Destinazione:
felicità.
Era successo…
L’ennesima famiglia che non poteva tenerla: cosa c’era di
sbagliato in lei?
Cos’aveva fatto per non poter avere un briciolo di
felicità?
Aveva perso i genitori appena nata, non li aveva neppure
conosciuti… Non avrebbe mai saputo dire cosa si prova a dire “mamma” oppure
“papà”, ne a ricevere amore solo per il semplice fatto di esistere.
Era stata mandata in orfanotrofio piccolissima, non aveva
nemmeno un anno.
Le dame di carità pensavano che una bambina così piccola avrebbe
trovato subito qualcuno che l’avrebbe accolta ed amata, invece per un assurdo
scherzo del destino, una bambina con i capelli rossi ed una manciata di
lentiggini non piaceva a nessuno.
Tutti i potenziali genitori si giustificavano dicendo che
non avrebbero saputo spiegare i capelli rossi “Nella nostra famiglia nessuno ha
i capelli rossi!” oppure “Quante lentiggini! E poi i capelli sono proprio
rossi! Capirebbero tutti che non è mia figlia!”
Crescendo la storia non era cambiata, “E’ troppo magra!”, “E’
solo pelle ed ossa!” “E’ carina, ma è troppo grande!” erano le frasi che le
dicevano e non si facevano scrupolo se lei era presente e soffriva di quelle
accuse… Nessuno la difendeva… Nessuno l’amava… Era sola…
Aveva dovuto aspettare quattro anni per essere adottata e
la famiglia adottiva l’aveva tenuta con se solo per due anni.
Si era occupata dei bambini, che erano ancora in fasce, il
buon padre di famiglia che aveva sempre sognato era, nella realtà, un minatore
sempre ubriaco che picchiava la moglie e pensava solo a fare figli… Qualche
anno dopo la miniera dove lavorava fu chiusa e lui si trovò zoppo, una moglie,
cinque figli legittimi ed Anna: decisamente troppe bocche da sfamare.
Pensò bene di riportare quest’ultima in orfanotrofio,
dopotutto là c’era cresciuta e si sarebbe trovata bene. Anna non era felice di
questa decisione, ma era stanca di sentire i pianti disperati della moglie e
dei figli, quindi si rassegnò.
Passarono altri due anni ed Anna era ormai una bambina di
nove anni, magra ma allegra.
Nonostante tutto infatti, Anna aveva sviluppato una fervida
immaginazione che le aveva permesso di ridere anche nei momenti più difficili
oppure, se la situazione lo richiedeva, si rifugiava in un mondo tutto suo,
dove c’era un papà forte e buono che amava una mamma dolce e bella che le
volevano bene, pur avendo i capelli rossi, pur avendo le lentiggini, pur
essendo magra, pur essendo Anna…
In primavera Anna era stata nuovamente adottata: questa
volta sembrava quella definitiva, glielo aveva detto la signora Spencer.
La famiglia in questione non viveva nell’agio però
sembravano migliori dei precedenti, purtroppo appena arrivata “nella sua nuova
casa” capì quanto la signora Spencer avesse sbagliato: qui di bambini ce
n’erano sette di cui tre coppie di gemelli.
Anna a quella vista strabuzzò gli occhi e guardò “la madre”
con un viso leggermente stupito, dal canto suo l’osservata sorrise e disse
“Sappiamo che hai molta esperienza con i bambini, io non riesco a star loro
dietro tutto il giorno… E poi nel mio stato…” mentre parlava si era accarezzata
il ventre leggermente rotondo ed Anna capì.
Capì per l’ennesima volta era stata adottata come balia,
non come figlia, capì che neppure stavolta sarebbe stata amata come una figlia.
Sorrise leggermente dimostrando d’essere più grande dei
suoi nove anni. “Sono felice di sapere che arriverà presto un bimbo. Stia
tranquilla, con i bambini ci so fare, non si ricorderà nemmeno di averli”
disse. La donna sorrise felice.
Per Anna iniziò una vita abbastanza serena. Il marito della
“madre”, così aveva soprannominato la donna che quel giorno di primavera
l’aveva adottata, era un boscaiolo e lavorava in una segheria lungo il fiume,
tornando a casa solo sabato sera e ripartendo domenica sera.
Era la domenica l’unico giorno in cui Anna poteva svagarsi
perché il marito della “madre” voleva stare qualche ora con i suoi figli.
Le domeniche Anna si divertiva ad esplorare i dintorni con
le sue amiche immaginarie, Cordelia e Katy, e si divertiva a parlare dei più
svariati argomenti, a volte giocava e fingeva di essere una principessa rapita
da dei nemici di suo padre, il re di un paese lontanissimo che ancor oggi la
piangeva, mentre sua madre era morta di crepacuore qualche giorno dopo il suo
rapimento.
Quando invece pioveva, ed era impensabile uscire, allora si
divertiva a guardare fuori immaginando fate e gnomi che si divertivano a
sguazzare nelle pozzanghere oppure fate arrabbiate perché la pioggia bagnava le
loro splendide ali e delle driadi birichine ridevano scappando quando la fata
cercava d’inseguirle.
Purtroppo per Anna la sua momentanea felicità non era
destinata a durare e, poco dopo la nascita della quarta coppia di gemelli, la
“madre” morì a causa di un’infezione ed il padre fu vittima di un incidente
alla segheria dove perse una gamba ed una mano.
Le dame di carità decisero che quei dieci bambini non
potevano stare con il boscaiolo infortunato e fortunatamente riuscirono a darli
ai parenti della coppia. Solo Anna rimase sola… Ancora una volta sola…
Perché se per dei nipoti c’è posto, per qualcuno che non è
niente non c’è mai posto…
Anna rifece quindi ritorno all’orfanotrofio: la signora
Spencer non sapeva cosa fare, era l’unica bambina che ritornasse sempre.
Passarono i mesi ed un giorno di febbraio la signora
Spencer andò in visita a dei parenti a Carmody. Li conobbe Marilla Cuthbert.
Iniziarono a parlare del più e del meno fino a quando Marilla disse “Ci
servirebbe un ragazzo che aiuti mio fratello nei campi, ma purtroppo ne io ne
Matthew, mio fratello, ne abbiamo avuti. Ed è sempre più difficile trovare
aiutanti capaci.” La signora Spencer ascoltò Marilla “Forse io ho la persona
che fa per voi. Sa, faccio opere di carità in un orfanotrofio e lì c’è chi fa
il vostro caso. Mi è sembrato di capire che non volete un neonato, ma un
ragazzino intorno ai dieci - undici anni, giusto?” “Se fosse possibile.. Sì,
sarebbe meglio…” disse Marilla un pochino imbarazzata.
Le sembrava d’essere al mercato a scegliere la stoffa più
bella al prezzo migliore e poi si vergognava un po’, chissà cos’avrebbe pensato
di lei Rachel se l’avesse saputo… Meglio farle sapere le cose ad adozione
avvenuta.
La signora Spencer continuò a parlare e Marilla, persa nei
suoi pensieri, abbozzava qualche risposta.
Passò un mese da quella conversazione, ed un mercoledì
Marilla e Matthew Cuthbert ricevettero un telegramma che annunciava l’arrivo
del ragazzo con il treno delle 12.00 di domani. Marilla e Matthew erano
felicissimi ed iniziarono a preparare la camera per il ragazzo.
La signora Spencer era frastornata, proprio oggi sua
sorella si era dovuta ammalare? “Mio Dio, come farò! Domani devo accompagnare
due bambini nelle loro nuove famiglie… A proposito devo ancora sceglierli, come
faro mio Dio!” esclamò la donna in preda al panico. Guardando le schede trovò Anna
e si ricordò del discorso avvenuto con Marilla Cuthbert: era fatta per loro.
“Speriamo che con questa famiglia duri…”
Quel pomeriggio, fece chiamare Anna ed attese che si
sedesse poi iniziò “Anna cara, penso di aver trovato la famiglia che fa al caso
tuo…” disse la signora Spencer lasciando volutamente un po’ di suspance
affinché Anna capisse la notizia, poi quando la vide attenta proseguì “sono due
fratelli, non hanno figli e vivono in un paesino vicino a Carmody. Ti
raccomando, fai la brava, cerca di fare tutto quello che ti chiedono, sii
buona, cortese, gentile ed educata. Non fare scenate, non parlare tanto come il
tuo solito, … ” la signora Spencer continuò ancora per un po’ a parlare, mentre
Anna l’aveva persa già da un po’…
Una famiglia… Una famiglia tutta per me… Non dovrò fare la
balia ad altri bambini…
La signora Spencer guardò Anna e vide che gli occhi le
brillavano “Benedetta ragazza mi vuoi stare a sentire!” disse con voce
lamentosa la donna “Non dico altro. Prepara la tua roba: domattina prenderemo
il treno e ti porterò a conoscere la tua nuova famiglia.” Congedò Anna e si
preparò a parlare con l’altra bambina che avrebbe accompagnato domani a
Charlottetown.
Oggi era il grande giorno! Pensava Anna al colmo della
gioia, erano appena le sei e mezza e lei era sveglia già da un’ora. La sua roba
era stata piegata ordinatamente nella sua unica valigia, il vestito più bello
era sulla sedia con le calze, il cappellino e sotto la sedia c’erano i suoi
stivaletti: certo non erano capi nuovi però le stavano bene e con certi
accorgimenti non si notava l’usura.
E poi lei poteva immaginare d’indossare uno splendido
vestito azzurro con le maniche a sbuffo, gli stivaletti erano lucidi e foderati
di pelliccia, le calze erano morbide e calde ed erano abbinate perfettamente al
vestito. Questo era un giorno speciale e meritava un sacco di attenzioni!
Non riuscendo a stare più nel letto decise che poteva
iniziare a prepararsi, anche se sapeva che il treno sarebbe partito alle otto.
Alle sette era già pronta ed attendeva che la signora
Spencer la chiamasse.
Finalmente, dopo un tempo interminabile per Anna, la
signora Spencer fece la sua comparsa e portò Anna e l’altra bambina alla
stazione: tra poco più di tre ore avrebbe conosciuto la sua nuova famiglia!
Erano sul treno da poco meno di un’ora e la signora Spencer
aveva ripreso la predica su “cosa fare” e “cosa non fare”. Anna l’ascoltava
distrattamente cercando d’immaginarsi la sua futura famiglia, la sua futura
casa ed il suo mondo futuro…
Arrivarono a Carmody, la loro prima fermata, Anna stava
contemplando il paesaggio e cercava di scorgere i dettagli più particolari
quando si accorse che il treno era fermo guardò stupita la signora Spencer che
si era alzata per controllare l’orario e la stazione appena tornò al suo posto
“Anna, questa è la tua fermata. Scendi pure, tra dieci minuti verrà qualcuno a
prenderti. Ho già parlato con il capo stazione: baderà lui a te fino a quando
non verranno a prenderti. Ricorda quello che ti ho detto…” disse la donna. Anna
prese la valigia e, dopo aver salutato la figlia della signora Spencer e
l’altra bambina, scese dal treno.
Dopo cinque minuti il treno ripartì, lasciandola per
l’ultima volta sola.
Anna si guardò intorno. Le piaceva Carmody, chissà come
sarà Avonlea… Sarà sicuramente bella, già il nome è meraviglioso… pensava Anna
felice.
“Bella signorina, vuole attendere dentro?” disse
cordialmente il capo stazione. Anna lo guardò sembrava un tipo simpatico e
buono. “No, grazie. Qui posso far volar meglio la mia fantasia!” disse
sorridendo. Il capo stazione la guardò confuso: che risposta era quella?! La
vide andare a sedersi su dei sacchi. Rientrò nel suo ufficio meditabondo,
lanciando un ultima occhiata in direzione di Anna.
Dal canto suo Anna stava ammirando dei ciliegi in fiore
oltre i binari ed aveva deciso: se quella sera nessuno fosse venuto a prenderla
avrebbe trascorso la notte su quell’albero.
Dopo aver preso questa decisione, iniziò ad osservava il
paesaggio. Ormai la primavera era già arrivata e la prova lo erano i ciliegi in
fiore. Che albero romantico il ciliegio: tutto bianco e così maestoso…
Dopo quasi mezz’ora Anna sentì fermarsi un calesse e rimase
in attesa: sentì qualcuno scendere e salire i pochi gradini che separavano la
strada dal palco sul quale era posto l’ufficio del capo stazione.
Lo vide. Era un uomo anziano, sui cinquant’anni circa.
Sembrava simpatico. Aveva i capelli castano chiaro, due folte sopracciglia e
due altrettanto folti baffi. Era vestito elegantemente. Si osservarono ed Anna
pregò ardentemente che fosse lui la persona che doveva passare a prenderla.
Matthew dal canto suo notò subito Anna, come non notare una
bambina graziosa, però lui era venuto a prendere un ragazzo, non una ragazza!
Con passo incerto si avvicinò all’ufficio del capo stazione,
Anna si lasciò cadere sul sacco dov’era stata seduta prima, continuando ad
osservare il nuovo venuto. Intanto Matthew aveva trovato il capo stazione “Ehm…
Mi scusi… Ecco io… Volevo sapere se… è già arrivato il treno delle 12.00.”
chiese. Il capo stazione lo guardò “Sì, è già arrivato ed è anche già
ripartito. Ed è arrivata anche la persona che stavate aspettando… E’ là fuori…”
disse sempre osservandolo.
Matthew tornò sui suoi passi e vide solo Anna. Questa si
rialzò sorridente e lo guardò fiduciosa. Matthew non sapeva cosa fare. Le si
avvicinò incerto e le chiese “Ehm… Ti manda la signora Spencer?” “Sì, voi siete
il signor Cuthbert? Il signor Matthew Cuthbert? Io sono Anna Shirley. Ero così
ansiosa di conoscervi! Ho provato ad immaginarvi, ma la realtà è migliore
rispetto alla fantasia.” disse con un dolcissimo sorriso. Matthew non sapeva
cosa fare: Marilla era stata chiara un ragazzo, non una ragazza. “Sa, se non
fosse riuscito a passare a prendermi, avrei trascorso la notte su quell’albero
di ciliegio. Non trova che gli alberi di ciliegio siano maestosi? Sembrano dei
re…” disse Anna con aria estasiata.
Matthew aveva deciso: avrebbe portato Anna a al Tetto
Verde. Avrebbe visto poi con Marilla il da farsi. Forse è qui, che un filo
legherà indissolubilmente la vita di Anna e la vita di Matthew, ma ancora
nessuno dei due ne è a conoscenza…
“Ehm… Ecco… Andiamo?” disse Matthew alquanto imbarazzato
fece per prendere la valigia di Anna ma lei lo anticipò “Ho solo questa e poi è
rotta. Meglio che la porti io, sa conosco com’è fatta! Grazie.” disse sempre
sorridendo.
Matthew fece strada e la fece salire sul calesse. Il
viaggio di ritorno fu tutto un chiacchierare da parte di Anna che non riusciva
a non commentare quanto vedeva, fino a quando, entrando nel viale d’ingresso ad
Avonlea, non ammutolì di colpo. Matthew benevolmente l’ascoltava pazientemente
e quando sentì silenzio la guardò di sottecchi per cercare di capire cos’avesse
provocato l’improvviso silenzio da parte della sua compagna di viaggio.
Seguì lo sguardo di Anna e vide che era rimasta incantata
dalla fioritura dei ciliegi “Signor Cuthbert! E’ meraviglioso!” esplose d’un
tratto la bambina.
Matthew non capiva tutta questa meraviglia: lui aveva visto
quello “spettacolo” dacché era nato, mentre per Anna era la prima volta, ma
Matthew è Matthew…
Finalmente erano giunti al Tetto Verde.
Chissà Marilla cosa dirà, pensava intanto il povero
Matthew. Scese dal calesse ed aiutò Anna a fare altrettanto. Disse a Martin di
portare i cavalli nella stalla e di dar loro da mangiare.
Anna rimase incantata nell’ammirare la casa. Questa sarebbe
stata casa sua, ed adesso avrebbe conosciuto la sorella di Matthew, Marilla.
Chissà com’è, si domandava Anna.
Seguì Matthew in casa e da una porta fece il suo ingresso
Marilla Cuthbert.
L’incontro tanto temuto era arrivato. Matthew avrebbe
voluto essere da tutt’altra parte salvo lì, però c’era…
“Matthew Cuthbert! Chi è questa bambina!?” disse Marilla
alquanto contrariata. Si era aspettato un ragazzino, non una bambina.
“Ehm… Ecco veramente… Alla stazione c’era solo lei…” disse
Matthew intimorito dalla sorella.
“Come sarebbe a dire! E il ragazzo?” chiese ancora la
donna.
“Ehm… Ecco vedi… La signora Spencer ci ha lasciato lei…”
disse ancora Matthew cercando di placare Marilla.
Per Anna fu come tornare indietro nel tempo, un altro
rifiuto. Non la volevano… Volevano un ragazzo… Lasciò scivolare la valigia, che
cadde con un tonfo sordo sul pavimento, i due fratelli la guardarono, quasi si
fossero accorti adesso che c’era anche lei.
Calde lacrime rigarono il volto di Anna, che insicura sulle
gambe si avvicinò al tavolo, scostò la sedia e dette sfogo a tutto il dolore
provato per l’ennesimo rifiuto. Perché non riusciva a farsi amare! Perché non
riusciva a farsi accettare! Stavolta non aveva fatto nulla, non l’avevano
neppure lasciata parlare. Anna era disperata e non riusciva a smettere di
piangere.
Marilla e Matthew si guardarono per qualche secondo:
realizzarono quanto accaduto.
Matthew, troppo timido per fare qualsiasi cosa, si limitò a
lanciare un’occhiataccia poco convinta a Marilla, che dal canto suo non sapeva
come comportarsi. Preso il coraggio a due mani si avvicinò alla bambina e
cercando di usare il suo tono più dolce le disse “Dai, non fare così, non è la
fine del mondo…” stava per continuare ma Anna non la lasciò continuare, alzata
la testa di scatto guardò Marilla con occhi fiammeggianti “Non è la fine del
mondo?” disse guardandola “forse per te, io ero convinta che mi voleste! Che
desideraste una bambina non troppo piccola ne troppo grande! Ed invece non mi
volete, mi rifiutate! Oh come sono disperata! Vorrei morire!” disse Anna
continuando a singhiozzare disperatamente
Marilla era incredula: questa bambina è una vera furia!
“Coraggio, come ti chiami?” riprovò più tardi quando si fu un po’ calmata
“Potete chiamarmi Cordelia” disse Anna tirando su il naso.
“Come sarebbe a dire potete chiamarmi. Qual è il tuo nome?”
chiese Marilla, sempre più incredula di fronte a quella bambina.
“Anna. Anna Shirley. Ma tanto non mi fermerò a lungo qui.
Per favore, chiamatemi Cordelia: ho sempre desiderato chiamarmi Cordelia.
Cordelia è un nome così regale. Anna invece è così… Banale!” disse Anna.
Marilla era scioccata: come faceva una bambina a parlare
così tanto! “Anna è il tuo nome ed Anna ti chiameremo.”
Verso ora di cena Marilla apparecchiò per tre: dopotutto
non poteva lasciar morire di fame la loquace ragazzina. Certo è che ne avrebbe
dette quattro alla signora Spencer! Anna non mangiò molto, forse per la
delusione dovuta al fatto che il Tetto Verde non sarebbe stata la sua casa
definitiva.
Finito di mangiare, Marilla accompagnò Anna in quella che,
fintanto fosse rimasta al Tetto Verde, sarebbe stata la sua camera.
Scese di sotto e trovò Matthew “Ehm… ecco io pensavo che
potremo tenerla. Sai potrebbe darti una mano ehm… in casa” disse rivolto alla
sorella.
“Matthew Cuthbert! Volevamo un ragazzo ed un ragazzo
avremo!” e detto ciò si mise a lavare le stoviglie.
Verso le dieci di sera decise di andare a controllare Anna.
Per la bambina quello non era stato il giorno che aveva desiderato. Entrò e si
avvicinò al letto dove vide Anna riposare tranquillamente, anche se aveva le
gote bagnate di lacrime. Le rimboccò le coperte e si avviò verso la porta. Non
aveva fatto che pochi passi quando notò sulla sedia accanto al letto i vestiti
della piccola: doveva essere stata sconvolta quando si era messa a letto.
I vestiti erano buttati alla rinfusa, e sotto la sedia
c’erano gli stivali anch’essi abbandonati: se quello era il suo modo d’essere
era una bambina disordinata. E lei non tollerava il disordine! Se si fosse
fermata al Tetto Verde le avrebbe insegnato lei l’ordine… Un momento… Cosa le
stava saltando in mente… Oh no, no! Domani stesso l’avrebbe riaccompagnata a
Carmody. Aveva infatti saputo da Rachel Lynde che la signora Spencer era a
Carmody a far visita alla sorella malata.
Il giorno successivo, appena sveglia Anna non capì dove si
trovasse. Poi ricordò il viaggio in treno… I Cuthbert… Il fatto che loro non
volevano una ragazza bensì un ragazzo… Decise comunque che se anche non la
volevano lei avrebbe goduto di ogni singolo istante di quella “vacanza”. Si
vestì in fretta e scese, scalza, al piano di sotto. Lì c’era Marilla che appena
la vide “Dove sono le tue scarpe?” chiese inarcando le sopraciglia “Di sopra.
Sai mi sono strette e se posso le metto solo quando è necessario. Ma se tu
vuoi…” lo disse con tono avvilito al quale Marilla decise di non aggiungere
altro.
“Ti preparo la colazione. Tra un’ora andiamo a Carmody a
parlare con la signora Spencer.” disse Marilla.
Così i sogni di Anna vennero definitivamente infranti.
Quasi un’ora dopo sulla via per Carmody, Marilla ed Anna
stavano andando nel luogo dove tutto era cominciato. Erano entrambe pensierose
fino a quando Anna non ruppe il silenzio che le aveva accompagnate dacché
avevano intrapreso questo viaggio “Sai, ho deciso. Voglio fingere che questa
sia una passeggiata e quindi me la voglio godere. E poi, io non ho mai visto il
mare e Martin stamattina mi ha detto che la strada per Carmody lo costeggia.
Oh, sono così felice!” Marilla era sbalordita, non riusciva a capire Anna.
Vedendo Anna così felice non seppe trattenersi “Mi
racconteresti la tua storia, Anna?” disse Marilla. Anna la guardò stupita
dicendo “Beh, la mia storia non è molto interessante…” cercando di trovare un
argomento che potesse sostituire quello in corso. Marilla però non demordeva
“La strada è ancora lunga. Raccontamela, per favore.”
E così Anna, iniziò a narrare la sua storia.
Marilla era colpita, meno male che la sua storia non era
interessante! pensò. Dovette riconoscerlo però, quella bambina ne aveva passate
molte, eppure il sorriso e la gioia di vivere non l’avevano abbandonata ed anzi
sembrava aver tratto insegnamenti preziosi da quanto capitatole.
Erano finalmente arrivati a casa della sorella della
signora Spencer.
Marilla suonò alla porta e venne ad aprire proprio la
signora Spencer, che fu alquanto sorpresa di trovarsele davanti “Signora
Cuthbert, Anna Shirley, come mai da queste parti?” chiese facendole accomodare
in salotto.
“Salve signora Spencer. Mi scuso se la disturbo, ma ero
venuta per un inconveniente. Vede… Quando venni a chiederle se poteva mandarci
qualcuno per aiutarci nei campi, io intendevo un ragazzo non una bambina…”
disse Marilla con tono incolore.
“Ah… io pensavo che Anna avrebbe fatto il caso vostro. Mi
dispiace. Si tratterà di aspettare due settimane. Quando rientrerò a casa,
andrò subito a vedere in orfanotrofio e vi manderò un ragazzo, come desiderate.
Permettetemi di invitarvi a pranzo” disse la signora Spencer.
Marilla rifiutò, ma le insistenze della signora Spencer
furono tali che accettarono. Anna da quando erano arrivate non aveva detto
nulla.
Nel pomeriggio alcune conoscenti vennero a trovare
l’ammalata.
Una donna anziana dall’aria molto severa si avvicinò alla
signora Spencer e le chiese se poteva procurarle una ragazza che l’aiutasse in
casa.
La signora Spencer non perse l’occasione “giusto oggi la
signora Cuthbert ha riportato Anna, purtroppo a causa di un malinteso la dovrei
riportare in orfanotrofio, ma se le può andar bene…” disse con aria da
venditrice esperta. Marilla era scioccata: come poteva trattare così una
persona!?
L’anziana si avvicinò ad Anna e la squadrò da capo a piedi…
“E’ magra… Non è malata vero? Non è il massimo… Sappi che dovrai lavorare. Non
sopporto le persone che stanno lì senza far niente… Se vuoi mangiare devi
lavorare… Sappi che non tollero si rubi in casa mia… E devi essere umile… Non
pensare a fronzoli o frivolezze varie… Le ragazze d’oggi hanno tutte la testa
altrove…” Mentre parlava la toccava e la rimirava.
Marilla osservava la scena disgustata… Come potevano
trattarla così! Anna sembrava ancora più pallida sotto quell’esame minuzioso.
“Per me va bene. Posso già portarla a casa?” chiese
l’anziana donna alla signora Spencer “Certamente! Iddio gliene renda merito!”
disse con trasporto quest’ultima.
Al sentire quelle parole Anna ebbe un fremito… I suoi occhi
erano sbarrati e sembravano cercare aiuto, aiuto che nessuno le avrebbe dato…
Il viso si era fatto ancor più pallido se possibile. Solo Marilla aveva notato
quei cambiamenti… Ma nessuno notava quanto quella bambina soffrisse! Si chiese.
“Un momento” disse Marilla stupendosi lei per prima di
quanto stava facendo “vorrei pensarci. Non mi pare di aver detto che non la
voglio. Ho solo detto che volevamo un ragazzo” concluse Marilla.
Anna sembrò riacquistare il colore che aveva perso.
“Ma io avevo capito…” disse la signora Spencer.
“Scusi ma da quanto avevo capito lei non era interessata
alla bambina!” aggiunse l’anziana donna.
Anna tornò ad impallidire.
Marilla se ne accorse: adesso non poteva più tornare
indietro… “Deve aver capito male, sa, con l’età a volte… Signora Spencer mi
dispiace di aver approfittato della sua gentile ospitalità, la ringrazio per il
pranzo. Anna… Andiamo” disse Marilla lasciando a bocca aperta gli astanti.
Erano già sulla via del ritorno… Anna non osava porre
domande a Marilla. Ma la curiosità era troppo forte ed alla fine cedette “Mi
tenete al Tetto Verde?” chiese speranzosa Anna.
Marilla la guardò di sottecchi, in che guaio si era
cacciata stavolta “Sì” disse Marilla.
Anna dalla gioia abbracciò Marilla che, non abituata a
simili atteggiamenti, non seppe cosa fare se non “Anna, ti ricordo che siamo su
di un calesse, potremmo farci male”
“Oh sì, scusa. Ma ero troppo contenta!” diss
Arrivarono sulla collina. Anche da quella distanza si
poteva vedere il Tetto Verde. La sua casa. Finalmente anche lei ne aveva una…
Era felice, il suo viaggio era finito ed era arrivata finalmente a destinazione…
Era arrivata finalmente alla felicità