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Autore: jellyfish    30/12/2009    0 recensioni
Dal capitolo 2: "Distolto lo sguardo dallo specchio entrò nella vasca e si lasciò cullare dolcemente dall’acqua calda e stordire dal vapore. Era in momenti del genere che la sua mente iniziava a vagare verso una direzione ben precisa. Ripensava a Islanda. Nonostante il tempo passato, gli mancava come se si fossero separati il giorno prima, la sua era una ferita ancora aperta e dolorosa..."
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I

 

 

Anche quella mattina Islanda si svegliò molto presto. Era quasi l’alba, il sole appena si intravedeva attraverso la piccola finestra della camera della ragazza-tigre, ma i raggi tiepidi già spandevano il loro bagliore dorato per tutta la stanza. Erano ormai cinque anni che la sua vita procedeva sempre nello stesso modo: sveglia prestissimo, bagno gelato che le serviva per svegliarsi del tutto, colazione nella grande mensa dell’accademia e tutta la mattina ad esercitarsi con le armi. Vedeva tutti i giorni le stesse persone: Anthea, la giovane studiosa di medicina e diventata ormai da tempo la sua amica inseparabile; Gerian, il suo compagno di allenamento; la signora grassa che serviva il cibo a tavola e i suoi insegnanti. Anche gli odori erano sempre gli stessi: uno strano profumo di muschio proveniente dal giardino sotto la finestra della sua camera, che ogni mattino le pizzicava il naso appena svegliata; l’odore acre della pioggia che impregnava i capelli e i vestiti di tutti durante gli allenamenti; il caldo odore di cucina che ti pervadeva appena mettevi piede nella mensa. L’odore a cui era sicuramente più affezionata era proprio quello della pioggia durante gli allenamenti. Era stata quella sensazione a farla innamorare della vita dell’accademia, cinque anni prima. Si era infiltrata in un corso e aveva iniziato a fare pratica con le armi, aveva scoperto di avere anche un certo talento per tutto quello.

E così la sua vita scorreva in questo modo da circa cinque anni: da quando aveva salutato i suoi compagni di viaggio, e ormai suoi amici, Jìrkan e Marse. Dopo quel giorno la sua vita era radicalmente cambiata. Era diventata così tranquilla da sembrare decisamente monotona rispetto a quella trascorsa in quel particolare periodo della sua vita. E pensare che tutta la sua strana avventura era cominciata con un semplice giro al mercato e poi al lago. Si era lasciata prendere dall’euforia per qualche istante e si era lasciata andare senza alcuna precauzione alla sua trasformazione. A causa del suo essere stata troppo incauta, un avido mercante e mago si era accorto di quel magnifico esemplare di tigre bianca e da lì erano iniziati i suoi guai. Dopo la conclusione di quella strana e pericolosa avventura aveva deciso che non si sarebbe mai più trasformata in tigre e fino a quel momento aveva mantenuto il suo proposito, sfogandosi nei combattimenti e negli esercizi fisici, invece che attraverso la trasformazione come faceva prima. Eppure quella vita monotona seppur attiva non l’aveva per nulla infiacchita. Anzi forse le aveva giovato quella tranquillità. Il suo viso, così magro e scarno, aveva acquistato un po’ di carne e di colorito; i suoi occhi blu avevano ripreso a brillare di una luce quasi ipnotica per chi li fissava. Anche il suo fisico era migliorato, era più fluida nei movimenti e più elastica, ma allo stesso tempo si muoveva con forza e vigore quando era necessario. La tranquillità, però, forse aveva un po’ danneggiato il suo carattere. Se prima era così allegra e sempre sorridente, ora era più chiusa e riflessiva e spesso il suo pensiero si perdeva a rivangare il passato, esattamente come stava facendo in quel momento.    

-ehi Isla! Mi sembri un po’ pensierosa stamattina. Qualcosa non va?

-no niente, tutto apposto. Dai andiamo, se no facciamo tardi

Gerian alzò le sopracciglia nere e folte, per lo stupore. A Islanda non era mai importato molto di arrivare tardi a lezione e poi si vedeva chiaramente che stava pensando a qualcosa di particolare, perché i suoi begli occhioni blu avevano l’aria assente. Islanda, infatti, quella mattina si era svegliata con un chiodo fisso nella mente; appena la sua mente si era liberata dal torpore del sonno si era ritrovata automaticamente a pensare a quei giorni passati a viaggiare con Zaphir, Jìrkan e Marse per sfuggire al mercante e alla sua compagna. A volte le capitava di sentire la mancanza di quelle avventure, ma soprattutto in quei momenti sentiva la mancanza dei suoi amici e di Zaphir, il mago di cui era stata innamorata e che poi aveva sacrificato la sua vita per salvare la loro. Dopo la sua morte aveva impiegato parecchio tempo a riprendersi e la separazione anche da Jìrkan e Marse non le aveva di certo facilitato le cose. Ogni volta che pensava a loro, una tremenda fitta le stringeva il cuore dentro una morsa d’acciaio e le veniva spontaneo chiedersi cosa stessero facendo i suoi amici in quel preciso momento. Proprio quel giorno era uno di quelli in cui tutte quelle persone le mancavano maggiormente e sentiva il cuore stretto in una morsa di tristezza e malinconia. Un’altra voce familiare, però, la riportò di colpo alla realtà, strappandola dai quei cupi pensieri.

-buongiorno ragazzi, con cosa vi esercitate stamattina?

Era stata Anthea a parlare, con la voce cristallina e gentile di sempre.

-tiro con l’arco- risposero in coro gli altri due.

-sai, ormai Islanda mi batte anche in questo, ma da come è addormentata stamattina, credo che non centrerà neanche un bersaglio!

Islanda gli rispose con un sorrisino di scuse imbarazzate.

-sì, si vede che sei con la testa da un’altra parte Isla. Hai per caso dormito male o hai fatto qualche brutto sogno?

-no, tranquilla, non ho fatto nessun brutto sogno

-allora hai qualche brutto pensiero, vero?

Anthea in qualche modo indovinava sempre. Non c’era pensiero che, presto o tardi, Anthea riusciva a carpire dalla mente dell’amica. Islanda iniziava seriamente a pensare che avesse qualche potere latente, come la telepatia per esempio. Nonostante tutto, ogni volta che l’amica indovinava i suoi pensieri continuava strenuamente a negarlo e nemmeno quella volta ebbe il coraggio di ammettere che Anthea avesse ragione.

-non vi preoccupate, non ho niente. Sto bene, sono solo un po’ distratta.

Mentre parlavano, i tre si dirigevano verso il campo di addestramento, già attrezzato con tutto l’occorrente necessario all’esercitazione della mattina. Il campo era, infatti, invaso da bersagli, sacche piene di archi e faretre colme di centinaia di frecce. Arrivati però alla fine del corridoio, davanti alla porta che si apriva sul cortile, Anthea si fermò e salutò gli altri due per attraversare la porta sulla destra. Aldilà di quella porta, c’era una stanza non troppo grande con sedie e tavoli, con tre pareti ricoperte da scaffali di libri vecchi e polverosi, mentre sulla quarta parete c’era una grande lavagna completamente scritta. Insomma, quella era una classe. Infatti, nell’accademia, oltre ai classici corsi di combattimento, c’erano delle lezioni di medicina, in cui si insegnavano rudimentali pozioni curative o altri rimedi per ferite più o meno gravi. Numerose persone frequentavano quei corsi, tra le quali la stessa Anthea, alla quale combattere non interessava per nulla.

A Islanda e Gerian invece piaceva molto. I due erano molto amici, ma quando si trattava di affrontarsi, anche solo per un allenamento, tra di loro si accendeva un orgoglioso sguardo di sfida. Quella mattina non andò molto diversamente. Dopo un paio di bersagli miseramente mancati, grazie alle prese in giro di Gerian, Islanda riuscì a ritrovare la concentrazione e la voglia di mettere a tacere l’amico con un’amara sconfitta. Cosa che le riuscì pienamente.

Gerian, quando veniva battuto così da lei, ripensava con una fitta di rabbia a quella volta che se l’era trovata di fronte la prima volta. Pioveva a dirotto e la lezione era iniziata con numerose cadute nel fango. A quel tempo Islanda non era nemmeno iscritta nella scuola. Era la prima volta che combatteva e Gerian non aveva problemi ad atterrarla e a batterla e provava un certo piacere nel farlo, anche se era solo un ragazzino. Quando poi, i due si rividero e si riconobbero, lei gli spiegò tutta la storia e così il ragazzo apprese che quella era stata solo la prima volta che lei metteva piede nella scuola, perché era in fuga e non aveva in previsione di restarci molto a lungo. Eppure da quel giorno la ragazza si era convinta che presto o tardi ci sarebbe tornata e si sarebbe iscritta per imparare a combattere. Le sue previsioni si rivelarono giuste.

 

Grazie a chi ha letto questo capitolo! Gli altri arriveranno tra breve! So che è da tanto che non scrivo, ma davvero non ho avuto tempo per far nulla! Spero vi piaccia il seguito… recensite pure e ovviamente sono bene accette anche le critiche!

Jelly^^

 

  
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