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Autore: _KyRa_    28/12/2009    7 recensioni
Era passato un anno. Esatto, già un anno era trascorso dal giorno in cui avevo conosciuto i Tokio Hotel. E quasi un anno era passato dalla mia relazione con Tom che, magicamente, eravamo riusciti a mantenere solida. Certo i problemi non mancavano, ma qual'era quella coppia che non ne aveva?
[Sequel di "Looking for happiness"]
Genere: Erotico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie '~ Beats Of My Heart ~'
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capitolo 18

Capitolo 18


«Questo è il Paradiso» sussurrai estasiata.

Io e Tom eravamo appena atterrati a Parigi, la bellissima città dell'amore, o almeno così dicono.

Era il periodo natalizio e le strade erano adornate di stupende luci e addobbi.

Ne eravamo circondati ed osservavamo tutto quanto con espressioni estasiate.

Seduti sul taxi che ci stava conducendo al nostro albergo, ci guardavamo attorno, attraverso i finestrini oscurati.

Tom doveva comunque stare attento a non farsi riconoscere, i Tokio Hotel erano davvero famosi anche in Francia.

Mi voltai verso di lui e gli sorrisi.

«Ti ho già ringraziato, vero?» gli chiesi entusiasta.

«Almeno trenta volte» ridacchiò lui in risposta.

«Credo non sia mai abbastanza» commentai.

«Penso che stasera mi ringrazierai come si deve» sussurrò arrivando a sfiorare le mie labbra, mentre una scarica elettrica mi attraversava la colonna vertebrale.

«Porcellino» sorrisi.

«Uomo» mi corresse.

Dopo qualche minuto ancora, finalmente, arrivammo davanti ad un enorme albergo a cinque stelle.

Tom se lo poteva ovviamente permettere.

Indossò gli occhiali da sole e scendemmo insieme dalla macchina.

Tom recuperò il piccolo borsone che ci eravamo portati dietro, contenente sia i miei che i suoi vestiti.

Poteva bastare, d'altronde la nostra piccola vacanza avrebbe sfruttato solo il fine settimana, poi saremmo dovuti tornare alla vita di tutti i giorni. Per quel motivo ce la volevamo godere a pieno.

Entrammo e ci avviammo alla reception.

Tom sistemò alcune cose con la proprietaria, intimandole di non riferire a nessuno della sua permanenza in quell'albergo.

Poi si fece dare le chiavi della nostra camera e, prendendomi per mano, mi guidò verso l'ascensore.

Salimmo fino ad arrivare proprio all'ultimo piano. Più eravamo appartati, meglio era.

Attraversammo il corridoio trovandoci di fronte all'ultima porta che in pochi secondi Tom aprì.

Non mi era mai capitato di vedere una camera d'albergo così bella, lussuosa ed appariscente.

Un letto matrimoniale al centro di essa, molto alto e con i materassi più comodi che io avessi mai provato; un'enorme armadio sulla destra con un grosso specchio sulle ante; due comodini ai lati del materasso; un lungo tavolo davanti ad esso, munito di televisione a schermo piatto; alle spalle del letto una finestra che dava su un terrazzino, dal quale si poteva ammirare la bellezza di Parigi, specialmente se illuminata di notte.

Mi voltai verso Tom e, avvolgendogli le braccia attorno al collo, lo baciai con tenerezza.

Lui buttò a terra il borsone senza troppi complimenti e mi abbracciò accarezzandomi la schiena mentre ricambiava quel bacio.

«Mi mancava stare da sola con te» gli confessai chiudendo gli occhi estasiata, a causa dei suoi continui baci sul collo.

«Non sai quanto a me...» rispose passando le sue labbra sul mio mento, fino ad arrivare di nuovo alla mia bocca.

Poi sorrisi e lo allontanai delicatamente con una mano sul suo petto.

Mi guardò tirando in fuori il labbro inferiore, regalandomi un'espressione implorante e tenera allo stesso tempo.

«A tempo debito» gli feci l'occhiolino. «Prima voglio farmi una passeggiata con te per Parigi. È sempre stato il mio sogno da quando ci siamo messi insieme poter semplicemente camminare per mano come due veri fidanzati» aggiunsi diventando bordeaux per quella confessione.

Lui sorrise, comprendendo il mio imbarazzo, e mi diede un ultimo bacio stampo.

«Non ti devi vergognare, piccola. Hai ragione. Scusa se sono sempre così orso» ridacchiò.

«Non sei per niente orso e lo sai» risposi.

«Allora andiamo?» mi domandò entusiasta.

Io annuii e lo seguii fuori dalla stanza.

In ascensore Tom mandò un messaggio a suo fratello per fargli sapere che eravamo arrivati e che stavamo andando a farci un giro. Nello stesso istante mi arrivò un messaggio di Hellen che voleva sapere se era tutto apposto.

Io la rassicurai, proponendole di approfittare della nostra assenza per andare a fare un po' di compagnia a Bill che invece soffriva di solitudine senza suo fratello.

In risposta ricevetti prima un “Vaffanculo!” e, qualche secondo più tardi, un “Se avrò tempo lo farò”.

Io sorrisi scuotendo la testa. La conoscevo fin troppo bene.

Una volta fuori dall'albergo Tom mi prese per mano, incrociando le nostre dita, e prendemmo a camminare.

Le strade erano davvero affollate e ciò ci trasmetteva calore e serenità.

Il cielo era già più scuro, dato che erano le sei di sera.

Ci facemmo tante belle foto, davanti a vetrine, alberi di Natale, fontane... forse avrei potuto cominciare un album fotografico anche io, per la prima volta nella mia vita.

Tom era pazzo. Forse quel fine settimana da soli ci avrebbe fatto bene.

Stavo scoprendo piccole cose nuove di lui che, per assurdo, in un anno di relazione ancora non avevo conosciuto.

Ad esempio, la dolcezza nel tenermi per mano accarezzandomela ogni tanto, senza neanche accorgersene.

L'entusiasmo nel portarmi vicino a vetrine o monumenti di Parigi.

La serenità nel chiacchierare animatamente e facendomi ridere ogni due secondi.

Il suo prendere in giro, di tanto in tanto, passanti bizzarri, senza farsi notare.

Il suo animo giocherellone nel nascondersi e farmi scherzi divertenti.

Il volermi scattare foto in qualsiasi posto, o scattarle a tutti e due, insieme.

Cose semplici e normali che fino a quel momento non avevamo mai potuto fare a causa del suo lavoro.

Anche lui sembrava entusiasta di aver riscoperto un lato della sua vita che gli mancava: il poter vivere normalmente.

«Oddio, che bello quel vestito!» esclamai ad un tratto indicando una vetrina che metteva in mostra un bellissimo abito nero, molto semplice, con brillantini non troppo appariscenti lungo esso.

Tom lo guardò qualche secondo e sorrise.

«Vieni» mi disse tirandomi per mano, verso il negozio.

«Cosa? No no!» esclamai impuntandomi e tirandolo dalla parte opposta.

«Non fare la stupida, vieni!» ridacchiò riuscendo a trascinarmi nel negozio. «Bonsoir» mise in pratica il suo francese scolastico.

Una commessa ci accolse sorridendo. «Do you speak english?» domandò Tom arreso al fatto di non riuscire a spiccicare parola in quella lingua, cosa che mi fece sorridere.

«Yes, can I help you?» rispose gentilmente la donna.

Tom annuì e si voltò ad indicare il vestito che mi piaceva.

«She would like to try that black dress in the shop window» le riferì.

La commessa si avvicinò all'abito e, indicandolo, domandò: «This one?». Tom annuì e lei lo prese per poi porgermelo. «Here» mi sorrise.

Io, ringraziandola imbarazzata e guardando per un attimo Tom, mi andai a chiudere nel camerino.

Era tremendo quel ragazzo. Dovevo imparare a starmene zitta o si sarebbe messo a svuotare tutti i negozi di qualsiasi città.

Certo, mi faceva piacere. Però mi metteva anche in imbarazzo.

Mi spogliai ed indossai quel vestito stupendo.

Mi ammirai qualche secondo allo specchio e poi decisi di uscire per chiedere un parere a Tom.

Lo guardai timidamente domandandogli: «Come ti sembra?».

Lui mi osservò dalla testa ai piedi con la bocca leggermente dischiusa.

Sembrava mi stesse facendo la radiografia ed automaticamente arrossii.

«Sei bellissima» sorrise.

Volevo andarmi a nascondere dalla vergogna.

«Potresti commentare l'abito e non me?» chiesi abbassando lo sguardo.

Lui mi si avvicinò e mi sollevò il viso con le mani.

«Hey, come mai oggi ti imbarazzi non appena ti faccio un complimento?» mi domandò dolcemente.

«Sarà che non ero più abituata» arrossii.

«Scemotta» mi baciò sulle labbra. «Comunque ti sta benissimo» continuò osservandomi nuovamente. «Te lo compro volentieri» aggiunse soddisfatto.

«No, Tom, dai, mi sento in colpa» borbottai.

«Perchè dovresti? Non ti posso fare un regalo?».

«Fosse solo uno...».

«Dai, cambiati che lo vado a pagare».

«Giuro che non farò più nessun commento su qualcosa che mi piace, d'ora in avanti».

Sentii Tom ridacchiare mentre mi richiudevo la tenda alle spalle.

Mi tolsi il vestito e glielo passai tirando fuori solo un braccio.

Mi rivestii e quando uscii lo trovai già col sacchetto in mano, ad aspettarmi.

Lo raggiunsi e mi prese di nuovo per mano.

«Merci» ringraziò la commessa per poi uscire dal negozio.

«Grazie» dissi intimidita, appoggiando la testa sulla sua spalla.

Lui mi avvolse le mie con un braccio e mi strinse continuando a camminare, mentre il mio braccio andava a finire intorno alla sua vita.

«Di niente. Te lo metti stasera» rispose.

Io lo guardai incuriosita.

«Per cosa?» domandai.

«Ti porto al ristorante» mi sorrise baciandomi la fronte.

Quel ragazzo era veramente una sorpresa ogni giorno di più.

«Ti amo decisamente troppo» sussurrai stringendomi di più a lui.

Decidemmo di tornare in albergo dopo ancora una mezz'ora di chiacchiere e tenerezze per la via della città.

Una volta in camera io sparii in bagno assieme al vestito che mi aveva regalato.

«Non metterci troppo» mi aveva sorriso sdraiandosi sul letto ed accendendo la tv.

Mi infilai nella doccia e, dieci minuti dopo, ero già fuori dal box ad asciugarmi e vestirmi.

Presi il phon e mi sistemai i capelli, piastrandomeli.

Decisi di truccarmi non troppo pesante: ombretto nero e sfumato, mascara e fondotinta.

Mi spruzzai al collo un po' di profumo, mi aggiustai la collana di Tom e sorrisi guardandomi allo specchio.

Sembrava fosse il mio primo appuntamento con lui.

A pensarci bene forse poteva quasi essere considerato tale.

Non eravamo mai andati effettivamente a cenare ad un ristorante da soli.

Sospirai e, dopo essermi infilata i tacchi ai piedi, uscii dal bagno.

Trovai Tom ancora spaparanzato sul letto, come lo avevo lasciato, che cercava di capire qualche parola di un programma francese alla tv. Sorrisi divertita.

«Ci stai capendo qualcosa?» domandai.

Lui si voltò sorpreso verso di me e rimase a fissarmi immobile.

«Oddio... sei...» balbettò mentre io mi avvicinavo a lui. Lo zittii abbassandomi e baciandolo sulle labbra. Quando mi staccai mi guardava come ipnotizzato – forse dal mio profumo, che a lui piaceva tanto – e si decise ad alzarsi. «A stasera potrei non arrivarci» sorrise scuotendo la testa. Io ridacchiai soddisfatta.

Lo osservai e rabbrividii per quanto era bello.

Vestito con una maglia bianca e dei jeans blu scuro, aveva indossato la felpa che gli avevo regalato io per Natale.

Si legò una bandana bianca, piegata a fascia, sulla fronte, per poi aggiustarsi i cornrows sulle spalle.

I miei occhi caddero sulla fedina che portava al dito ed automaticamente andai a toccare la mia.

«Andiamo» disse poi, una volta pronto.

Indossammo le nostre giacche, recuperai la borsa, ed uscimmo dalla stanza.


*


Il ristorante aveva delle luci molto calde, leggermente soffuse, che donavano una bellissima intimità all'ambiente.

I muri erano formati da pietre di ogni sfumatura del rosso.

Tom aveva scelto un tavolo in un angolo, molto appartato, per sentirci più a nostro agio.

Seduti uno di fronte all'altra, aspettavamo le ordinazioni.

Il mio sguardo era posato sul viso di Tom che, quando se ne accorse mi sorrise dolcemente.

«Che c'è, piccola?» mi domandò posando una mano sulla mia ed accarezzandomela con delicatezza sul tavolo.

Io scrollai le spalle scuotendo la testa.

«Niente... sono contenta. Insomma... non mi sembra ancora vero che siamo qui io e te, da soli» sorrisi.

«Anch'io sono contento» rispose teneramente, mentre arrivava la cameriera per prendere le ordinazioni.

Entrambi chiedemmo una bistecca impanata – la nostra preferita – e una birra.

Quando la cameriera se ne fu andata tornammo a guardarci.

«Sai... è da un po' che non parliamo io e te» riprese ad un tratto.

«In che senso?» domandai aggrottando le sopracciglia.

«Intendo... da quando hai perso il bambino» sussurrò ed io sobbalzai leggermente. «Non ti sei mai confidata con me e io non mi sono mai confidato con te, per le ragioni che sappiamo» continuò.

Io rimasi qualche secondo a riflettere in silenzio, poi decisi di rispondere.

«Hai ragione... beh... è difficile da spiegare...» cominciai.

«Provaci, anche per me lo è. Ma è importante che ne parliamo noi due, d'altronde siamo i diretti interessati» mi incoraggiò.

«Io l'avevo sentito.... l'avevo già sentito che se n'era andato, quando ho preso il colpo» sospirai chiudendo gli occhi qualche secondo per poi continuare. «E' stranissimo, ma è proprio vero che non appena diventi madre senti ogni cosa e capisci tanto della vita. Quando mi hai detto che era morto io... non ero sorpresa per il fatto che lo fosse, lo sapevo già. Più che altro è stato difficile accettare la cruda realtà. Fino all'ultimo volevo convincermi del fatto che le mie erano tutte sensazioni sbagliate anche se sapevo che non era così. Mi sono sentita divisa a metà. Mi sono sentita morta per metà». Tom mi strinse la mano poggiata sul tavolo. «E' orribile» conclusi.

«Anch'io mi sono sentito morto per metà. Non è la stessa cosa, ma la sensazione era quella. Mi sentivo in colpa... perchè era successo tutto a causa mia. Probabilmente se non ti avessi sbattuta fuori di casa, tutto questo non sarebbe accaduto. Sono stato uno stupido. Quando mi hanno comunicato del bambino ho iniziato a piangere, prendendo a pugni il muro davanti a me. Volevo distruggerlo, così come avevano distrutto il mio cuore. Avevo fatto una cosa buona finalmente nella mia vita e questa mi è stata portata subito via, ancora prima di godermela» abbassò lo sguardo e potei scorgere una lacrima cadere sulla tovaglia.

Allungai una mano verso il suo viso e glielo asciugai.

I suoi occhi lucidi si posarono di nuovo su di me, cercando conforto.

«Non è stata colpa tua, Tom. Il destino non lo puoi cambiare, si vede che doveva andare così» sussurrai.

Lo vidi riprendersi leggermente e rimanere un attimo in silenzio a pensare.

«Senti...» riprese dopo un po'. «Tu... insomma, tu... lo... lo rivorresti?» balbettò guardandomi impacciato.

Il mio stomaco fece una capovolta e mi venne automaticamente da sorridere.

Abbassai lo sguardo commossa da quella sua incredibile dolcezza e poi tornai a guardarlo.

«Sì... forse sì» risposi facendolo sorridere. «Ma non adesso» aggiunsi. «Ho paura. Vorrei riuscire a superare per bene questa cosa e poi... poi se vuoi...».

Tom annuì facendomi intendere che aveva capito.

«Tranquilla, piccola» disse.

«E tu lo vorresti?» gli domandai a mia volta, timida.

Mi sorrise e si sporse verso di me baciandomi. Non c'era bisogno di parole.

Lui era così. Per certi argomenti si imbarazzava e rispondeva in altri modi.

Ricambiai il sorriso e l'argomentò finì lì, proprio nel momento in cui tornò la cameriera con i nostri piatti.

Ad un tratto mi arrivò un messaggio sul cellulare e anche a Tom proprio qualche secondo dopo.

Dopo aver letto ci guardammo e, contenti, dicemmo all'unisono: «Si sono baciati».

Scoppiammo a ridere e ci scambiammo i cellulari.

Lessi il messaggio che Bill aveva mandato a suo fratello, contornato di tremila cuori, che diceva “Ci siamo baciati!”.

Lo stesso che Hellen aveva inviato a me.


*


Dopo qualche spallata e un paio di calci, Tom riuscì ad aprire la porta della nostra camera, senza mai staccare le labbra dalle mie. Avevamo una foga mai provata prima.

Sbatté di nuovo la porta con un piede mentre faceva vagare freneticamente le sue mani sul mio corpo e la sua bocca mi lasciava diversi succhiotti sul collo.

Avevamo fretta entrambi di averci e sentirci di nuovo, era passato troppo tempo.

Tom mi attaccò al muro, continuando a baciarmi, e pressò il suo bacino contro il mio, facendomi sentire quanto effettivamente aveva bisogno di me.

Le mie mani finirono sotto la sua maglia oversize, mentre con la lingua mi divertivo a stuzzicarlo sul collo e sulle labbra.

Lo sentivo sospirare pesantemente al mio orecchio, cosa che mi mandava fuori di testa.

Buttai a terra la sua maglia ma non feci in tempo a guardarlo in tutta la sua perfezione che mi prese il viso tra le mani e mi baciò di nuovo, quasi con violenza. Non potevo negare che mi piacesse.

Mi lasciai scappare un gemito sulle sue labbra, facendolo impazzire.

Mi prese in braccio e mi tenne ferma, contro il muro, mentre io gli avvolgevo la vita con le gambe.

Mentre mi sfilava il vestito, mi sorreggeva aiutandosi col bacino, peggiorando le mie condizioni mentali.

Le sue mani scorrevano sensualmente dall'orlo dell'abito, sulle mie gambe, fino ad arrivare ai miei slip con i quali prese a giocherellare, mentre mi mordeva una spalla.

Io scesi e camminai verso il letto matrimoniale, tirandolo a me per il collo e continuando a baciarlo.

Con una leggera spinta mi fece cadere sul materasso e me lo ritrovai subito sopra.

Quel suo modo di fare un po' “rozzo” ma dolce allo stesso tempo mi eccitava ancora di più.

Mi tolse velocemente il vestito, lanciandolo in un angolo non definito della stanza.

Con la lingua “disegnava” dei cerchi immaginari sul mio petto, superando il reggiseno che intanto cercava di slacciare, ed attraversando il mio ventre.

Si fermò una volta arrivato agli slip e tornò sul mio viso, facendomi impazzire.

Sapeva come farsi desiderare sempre di più, era decisamente bravo.

Le mie mani scesero sulla sua cintura che slacciai in pochi secondi, aiutata da lui.

Ben presto anche il mio reggiseno andò a far compagnia agli altri indumenti sul pavimento, così come gli slip.

Tom si sistemò meglio addosso a me e si slacciò frettolosamente i jeans.

Io sorrisi sulle sue labbra e lui fece lo stesso guardandomi con gli occhi socchiusi.

«Sai cosa vuol dire per me averti aspettato tutto questo tempo?» sussurrò togliendosi i pantaloni e i boxer contemporaneamente. Io ridacchiai.

Recuperò un preservativo ed eccoci di nuovo uniti.

A quell'immediato contatto chiusi gli occhi sorridendo e sospirando estasiata. Quanto mi era mancato... il suo odore, la sua pelle liscia, i suoi sospiri...

Anche lui gemette leggermente sul mio collo e, dopo avervi posato un tenero bacio, cominciò a muoversi dolcemente.

Era tutto il contrario di prima: la frenesia e la fretta erano cessate, lasciando spazio alla delicatezza e alla dolcezza.

Mi guardava dritto negli occhi, con espressione beata, accarezzandomi la fronte ed i capelli mentre i suoi movimenti continuavano.

Lo baciai sulle labbra, senza approfondire il contatto e richiusi gli occhi cominciando ad avvertire una bellissima sensazione che partiva dal basso ventre.

La stessa cosa cominciò a provarla lui, gemendo al mio orecchio e muovendosi più velocemente, fino a che non raggiungemmo assieme, oserei dire, il Paradiso.

Si abbandonò completamente sopra di me, riprendendo aria.

Stavamo entrambi ad occhi chiusi, ancora piacevolmente scossi.

«Sì, mi sei decisamente mancato...».

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Ringrazio:

_Radio Hysteria

Aury_Kaulitz

Lena_93

S3cr3tS_Myr3

Zucchelino

Lion of darkness


  
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