We’ll
find a place where the sun still shines
(Missing
moment, Pandora)
Sbatté
le palpebre, immobile nella sua comoda posizione. Il materasso era molto più
morbido del giaciglio di paglia dove aveva dormito la notte prima, rinchiusa
nella prigione che un tempo era stata il fienile dei Kent.
Il
suo braccio cingeva Clark, assopito accanto a lei. Si ritrovò a sorride al
pensiero di averlo abbracciato nel sonno e baciò leggermente la schiena
dell’uomo, socchiudendo gli occhi per lasciare che quella dolce sensazione
durasse un po’ più a lungo.
Poi
si alzò dal letto, lasciando scivolare la mano sulla pelle di Clark, e protesse
il proprio corpo con il lenzuolo.
L’incertezza
che l’aveva colta prima, quand’era impaurita da quel futuro così ignoto e
spaventevole, adesso si rimpossessò di lei. Lois sapeva che lì, in ogni
minuscolo istante, le loro vite erano in pericolo, in balia di pochi e potenti
uomini.
Non
c’era tempo, sfuggiva via dalle mani come sabbia, imprendibile, inafferrabile;
non c’era tempo – e proprio in quella condizione aveva scoperto qualcosa di
nuovo e unico, quell’amore senza respiro, senza vita, almeno in un futuro come questo.
Si era gettata tra le braccia di Clark, sapendo che poteva essere l’ultima
volta, ma adesso... come avrebbe fatto? Dopo aver provato la fiamma di una notte
– dopo aver soddisfatto il proprio desiderio di amarlo, che si portava da tempo
– ora come avrebbe potuto vivere nella tristezza di un
non-futuro?
Clark
era lì, a pochi passi, e proprio lì sarebbe potuto non esserci. Come lei. Come
tutti loro.
Eppure,
eppure il sole era alto in cielo – ed era rosso e malsano –, il giorno
continuava e il tempo scorreva; eppure ormai quell’amore c’era, non più celato
da maschere di amichevoli sorrisi. C’era stato, anche se nascosto, e adesso era
così svelato da non poter più fingere che non importasse.
Era
vitale che lui vivesse – che ci fosse un futuro, da qualche parte, per loro
due.
Clark
si alzò dal letto, interrompendo quei pensieri. Lois non si voltò, pur
sentendolo, aspettando che lui l’abbracciasse. Lo fece, la cinse con le sue
braccia possenti, e lei si lasciò andare al calore del suo
petto.
Si
voltò e, afferrandogli leggermente il mento con la mano, lo baciò
delicatamente.
«Vorrei
che avessimo più tempo...», le sussurrò Clark.
Approfondirono
il bacio, illuminati dal rossore di quell’enorme sole.
«Ma
l’avremo», mentì lei con amabilità, carezzandogli il viso non rasato. «Perché
andrà tutto per il meglio».
«Non
qui, non con me», ribatté lui,
afferrandole la mano con estrema dolcezza. Serrò gli occhi azzurri e sospirò,
corrucciando le sopracciglia. Poi parlò: «Non c’è più il destino, in questo
mondo... ogni uomo ha la sua fine appesa al collo, vicina, tangibile. Così io...
ma tu, sai» e a quelle parole sorrise «Tu hai ancora la speranza. Andrai via da
qui il più presto possibile e... ci salverai tutti. Mi salverai. Tu, Lois, e nessun’altro».
Le
prese il viso tra le mani.
Lei,
per un attimo, ghignò allegra e sussurrò con ironia: «Smallville, alla fine di
tutto questo dovrai pagarmi. Sai che la mia parcella come Salvatrice del mondo è
molto alta, vero?», però poi tacque e gli sorrise con
tristezza.
Ma
lui stette al gioco, quasi felice di avere un attimo di svago, un istante alla
“Lois e Clark”, pieno di divertito e pungente umorismo. «Oh, ma davvero? Era ora
che risorgesse Stiletto, non la vedo da troppo tempo... mi manca tutta quella
pelle verniciata», disse affabilmente.
Lois
fece una smorfia beffarda e ribatté: «Sono lusingata da tali parole,
Smallville». Però non sorrise più e, anzi, si fece seria. Il momento di svago
era finito e la consapevolezza della mancanza di tempo li assalì
entrambi.
Lois
carezzò ancora il viso di Clark, guardandolo negli occhi – erano così profondi,
nonostante quella chiarezza senza ombre; poteva vedere tutta la sofferenza
passata e la dolcezza che lo riempiva, osservandola lì davanti a sé. Lois si
commosse di fronte a quell’amore – era morto quando lei era scomparsa, morto – eppure celò quel sentimento con
una smorfia divertita e un battito di palpebre.
Lo
baciò con passione, aggrappandosi al suo corpo massiccio.
Lui
ricambiò il bacio, tenendole il viso con una mano, mentre con l’altra le
carezzava la schiena nuda. Il lenzuolo bianco cadde a terra, non più sorretto
dalle mani di lei, e Clark la strinse a sé con trasporto.
«Non
dovremmo scendere e concordare con Chloe sul piano? È solo una domanda, non
rifiuto attenzioni del genere», celiò Lois sulle sue labbra turgide, mente con
le dita giocherellava con i suoi capelli scuri.
Lui
sorrise di rimando. «C’è ancora un po’ di tempo prima
dell’appuntamento».
«Okay»,
mormorò lei, tornandolo a baciare.
Si
coricarono sul letto, cercando quel calore della sera prima – la passione
cresceva tra i due corpi, era come un collante fra loro due, li univa in
un’unica entità, per qualche istante – e non erano più soli, amandosi lì, non
erano più in pericolo – non esisteva
il tempo.
Clark
si distese su di lei, soddisfacendo quel desiderio smanioso dell’altro. La baciò
ancora, percorrendo il corpo asciutto e sensuale, carezzandole i seni,
mordendole morbidamente la pelle, titillandole i capezzoli.
Si
perse su Lois, muovendosi lentamente, si ritrovò in quell’abbraccio, ricordando
la vita prima del dominio dei Kandoriani, il colore del cielo prima del sole
rosso, l’aria che si respirava allora, le giornate al Daily Planet, passate a
cercare un articolo da scrivere; si ricordò il passato e lo rimpianse, ma allo
stesso tempo fu felice di quella sensazione, di averla riprovata almeno una
volta.
Quando
non seppero più resistere, Clark la penetrò e soffocò un gemito roco. Lois gli
strinse il viso tra le mani, sorridendo e aspettando l’amplesso, che non tardò
ad arrivare.
Bocca
contro bocca, petto contro petto, si strinsero ancora, uniti in una felicità
immanente.
Lois
aprì gli occhi. Non aveva dormito, in realtà, ma era rimasta in quello stato di
quiete il più lungo possibile.
Clark
la stava guardando con un’espressione dolce e al contempo seria. Lei ricambiò lo
sguardo, silenziosa e piena d’aspettativa.
Lui
carezzò nuovamente il suo volto, la sua guancia morbida. «Quando tornerai dovrai
avvertirmi, ricordati... ricorda quello che è successo», le
disse.
Lois
annuì. «E quando sarò là... tra noi due sarà tutto diverso», rispose lei,
corrucciando le sopracciglia.
Clark
sorrise leggermente. «Non è che – non cambierà, io capirò prima della fine, di
sicuro, se tu mi starai accanto».
Lois
rimase in silenzio, fissandolo con un’espressione
interrogativa.
«Capirò
che mi sei necessaria per continuare a vivere», concluse lui. L’anno passato
senza di lei l’aveva reso più sincero e più diretto; e poi sapeva che lei non ci
sarebbe più stata, poteva confessargli qualunque cosa, qualsiasi sentimento –
lei avrebbe capito.
«Ma
tu rimarrai incatenato in questo futuro, da solo. E al ritorno ci sarà solamente
Smallville, soltanto quel legame, e un sentimento che non ci siamo mai detti»,
borbottò Lois, acuta.
Lui
si ritrovò a sospirare. «Saremo sempre “Clark e Lois, Lois e Clark”, una coppia.
Signorina Stiletto, per te non sarà difficile conquistare il cuore di un uomo
che già ti ama», sghignazzò.
Lei
sorrise di rimando, guardandolo negli occhi azzurri. Vedeva la sincerità di
quell’affermazione proprio lì, nel suo sguardo. Gli pizzicò una guancia, per poi
alzarsi dal comodo letto. «Allora dovrò usare tutte le mie armi di seduzioni e
rendere Smallville un uomo», ironizzò.
«Lois?»,
domandò lui divertito. Lei si chinò verso Clark e lo solleticò sul collo,
sospirando.
«Andrà
tutto bene, sì», mormorò.
«Perché
sarai la nostra speranza, per un futuro dove c’è ogni male», rispose
lui.
Fu
con quelle parole in mente che Lois andò avanti – anche quando Chloe cadde di
fronte a lei, morendo in una pozza di sangue – e rindossò l’anello della
Legione.
Fu
con un futuro diverso nella mente e la certezza di un amore nel cuore... perché
lui ci sarebbe stato anche nel passato e lei, ritornando indietro, avrebbe
cambiato quel pesante destino.
Fu
guardando gli occhi di Clark, mentre il sole giallo illuminava il mondo, che se
ne andò via e tornò a casa.
Dove
lui, Clark, non esisteva più – c’era solo la Macchia e la sua missione, solo
quello –, poiché si era già detto morto; e dove lui, vedendola tornare, avrebbe
deciso di rivivere. E da quella vita avrebbe cambiato il futuro – solo per lei, solo grazie a lei.
[Ma la donna di sua mano sollevò il grande
coperchio dell’orcio e tutto disperse, procurando agli uomini sciagure luttuose.
Sola lì rimase Speranza nella casa infrangibile, dentro, al di sotto del bordo
dell’orcio, né se ne volò fuori]
Il
mito di Pandora – Esiodo
~
N/A:
Non
so cosa sia questa fic, boh, probabilmente un mio desiderio nascosto di vederli
insieme XD. O la voglia di un po’ di angst... o anche il desiderio di far
passare il tempo, aspettando il 22 gennaio.
Ad
ogni modo, la fic è un probabile missing moment della puntata, è ambientata da
subito dopo che loro fanno sesso (<3), la mattina successiva (se non
ricordate, basta guardare l’inizio di Idol e poi la scena di Pandora e
ricollegare il tutto *_*). Mi sono ispirata al nome Pandora per alcune frasi
della fic.
Il
titolo è un verso della canzone Always di Bon Jovi, non c’entra molto, ma mi
piace particolarmente perciò va bene xD.
Detto
questo... goodbye J
Kò