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Autore: Mue    29/12/2009    7 recensioni
Quando uno dei concorrenti di una gara clandestina di auto volanti si schianta e finisce al San Mungo senza una gamba, la sua comparsa davanti al Wizengamot sembra inevitabile.
Ma grazie a un celebre avvocato, viene invece spedito a un Magazzino di Disincantamento e Smaltimento Magico per fare otto mesi di lavori socialmente utili.
E qui, in mezzo alle brughiere solitarie di Ilkley Moor, troverà l'occasione per riscattare i suoi peccati e forse, finalmente, perdonare se stesso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Policromia' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo XI




Ministero della Magia, 16 ottobre

La seconda persona che irruppe nella solitudine della stanza buia in cui Roger era confinato era un altro viso conosciuto. Un viso di nome Seamus Finnigan, avvocato.
Roger stava già per cacciarlo via in malo modo, ma lui lo precedette sul tempo.
«Non sono venuto per conto di sua madre.»
Sembrava quasi avergli letto nel pensiero. Roger richiuse la bocca senza dire nulla e aspettò che si accomodasse sull’unica sedia presente, restando in piedi a fronteggiarlo.
«Sono diventato erede di una montagna di Galeoni e non l’ho saputo?» chiese cupamente.
Finnigan lo guardò perplesso. «Non che mi risulti.»
«E allora per quale diabolica ragione si trova qui se non posso pagarla per farmi da avvocato?»
Finnigan appoggiò i gomiti sulle ginocchia e sorrise. «Mi sembra di averglielo già spiegato: seguo i suggerimenti della mia coscienza.»
Roger lo squadrò, poi si decise finalmente a sedersi di fronte a lui, per terra. «Suppongo che lei si debba sentire in colpa per qualcosa, allora.»
«No, se escludiamo il senso d’ingiustizia che provo quando una persona viene accusata senza prove tangibili della sua colpevolezza.»
«Da quel poco che ho capito da quando sono comparsi a casa mia e mi hanno trascinato qui, non ci sono prove, ma solo certezze sulla mia colpevolezza» osservò lui sarcastico.
Finnigan lo fissò negli occhi. «Lei non conosce le accuse che le sono state rivolte?»
«No.»
«Si ritiene innocente?»
«Nessuno è completamente innocente, a questo mondo, io meno di tutti.»
Finnigan incrociò le braccia appoggiandosi allo schienale della sedia senza smettere di studiarlo. «Lei è una persona molto onesta, signor Davies.»
«Curioso, detto da un avvocato che in passato mi ha dato l’impressione di sapere ogni singola riga che compone la mia fedina penale.»
«L’onestà di cui parlo non ha niente a che vedere con la sua rispettabilità. Lei non è certo un individuo modello nella sua condotta, ma sono certo che non esiste colpa che abbia commesso che lei negherebbe.»
«Vuole dire che sono sincero nella mia disonestà?»
«Esattamente. Quindi, mi dica, Davies: lei è complice di un’attività di commercio ed eliminazione illegale di oggetti oscuri all’interno del Magazzino in cui lavorava?»
Roger sospirò. «Se le dico che non so nemmeno di cosa lei stia parlando mi crede?»
Finnigan ebbe solo un attimo di esitazione, prima di rispondere risoluto: «Sì, le credo.»
«Allora non avrà niente in contrario a spiegarmi cosa sta succedendo, vero?»
L’uomo annuì ed estrasse dalla borsa accanto alla sedia un fascicolo verde smeraldo. «Prima di tutto lei saprà che in questi mesi il Ministero e gli Auror sono impegnatissimi in una caccia serrata a tutti gli artefatti e gli oggetti oscuri in circolazione dopo la Seconda Guerra Magica.»
Roger annuì.
«Ebbene, una pista che da varie settimane stavano seguendo ha portato gli Auror a supporre che alcuni possessori di tali artefatti, impauriti dalle sanzioni e dal rischio di finire ad Azkaban se scoperti, hanno allestito un traffico clandestino che porta ad alcuni Magazzini di Disincantamento. Come lei sa, questi magazzini sono sotto la tutela del ministero e gli oggetti ivi smaltiti sono sempre controllati e catalogati uno per uno dall’Ufficio dell’Uso Improprio della Magia prima di essere trasportati da voi.» Fece una pausa. «Quindi per queste persone era impossibile liberarsi di tali oggetti in altro modo se non quello di infiltrarsi direttamente al Magazzino.»
Roger, che cominciava a capire, aveva ancora qualche dubbio. «Non potevano semplicemente buttarli via?»
«No, perché con l’artefatto in mano si può sempre cercare di risalire al proprietario precedente, mentre se viene cancellato definitivamente non è possibile farlo. Inoltre tanti oggetti oscuri sono incantati in modo tale che il proprietario non possa liberarsene.»
Roger inarcò un sopracciglio, scettico. «E a che scopo?»
«Perché sono estremamente preziosi, e in questo modo il proprietario li può ritrovare anche se li perde o se vengono rubati.»
Roger fece un fischio ammirato.
«Ovviamente a questo punto avrà capito che una delle piste ha portato gli agenti proprio al Magazzino in cui lavorava. Ha notato qualcosa di strano, negli ultimi tempi?»
Roger rifletté, e d’un tratto gli apparve chiarissima la visione dello sportello della caldaia del Mastomantice aperto, alcune mattine, quando lui la sera prima era stato certo di averlo chiuso bene.
Possibile che…?
Deglutì e lo disse a Finnnigan. «Era un fatto così poco rilevante che non ci ho mai fatto davvero caso» aggiunse dopo averglielo spiegato.
«Probabilmente chi si occupava di smaltire gli oggetti oscuri non si è mai curato troppo di chiudere perché sapeva che era una sua responsabilità, e quindi la colpa sarebbe ricaduta su di lei, Davies.»
Roger non disse nulla, raggelato da un ricordo improvviso.
«A Ruben non importerà sapere se sei sicuro o no. Se lo verrà a sapere, ti staccherà la testa dal collo a mani nude.»
«Sei stata tu?!»
«Io? E perché dovrei? Ho di meglio da fare che infastidire gli altri che lavorano qui dentro.»
Non poteva essere.
Merlino, ti prego, non può essere stata lei. Non lei.
«Finnigan» disse debolmente, «dove sono le altre due persone che lavoravano con me?»
Finnigan si fece serio. «Sono sparite. Per questo l’hanno arrestata così avventatamente. Temevano che sarebbe fuggito anche lei.»
«Sono fuggite? Tutt’e due?»
«Ancora non lo sappiamo. Sappiamo solo che nessuno dei due era in casa. E’ probabile che fossero d’accordo e se la siano svignata con il ricavato dell’attività illecita non appena hanno fiutato il pericolo di essere scoperti.»
Roger strinse i pugni.
No, no, no!, gridava qualcosa dentro di lui. Non può essere stata lei. Non l’unica che, dopo aver saputo ciò che ho fatto, ciò che sono stato e sono ancora, non mi ha respinto; che non ha provato pietà di me; che, anche quando le ho denudato le mie colpe, non si è ritratta. E chi se ne importa se lo ha fatto per dimenticare se stessa. Lo ha fatto, e basta.
Ma qualcos’altro dentro di lui, qualcosa di razionale, dal sapore amaro della realtà urlava invece che era così. Che lei dopo averlo sfruttato e usato per se stessa, lo aveva gettato via per rincorrere uno spiraglio di luce, un altro appiglio più concreto, che l’avrebbe davvero portata fuori da quel vortice di non-ritorno.
«… dopotutto non c’è da stupirsene. Non conosco bene Armstrong, ma quella donna ha tutti i precedenti per far supporre che sia capace di una cosa del genere», stava dicendo Finnigan.
Roger era sempre più sconvolto. Il suo viso doveva esprimere chiaramente la domanda che gli ronzava in testa e gli faceva fischiare le orecchie.
«Dovrebbe conoscerla anche lei, no? Era nella sua Casa, all’epoca, anche se aveva un anno meno di lei.»
Roger scosse la testa, senza riuscire a parlare.
«Davvero non la ricorda?» fece Finnigan, sorpreso. «Eppure dovrebbe essere facile riconoscerla. Dopotutto non ci sono molte persone oltre a Marietta Edgecombe che portano scritto sul viso “spia”…»

*

“Vuoi uscire con me, Chang?” aveva chiesto Roger alla ragazza più carina del sesto anno un pomeriggio di settembre.
“Non posso, mi dispiace” aveva risposto lei, severa.
“E perché, scusa?” aveva obiettato lui, che non era abituato a ricevere rifiuti.
“Perché tu piaci a una mia amica, quindi non voglio ferirla.”
Roger aveva sorriso. “Davvero? E com’è, lei? Carina?”
“Sì, ma è troppo fragile”, aveva risposto Cho Chang. “Se la trattassi male, probabilmente non avrebbe più la forza di guardarti in faccia.»
E se il mondo la trattasse male, non avrebbe più la forza di mostrargli il proprio volto.



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Chi aveva indovinato? Quasi tutti, vero?
Be', dopotutto non era difficile da capire, dai -almeno credo, ma non sono la persona nella posizione più indicata per dirlo dato che l'ho sempre saputo xD
So che Marietta Edgecombe è un personaggio veramente insopportabile per molti, che è stata vigliacca e, soprattutto, una traditrice, ma io non posso fare a meno di trovarla semplicemente una persona che ha dovuto affrontare qualcosa di troppo grande per lei.
Dopotutto quanti, a quindici anni, tra i genitori che dicono una cosa e un compagno di scuola che nemmeno conoscono bene e che è etichettato da tutti come pazzo scatenato che ne dice un'altra, crederebbero al secondo? Soprattutto se, per seguire questo compagno di scuola in questione, facessero rischiare il posto di lavoro alla madre?
Credo che Marietta, così come Draco Malfoy e altri personaggi del libro, non abbia altra colpa che quella di una famiglia dalla parte sbagliata. Non possono essere tutti Sirius e - troppo tardi- Regulus Black dopotutto, no?
E ora che vi ho annoiati chiarendo come si deve il mio punto di vista, vi ringrazio come sempre di leggere e di commentare e vi saluto.
A domani!

   
 
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