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Autore: briareos1982    01/01/2010    2 recensioni
Una squallida festa di capodanno scatena una serie riflessioni. Cosa sappiamo davvero delle persone?
Genere: Romantico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capodanno Duemiladieci!

Saltarono le bottiglie, il tappo scheggiò parte dell'intonaco e Chiara si mise a ridere, istericamente. Risero un pò tutti nella stanza, contagiati da quella smitragliata isterica. Anche Davide rideva, non voleva certo fare il guastafeste, no?
Era lì con loro, ma era come se non ci fosse.

Cosa contava il capodanno, il natale, di fronte al fatto che non sarebbe cambiato un cazzo?

Era mesi che era in quella condizione, si sentiva immerso in un limbo a cui non sapeva dare nome. Solo una parole: ma chissenefrega?
Chissenefrega se non avremo un futuro?
Chissenefrega se le piccole grandi guerre intorno all'asse israeliano-palestinese ormai ci riguardavano da vicino?
Chissenefrega se il Governo era ammorbato da parassito mafiosi e i leccaculo dei preti?
E poi, ma chissenefregava di loro?
Quella gente lì, in cui si era in qualche modo incastrato.
Che svettavano i loro calici di merda da quattro soldi fingendo di divertirsi; ultimamente Davide era diventato solitario, e sapeva bene che ciò era sbagliato. Isolarsi significava diventare ciechi, di fronte agli altri e al mondo.
Confronto, socialità, scambio. 
Ma non ce la faceva proprio.

Attraverso le persone che sciamavano e i botti vedeva solo Chiara, dall'altra parte della stanza, in quello che lui definiva "dolore glamour". Chiara aveva la sua età, ventisette anni, ma ancora a LEI era concesso di vivere la vita come una bimbaminkia, incollata come una parassita alla paghetta dei genitori, allargando le gambe qua e là e vantandosi della sua vita dissoluta.
Dissoluta.
Davide inghiottì quello squallore dolciastro giusto per non averlo in mano. Erano settimane che Chiara la menava per una storia finite a gambe all'aria, e la cosa insopportabile era che le persone intorno le davano pure credito! Come facevano a non vedere che lei non si sarebbe mai spezzata un'unghia in tutta la sua esistenza? Come facevano a NON vedere il Vuoto di cui era composta?
Gli avessero tolto figa e tette sarebbe rimasto un sacchetto di stracci capace di perdersi in casa propria.

E visto che ci siamo, pensò Davide, questo lo si potrebbe dire di tutte le tipe che sciamavano per strada in quel momento.

Ebbene sì, era un ragazzo già invecchiato, incazzato con il mondo, e l'alcool che aveva in corpo non lo aiutava a ragionare lucidamente; in fondo, si diceva, ma a cosa servono tutte queste piccole troie che affollano la città?
O piagnucolano per qualsiasi minima fesseria che ostacoli la loro brillante esistenza, o sono semplicemente inutili.

Ecco a cosa ci ha portato l'emancipazione femminile, rimbrottò cupo.
A fighette incapaci di crescere come Chiara.

Guardò l'orologio, erano solo le mezzanotte e mezza. Ancora un'ora e si sarebbe cavato dai coglioni, aveva già sopportato abbastanza. Si concentrò ancora un pò nella folla, e scambiò qualche minchiata con i presenti, cercando di dare buona impressione di sé: in fondo erano le uniche persone che conosceva. Fu proprio mentre pensava di dare i convenevoli e filarsela che si avvicinò Chiara, completamente sbronza, e purtroppo, bellissima. Si sentì irritato con sé stesso, cercò di svicolare via, ma lei gli fu addosso, appoggiando il suo seno contro la sua schiena.

Vieni a fumare con me?

Il suo alito sapeva di quella stessa merda con cui si era pulito la bocca qualche attimo fa. Ma lei ne doveva aver consumata a litri. La sua presenza interferiva con le sue volontà, Davide ODIAVA Chiara, invidiava la sua famiglia normale che lei considerava tanto noiosa, odiava il modo in cui tutti gli stronzi che gli sciamavano intorno non facessero altro che leccagli il culo con mille complimenti, odiava il modo in quella puttana riusciva ad attrarre a sé sia uomini che ragazze. Anzi, la sua fissa erano le bimbeminkia di diciasette anni, Davide non sapeva perchè ma odiava il modo in cui inquinava quelle tipe.
Solo per scoparci, per portarsele a letto, come fossero oggetti, mangiandole e scartandole. E poi vantandosene con i conoscenti, è chiaro.
Davide non era suo amico, in fondo Davide non era veramente amico di nessuno.
Aveva avuto una vita storta, il padre malato e schizzofrenico, la madre ignorante e ottusa, il fratello più grande, che viveva come se il mondo non esistesse, e più e più traslochi. Davide era arrivato a ventisette anni senza un solo gruppo, e ora non riusciva a capire questa ragazza. Era conoscente di una conoscente, il legame più diluito immaginabile.
E allora, che voleva da lui?
Voleva ancora una volta essere trattata da regina, coccolata, vezzeggiata, viziata?

No bella, pensò,
non ho attraversato l'inferno della mia vita per farti da zerbino,
 piccola
 puttana.

Ho, Chiara ! No, ti ringrazio ma non fumo!

Daì, allora fammi almeno compagnia!

Scusami ma ho mangiato come un pazzo, se prendo una frescata...SCHIANTO!

Chiara lo tirò per una manica, Davide indurì lo sguardo mostrando i segni di una vita passata a ingoiare rospi. Mostrava più di quarant'anni quando aveva quell'espressione, e semplicemente indicava che non doveva bacargli il cazzo.

Questo ti rovinerà un pò la festa, stronzetta,
 ma solo un poco,
 fece eco l'interno del ragazzo.


Chiara sembrò spaventata per un'attimo, poi lo dimenticò, danzando con le sue gambette snelle e agili verso un'altro tipo.
Ecco, crisi risolta.
Davide salutò i presenti e uscì, andandosene. Non era stato male, in fondo sempre meglio che dover sopportare il capodanno con la lagna di sua madre; questa pretendeva che la gente facesse meno casino, e non sentiva ragioni. Continuava a bollire e a bollire come una pentola, accumulando parole su parole come un fiume in piena; era ora chre lui andasse a vivere per conto suo, ma c'era il lavoro, e l'affitto, e la città, e le tasse, e la macchina, e c'era sua madre stessa che iniziava perdere colpi.
E non aveva una pensione.
Davide cercò di non guardare la futuro, che immaginava come un'imbuto sporco in cui sarebbe scivolato verso un destino che puzzava di piscio e pannoloni da lavare.

Duemiladieci,
 pensò.


La memoria ritornò all'undici settembre duemilauno, quando i televisori mostrarono le torri cascar,. quando il mondo si svegliò dal sonno toccando con mano la realtà che crollava come una montagna di carte. E poi, dopo, le menzogne, le bugie, le ipocrisie, le morti, i falsi.. Con il duemila non era sopraggiunto l'apocalisse, ma aveva spezzato la sicurezza nelle persone. Prima il bianco era bianco, il nero era il nero, ma ora, in questo decennio, ogni cosa era grigia, si dentro sia fuori. Guidava per la strada deserta, mentre intorno i fuochi sfrigolavano nell'aria, coloratissimi.

Fuochi che non avrebbero mai spezzato l'oscurità di quella epoca. Un nuovo decennio di risorse depredate, di malattie inventate, di valori sbriciolati, un'oscuro medioevo moderno, una stanza imbottita, una poesia di materialismo e inutilità alla superpotenza, ma grazie a dio era giunto a casa. Sua madre dormiva già.
Fece altrettanto, infilandosi sotto le coperte.

Il mattino dopo fu svegliato dal cellulare, lasciato nel comodino nel letto. Con gli occhi cisposi guardò lo schermo, con un numero senza nome e un messaggio:

ma che ce l'hai con me?

Automaticamente Davide cancellò il messaggio, qualche pirla doveva aver sbagliato numero. 
Si alzò e andò a fare colazione, sua madre era uscita a fare la spesa, e la cosa lo rilassò. Almeno poteva immergersi ancora un po nella sua tana; preparò la moka di caffè e mise un disco dei radiohead. Non erano il meglio per il suo umore, ma lo facevano stare bene, un mix inspiegabile di strumenti stonati che graffiavano le orecchie, di parole sconnesse e luoghi sbagliati, di deliri, e rabbia. 
Così non sentì squillare il cellulare.
La mattina si rilevò molto più piacevole della festa di capodanno, finché non tornò sua  madre, carica di sacchi della spesa da smistare. Davide fece uno sbuffo e comprese che la sua giornata era finita. Verso le cinque del pomeriggio decise che per quella giornata aveva litigato abbastanza, così uscì a farsi due passi; cambiandosi riprese in mano il cellulare e vide che era fitto di chiamate, forse addirittura una decina.
Compose il numero allarmato.

Pronto? 

Pronto, Davide! ho provato a chiamarti tutto il tempo, dov'eri?

Chi è lei?

Daì, sono Chiara, quella di ieri, non ti ricordi?

La giornata prese una cappa di fumocenere, inquinandosi solo a sentire quel nome. Chi cazzo aveva dato il suo numero a quella puttana da due soldi? Inutile anche chiederselo, le persone come lei potevano TUTTO dagli altri.

Tutto.

Erano parassiti, non persone, erano come le malattie. Davide ebbe l'impulso di scaraventare a terra il telefono, poi il buonsenso gli fermò il braccio. In fondo bastava finirla il più in fretta possibile.

ha, Chiara. Che vuoi?

Ti ho mandato un messaggio, ti ho chiamato...

he, scusa, ma non me lo portavo dietro...scusa, perché mi hai chiamato? 

Ma ti ho fatto qualcosa? Perché mi tratti così?

La mano stringeva sempre più forte il telefono. Dentro di lui due forze si opponevano spaccandolo a metà: da una parte c'era una cosa penzolante appeso tra le gambe che avrebbe fatto di tutto per avere qualche briciola di considerazione da un'elemento così appetitoso, dall'altra c'era il suo orgoglio che non si sarebbe mai fatto piegare da una idiota di questo calibro. In ogni caso, perdeva.

No, chiara, non ce l'ho con te, ma non ti conosco, insomma, non siamo amici...non so che scuola fai, dove abiti...daì non rompermi i coglioni!

Quest'ultima parte era stato come scatarrare un pezzo di piombo. Dall'altra parte sentì un singhiozzo, la gola di Chiara che deglutiva trattenendo qualcosa.

A-allora scusa, non ti chiamo più...

E finì la comunicazione. Chiara che piangeva? Arrivava a fare pure i capricci? Per un solo NO? Era veramente il massimo. Cercò di dimenticare quello che era appena successo, e si diresse in città. Non aveva un posto dove andare, gli bastava camminare un pò. Guardava, pensava, forse pensava troppo, e forse pensava anche male, ma erano i geni del padre che lo portavano ad eccedere. Padre schizzofrenico, figlio schizzofrenico, magari in misura minore, ma era indubitabile che i suoi pensieri erano un roveto da domare costantemente. 
Quasi come un sonnambulo parcheggiò in un quadrato blu a pagamento, pensando di non starci più di un pio d'ore, e si incamminò verso il nulla; nella città tra muro e muro stavano ancora appesi i festoni e le luci natalizie, i "Buone Feste" che brillavano come panni appesi in fiamme, e poi alle finestre i terribili babbi natali rossi come impiccati nelle loro corde, intenti a scalare l'ennesimo balcone, fradici e marci.
Ogni anno lo stesso addobbo.
In più già qualcuno si era messo a correre, preso dal terrore di ingrassare qualche chilo. 
Ecco, il nuovo decennio si apriva con queste immagini,

 pensò:
 un passato che sta già marcendo.
Il futuro è dei vermi.


lo interruppe il cellulare. Uno squillo breve, stesso numero
Chiara, Chiara...
A questo punto la cosa migliore era ignorare ancora quell'interferenza. Ma la sua mano si mosse da sola e compose la richiamata. Chissà perché?

Pronto, Chiara?

Dall'altro capo, nulla. ma qualcuno aveva acceso il cellulare

Pronto?

Si sentì un rumore, da qualche parte della gente parlava, non sapeva perché ma Davide pensò subito che si trattasse di un'ospedale. Forse il rumore delle scarpe sulle piastrelle, o più probabilmente era lui stesso che si inventava quelle fantasie.

Pronto Chiara? pronto?

Rispose un uomo.

Pronto. Con chi parlo?

Sono Davide. lei ha il cellulare di una mia...amica (amica?) cosa sta succedendo?

...lei è Davide? Sono il dottor Marucci, la chiamo dall'ospedale. La signora Pagni mi ha chiesto di contattarla come suo conoscente più stretto.

Cosa?! Pagni?

sì, è il cognome della sua amica...vede , la signorina Pagni ha tentato il suicidio qualche ora fa, 

SUICIDIO!? 

..sì...mi duole informarla che...

Non c'era bisogno di aggiungere altro. Le parole cadevano nell'etere invisibili e senza peso,

perché Chiara era morta,

forse per colpa sua?

Forse era un sogno?

Un'allucinazione?

Perché una ragazza così avrebbe dovuto ammazzarsi, così, come un cane?

O era solo uno scherzo?

Ritornò alla macchina cercando di  non pensare, e senza volerlo, fini per mettersi su una strada che lo avrebbe portato all'ospedale.
Per fare cosa,
si chiedeva?

E perché continuava ad avvicinarsi al suo cadavere, in fondo cosa gli importava?
Conosceva la risposta, anche se gli faceva paura.
Era la sua Mente.
Quel Qualcosa dentro di lui aveva preso il controllo della sua volontà, e si stava esprimendo. Era come andare in autoguida, vedere dagli occhi qualcuno che telecomanda il tuo corpo.Come i pazzi, rifletté. Ma per ora non aveva la volontà per riprendersi, così si lasciò guidare fino al luogo fatale, metro dopo metro.
Lei probabilmente era in qualche brandina, o forse era ancora calda, scivolò lungo i muri e i corridoi fino a incontrare una voce tra i tanti che calpestavano quel luogo.

lei è Davide?


 (anche se in maniera differente)


Venga di qua. La signorina Pagni ha chiesto di lei così tanto da rintronarci tutti!

Ma non è morta?

Il dottore lo guardò stranito.

no, al telefono non le ho detto questo. ho detto che era debole, ma stabile! Ma sta bene?

(no? sì? )

Mi scusi, sono schizzofrenico e lo stress mi ha un pò ingarbugliato la mente.

Capisco. E' in grado di distinguere la realtà?

Sì, non si preoccupi. Sono solo un po confuso.

Davide seguì la spolverina bianca del dottore mentre lo guidava tra i corridoi verdi e bianchi di reparti, fino a scaricarlo davanti ad una stanza. quanto tempo era passato dalla telefonata?

senta, stia con lei, io devo cercare di contattare i parenti.

...o forse stava addirittura ancora dormendo, sotto le sue coperte?
Si guardò intorno, e sentì l'aria che scivolava da un condizionatore.

No, era sveglio, e là c'era quella puttana di Chiara che l'aveva messo in un casino immane!
Ma perché aveva chiesto proprio di lui?
Ecco, questo lo svegliò. Forse la chiave della sua Mente era proprio la rabbia.
Rientrò, in pieno possesso delle proprie facoltà
Il letto era bianco e gelido, alcune flebo si avventavano sul corpo rosse come rubini.

Si è squarciata le vene, ironizzò Davide.
 Un gran bel modo "glemur" per andarsene,
 con il sangue sexy e tutto il resto...
 che puttana!


CHIARA! Come stai?

Viva...

Cercò di abbozzare un sorriso. Era davvero messa male.

Chiara, dammi il telefono contatto qualche tuo amico, o amica...insomma qualcuno!

La ragazza rimase in silenzio, Davide si incazzò e prese da solo il nokia da mobile bianco.
Cercò,  ma la rubrica era vuota. Nessun nome.
Tranne il suo.



   
 
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