle il collo, facendo forza su me stesso cerco di mantenere la calma, il suo odore si sta facendo sempre più intenso mentre una vena pulsa richiamando la mia attenzione, spingendomi verso di essa, il sangue con l’aumentare dell’eccitazione aumenta il suo flusso. Stringo il lenzuolo con una mano allontanandomi da lei.

- Devo andare. -

- Resta con me. - mi circonda i fianchi con le sue gambe spingendomi contro di sé

- Ti farò del male. - perderò il controllo mordendoti, uccidendoti, non voglio il tuo corpo privo di vita tra le mie braccia, non sopporterei di perderti.

- Me ne farai se ora uscirai da quella porta. -

Rimango immobile mentre lei alza il busto, una mano sulla mia nuca mentre con l’altra fa leva tenendola appoggiata sul letto. Entrambi avviciniamo i nostri visi per poi unire le nostre labbra in un bacio che di casto non ha nulla perché non ci accontentiamo di sfiorarci, sentiamo il bisogno di un contatto più vero, quasi viscerale nel suo essere ossessivo.

Mi sto perdendo ma non riesco a resisterle.

Immergo il mio volto nell’incavo del suo collo, sfiorando i lunghi capelli setosi, l’annuso, devo abituarmi al suo odore e renderlo mio a tal punto da non esserne più influenzato, sono disposto alla sofferenza, solo per lei.

Cerca le mie labbra catturandole in un secondo bacio, più passionale succhiando la mia lingua. Tutto il mio essere è immerso in lei, nel suo sapore, nel suo calore che mi avvolge facendomi sentire bene, una sensazione strana mai provata prima d’ora.

La sua mano scende sugli addominali, sempre più in basso finché arriva al bottone dei miei pantaloni, la fermo prendendole la mano e mettendola di lato accanto alla sua testa, poi mi allontano per spogliarmi rimanendo di fronte a lei nudo. I suoi occhi mi guardano, mentre continua a mordersi il labbro incastrandolo tra i denti, mi avvicino a lei guardandola negli occhi.

Percorro le sue gambe fino ad arrivare alle sue mutandine che tolgo con troppa foga, strappandole, ma nessuno dei due bada a quel dettaglio, no, i nostri pensieri sono occupati dalla figura che amano, in questo momento niente conta, siamo solo noi due.

La lucidità che mi sono imposto comincia a vacillare, il desiderio mi sta annebbiando la mente, tutto vortica attorno a me, la voglio. Inizio a baciarle la clavicola per poi scendere sino al seno a cui do tutte le mie attenzioni succhiandolo, mordicchiandolo leggermente, sento quel bocciolo indurirsi tra le mie labbra mentre l’odore degli umori del mio amore proibito arriva al mio olfatto.

Con passione entro in lei, non sono delicato, il desiderio, insieme alla frenesia del momento, mi impediscono d’avere una delicatezza necessaria ma lontana da me, infatti la sento irrigidirsi mentre un gemito di dolore esce delle sua labbra. La sua voce, così sensuale, non mi sarei mai stancato d’ascoltarla, appoggio una mano sul suo fianco alzandolo leggermente per approfondire il contatto, le spinte si fanno più veloci e profonde, la voglio sentire inarcare sotto di me in preda al piacere, a causa della mia poca attenzione so che non sarà possibile ma non m’importa, sono un essere egoista e penso solo a me.

Il respiro mi si fa affannoso, sento l’odore del sangue di lei, quelle piccole gocce che ha perso mi stanno dando alla testa, stringo il suo fianco con più forza, facendole male ma non me ne curo e continuo ad affondare in lei con sempre più foga, catturando le sue labbra, baciandole senza darle tregua, non le permetto di respirare, sarebbe morta lo so ma la frenesia che ho in quel momento non mi permette di fermarmi, la consapevolezza è un lume troppo debole per lottare contro il desiderio d’averla. No, ne ho bisogno, un’altra spinta, il suo bacino contro il mio, è quello che voglio e lei me lo sta donando.

La stringo contro di me, la sua pelle bollente contro il gelo della mia, fuoco e ghiaccio. Un freddo che lentamente sta spegnendo il suo calore. Continuo a toccarla ma non è più uno sfiorarsi, percorro il suo corpo in modo famelico, chiudo gli occhi abbandonandomi al piacere che mi ha invaso, con egoismo senza pensare a lei, la devo avere, ormai è mia, un’ossessione che mi sta facendo impazzire, sì, perché lei è l’unica che esigo, pretendo e desidero con tutto me stesso.

Un’altra spinta, un altro gemito che soffoco con le sue labbra, sono un mostro che si sta prendendo con forza ciò che vuole.

I miei occhi diventano neri mentre con forza la possiedo, i nostri gemiti risuonano nella stanza, confondendosi, la sensazione di benessere ma anche di dolore, una sofferenza che sento in mezzo al petto, la mia umanità si sta spegnendo lasciando posto solo all’istinto primordiale di un vampiro, un vampiro assetato di sangue il cui unico desiderio è quello di uccidere la donna tra le sue braccia.

Velocemente porto una mano verso il suo collo sottile, gli occhi aperti non vedono la sua figura, il respiro spezzato porta con sé il suo odore che seducendomi mi porta alla follia.

Una pazzia che mi avrebbe spinto tra le fiamme dell’inferno. Perché solo lì un mostro come me può stare, in quell’inferno fatto di rimorso e dolore, una sofferenza che mi avrebbe portato alla sconfitta definitiva, perché lei avrebbe perso la vita ma io avrei perso la mia unica possibilità d’essere felice, condannandomi ad una eternità senza luce.

Lei è il sole che riscalda il mio corpo, quel sole che mi fa vedere la strada da percorrere, lei è tutto.

Avvicino le mie labbra al suo collo, appoggiandole sulla vena pulsante, inspirando il suo odore, infine scopro i canini violando la sua carne, il corpo sotto di me sussulta mentre con forza la stringo tra le mie braccia, i miei occhi sgranati guardano il vuoto mentre sento il sangue del mio amore proibito scendere per la gola, un sapore dolce diverso dal sangue sia umano sia animale, assaggiato nel corso della mia esistenza, sento la sua forza venir meno. Sta morendo, le sto risucchiando la vita.

- Edward. - un debole sussurro.

Come bruciato mi stacco da lei, vedo la mano che fino a pochi istanti fa era posata sulla mia schiena scivolare giù per poi ricadere sul letto con un tonfo leggero, senza forza, il suo corpo è immobile mentre il petto si alza ed abbassa con troppa lentezza, il suo battito cardiaco quasi del tutto fermo.

Cos’ho fatto?

Il panico mi invade mentre la prendo in braccio stringendola contro di me con delicatezza, il suo corpo immobile. - Bella, guardami. - supplico. - ti prego. - i suoi occhi sono appesantiti, la vedo cercare di aprirli ma li rinchiude lentamente. - No, tu devi vivere. - la stendo e nel compiere questo movimento con orrore i miei occhi si posano sul suo corpo, segni rossi che ben presto sarebbero diventati neri lo ricoprono.

Con tutto il controllo che possiedo in quel momento la mordo nello stesso punto di prima cercando di succhiare via tutto il veleno, la sto dissanguando ma non c’è altra soluzione, ho il terrore di non farcela ma devo! Non posso permettere alla morte di portarmela via ma non posso neanche condannarla ad una esistenza dannata. Con fatica mi stacco da lei, avvolgendola tra le lenzuola.

- Ti prego, perdonami… ti amo. - le sussurro dandole un bacio casto sulla fronte fredda.

Sento il mio cuore spezzarsi.

Sta sanguinando per te Mio amore proibito.

Mi prostro ai tuoi piedi chiedendoti perdono per il male che ti ho fatto e che continuerò a farti.

Un dolore troppo grande si annida dentro di me,

così forte che neanche il freddo e la durezza del mio cuore può sopportare.

Perché io, un mostro…

Amo te.

Perché tu, un’umana…

Ami me.

Da quella notte sono trascorsi alcuni giorni, Bella ora sta bene, le abbiamo dovuto fare delle trasfusioni di sangue, cosa che non ho gradito dato che la sua linfa è stata mischiata a quello di un altro essere, ma era inevitabile per la sua salute. Non le ho più parlato, la ignoro e ferisco ogni qualvolta mi sia possibile, mi sono riavvicinato a Ginevra, la mia compagna, la donna con la quale trascorro il tempo come in questo momento. Siamo in giardino, tutte le coppie unite si scambiano ricordi e opinioni, mentre l’umana viene messa da parte. Solitamente trascorre il suo tempo qui, aiutando o osservando mia madre che cura le varie piante, non si sforza ma resta intenta a scrivere o ad ascolta musica con l'mp3. Ieri è voluta uscire, un’altra volta, la mia famiglia è timorosa perché teme che le accada qualcosa, ha perso molto sangue e la sua salute non è delle migliori ma nonostante questo Bella si rifiuta di riposare, il letto lo evita dormendo sul divano e a tarda notte dopo ogni incubo si rifugia qui. In silenzio seguo la mia cantante rendendomi conto di ogni progresso ed espressione triste, che con la sua presenza oscura quel volto d’angelo. In apparenza mi sono allontanato ma più di questo non posso fare, posso fingere di non amarla, posso toccare un’altra donna ma il mio cuore le appartiene. È lei la custode della mia parte umana, quella piccola e silenziosa.

Ginevra mi sorride stringendomi a sé, rivendicando il suo possesso, toccandomi, vorrei allontanarla, spingerla via da me ma non lo faccio. Noto Isabella distogliere lo sguardo per infine alzarsi dal suo giaciglio e tornare a casa, senza bisogno che le chieda nulla Alice fa lo stesso e con discrezione mi rende partecipe dei pensieri della mia amata, con fatica mantengo un contegno mentre ascolto e vedo tramite la mente la conversazione tra Bella e mia sorella.

- Bella. - vedo il braccio sottile di Alice stringerla cercando di confortarla.

- Alice mi manca. - dice girandosi di scatto abbracciandola, stringendola a lei, sentendo quel freddo di cui tanto sente la mancanza, per infine iniziare a piangere come una bambina.

- Lui ha paura, lo fa per te. -

- Paura? Tu mi dici che lui ha paura. - si allontana alzandosi in piedi. - lui mi ignora, è come se non esistessi, come se tra di noi non ci fosse stato nulla. Preferivo il disprezzo e la cattiveria dei primi tempi a questa indifferenza. A questa finzione, lui ama me, non quella. Lui non l’ama… - termina in un sussurro.

- Non l’ama, ma lei è come noi. -

- Non parlare come lui, non usare le sue stesse parole, lo sai che non è così, non è questo il problema. -

- Tu ora conosci la nostra natura. -

- Siete dei vampiri, la mia vita è in pericolo ma non mi importa. Vi è così difficile capirlo? Che la mia vita non ha senso senza di lui? Quando non è accanto a me, ne sento la mancanza come l’aria, ne ho bisogno. - dice rassegnata. - La mia vita è legata alla sua, è un vampiro, dovrei provare paura nei suoi confronti, essere scioccata, volere quella persona il più lontano possibile da me ma così non è. Per lui non esisto e questo mi fa male. -

- Forse dovresti allontanarti per un po’. -

- Cosa? Me ne dovrei andare? -

- No, solo per oggi, prova a trascorrere un po’ di tempo con Jacob e gli altri, stare con persone come te , ti potrebbe far bene. -

- Allontanarmi da lui… abituarmi a non averlo più accanto. - dice più a se stessa che alla sua interlocutrice. - Sì, credo che sia meglio che vada ma non solo per oggi. - “

Continuo a seguire dalla mente di Alice l’intera scena, fin quando mi rendo conto, con orrore, che Bella ha preso un borsone e di fretta lo riempie dei suoi effetti personali. Scioccato e intimorito al solo pensiero che vada via, mi allontano dai miei fratelli ed entro in camera della mia cantante, di quella creatura dannata. Mia sorella capendo si affretta a congedarsi e abbandona la stanza, ora sono siamo soli, da quella notte non era più successo.

- Edward. - il mio tormento pronuncia il mio nome con astio, ha i muscoli contratti.

- Cosa stai facendo? - le domando.

- Per avere due laure non sei molto perspicace. - poi ignorando la mia presenza continua a sistemare le sue cose.

- Dove te ne stai andando? -

- Leggi nella mente. -

- Lo sai che non ci riesco con te. - rispondo al limite della frustrazione.

- Non è un mio problema. -

- Invece sì, dato che tu sei un mio problema, tu sei il problema. -

- IO. - non riesce a non urlare, si morde il labbro con forza, prende un respiro profondo. E si gira andando verso la finestra. Con fatica cerco di non perdere il controllo a vederla così distante. - Tu non lo sai il male che mi hai fatto, una ferita così profonda che non si rimarginerà più, una ferita che continuerà a sanguinare, perché non basta il tempo a guarirla, alcune sono per sempre, restano nella nostra vita sotto forma di cicatrici eterne. Le porti dentro in silenzio mentre vedi il mondo attorno a te cambiare, evolversi nella sua quotidianità. Le persone cambiano, io ne sono la prova, ho dimostrato il coraggio di saper affrontare il mio più grande amore, rendendomi vulnerabile e ridicola “fa l’amore con me” sciocca bambina, solo una bambina può credere che ciò che abbiamo fatto fosse “amore”, non lo era, non sono niente per te, niente! - Lacrime salate bagnano il suo volto mentre stringe, con forza, tra le sue dita il tessuto morbido della tenda. - Perché? Se sapevi di non amarmi perché mi ha fatto del male? Perché ti sei voluto prendere gioco di me, una piccola insignificante umana. Per te sono questo, un pezzo di carne dal quale hai preso quello che volevi e poi lo hai buttato via! Questo sono, un corpo? Ma a differenza tua io provo dolore, io sento le sensazioni che al solo pensiero d’averti accanto scaturiscono in me. Io ti amo e non mi vergogno ad urlarlo. Perché io non sono una vigliacca. Sono un essere umano con debolezze e desideri, ma con una forza che tu… un vampiro centenario può solo sognare ed invidiare. Hai distrutto il mio corpo, ti sei portato via la mia essenza, il mio sangue ma non mi porterai via anche la dignità. Se non vedermi più è ciò che vuoi, se per te sono solo un problema, allora ti accontento, perché io un'umana avrò la forza di dirti addio, di vivere quella vita che hai negato a tutti e due con la tua ipocrisia, con la tua debolezza d’uomo. Ti amo ma mai questo sentimento si è avvicinato all’odio più puro e sincero come in questo momento. - si gira riportando il suo sguardo su di me, sfidandomi. - Il tuo volto perfetto è congelato in un’espressione di pietà ma sai, tra i due l’unica che può provare questo sentimento sono io, tu non meriti le mie lacrime, il mio amore, ti rendi conto che ti stai negando questo sentimento? E per cosa? Dimmelo, ho diritto ad una risposta, devo sapere perché mi stai infliggendo questo dolore che mi stringe il cuore in una morsa che non mi lascia respirare. Lo devo sapere perché senza pietà mi stai facendo così male. -

- Non credo che tu lo voglia realmente sapere. - rispondo con sicurezza, perché per la prima volta la ragione e l’istinto camminano fianco a fianco, voglio che lei vada via, lontano da me.

- Te ne esci con queste parole indegne? Credi davvero che io ti permetta di lasciarmi così? Illuso, io non l’accetto, almeno questa soddisfazione me la devo prendere. -

- E cosa vorresti fare? Mi hai urlato contro, mi hai detto che per te sono un vigliacco, che sei più forte di me. Dimostrami la tua forza, perché qui davanti a me vedo solo una sporca umana capace di piangere e di porre stupide domande. - vattene, vivi quella vita che con me ti sarebbe negata.

- A cosa devo questo trattamento? Parole senza gentilezza ma solo crudeli, non ti sforzare, non usare le parole per umiliarmi e distruggermi, questo l’hai già fatto. Hai raggiunto il tuo scopo, contento? -

- Più soddisfatto che contento, ma è meglio così. -

- Per te o per me? Sai, non sono l’unica che si sta rassegnando ma forse, tu sei arrivato al punto di non ritorno. -

- Per entrambi. - mi limito a rispondere alla sua domanda, ignorando volontariamente il resto.

- Non ci credo. Continui ad avere paura, quella paura che non ti permette di rischiare. -

- Non sarebbe la prima volta e guarda dove questa tua illusione ti ha portato. -

- Mi ha portato qui da te. -

- Ti ha portato in un letto, per giorni a lottare tra la vita e la morte, ecco dove ti ha portato. Ragiona, usa quel minimo senso di sopravvivenza che ti è rimasto. -

- E se non l’avessi? -

- Allora morirai. -

- Meglio morire che vivere così almeno io potrò. -

- Con quanta ingenuità pronunci queste parole? Non sai di cosa pali. -

- Nemmeno tu… sei qui davanti a me e non sotto tre metri di terra, per cui nemmeno tu sai di cosa stai parlando. -

- Non giocare con la morte. -

- E tu non giocare con una ragazza innamorata, non mi sottovalutare. -

- È una minaccia? -

- No. Solo un avvertimento. -

Pronunciando quest’ultima frase si avvicina al borsone sopra il letto, lo chiude per poi metterlo in spalla ed uscire da quella porta, lasciandomi. Sospiro, non posso evitare di pensare che ho trascorso tutti questi decenni cercando di vivere, ho aspettato a lungo qualcosa di indefinito, mi guardavo attorno, cercando senza trovare.

Ho aspettato a lungo un cambiamento, una ricerca continua la mia, questo è sempre stato un modo per fermare il tempo, quel tempo che continua la sua folle corsa ma che non lascia traccia del suo passaggio su di me.

Non conoscevo cosa cercare ma sapevo che prima o poi l’avrei trovato, questa è l’inutile speranza di un uomo che non può vivere senza amore? Forse sì, con ogni probabilità è questa la risposta, un segreto che custodisco gelosamente dentro di me, perché nessuno sa, nessuno conosce i miei tormenti, i vuoti che mi attanagliano, ed ora tutto è finito, perché la mia ricerca è terminata, ho trovato ciò che il mio essere agognava con disperazione ma l’ho lasciata andare.

Bella non sa ciò a cui sono disposto a rinunciare pur di saperla felice, invidio la sua umanità, lei può piangere, sfogare contro di me il suo dolore, la sua rabbia, le sue lacrime bagneranno le sue labbra mentre io non posso.

Il dolore che provo ogni qualvolta la mia mente corre verso di lei, ogni qualvolta mi rendo conto di quanto sia impossibile il nostro amore, perché è solo spirituale, potrò amarla ma in silenzio. Le mie mani non toccheranno più le sue, il mio corpo non macchierà con la sua presenza il fragile fisico di una ragazza troppo giovane e ingenua.

Fa male non averla qui con me.

Fa male sapere che sta meglio senza di me.

Lei non lo sa ma io sono colui che l’ama, il mio è un amore puro e semplice ma allo stesso tempo, sono l’unica persona che la può uccidere con una carezza. Non degno d’esser definito uomo, per il semplice motivo che non lo sono.

Non perché sono un vampiro, le ragioni per cui io Edward Cullen mi considero un vigliacco sono ben più tristi e reali, lo sono perché non ho il coraggio d’amare ed esser amato. Perché vivo con il terrore che tutto possa finire da un momento al altro.

Lei così fragile, piccola… così umana.

Non è eterna, forte… non è dannata.

Io sono il suo contrario, siamo gli opposti di due razze. Con facilità potrei raggiungerla ma temo i miei pensieri, temo il futuro. Odio il tempo che lentamente, giorno dopo giorno, rintocca la sua ora, un secondo dietro all’altro si avvicina la sua fine. Non può chiedermi di stare insieme. Deve vivere, e cancellare dalla sua mente il mio ricordo. Sì, mi deve dimenticare, deve correre lontano da me, il più lontano possibile, con il fiato affannato, corto, spezzato, veloce.

Corri. Lontana. Da. Me.

Con la sua scomparsa ho perduto il mio cuore perché lei lo è. Sì, mia piccola umana, sei quell’organo, è tramite te che sento battere quel cuore fermo da tempo.

Quando emergo dai miei pensieri osservo per l’ultima volta la stanza della piccola Isabella, rimanendo sconcertato da quanto sia ormai sua, ogni angolo, mobile ha un po’ di lei, la rappresenta in qualcosa, il modo in cui gli oggetti sono posati, i cd, i libri, ed è rimasta qui poche settimane, non posso far almeno di sorridere in maniera malinconica, ovunque vada lascia il segno del suo passaggio. Poi la mia attenzione viene catturata dal letto, su cui c’è un pezzo di carta piegato a metà, mi avvicino e lo prendo leggendo il suo contenuto…

Caro Edward,

Le parole sono belle ma mi sono nemiche, perché portano con sé quella consapevolezza odiata e tenuta a distanza.

Vorrei poterti stare accanto, sfiorare le tue mani con le mie, scherzare e parlare con la serenità negli occhi ma questo non è possibile. Perché hai reso ogni mio desiderio un divieto, bandito come se il solo volerti vicino fosse un crimine.

Da quel giorno non riesco più a stare dentro quella casa, mi sento oppressa, il respiro mi si blocca al ricordo di ciò che è successo ed è per questo che trascorro le mie giornate qui, in questo giardino, una piccola oasi di natura ma ora, non sono l’unica…

L’aria fresca di questa giornata riempie i miei polmoni, tu sei qui a pochi metri da me ma mai quanto oggi ti sento lontano, trattengo il fiato quando le tue mani si fermano sui suoi fianchi.

I miei giorni li trascorro così, torturandomi con la visione di te e lei, i miei occhi non riescono a spostarsi, due esseri dalla bellezza divina ma talmente diversi perché basta osservarvi per vedere la differenza, nei tuoi occhi non c’è l’invidia e la crudeltà che contraddistingue le iridi di Ginevra.

Quella donna dai lunghi capelli biondi, ti circonda con le sue braccia, ti stringe a sé, come per rimarcare il diritto d’averti, perché gli appartieni, almeno è questo ciò che crede ma mio amore, noi sappiamo la realtà.

Vero Edward?

Lo vedo in ogni tuo movimento più la stringi, più la respingi, quelle stesse mani che con sicurezza e forza hanno percorso ogni centimetro del mio corpo.

Con una carezza mi hai ferito, una ferita non visibile, non come i segni che ancora oggi porto sul mio corpo, quei lividi, l’unica cosa che mi resta di te.

Sai, li guardo giorno dopo giorno diventare sempre più chiari, sono arrivata a desiderare che non spariscano, la loro scomparsa metterebbe in dubbio la mia unica certezza che almeno per una notte sei stato mio, che solo per una notte sono stata tua ma tra poco non mi rimarrà più niente… solo un lontano ricordo che ben presto sparirà portato via dal tempo.

Ti vedo mentre le sorridi, con quello stesso sorriso che doni ad ogni ragazza si dimostri disponibile e carina con te, ma che da sempre mi hai negato.

Con maestria riesci ad incantare e conquistare la tua preda, sei un cacciatore che ottiene ciò che desidera, senza chiedere.

Siamo noi che ci doniamo a te.

Morire tra le tue braccia è il prezzo che siamo disposte a pagare. Un sacrificio non degno d’essere definito tale perché non lo è, non per me.

Le tue dita da pianista scivolano sulla maglietta stretta di lei percorrendo i suoi fianchi e chiudendola in un abbraccio, le tue mani si intrecciano dietro la sua schiena.

Questo è un abbraccio? No, questa è l’ennesima prova che per te una vale l’altra. Ma ne sei sicuro? Sensazioni che il corpo freddo e vuoto che tieni con te non ti potrà mai far provare, cercare in lei ciò che hai perso.

L’ami? Non c’è sentimento, gesti automatici resi spontanei dal tempo. Non c’è amore, solo una “finta” attrazione. Continua mio attore questa recita… continua…

Contro la vostra natura, così silenziosi eppure così letali, sento le vostre risate giungere sino a me. Vuoi che guardi, che senta, non è forse vero? Vuoi che mi renda conto che tra noi non c’è niente. Illuso. Illusa. La risposta la conosciamo, non saranno delle carezza ad un’altra donna a cambiare i fatti. Apparenza.

Con gli anni quella tua stessa bravura nel fingere si è trasformata nella tua più grande condanna. Come un bravo attore continui il tuo monologo, ma lo sai che anche le commedie più lunghe hanno una fine?

Prima o poi dovrai guardare in faccia la realtà, toglierti la maschera e allora ti accorgerai del male che mi hai fatto, ti renderai conto che forse non è stato solo il mio sangue a portarti da me.

Poi ti vedo guardarmi per un secondo di troppo, mantieni i tuoi occhi dorati su di me, non riesci o non vuoi nascondere un lampo di tristezza o forse la consapevolezza che non si torna indietro? Domande che mi divorano dentro.

L’ami? Un quesito che mi ossessiona, una risposta che mai avrò, non mi ritieni alla tua altezza, tu che come un dio ti mostri a noi, che con la stessa perfidia ci fai del male, deridendo noi comuni mortali.

Gli occhi sono lo specchio dell’anima, anche della tua, non puoi nasconderti per sempre.

Riporti il tuo sguardo su di lei, il tuo viso a pochi centimetri dal suo, è un attimo chiudo gli occhi, stringendoli con forza mentre giro il viso di lato, sento i miei occhi pizzicare. Calde lacrime che aspettano solo di fuoriuscire da questi occhi consumati dal dolore, è questo ciò che succede ogni volta, in ogni istante vengo presa dalla sofferenza più cruda e devastante.

Per te amore mio, per un essere dannato al quale sono legata dal sentimento più infame, l’amore. Che prima unisce e poi fa cadere in un baratro senza fine.

È questa la fine?

Mi hai salvato la vita ma ti sei portato via un pezzo di me, del mio cuore che ora più di prima ti appartiene. Perché ci hai voluto condannare ad una vita fatta di dolore e rimpianto? Credi davvero che ti possa dimenticare? Credi davvero che basti tenere tra le tue braccia lei? Sei solo uno stupido.

Tu, che ti sei sempre considerato migliore degli altri, superiore a tutti, colui che non ama… ne sei sicuro? Eppure in quei pochi istanti in cui, amore mio, ti ho avuto accanto, mi sono sentita amata. Sì, sono state le sensazioni che tu, un mostro, mi hai fatto provare. Un mostro, il mio volto si oscura, non sai quanto vorrei che fosse vero. In questo momento desidero con tutta me stessa che tu lo sia.

Potrei odiarti se tu fossi un essere infame, senza anima.

Potrei portarti rancore per il resto dei miei giorni.

Potrei essere disgustata al solo ricordo delle tue mani fredde sulla mia pelle.

Potrei…

Ma la realtà è ben diversa...

Io non ti odio, il sentimento che ora mi sta distruggendo è più dolce, una dolcezza ingannevole che illude.

Io non ti porto rancore ma per gli anni a venire custodirò nel mio cuore, come il tesoro più grande, l’affetto che provo per te, il tuo ricordo.

Io non ti cancellerò. Non potrei mai essere disgustata da te. Come potrei, le tue carezze mi hanno ferita, ma quelle stesse mani come un balsamo hanno placato il dolore che mi ha invasa.

Il mio ultimo ricordo di quella notte sono io tra le braccia del mio amore. Mi sentivo bruciare dentro, mentre un dolore fisico mi aveva indebolita. Sentivo le tue braccia fredde stringermi con forza contro di te, le tue parole piene d’angoscia, il sentimento che provavi, il suono della tua voce che pian piano diventava sempre più lontano finché non lo sentii più.

Non dimenticherò mai ciò che c’è stato, non dimenticherò i tuoi gesti, le tue labbra sopra le mie. La tua natura ti rende schiavo dei tuoi istinti, tra il piacere mi sono resa conto del tuo cambiamento, del tuo sguardo vuoto accecato da un desiderio, in quel momento, sconosciuto a me.

Ma sappi Edward Cullen che io non rinuncerò mai a te, perché l’amore ci rende folli, ci rende delle creature sciocche pronte a tutto pur d’avere accanto chi amiamo. Amare vuol dire anche lasciare andare, rispettare il volere dell’altro, ma questo non è il mio caso. Io non lo farò, non permetterò alla paura di rovinare, di portarmi via la felicità che mi spetta.

Tua per sempre,

Bella.

   
 
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