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Autore: greynuance    01/01/2010    0 recensioni
- Com’è morire ? – le chiese un giorno Luis.
- Luis, che domande, non lo so, immagino sia come dormire, alla fine. -
- Ma prima della fine ? – e la guardò ostinato, con i suoi occhi celesti, chiari come quelli della madre.
[...] Luis si sentì la persona più felice al mondo.
Come se tutte le cose brutte non fossero mai esistite, i suoi incubi non fossero mai stati reali. Le strinse forte le braccia, inspirò il profumo di quei capelli.
Una storia cruda che parla di morte, amore, tormenti, speranze infrante.
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Jerome Holt si guardò intorno: sopra di lui c’era il cielo insolitamente terso di dicembre, in contrasto con il lugubre scenar

Genere: drammatico, triste

Avviso: è una storia cruda, che parla di morte. Niente di grafico ma preferisco farlo sapere, non c’è nulla di allegro qui. Un’ipotetica storia d’amore sullo sfondo di un El Salvador ostile e indifferente. L’ho scritta tempo fa, in un momento non molto felice. Può darsi che sia banale, ma io ci sono affezionata. La citazione iniziale è di Edvard Munch.

 

 

 

 

 

L’amore non Può Proteggerti dalla Morte

 

Dal mio corpo in putrefazione cresceranno dei fiori e io sarò dentro di loro:

questa è l'eternità.

 

 

L’uomo ha ucciso la bellezza, tuttora continua ad ucciderla. La guerra ha sempre annientato la bellezza, non c’è posto per lei sul campo di battaglia. La tortura sfigura la bellezza. La menzogna la sminuisce.

- Com’è morire ? – le chiese un giorno Luis.

- Luis, che domande, non lo so, immagino sia come dormire, alla fine. -

- Ma prima della fine ? – e la guardò ostinato, con i suoi occhi celesti, chiari come quelli della madre.

- Smettila Luis, torna a giocare con gli altri, io ho da fare, su, cammina. – lei si girò turbata sul fontanile, tornando a insaponare i panni con mani tremanti. Luis tornò dai fratelli, e con loro c’erano altri ragazzi come lui, ragazzi di strada, nati da famiglie disagiate. Sua sorella non rispose mai a quell’allora ingenua domanda. Le strade di El Salvador furono un’incognita pericolosa in quel periodo. Ma la gente continuò a ridere, o almeno tentò di farlo, per dimenticare il dolore, anche se per poco. L’indomani sua sorella Carmela giacque morta sul suo freddo letto. Lasciò la madre cinquantenne e sei fratelli piccoli, tra cui Luis che era il quartogenito. Da allora si chiuse sempre di più in se stesso. Quando anche un altro fratello morì in una sparatoria, dopo cinque giorni d’agonia, lasciò la scuola, sedicenne, e si unì a un gruppo di mercenari per aiutare economicamente la famiglia. Oggi, quattro anni più tardi e dopo essersi squarciato lo stomaco durante uno scontro, nel quale poco gli mancò per tirare le quoia, Luis sentì di non farcela più. Credé che presto sarebbe impazzito del tutto. Desiderò spesso in questi giorni di tornare a studiare. Ma l’unica cosa che seppe fare era fissare il bianco muro della sua stanza.

Poi un giorno incontrò Alìcia dalle mani candide.

Da quando morì sua sorella, per Luis fu impossibile farsi amica qualsiasi donna, tanto fu forte il trauma, per paura di un’ennesima perdita, ma con Alìcia cambiò tutto. Lei era una specie di angelo consolatore, un bel mattino di sole nella sua solitudine. Sentì che lei fu mandata dal destino.

– Luis, Luis, è stato triste la sorte con te. – gli ripeté spesso lei.

– Forse, ma ho incontrato te, sei una bella persona Alìcia, sto bene con te. – fu una delle sue risposte alla ragazza. Lei era poco più bassa di Luis, con un anno in meno di età, folti capelli biondo scuro lunghi fino alle anche, e gli occhi castani come il miele scuro e denso.

La conobbe un pomeriggio di luglio, poco prima del tramonto: era andata a prendere dell’acqua alla fonte in piazza, insieme ad un’amica. Luis s’era deciso ad uscire di casa, per prendere un po’ d’aria fresca. Lui ignorò le ragazze, fino a quando Alìcia non inciampò nel terreno dissestato, cadendo col secchio d’acqua. Si resse il collo del piede con una smorfia di dolore sulle labbra, la gonna s’era inzuppata d’acqua. Lui si offrì di aiutarla, così iniziarono a parlare, e siccome una cosa tira l’altra, lui finì per infatuarsi. Da allora uscirono spesso insieme. Seppe di Alìcia s’era ingegnata come sarta, per pagarsi gli studi di economia e commercio. Ragazza umile, ma anche molto orgogliosa, un po’ come lui, e molto bella, corteggiata da numerosi pretendenti. Sempre disponibile ad aiutare il prossimo. Quell’incontro fu un qualcosa di particolare soprattutto perché entrambi erano nati lo stesso giorno dello stesso mese, precisamente l’otto di maggio, lei nacque di sera, lui di primo pomeriggio. Un giorno, seduti sul muretto di fronte alla chiesa, confessò a Luis di essere ancora illibata.

Lui non ne restò sorpreso, forse perché l’idea che si era fatto di Alìcia era quella di donna pura, senza macchie, un’anima innocente. Questa dichiarazione smosse le barriere di Luis, si sentì confermare il proprio amore.

– Sto aspettando la persona giusta, non sai da quanto, e sono stanca, ma aspetterò. – disse con occhi rilucenti una mattina, sugli scalini di casa sua.

Luis in quel momento desiderò essere quella persona, l’uomo nelle fantasie di fanciulla di Alìcia.

S’era destato tardi una mattina, sudato per l’ennesimo incubo. Sognò di sua sorella alla fonte, gli occhi erano pallidi di morte, fissi su di lui, il sorriso tumido e cianotico. Sangue rubino era colato sulle maniche bianche, sporcando la lunga chioma nera sparsa sul petto. Lo sguardo spento e smarrito di Carmela era fisso su lui. La chiamò per nome, urlò per attirare la sua attenzione, ma lei era come se fosse cieca, continuò a rimanere immobile, simile a una statua, e l’acqua del fontanile scrosciante sotto di lei. Quando Luis riaprì gli occhi, sentì sulle labbra il nome di Alìcia, come un presentimento, lo stesso di quando la incontrò mesi addietro. Si sciacquò la faccia, poi buttò tutta la testa sott’acqua, i capelli castani s’appiccicarono sulle tempie, trattenne il respiro a lungo. Le undici di mattina: Alìcia a quest’ora era a studiare. Luis aspettò fino a mezzogiorno, poi corse a casa della ragazza. La madre l’informò che sarebbe tornata alle due come sempre, ma Luis non si sentì ancora assicurato. Passeggiò nei dintorni come un’anima in pena, calciando i sassi sul sentiero, con i schiamazzi di alcuni ragazzini del quartiere nelle orecchie, ripensando a quel sogno.

Finora la sorella non era mai entrato nei suoi sogni, ma soltanto nei suoi tormentati ricordi. Diciotto anni strappati al sole, all’amore di una persona mai conosciuta. Carmela era depressa, desiderò morire, rinunciò all’amore, al futuro, era soltanto un’egoista.

– Luis. – si girò sentendosi chiamare, e lì c’era Alìcia, con i capelli raccolti in una treccia e gli occhi sorridenti.

– Stai bene ? – le domandò d’istinto, sentendo l’ansia di poco fa attenuare.

– Sì. – disse lei con le braccia dietro la schiena, e lo guardò sospettosa, tanto da farlo sentire uno sciocco, in errore, e Luis ebbe l’impulso di correre lontano. Ma quei capelli bagnati di sole erano tanto belli da paralizzarlo.

– Mamã mi ha detto che mi hai cercato. – aggiunse dopo.

– Sì, ho pensato che oggi saresti tornata prima, siccome è martedì. – buttò lì Luis, sapendo che il martedì di ogni fine mese lei era a casa per le undici, per aiutare la madre malata a fare le pulizie.

– Oggi mi sono trattenuta in biblioteca, sai, domani ho un altro esame, mi mancano due anni per laurearmi, ma sono così tanti, sono preoccupata per mamã, sta sempre più male: io desidero soltanto che festeggi con me quel giorno. – sospirò Alìcia incrociando le braccia al petto come una bambina già rimasta sola.

– Perché questi pensieri tristi, ci sono cose già abbastanza brutte a questo mondo, penso che sorridere di più ti farebbe bene, e non preoccuparti, continua a studiare, a sorridere, e tutto andrà bene, io ne so qualcosa: prima d’incontrarti ero un moribondo senza speranze, ma tu me le hai ridate, mi hai fatto capire che non tutto è perduto. – disse Luis abbozzando un sorriso malinconico.

– O Luis, Luis, scusami, so quanto hai sofferto. – Alìcia l’abbracciò.

Mai furono tanto intimi come in quel momento. Sentì il petto di lei aderire stretto al suo, causa di una stretta quasi dolorosa al cuore. Mai si sentì così con un’altra donna, e si pentì quasi d’essersi innamorato in questo modo, ma era tardi per cambiare idea, ormai era di quella donna.

Luis non riuscì a trattenersi dal baciarla, fu un bacio feroce, impellente: morse affamato quelle labbra delicate come petali del più bel fiore dell’amazzonia. La sentì irrigidirsi nella stretta inaspettata, gli occhi spalancati nei suoi.

– Yo te quiero Alìcia. – le disse bruciante di passione Luis.

Lei allora si gettò sulle sue labbra senza dire nulla, le braccia esili sulle spalle di lui. Dunque era un sì, anche lei era innamorata. Luis si sentì la persona più felice al mondo. Come se tutte le cose brutte non fossero mai esistite, i suoi incubi non fossero mai stati reali. Le strinse forte le braccia, inspirò il profumo di quei capelli. Gli sembrarono passare secoli da quando la desiderò come amante.

Fecero l’amore a casa di Luis, un piccolo appartamento di fronte a quello della madre e dei fratelli, che comprò con i soldi guadagnati da mercenario, una specie di piccolo monastero disordinato. Si spogliarono in fretta, mossi dal desiderio. Lui toccò la pelle candida di Alìcia come fosse un sacro cimelio, i suoi gemiti delicati erano come un’antica canzone. Quando furono una cosa sola lei pianse, Luis la strinse a sé carezzandole i capelli, continuando a confermarle il suo amore, baciandola sulla fronte calda, sulle labbra.

Quando il fuoco della passione fu calmato, rimasero distesi ad ascoltare i respiri lenti. La testa di Alìcia era poggiata sul petto di lui, le belle mani affusolate ferme sulla cicatrice. Disegnarono figure astratte sui punti indelebili sull’addome, testimonianza della brutalità degli uomini. Le prese le mani tra le sue, entrambe scottanti come sabbia del deserto, e gliele baciò sul dorso e sul palmo.

– Perdonami, perdonami. – ripeté.

– Luis. – fu un sussurro quasi sofferente il suo: si strinse più forte a lui.

– Ti ho fatto del male. – l’odore della pelle di Alìcia era inebriante, il loro odore mischiato era aspro e dolce allo stesso modo, così familiare, rassicurante.

– Lascia stare, non darti pena, a me è piaciuto, perché io ti amo, ti amo, ma soltanto due settimane fa ero così confusa, sentii che non eri come gli altri e non capì di amarti fino a quando non hai detto di amarmi, e sono felice.

– Promettimi una cosa soltanto. – disse Luis fattosi lugubre d’un tratto.

– Sì. –

– Se un giorno ci lasceremo, non odiarmi ti prego. – e la sua supplica cadde nel silenzio. Luis sentì i battiti del cuore accelerare.

– Come puoi pensare che io possa essere capace di tanto. – Alìcia gli carezzò le guance accaldate. Luis le sciolse la treccia, e chiuse gli occhi tra quei capelli.

– Scusami, odio le promesse. – disse lei.

– Che importa, è consentito. – si sentì uno stupido.

– No, che hai capito, si tratta di mio padre: quando ero piccola mi promise che sarebbe tornato presto, era un mercenario, come te, e io l’aspettai, assillai mia madre con mille domande, ma lui non tornò. –

– Perciò non ti deluderò, non farò come lui. – soggiunse Alìcia poco dopo.

Luis sfiorò con le dita i seni duri poi baciandoli e mordendoli piano, e lesse negli occhi dell’amata accendersi ancora il desiderio. Storditi dall’eccitazione fecero l’amore fino al tramonto.

 

 

Passarono due giorni da quell’incontro. Luis ebbe il tempo per riflettere, e la sua decisione fu inflessibile. L’umile e ardente Alìcia sarebbe stata la sua amante in eterno. Sarebbe andata da lei oggi, per chiederle di sposarlo. S’era preparato tutto per bene.

Strinse il cofanetto con l’anello nella tasca. Lei si sarebbe buttata tra le sua braccia, resa ancora più bella dalla gioia. Poi sarebbero andati a mangiare al ristorante, come le persone ricche. Si sentì fremere fino nelle ossa al pensiero di Alìcia ancora abbracciata a lui, nuda, con le lunghe gambe tornite e i seni perfetti, dopo la cena. Gettò uno sguardo all’orologio: erano le sei in punto.

Quando fu sulla porta della casa di Alìcia, esitò minuti interi prima di bussare. Ma passarono i secondi e nessuno si decise ad aprire. Bussò ancora, più forte, ma nessuno rispose, tutto era minacciosamente muto. S’erano sentiti degli spari giorni addietro, forse era per questo la ragione di tanto silenzio. O forse Alìcia non era in casa, e la madre malata era a letto. Ma l’idea non persuase del tutto Luis.

– Alìcia ! Alìcia ! – gridò proprio sotto la finestra.

Rimase mezz’ora ad aspettare, ma non c’era nessuno in giro. Sembrò che tutti si fossero nascosti.

Luis, logorato nell’attesa, fece alcuni passi lontano dalla casa, chiedendosi cosa fosse meglio fare. Sentì poi lo scricchiolio della porta alle spalle. Si girò, era la madre della sua futura sposa, stretta in un lungo scialle scuro, dall’aria stanca. Luis si pentì per le urla di poco fa.

– Buonasera signora, Alìcia è in casa ? – domandò cortesemente. La donna si strinse ancora di più nello scialle. Luis ebbe pietà di lei.

– No, non è tornata da ieri mia figlia. – rispose quella.

– Com’è possibile ? –

L’anziana scrollò le spalle, poi scoppiò in pianto. Lui non capì subito, ma c’era qualcosa di sbagliato. Quel brutto sogno era tornato a tormentarlo ancora.

– Che succede signora, parli. – supplicò Luis. Gli si gelò il sangue per il colpo.

– L’hanno rapita, quei soldati, non tornerà, me l’ammazzeranno. – riferì la donna in lacrime, sulla soglia di casa. Luis non le credette, questo era del tutto assurdo. La paura lo rese scettico, poi salì la rabbia.

– No, si sbaglia, non può essere, Alìcia è in biblioteca, o forse da un’amica, Gael, la conosce ? –

– La uccideranno. – pianse quella.

Luis chiese aiuto alla polizia, ma non seppero dire molto. Persone sparite senza lasciare traccia in El Salvador, in quasi tutta la Sudamerica era molto comune di quei tempi. Spesso gente normale era solita imbattersi in qualche criminale, spacciatori e trafficanti d’organi, ma non era raro che gruppi di dissidenti rapissero persone, o che questi fossero presi in ostaggio dagli squadroni della morte*, torturati e nella maggioranza dei casi uccisi brutalmente. La polizia non era solita immischiarsi in queste faccende. Luis non era intenzionato a demordere, ma nessuno l’aiutò realmente. 

Alìcia sarebbe tornata da lui presto, non s’arrese all’’idea della sua perdita. Continuò a fissare il cofanetto con l’anello, e di notte sognò la ragazza imbrattata di sangue. La donna nel suo sogno non era più la sorella, ma Alìcia. – Morirò, Luis. – gli sussurrò con gli occhi sbarrati, e gli abiti sporchi di liquido scuro. Quattro giorni più tardi fu ricuperato il corpo. La gola era tagliata e sul corpo erano presenti segni di percosse e bruciature. Gli occhi sbiancati erano rimasti aperti a fissare il cielo azzurrognolo di quei giorni. L’assassino non fu mai identificato e la sua morte passò sotto silenzio come quella di molte altre persone del resto. Un’altra innocente uccisa nell’indifferenza generale. Giustiziata senza alcuna ragione, nel mutismo della gente impaurita. O troppo abituata allo scempio.

Neanche i sogni di una ragazza dall’infelice passato furono risparmiati.

La brutalità dell’uomo non si ferma nemmeno di fronte alla bellezza, né innanzi alla speranza, né di fronte agli occhi di un essere indifeso, non ha alcuna compassione, l’uomo è il peggiore aguzzino di se stesso e dei propri simili.

Luis rimase a contemplare il corpo della donna amata a lungo. La pelle era orrendamente cianotica, come quella di sua sorella apparsagli nei sogni. Gli occhi chiusi e gonfi, l’odore guasto della morte. Ricacciò indietro la nausea, e pianse sopra quella bara gelida. Proprio come sua sorella, anche Alìcia, la dolce e passionale Alìcia, le era stata strappata brutalmente. Questa salma sarebbe dovuta essere sua moglie. Soltanto un corpo morto, ucciso dopo chissà quali sofferenze.

Lui non era riuscito a proteggerla. Luis tenne l’anello, toccandolo ogni giorno, come se al suo interno ci fosse rinchiusa l’anima di Alìcia.

Lei non seppe mai del suo desiderio di sposarla.

 

Fine

 

 

 

 

 

 

 

* Squadrone della morte: Il termine viene spesso ricondotto ad organizzazioni militari o paramilitari che spalleggiano dittature o regimi basati sulla repressione e l'autoritarismo [da Wikipedia].

 

 

 

 

 

 

 

  
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