Capitolo
8
La
stazione di Neapolys era
molto più piccola e molto meno affollata della Stazione centrale.
Nola
e gli altri scesero dal
treno, recuperando tutte le valigie e dirigendosi all’uscita. Quello
che
avevano notato guardando fuori dal finestrino, si era concretizzato
davanti ai
loro occhi.
Se
la Repubblica dell’Aria era
principalmente uno Stato costituito da campagne disseminate di fattorie
( fatta
eccezione per le poche grandi città),
il
Regno della Terra era esattamente l’opposto.
IL
territorio nazionale era
coperto da una ragnatela di strade che collegavano tante città e paesi
posti
molto vicini l’uno all’altro.
La
città di Neapolys era di
grandezza modesta, e da essa partivano numerose strade e anche
l’autostrada.
Era una cittadina moderna, ma manteneva un non so che di rustico.
C’erano pochi
grattacieli, mentre tra le costruzioni recenti si potevano trovare
edifici di
alcuni secoli addietro, ristrutturati e resi agibili.
Dalla
stazione, i ragazzi si
incamminarono per la via principale della città, e la visitarono più o
meno
tutta, in cerca di un posto dove stare.
-
Gli alberghi e le pensioni
sono tutti troppo costosi… - sospirò Nola.
-
Io ho la carta di credito! –
esclamò Wythe, tirandola fuori dalla borsetta.
-
Non vorremmo farti spendere
così tanto! E poi non potremmo vivere a spese di tuo padre per tutto il
viaggio! – fece Mick.
-
Sapete cosa dovremmo fare?
Viaggiare di notte. Con i mezzi pubblici si paga molto poco, e in più
ci si può
dormire. Per mangiare ci arrangeremo… - propose Shia.
-
Non mangeremo nei fast food,
vero? La mia linea perfetta andrà al creatore, e io diventerò tutta
ciccia e
brufoli! – esclamò Wythe, disperata, scatenando una risata generale.
-
Guardate là! – esclamò Nola,
con gli occhi brillanti.
I
quattro erano arrivati in
prossimità della spiaggia.
-
Possiamo fare una passeggiata
piccola piccola? – chiese la ragazza, implorante.
-
No! – dichiarò Wythe.
-
Si! – esclamarono Shia e Mick
in coro.
Wythe
guardò i due,
imbronciata.
I
ragazzi scesero in spiaggia,
togliendosi calze e scarpe e lanciandosi in una corsa allegra nella
sabbia fina
e bianca.
Wythe
rimase indietro,
imbronciata.
-
Nessuno mi ascolta… - mormorò
tra se.
Si
diresse verso un piccolo
edificio che sorgeva sulla spiaggia, che scoprì essere un bar, e si
sedette ad
uno dei tavolini esterni.
-
Perché non vieni a divertirti
anche tu? – fece Nola, raggiungendo la ragazza, seguita dagli altri due.
-
Si sta benissimo! La sabbia e
finissima, e l’acqua non è per niente fredda! – esclamò Mick.
-
Se avessi il costume da bagno
a portata di mano, mi farei giusto un tuffo! – disse Shia, alzando le
braccia
al cielo per stiracchiarsi.
Immaginando
Shia in costume da
bagno e a petto nudo, Wythe divenne improvvisamente rossa, ma si
riscosse
subito.
-
Non possiamo stare a
gingillarci! Dobbiamo cercare un posto dove stare, si sta già facendo
sera!
-
-
Se cercate un posto dove
stare… - disse il proprietario del locale, avvicinandosi.
-
… potrei ospitarvi io. –
I
quattro ragazzi si voltarono
di scatto a guardarlo.
-
Salite questa scala,
arriveremo a casa mia. – disse il barista, guidandoli dietro il locale,
da cui
partiva una scala che conduceva al piano superiore.
-
Qui sopra tengo una specie di
magazzino, ma già da tempo avevo pensato di affittarlo. Ormai è
diventato un
vero e proprio appartamento… -
-
Ci fa piacere che voglia
ospitarci, ma ci sarebbe un piccolo problema… Non possiamo permetterci
tutto
questo! E in più c’è anche Boris... – spiegò Nola, indicando il cane,
che
abbaiò soddisfatto.
Il
barista, un uomo gioviale,
le sorrise.
-
Non dovete assolutamente
pagare niente. E c’è posto anche per il vostro cane. – disse, e i
ragazzi lo
fissarono increduli e grati.
-
Basterà che voi lavoriate per
me! –
Tully,
il barista, era un uomo
abbastanza giovane, che gestiva il bar sulla spiaggia assieme alla
moglie,
Olga. I due avevano tre figli, tre adorabili bambini di cui il più
grande non
aveva ancora sette anni. Scorrazzavano in giro e portavano sempre una
ventata
di allegria.
-
Avete capito cosa dovete
fare? – chiese Tully ai quattro. Loro annuirono.
Indossavano
tutti una salopette
di jeans, stivaloni di gomma, una bandana tra i capelli, e un retino da
pesca
in mano.
Si
diressero verso la riva.
-
Ehi! – chiamò Tully.
-
Avete dimenticato i secchi! –
I
ragazzi tornarono indietro a
prenderli.
Boris,
con i suoi lucidi occhi
canini, fissava la scena interessato.
-
Pronti? – fece Shia,
sorridendo.
Gli
altri tre annuirono.
-
Allora andiamo! – esclamò, e
i quattro si lanciarono verso l’acqua.
Improvvisamente,
la superficie
del mare si increspò e si riempì di piccole meduse azzurrine e
arancioni, che
saltavano fuori dall’acqua.
I
ragazzi si lanciarono contro
gli invertebrati e iniziarono a catturane quanti più possibile con i
retini,
per poi buttarli nei secchi.
-
Con tutte quelle meduse la
gente ha paura e non viene al mare, perciò il mio locale sta andando in
malora!
– aveva detto Tully ai ragazzi.
A
loro era stato affidato il
compito di dare una ripulita, insomma.
-
Non buttatele dopo, però,
dall’ombrella della medusa si ottiene una crema che idrata la pelle
straordinariamente! – aveva ancora raccomandato il barista.
Verso
le dieci di mattina, non
vi era più ombra di meduse, perciò i ragazzi decisero di tornare da
Tully con i
secchi traboccanti.
-
Ho i piedi e le gambe che
sembrano fave raggrinzite! – si lamentò Wythe, lanciando il retino
sulla
sabbia.
-
AHIA! – gridò Mick, toccandosi la
gamba vicino alla caviglia. – Ce
n’era un’altra, di quelle meduse! –
Con
un colpo di retino catturò
l’animale e lo cacciò in un secchio.
Era
l’unica medusa di diverso
colore, un rosso molto vivo.
-
Dai, torniamo al bar! Ho
proprio voglia di una granita! – esclamò Nola, prendendo il suo secchio.
-
Andiamo a farci un tuffo? –
propose Wythe, quando la spiaggia iniziò a riempirsi di gente.
-
Si! Stavo pensando la stessa
cosa! – disse Shia, e gli occhi della ragazza si illuminarono.
-
Io non credo che verrò, sono
un po’ stanco, credo che mi farò una dormita… - disse Mick.
-
Ma se ti sei svegliato
tardissimo! Come fai ad essere stanco?! – lo apostrofò Wythe, ma lui
non la
rispose e salì nel magazzino.
-
E tu, Nola, vieni? – chiese
speranzoso Shia.
Le
speranze di Wythe erano
completamente diverse. “Ti prego, non venire, così io e Shia passeremo
una
romantica mattinata da soli!”
-
Non so se verrò… - disse la
ragazza, mentre a Wythe scappava un gridolino di felicità.
-
Perché? –
-
Ecco… Io… mi vergogno… -
-
E di cosa? –
-
Sono… sono troppo magra, mi
si vedono le ossa. – affermò infine la ragazza.
Shia
scoppiò a ridere.
-
Ma dai! Mettiti il costume da
bagno e non fare tante storie! –
Anche
a Nola scappò un sorriso,
mentre Wythe la fissava contrariata.
I
tre amici stesero il telo da
spiaggia e corsero in acqua a farsi un bagno.
-
Finalmente un po’ di riposo!
– disse Shia, dopo essersi steso al sole assieme alle amiche.
Era
davvero una bella giornata,
il sole brillava alto e soffiava una leggera brezza fresca.
-
Wythe, non senti nessuna
vibrazione strana? Non so come percepisci le altre Starlight, ma… non
senti
niente? –
Sdraiata
com’era, la ragazza
chiuse gli occhi, e rimase così per una decina di secondi.
Nola
le si avvicinò piano.
-
Stai dormendo? – le sussurrò.
Wythe
si mise seduta e riaprì
gli occhi, arrabbiata.
-
Stavo cercando di sentire
qualcosa, scema, ma tu mi hai distratta! –
-
Hai percepito qualcosa? – le
chiese Shia.
Lei
si voltò raggiante.
-
Niente! – esclamò.
-
Che ne dite di tornare? È
quasi ora di pranzo e sento un certo languore… - disse il ragazzo.
Arrivati
al bar, videro che
Tully e la famiglia erano seduti ad un tavolo a pranzare.
-
Mick non è ancora sceso? –
chiesero i ragazzi.
Il
barista scosse la testa.
-
Forse sta ancora dormendo… -
-
Come minimo! – fece Nola,
ridendo. – Salgo a chiamarlo. –
Salì
di corsa le scale e aprì
la porta del magazzino.
-
Mick! Scendi a pranzare! Stai
ancora dormendo? –
La
ragazza si guardò intorno,
ma il piccolo appartamento era vuoto. Entrò nella camera dove dormivano
lei e
Wythe, ma era vuota pure quella.
“Allora
dev’essere in bagno!”
pensò.
Aprì
la porta della piccola
toilette e trattenne il respiro, poi cacciò un urlo di terrore.
-
Che succede! – gridò Shia,
entrando di corsa nell’appartamento. Era seguito da Wythe e da Tully.
Nola
era quasi sdraiata per
terra e aveva gli occhi spalancati dalla paura. Con fatica, cercava di
trascinarsi il più lontano possibile dalla toilette.
Shia
corse da lei e la strinse
in un abbraccio, mentre cercava di rialzarla da terra.
Gli
occhi di tutti erano fissi
sulla stessa immagine.
Lungo
disteso per terra, con le
braccia ancora aggrappate allo sportello della doccia, si trovava Mick.
-
È morto? – chiese Wythe in un
soffio.
Tully
gli si avvicinò e gli
sentì il polso.
-
No, è solo svenuto. – disse
con un sospiro di sollievo.
-
Guardate! Cos’ha sulla gamba?
– fece Shia.
Sulla
gamba di Mick, partendo
dalla caviglia, si estendeva una lunga macchia rossastra e pulsante.
-
Spero non sia quello che
penso… - mormorò Tully, preoccupato.
-
Che cosa? – esclamarono i
ragazzi, in coro.
-
Per caso Mick è stato punto
da una medusa? –
I
tre si guardarono negli
occhi, atterriti.
-
In effetti si… - ammise Nola.
-
Avete conservato le meduse
come vi ho chiesto? – esclamò il barista, balzando in piedi.
I
ragazzi annuirono. – Sono nel
retro del bar. –
-
Io scendo un attimo, voi
cercate di stendere Mick sul letto e bagnategli la fronte con un panno
bagnato:
ha la febbre molto alta! –
Tully
tornò poco dopo. In mano
aveva un sacchetto di plastica trasparente, che conteneva la medusa
rossa.
-
È questa che lo ha punto,
vero? – chiese il barista.
Wythe
annuì. – Si, l’ho visto
io… -
-
Ho chiamato il medico. –
continuò Tully. – Arriverà tra poco. –
Nola
continuava a bagnargli la
fronte con il panno bagnato, ma Mick non dava segno di essere
cosciente. La sua
espressione in viso era neutra. Sembrava tranquillo, ma il rossore alla
gamba
si estendeva sempre di più.
-
Nel frattempo che il dottore
non arriva, mettete dell’ammoniaca sulla puntura. – disse Tully,
porgendo una
bottiglietta a Nola, poi tornò giù al bar ad attendere il medico.
La
fronte di Mick era
incandescente, e i suoi occhi si muovevano sotto le palpebre chiuse in
movimenti molto rapidi.
Nola
strizzò la pezza e gliela
pose nuovamente sulla fronte, mentre Wythe continuava a bagnare la
puntura con
l’ammoniaca.
Shia
era sulla porta, in attesa
del dottore.
Nola
si avvicinò a lui.
-
Se la caverà? – chiese in un
sussurro.
Il
ragazzo le circondò le
spalle con un braccio e la strinse a se.
-
Non preoccuparti, è un
ragazzo forte. –
Lei
scoppiò a piangere contro
il suo petto.
-
È arrivato il dottore! –
gridò Tully, salendo le scale di corsa.
Il
medico, un uomo di mezza
età, saliva subito dietro di lui.
Appena
vide Mick, fece un
sospiro di sollievo.
-
Non è in pericolo di vita,
per fortuna! – disse, e tutti esultarono.
-
Avete fatto bene a mettergli
l’ammoniaca. Avete conservato la medusa che lo ha punto? – chiese il
dottore.
Tully
annuì.
-
Perfetto. L’antidoto a questo
avvelenamento si ottiene direttamente dall’ombrella della medusa.
Bisogna
frullarla, poi metterla a bollire per tre ore e infine lasciarla
raffreddare e
spalmare bene su tutta la parte arrossata. È tutto chiaro? Purtroppo io
non
posso fornirvi nessun antidoto, in quanto il veleno di questo tipo di
medusa è
differente da esemplare a esemplare. –
-
Quanto le dobbiamo, dottore?
– chiese Nola.
-
Nulla, in fondo non ho fatto
niente. Ora devo andare, mi raccomando, fate come vi ho detto e tutto
si
sistemerà. –
Tully
aveva frullato e messo a
bollire l’ombrella della medusa, così si era seduto al bancone del bar e continuava a
sospirare.
-
Vedrai che quel ragazzo
guarirà! – gli disse Olga, facendogli un massaggio alle spalle.
-
Lo spero… Dopotutto è stata
colpa mia se è stato punto! Avrei potuto chiedere loro di fare i
camerieri, o
di lavorare in cucina, invece di cacciare le meduse. Sono davvero
un’idiota! –
-
Non è vero! – affermò la
moglie. – Non è colpa di nessuno! Purtroppo è stata una disgrazia… Ora
non ci
resta che aspettare. –
Dopo
che la pomata si fu
raffreddata, Nola la spalmò con delicatezza su tutta la gamba di Mick.
Era una
crema molto profumata e altrettanto unta, di un vivido colore rosso.
-
Farà effetto subito? – si
chiese Wythe.
La
sua risposta non dovette
farsi aspettare, visto che Mick strizzò gli occhi e li aprì piano.
-
Che buon profumo! Sei tu, mia
cara? – disse, rivolto a Nola.
-
Che scemo che sei! È la
medicina! –
-
Va tutto bene? – gli chiese
Shia.
Mick
annuì.
-
In realtà non ricordo molto
di quello che è successo. Ricordo che mi è venuta un’improvvisa voglia
di
vomitare, pardon, di rimettere, e
sono corso in bagno, poi la mia vista si è annebbiata e il sopra è
diventato il
sotto, e viceversa… -
-
Poverino! Vaneggia! – disse
Wythe, sarcastica.
-
Che simpatica… - disse Mick,
ma poi scoppiò a ridere.
-
Sei stato punto da una medusa
molto velenosa, ma ti abbiamo preparato la pomata per farti guarire. –
gli
spiegò Nola.
-
È MORTO? – gridò la vocina di un
bambino. Tutti si voltarono a
guardare il proprietario di quella voce. Era il figlio più piccolo di
Tully.
-
No! – disse il padre, con un
sorriso.
-
Peccato! Volevo vedere un
vero cadavere! –
I
quattro amici e Tully
strabuzzarono gli occhi.
-
Dov’è un vero cadavere? -
chiese un’altra vocina. Era la più grande
dei tre, l’unica femmina. Era seguita dal fratello di mezzo, che
trasportava
Boris in braccio, ma era molto pesante e le zampe di dietro gli
strisciavano
praticamente per terra.
-
Non qui! – esclamarono i
ragazzi.
-
Quando vedrò un cadavere vi
informerò! – promise Mick ai tre bimbi.
-
Evviva! – gridarono i tre, e
scapparono di corsa a giocare.
I
ragazzi si guardarono in
faccia e scoppiarono a ridere.
-
Certo che i tuoi figli sono
davvero strani! – dissero a Tully.
Lui
rise così tanto che cadde
dalla sedia dove stava seduto.
Aspettando
che Mick si
rimettesse in forze, i ragazzi pensarono di dare una tregua alla
ricerca delle
Starlight così si dedicarono all’abbronzatura, al bagno al mare e a
dare una
mano a Tully.
Una
sera, il barista organizzò
una grigliata in spiaggia, così Mick provò a muovere i primi passi con
la gamba
ancora irritata. Dopo essersi risvegliato, fatto ormai accaduto una
settimana
prima, la puntura della medusa aveva cominciato a pizzicare e bruciare,
tanto
che il ragazzo non riusciva stare in piedi.
Ora
però il bruciore era
sparito quasi del tutto, e anche se zoppicava un po’, riusciva comunque
a
camminare.
Si
spalmava la pomata due volte
al giorno, poi si fasciava la gamba con delle bende fresche.
Anche
quella notte si fasciò la
gamba, poi scese in spiaggia solo con i bermuda da mare. Anche gli
altri
indossavano il costume da bagno. Shia i suoi bermuda rossi, Nola il suo
due
pezzi blu e il pareo e Wyhte il triangolino verde e un paio di
pantaloncini
corti.
Sulla
sabbia, vicino al bar,
Tully aveva acceso un falò, che mandava bagliori arancioni nel buio
della
notte.
-
La cena è pronta! – annunciò
Olga, e servì a tutti degli ottimi spiedini di carne e verdure.
I
bambini li divorarono in un
sol boccone, mentre gli altri li gustarono lentamente.
-
E ora… non è estate senza… COCCO! - esclamò Tully, e ne tirò
fuori due, belli
grandi.
Poi
corse dentro il bar e tornò
subito dopo con una sciabola ricurva in mano.
-
È un antico cimelio di
famiglia. – si giustificò. – Da secoli, viene usato dalla mia famiglia
per
tagliare il cocco. –
Spaccò
le due noci di cocco,
diede il latte da bere ai bambini, e poi tagliò a pezzi il frutto.
Dopo
aver gustato quella bontà,
i bimbi corsero a giocare con Boris, mentre i ragazzi preferirono fare
una
passeggiata lungo il bagnasciuga.
-
Mi dispiace. – disse Mick.
-
Per cosa? – chiese Nola.
-
Per aver ritardato il vostro
viaggio. Mi dispiace. –
-
Ma che stai dicendo! Non ci
importa niente del viaggio, finché i nostri compagni stanno male! –
annunciò
Wythe, autoritaria.
-
Wow! Non mi aspettavo un
discorso così da una come te! – le fece Nola, sorridendo.
-
Che vuoi dire? – rispose lei,
lanciandole un’occhiataccia.
-
Voglio dire… mi sei sembrata
fredda nei nostri confronti, invece… -
-
Guarda che io ce l’ho un
cuore, cosa credi? –
Nola
le mise un braccio sulle
spalle e rise.
-
Scherzavo! –
I
ragazzi risero insieme, e
anche se non voleva ammetterlo, un sorriso lo fece pure Wythe.
Dopo
un’altra settimana, Mick
si accorse che la sua ferita era completamente guarita e non zoppicava
più.
-
Non c’è ragione per rimanere
ancora qui. – dichiarò Wythe un pomeriggio.
-
Giusto, è ora di rimetterci
in marcia. – le fece eco Shia.
Anche
Nola e Mick furono
d’accordo, seppur con un velo di tristezza. Sarebbero voluti restare al
mare
ancora per un po’, ma purtroppo la loro missione li chiamava…
-
Come avevo proposto tempo fa,
viaggeremo di notte. – disse ancora il ragazzo.
-
E quando partiremo? – chiese
Nola.
-
Stanotte. – intervenne Wythe.
Mick
la guardò. – Sei sicura? –
La
ragazza annuì vigorosamente.
-
E così dove partire oggi? –
chiese Tully, quando vide i ragazzi con borsoni e valigie.
-
Si. – disse Shia.
-
Non potete andare via! –
esclamarono i tre bimbi, correndo ad abbracciare Mick. Si erano davvero
affezionati a lui.
-
Su, su! Non fate così! Vi
assicuro che torneremo a trovarvi! – disse il ragazzo, poi, vedendo i
visini
tristi dei bambini, raccolse una manciata di sabbia e se la strofinò
tra le
mani chiuse. Quando le riaprì, al posto della sabbia c’erano tre
caramelle alla
frutta, che Mick diede ai tre bimbi.
-
Sei un mago! – esclamarono
entusiasti i bambini.
Olga
sorrise, divertita.
-
Fate buon viaggio. – disse
Tully, stringendo la mano a tutti, e la zampa a Boris.
Arrivati
alla stazione dei
treni, aspettarono la coincidenza per Beryl City.
-
Era una tappa del mio tour! –
sospirò Mick.
-
Vedrai che quando tutto
questo sarà finito tornerai a calcare le scene e ad essere famoso. – lo
rassicurò Nola.
-
E tu sarai la mia assistente?
– chiese speranzoso.
-
Ancora questa storia? Te lo
scordi! – rise lei, mentre Shia si irrigidiva.
-
Allora vuoi essere tu la mia
assistente? – disse il mago, rivolgendosi a Wythe.
Lei
gli lanciò un’occhiataccia.
– Mai! –
-
Nessuno mi vuole bene! –
piagnucolò Mick, e tutti si misero a ridere, mentre Shia gli dava
un’amichevole
pacca sulla schiena.
-
Che cosa significa?! – gridò Morgan,
mentre si copriva la pelle
nuda con il lenzuolo.
Dray
si alzò dal letto e si
infilò l’accappatoio.
-
Significa quello che ho
detto. – rispose secco.
-
Non puoi andare a combattere da
solo. Me l’hai promesso, ricordi? Hai detto che qualunque cosa succeda
noi due
non ci separeremo mai. –
Dray
strinse un pugno e chiuse
gli occhi.
-
Tu devi solo nasconderti e
non farti trovare. –
-
Come hai detto? – esclamò la
ragazza. Si avvolse nel lenzuolo e si parò davanti a lui.
Dray
la fissò intensamente
negli occhi, poi le posò una mano sulla spalla.
-
Perché non mi vuoi al tuo
fianco? Non mi vuoi più? Non mi desideri più? Eppure fino ad un attimo
fa… -
-
Ma che stai dicendo? Tu sei
l’unica cosa che conta, per me, e lo sai. Sei la mia unica ragione di
vita! Ma…
sei in pericolo. –
Morgan
sgranò gli occhi.
-
È giunto il momento di
rivelarti il motivo per cui sono entrato a lavorare per Langarth. –
-
Tu… hai venduto la tua vita
per salvare la mia? – sussurrò Morgan, mentre sentiva che le forze la
abbandonavano. Dray la afferrò saldamente un attimo prima che lei si
accasciasse
a terra.
La
ragazza poggiò la testa sul
petto di lui, e trasse un profondo respiro.
-
Perché l’hai fatto? All’epoca
neanche mi conoscevi… - chiese.
-
Ti sbagli. Tu non conoscevi
me, ma io invece sapevo benissimo chi eri. Ti ho amata dalla prima
volta che ti
ho vista, e non ti avrei condannata per nessuna ragione al mondo. Ho
preferito
sacrificare me stesso invece di non poterti avere più al mio fianco. –
Calde
lacrime scorsero sulle
guance di Morgan, che si stringeva sempre più al suo amante.
-
Allora scappiamo. – esclamò
lei, fissando Dray negli occhi. – Scappiamo in un posto dove Langarth
non possa
trovarci mai. Io e te, senza dover pensare alle conseguenze. –
Lui
sorrise, triste. Non poteva
vedere gli occhi della sua dolce amata colmi di lacrime.
-
Purtroppo non si può… Se
riesco a portare a termine questa missione non dovremmo più
preoccuparci. Per
questo non posso portarti con me. Tu non ti sei ancora macchiata di
nessun
omicidio, mentre io… -
-
Sai che non è stata colpa
tua! – fece lei, scrollandolo. – Ricordati che non sei stato tu a
uccidere
Aquarius! –
Lui
le sorrise di nuovo, questa
volta cercando di mascherare la sua sofferenza.
-
Tu non sei un assassino! – disse
Morgan.
Dray
si chinò su di lei,
stringendola forte e baciandola appassionatamente, e in un attimo
furono
nuovamente sul letto.
-
Noi due non ci separeremo
mai! – mormorò Morgan, mentre sentiva su di se il peso del ragazzo.
Dray
aprì gli occhi. Si alzò
dal letto e ammirò per un attimo Morgan, che dormiva profondamente e
aveva
un’espressione tranquilla in volto. Da sotto il lenzuolo, si poteva
notare il
suo petto che si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro.
L’uomo
andò in bagno e si
sciacquò il viso con l’acqua fresca del lavandino. Si guardò allo
specchio e
scrutò in profondità nei suoi occhi azzurrissimi.
-
Vuoi mollare, è così? – disse
all’improvviso il suo riflesso.
-
Sta zitto, non ti ho cercato.
– rispose Dray, seccato.
-
Ah, ora non posso neanche più
parlarti? –
Dray
fece un sospiro, seccato.
-
Vattene. – gli disse.
Il
Dray del riflesso scoppiò a
ridere.
-
Non puoi mandarmi via! Io
sono te, e tu sei me! –
-
Non è vero! Siamo due persone
completamente diverse! –
-
Oh, ma davvero? Te l’ha detto
quella mocciosetta che ti porti appresso? Noi due siamo identici! Non
ricordi
il profondo piacere che hai provato mentre la vita di Aquarius sfuggiva
via
dalle tue mani come fosse aria? Non ricordi la gioia, l’euforia, la
furia
selvaggia? –
Dray
si strinse la testa tra le
mani. – Basta! Non è vero! Quello che si divertiva eri tu, non io. Io
ero
profondamente disgustato e oppresso dal senso di colpa. –
-
E allora perché non mi hai
fermato? – chiese l’altro, con un tono malizioso.
-
Basta! – gridò Dray, e
d’improvviso sentì tutto il silenzio della casa, opprimerlo.
Si
guardò nuovamente allo
specchio, ma vide solo il suo riflesso, e nient’altro.
Il
treno percorreva
imperterrito i binari, mentre dai finestrini si poteva ammirare lo
scorrere del
paesaggio. In lontananza si notavano i profili di tante città, mentre
più
vicino al percorso del treno crescevano foreste rigogliose e verdissime.
Ma
ne Nola ne gli altri
poterono osservare il meraviglioso paesaggio baciato dalla luce della
luna,
perché erano tutti caduti in un sonno profondo.
Il
treno arrivò alla stazione
quando il cielo si tingeva di arancione e di azzurro pallido, mentre il
sole
faceva timidamente capolino.
I
ragazzi si svegliarono di
soprassalto, destati dalla voce registrata che annunciava l’arrivo a
Beryl
City.
Scesero
e recuperarono i
bagagli, poi uscirono dalla stazione e si guardarono intorno. La
ferrovia si
trovava esattamente al centro della città, che si presentò ai loro
occhi in
tutta la sua bellezza.
Era
una città dal fascino
antico, e ovunque si potevano notare alti palazzi dalla foggia barocca,
bianchi
come l’avorio oppure blu, con finestre e porte gialle e bianche.
La
stazione si affacciava su un
grande viale alberato, che a quell’ora del mattino si cominciava
popolare di
automobili e altri veicoli.
-
E adesso dove andiamo? –
chiese Mick, ancora assonnato.
Wyhte
si concentrò, ma non
riuscì a percepire nulla.
-
Non so… - scosse la testa.
-
Beh, proviamo a dirigerci da
qualche parte, poi si vedrà… - propose Nola.
Mentre
attraversavano la
strada, un rombo lontano li fece voltare.
Shia
agguantò Mick per il
colletto della maglia e lo tirò indietro, prima che una brillante moto
da corsa
nera con delle fiamme rosse disegnate gli passasse sopra.
Si
fermò davanti a loro con una
derapata.
-
Cosa cavolo ci fate in mezzo
alla strada? – fece il motociclista.
Era
completamente vestito di
nero, da capo a piedi. Le sue braccia muscolose erano tese a tenere il
manubrio, e il suo volto era coperto da un casco completamente nero che
riprendeva il disegno della moto.
L’unica
parte del suo corpo che
si vedeva era una folta e lunga coda di capelli castani che gli
uscivano dal
casco.
Eccomi
di nuovo tra voi, anime
viventi! Sono or ora tornata dall’oltretomba...
Lasciando
perdere gli scherzi,
finalmente sono di nuovo qui, con l’ottavo capitolo.
Qui
non c’è nessuna nuova
Starlight, ma il barista e la famiglia, che più o meno compensano, no?
Sono
simpatici, e quei bambini sono davvero dei diavoletti!
Povero
Mick! Capitano proprio
tutte a lui! Prima i suoi trucchi magici vengono distrutti da un
incendio, poi
viene punto da una medusa... poverino... U.U
Piuttosto
interessante, invece,
è la parte riguardante Dray... Cosa nasconder in realtà il suo passato?
X
Marta94: mi dispiace tanto
che ti sia dovuta rileggere tutto da capo, scusami! >.<
Sto cercando di
essere più veloce... Come va a scuola? È da un secolo che non ci
vediamo!
All’Accademia va tutto bene! XDD
X
Ladywolf: grazie dei
complimenti! ^///^ Lo so, la scena tra Mick e Ivy mi fa ridere come una
scema,
pur avendola scritta io!!! Sono proprio due anime gemelle! Chiedi
scenette
romantiche tra Shia e Nola? Chissà se mai ce ne saranno... Mah...
<.<
XDDD
Anche
per questo capitolo siamo
a posto. Come sempre cercherò di non farvi aspettare molto per
continuare a
leggere, e colgo l’occasione per farvi i migliori auguri di buon 2010.
Spero
che il nuovo anno vi porti tanta felicità e vi faccia vivere tanti bei
momenti.
Alla
prossima! XDD