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Autore: Kary91    03/01/2010    7 recensioni
Due sorelle. Due Principi. Due epoche ben lontane tra loro,ma collegate da un unico filo,o meglio tre:amicizia,amore e musica. Un viaggio ai confini della realtà e dell'immaginazione. Una corsa contro il tempo per riuscire a salvare il cuore del Re del Pop e l'innocenza dei suoi tre piccoli Principi. Perchè in fondo si sa: Il paradiso può aspettare.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blanket Jackson, Janet Jackson, Michael Jackson, Paris Jackson, Prince Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heaven Can Wait'
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Capitolo 2

 

From Princes Charming to Thrillers (part 1)

 

Vale si svegliò di soprassalto.
Un tenue bagliore s’insinuò fra le sue palpebre,mentre  la giovane si alzava a sedere con il fiato corto; un leggero strato di sudore freddo le imperlava la fronte.
Un incubo. Doveva aver avuto un incubo.
Si stropicciò gli occhi con fermezza e a tastò la superficie sulla quale era sdraiata riscontrando con stupore il contatto con qualcosa di gelido e per nulla confortevole: sicuramente non un letto.
Finalmente la ragazza si decise a mettere a fuoco il circondario e a sollevarsi: ciò che vide la fece sussultare una seconda volta.
Si trovava sui gradini di una graziosa villetta con piscina circondata da un recinto di siepi.
Ma la cosa più strana erano i cartelli seminati lungo il perimetro della stradina che si apriva all’ingresso della villa: tutti in inglese.
“Che cosa?” pensò fra sé la ragazza grattandosi la testa e tentando di riscuotersi,convinta di essersi intrufolata in uno di quei sogni insoliti privi di alcun significato.
“Ahy!” improvvisamente la ragazza avvertì un’incredibile dolore sulla nuca ed istintivamente si portò le mani alla testa; si voltò: la porticina di una vecchia cassetta delle lettere in perfetto stile americano era la colpevole della suo inaspettato incidente.
“Maledetto…coso!” borbottò prima di allontanarsi dalla cassetta.
“Colpa mia,non l’avevo vista signorina,mi scusi!” .
Il postino fece capolino da dietro un bidone della spazzatura e sollevò il berretto in un piccolo cenno di scusa.
Vale impiegò qualche minuto a rispondere,stordita com’era per via del dolore e dalla confusione portata dal brusco risveglio
“Non importa..” borbottò massaggiandosi la nuca e spalancando gli occhi una frazione di secondo dopo.
“Ma lei mi ha parlato in inglese!” esclamò la ragazza indicando il postino che si stava già incamminando verso la villa successiva.
L’uomo la scrutò con espressione al tempo stesso scettica e divertita.
“In americano…Ed in egual maniera lei ha  rivolto la parola a me.” Spiegò con un sorrisino di scherno dipinto in viso prima di scuotere il capo incredulo e di svoltare l’angolo.
Vale non capiva. Solo qualche ora prima si trovava a casa sua (in Italia) a discorrere amabilmente (rigorosamente in italiano) con sua sorella (ovviamente italiana anche lei) comodamente accoccolata fra le coperte (devo aggiungere italiane?) mentre ora si trovava circondata da gigantesche ville multi milionarie, cassette della posta assassine ed americani antipatici in una certa…
“2300 Jackson Street” lesse la ragazza.  E giusto la sera prima lei e sua sorella avevano discusso a proposito dell’omonimo Re del Pop.
“Mah..Assurdo…” fu il semplice commento della ragazza appoggiandosi con il gomito alla cassetta delle lettere (prestando bene attenzione allo sportello malevolo).
“..E di grazia..Cosa ci sarebbe di tanto assurdo nella mia umile dimora?”
La voce la raggiunse a pochi centimetri di distanza.
Valentina sobbalzò nello stesso istante in cui lo sportelletto si apriva. Il ferro colpì il gomito della ragazza che imprecò.
“Ahy uffa di nuovo!” esclamò massaggiandosi l’arto ferito.
“Mi hai spaventato” aggiunse voltandosi nella direzione dalla quale era provenuta la voce.
Scoprì che quelle parole appartenevano ad un bel giovanotto dall’espressione sospettosa,all’apparenza poco più grande di lei.
Il ragazzo si scostò un ciuffo castano dagli occhi e Vale si trovò a fare i conti con un penetrante sguardo nocciola.
“Tu invece mi irriti” replicò il giovane con un tono di voce composto  e pacato. In effetti tutto in quel ragazzo, a partire dalla postura, terminando con gli abiti che indossava, rendeva un’incredibile idea di ordine e compostezza.
Eppure vi erano alcuni tocchi, una sorta di errori intenzionali, come il nodo della cravatta allentato ed il ciuffo ribelle,che concedevano al giovane  un’aria di distratta eleganza.
“Che cosa ci fai appoggiata sulla mia cassetta delle lettere?”
Valentina rispose con la più sincera delle verità.
“Non ne ho la minima idea!” esclamò allargando le mani sfinita.
Le labbra del ragazzo si innacquarono a formare un sorrisetto ironico.
“Bella questa” commentò giocherellando con il nodo sfatto della cravatta.
“E sentiamo… Ti ha portato fin qui una qualche strana forma di alieno? E magari frugavi nella nostra cassetta della posta alla ricerca di impronte digitali”.
Vale fece per ribattere,ma con un piccolo gesto della mano il ragazzo le lasciò intendere che non aveva ancora finito.
“Beh,per tua informazione, gli alieni non lasciano impronte digitali. Ma anche se lo facessero, trovo difficile che uno  scienziato sia già riuscito ad inventare una tecnica per prelevarle. Dopotutto,siamo solo nel 2014…”
“E per tua informazione, gli alieni non mi interessano e nemmeno le tue spocchiose spiegazioni… Un momento cosa intendevi dire con “siamo solo nel 2014”?”
Il ragazzo scosse la testa incredulo. Dopodiché si picchiettò l’indice sulla tempia e sussurrò:
“Mai pensato di far visita ad uno psichiatra?”.
La ragazza sgranò gli occhi e spalancò la bocca a metà fra lo stupito e l’offeso. Le sue gote si tinsero di un rosso acceso e se fosse stata in un cartone animato,le sue orecchie avrebbero preso a fumare.
“Razza di maleducato, presuntuoso saccente…”
“Hai intenzione di attribuirmi tutte le voci correlate alla parola “arroganza” presenti nel dizionario di sinonimi e contrari?” la interruppe il ragazzo facendosi aria con un guanto annoiato (lui,non il guanto!).
La ragazza scosse la testa incredula.
“è incredibile,parli come un principe viziato!” lo accusò fissandolo in cagnesco.
Stranamente l’espressione del giovane parve addolcirsi leggermente.
“In effetti non sei poi così lontana dalla verità” affermò indirizzandole un’ occhiata penetrante ed enigmatica che inspiegabilmente la fece arrossire.
“Prince?Con chi parli?”
Un uomo anziano fece capolino dalla porta di ingresso della villa e si avvicinò con passo instabile ai due ragazzi. La prima cosa che Valentina notò nello sconosciuto era lo sguardo: i penetranti occhi azzurri spiccavano in un incredibile contrasto per via della carnagione color cioccolata. Ma il risultato era uno sguardo terribilmente inquietante:cattivo. Questa è la parola perfetta per definirlo. Quell’uomo aveva uno sguardo cattivo.
Il giovane sorrise affabile.
“Con chi parlo nonno? Ho avuto il piacere di discorrere con questa.. “incantevole” signorina la quale giaceva appoggiata alla nostra cassetta delle lettere in attesa probabilmente che il fulmine della anormalità si scagliasse su casa Jackson. Non è vero signorina giornalista?” domandò il ragazzo improvvisando un inchino.
Troppe informazioni insieme le attraversarono il cervello ad una velocità inverosimile,senza che lei ebbe il tempo per afferrarle a pieno. Doveva rispondere in fretta e con lo sguardo di quel vecchio puntato contro simile ad una canna di una pistola, la cosa non era affatto facile come sembrava.
“Io..Non sono una giornalista.” Scelse di dichiarare infine avvertendo un improvviso giramento di testa.
“Io sono…”
“La nuova corista di tua sorella” completò la frase per lei il vecchio lasciando sia Valentina,sia il ragazzo a bocca aperta.
“Io sono cosa?”
“Lei è cosa?” domandarono entrambi all’unisono scambiandosi un’occhiata diffidente.
“Ah non fate gli idioti” li rimbeccò il vecchio freddandoli con una delle sue occhiate intimidatorie.
“Signorina, io sono Joseph Jackson, il manager di Paris, ma le sarei grata se continuasse a chiamarmi signor Jackson in futuro. Mi correggo,le ordino di rivolgersi a me come signor Jackson. So tutto delle circostanze speciali,secondo le quali lei sarebbe stata invitata da mia nipote  a soggiornare nella stanza degli ospiti a Villa Jackson per l’intera durata delle vacanze estive. Ma la prego di ricordarsi che questo non è un albergo e che noi non siamo la sua servitù. Sono stato chiaro?”
“Ma io…” tentò di spiegare la ragazza interrompendosi non appena l’ennesima occhiataccia del signor Jackson le raggelò il sangue nelle vene.
“Si signore” acconsentì mordendosi il labbro nervosa. Con la coda dell’occhio individuò lo sguardo del ragazzo rilassarsi in un espressione chiaramente divertita.
“Molto bene” affermò Joe Jackson scrutandoli entrambi con attenzione prima di dirigersi verso i gradini di ingresso.
“Prince,mostrale la sua camera.”
La porta di Casa Jackson si chiuse con un sonoro tonfo e i due giovani furono di nuovo da soli al numero 2300 di Jackson Street.
“E così, sei una corista?” domandò il giovane esibendo un sorrisetto sghembo da far invidia al più malandrino dei malandrini: Valentina avrebbe tanto voluto schiaffeggiarlo.
“Proprio così!” ribatté scontrosa seguendo il ragazzo lungo i gradini d’ingresso pensando che se le cose andavano fatte,tanto valeva farle per bene.
“E tu sei davvero un principe uh?Il signor Jackson ti ha chiamato così” aggiunse avvertendo una strana sensazione  attanagliarle lo stomaco ad ogni parola che diceva.
Il giovanotto scoppiò a ridere. Una risata pura,cristallina in perfetta antitesi con l’immagine matura e composta del ragazzo.
“Io non sono un Principe” spiegò scostandosi un ciuffo castano dall’occhio destro e sorridendo sornione.
“Io sono Prince Michael Jackson”.
Il mondo prese a tremarle sotto i piedi. La ragazza lasciò andare la maniglia della porta boccheggiando spaventosamente.
“Primo…” aggiunse il giovane con una nota di orgoglio impressa nel suo tono di voce.
“Il figlio di Michael Jackson?” domandò Vale a bruciapelo avvertendo d’istinto un desiderio irrefrenabile di svegliarsi dal più bizzarro dei suoi sogni,prima che iniziasse a crederlo sul “serio” reale.
“Pare di si” fu il commento di Prince che si limitò ad aprire la porta e scostarsi da bravo cavaliere per lasciare entrare Vale. Ma la ragazza rimase immobile.
“Quanti anni hai?” domandò frugando lo sguardo del  giovane alla ricerca di qualche indizio a proposito dell’assurdità che le stava passando davanti gli occhi.
Prince le scoccò un’occhiata  infastidita attraverso la cortina di capelli castani.
“Diciassette” rispose infine facendole cenno di entrare.
 “Che giorno è oggi?” domandò ancora la ragazza pallida come un cencio.
Prince roteò gli occhi e la spinse dentro con poca gentilezza.
“Lunedì 30  giugno.  2014 come ti ho accennato pochi minuti fa. Possibile che tu sia così schizzata? Non so se a Paris farà bene stare a contatto con una come te!”.
In quel momento i muri incominciarono a vorticarle attorno. Fece appena in tempo ad individuare un visetto bruno spuntare dalla porta del soggiorno che si sentì schiacciare verso il pavimento.
“Tutto bene?” domandò Prince sorreggendola abbandonando l’espressione scettica e mordendosi un labbro visibilmente preoccupato.
“Pos…Posso fare una telefonata?” fu l’ultima flebile richiesta della nostra giovane eroina prima di perdere definitivamente i sensi.

***
Laura sbadigliò.
Immagini confuse aleggiavano nella sua testa, ma per quanto si sforzasse, non riusciva a collegarle per il verso giusto.
“Succede sempre così quando faccio questi cavolo di sogni strani…” commentò a bassa voce grattandosi la testa. Tentò di fare mente locale,in un vano tentativo  di richiamare alla mente  il sogno che l’aveva svegliata: era stato un sogno piuttosto bizzarro…
“Dunque mmmh… C’era una specie di tunnel…Oddio sono morta?Nah dev’essere stato il riflettore di ieri… Oppure la troppa pizza…. Sapevo che non avrei dovuto rubare quella fetta a mia sorella…”
TONK
“Ahy!” la ragazza si massaggiò la testa dolorante.
“Ma che diavolo…” imprecò tastando la superficie del suo guanciale.
“Incredibile,mi sono addormentata al pianoforte!” constatò riconoscendo il legno levigato dello strumento musicale.
“Questo spiegherebbe anche il dolore lancinante che provo al posteriore…  Questo sgabello uccide le parti del corpo troppo soffici…” commentò ridacchiando poi fra sé a bassa voce.
Si guardò attorno: la luce era troppo fioca,perché la sua visuale potesse spaziare più in la di qualche metro.
Eppure in lontananza riconobbe una luce accesa.
“Mi sa che anche Vale ha avuto un incubo” borbottò fra sé avvertendo uno strano malessere mentre le parole pronunciate le vorticavano fastidiosamente nella testa.
“Un momento… Vale non era qui vicino a me? Non stavamo chiacchierando?Io…”
Lo sguardo della ragazza cadde nuovamente sul pianoforte. Un sottile raggio di luna filtrava pallido dalle persiane della finestra illuminandone la superficie lattiginosa.
“Ma questo non è il mio pianoforte” commentò tastandone il legno con un brivido.
Con il corpo tremante di esitazione, la giovane si sollevò in piedi e sbirciò attraverso una delle fessure di una persiana: l’incantevole visione di un fragile sole che dava vita ai primi respiri della giornata la travolse piacevolmente infondendole una sensazione di conforto.
“Ok, è l’alba, non ho la minima idea di dove mi trovi, né di cosa ci faccia qui, però…Uh…Mi sento a mio agio…Mmmh penso di stare definitivamente impazzendo” furono i pensieri di Laura mentre la giovane prendeva posto al piano.
“Però questo pianoforte è magnifico” commentò accarezzando i tasti d’avorio con un sorriso affascinato dipinto in viso.
Del tutto dimentiche dell’ora poco appropriata e della luce accesa a qualche camera di distanza,la ragazza si fece coraggio ed incominciò a suonare.
Una delle sue canzoni preferite si materializzò nell’aria,mentre le prime note presero a librarsi in volo circondando Laura con dolcezza ed una piccola punta di malinconia.
La ragazza chiuse gli occhi e si lasciò andare. Rapita dalla struggente melodia che scivolavano dalla sua mente all’aria vibrante grazie alle sue dita, Laura si lasciò avvolgere dalle note e permise alle parole della canzone di far breccia mediante la sua voce.
Lentamente incominciò a cantare.

Another day has gone
I'm still all alone
How could this be
You're not here with me

La voce del cantante originale di quella canzone echeggiarono con leggiadria dentro la sua testa, incalzandola a continuare. Le parole pronunciate la mossero così tanto a tal punto che quasi le parve di udire quella stessa voce da qualche parte,dietro di lei.

 

You are not alone
For I am here with you
Though you're far away
I am here to stay

Una mano si adagio sulla sua spalla. Il contatto fu così delicato,che la pressione dell’arto fu appena percettibile.
Laura smise di suonare e si voltò verso la persona alle sue spalle. Le bastò un’occhiata per rendersi conto che qualcosa decisamente non andava in quel soggiorno.
“Stai suonando il mio pianoforte.” Mormorò l’uomo in un tono di voce molto soffice e delicato. Non era una domanda.
Laura si alzò a sedere di scatto e quasi scivolò.
“Io, non so cosa ci faccio qui, chiedo scusa!” esclamò arretrando verso la finestra. L’assurdità della situazione la stava lentamente capovolgendo ora che la stanza stava prendendo una forma più naturale illuminata da un neonato sole che filtrava attraverso le persiane.
E quel ragazzo dalla voce docile e sottile…. Laura sgranò gli occhi, mentre il cuore incominciava a batterle all’impazzata.
“Non voglio farti del male” la tranquillizzò il ragazzo sorridendo con tenerezza: aveva un sorriso splendido, candido ed etereo: un sorriso da fanciullo. Laura rabbrividì ed arretrò ancora di più avvertendo il sudore freddo che le imperlava la fronte. Si rendeva conto che doveva apparire decisamente terrorizzata,ma come altro poteva sentirsi?
La sera prima si trovava in camera sua reduce di un’entusiasmante gara di ballo a chiacchierare con sua sorella,mentre il mattino dopo era seduta ad un magnifico pianoforte circondata dalle tenui luci dell’alba e rivolgeva alla parola a quello che sembrava in tutto e per tutto …
“Mi sa che sono morta davvero” mormorò la ragazza cercando di controllare i tremiti, ma non riuscendo a staccare lo sguardo da lui: pelle liscia e levigata di un delizioso color caffelatte. Occhioni profondi e penetranti da cerbiatto che la fissavano incuriositi e rassicuranti. E poi quel sorriso, un sorriso che avrebbe fatto sciogliere qualsiasi ghiacciaio sulla faccia della terra.
Era lui… Era Michael?
“Torno subito” mormorò il ragazzo concedendole un ultimo sorriso incoraggiante,prima di sparire in un'altra camera.
Laura respirò forte e si lasciò cadere a terra accoccolandosi sul pavimento fresco.
Non aveva senso… Non aveva senso, eppure qualcosa di strano era successo quella notte. Il sogno che aveva fatto poteva aiutarla a  ricordare.
Ma c’era una soluzione più semplice alla sua situazione.
“Sto ancora sognando” mormorò fissando il Display del suo cellulare e dando un’occhiata all’ora: un quarto alle sei.
“Sto solo sognando e fra  poco mi sveglierò trovandomi nel mio letto. Come sempre.”
“Una prospettiva confortevole” il ragazzo era tornato ed in mano reggeva una tazza di porcellana raffigurante il volto etereo di un ragazzino.
“Dai bevi questo” le consigliò il giovane porgendole la tazza di latte e prendendo posto accanto a lei sedendo a gambe incrociate.
“Ci ho messo del miele. Mia madre mi preparava sempre una tazzona come questa quando ero giù di tono. E tu mi sembri davvero un po’ confusa.” Aggiunse sorridendole incoraggiante.
Quel ragazzo era incredibile: lei si era appena (se aveva capito bene) intrufolata in quello che pareva essere il soggiorno del suo appartamento e lui le offriva una tazza di latte?
“Scusa se ti ho disturbato” mormorò Laura ancora scossa, fissando il latte schiumare nella tazza.
“Io davvero non ricordo come mai mi trovo qui.”
“Io invece penso di saperlo” mormorò il giovane fissandola assorto, prima di indicarle la tazza.
“Coraggio bevi,guarda che non l’ho mica avvelenata!” scoppiò a ridere. Una risata di bimbo.
Doveva chiederglielo… Doveva assolutamente chiederglielo…
“Tu…Tu sei Michael?” quasi balbettò la ragazza arrossendo visibilmente.
Il ragazzo annuì e con delicatezza le spinse la tazza verso le labbra convincendola finalmente a bere un sorso della bevanda.
“Sì sono Michael. Ti piace il latte?” domandò osservandola incuriosito,quasi come se dalla risposta potesse dipendere tutta la sua felicità.
“Sì sì mi piace” si affrettò a rispondere Laura sorridendo debolmente. Ma dentro di lei il cuore prese a batterle all’impazzata.
Il cervello cominciò a ripeterle la stessa frase all’infinito.

Sì sono Michael

Sì Sono Michael

Sì sono Michael

Era con Michael Jackson. Era davvero con Michael Jackson.
Le spiegazioni plausibili erano solo due: o quello era il sogno più bello e bizzarro che le fosse mai capitato di sognare oppure una jet aveva effettuata il suo atterraggio di fortuna in camera sua in stile e ora lei si ritrovava nel paradiso dei ballerini.
Mentre era assorta da questi pensieri, si accorse che Michael sorrideva sempre più vistosamente.
Poi incominciò a ridere. Rise e si coprì la bocca con una mano, come fanno i ragazzini colti in fragrante.
“Che succede?” domandò una preoccupata Laura scrutando il volto sereno di Michael: era un sollievo vederlo così rilassato.
“Hai un baffone di latte tutto qui” spiegò il ragazzo indicandosi la parte superiore delle labbra.
“Oh” Con le gote in fiamme per l’imbarazzo,la giovane si ripulì come poteva ed abbandonò la tazza vuota sul pavimento,mentre Michael continuava a sghignazzare.
Forse era stato il latte, forse il sorriso confortevole di quell’uomo-bambino e la sua immensa dolcezza, ma qualcosa di caldo e rilassante si sistemò attorno al cuore di Laura,permettendole finalmente di rilassarsi.
“Sembri stare meglio adesso.”  Notò Michael sorridendo soddisfatto della sua opera buona.
Laura annuì.
“Già ma continuo a pensare che tutto  questo sia solo uno strano sogno.” Spiegò riuscendo finalmente ad abbandonare le preoccupazioni e sciogliersi in un piccolo sorriso rilassato.
Michael le lanciò un’occhiata penetrante alla “io so qualcosa che tu non sai”, dopodiché scoppiò a ridere.
“Sei una fatina?” domandò tirandole per scherzo un boccolo biondo.
“Io…Che cosa?” esclamò Laura stupita rabbrividendo al contatto della mano di Michael che ora le stava sfiorando il naso.
“Mi ricordi una fatina”.
“Io…Certo che no,sono una ragazza!” lo contraddisse Laura stupita avvertendo improvvisamente il proprio sguardo incatenato a quello dell’uomo.
Michael la fissò intensamente per qualche istante prima di sorridere e mormorare:
“Peccato!Mi sarebbe piaciuto avere come amica una fatina!”  sorrise divertito e si sollevò in piedi porgendole la mano per aiutarla a sollevarsi.
“Magari mi avrebbe aiutato a far avverare qualche desiderio. Le fatine si sa, se la cavano in questo.”
“E sentiamo…” incominciò Laura sollevando la tazza da terra e voltandosi per osservare il Re del Pop.
“Quale desiderio vorresti esprimere?Caso mai incontrassi una fatina?”
Michael si morse il labbro come a trattenere un sorrisetto amaro.
“Beh ma non è ovvio?” domandò forse a Laura, forse a sé stesso, appoggiandosi al pianoforte e sollevando lo sguardo verso il soffitto.
“Caso mai un giorno incontrassi una fatina… beh, allora esprimerei lo stesso desiderio che fece Pinocchio…. Il desiderio di diventare un bambino… Un bambino vero…”.
Laura rimase immobile ad osservare il profilo bruno di Michael che si stagliava di fronte a lei in aperto contrasto con il legno chiaro del pianoforte.
Era in quella stanza sola con il suo idolo, la sua musa, il suo sogno fin da quando era bambina.
Ma mai, nemmeno nella sua immaginazione, il Re del Pop le era mai apparso così fragile. Così vulnerabile.
Eppure Michael era davvero così: un eterno bambino sognatore che per tutta la vita aveva atteso l’inizio di una favola. Una favola che, Laura rabbrividì al solo pensiero, purtroppo non avrebbe mai avuto un lieto fine.
In quel momento Michael si  riscosse dai suoi pensieri ed esordì in un adorabile sorriso imbarazzato.
“Mi credi matto,non è vero?” domandò prendendo posto al pianoforte ed accarezzando i tasti con riguardo.
“Beh non fa niente. Ci sono abituato. Io so di non essere matto e questo mi basta” sorrise,ma dal tono di voce traspariva tutt’altra espressione.
Laura si avvicinò al pianoforte e prese posto accanto a lui.
“Io non penso che tu sia matto” mormorò inducendolo a rivolgere lo sguardo verso di lei.
“Davvero?” domandò Michael tuffando i suoi occhioni da cerbiatto in quelli azzurri della giovane. La ragazza ebbe un tremito.
“Davvero” confermò tentando di distogliere lo sguardo da quei lineamenti così angelici e allo stesso tempo accattivanti.
“Davvero, io penso che tu sia belliss…. Volevo dire bravissimo!Un bravissimo ballerino,davvero!”
“Azz…” Pensò fra sé accorgendosi del terribile strafalcione.
Abbandonò lo sguardo verso il pavimento con le gote in fiamme per l’imbarazzo. Ma bene,pure nei sogni adesso si doveva fare le figuracce?
La risatina imbarazzata di Michael la raggiunse subito dopo, riuscendo a sciogliere il rossore delle sue guancie trasmettendole un’immensa ondata di benessere. Lo guardò: un sorriso timido,ma dolce le scaldò il cuore.
“Anche tu sei molto bella fatina” mormorò imbarazzato accarezzandole una guancia con delicatezza.
“Mi chiamo Laura” rispose la giovane sorridendo avvertendo qualcosa dentro di lei che si librava verso l’alto con la leggerezza di un palloncino.
“Ma anche fatina va benissimo” aggiunse abbandonando lo sguardo sui tasti del pianoforte.
Michael,che lo notò, incominciò a suonare.
 
Era una tiepida mattinata estiva e lei sedeva ad un meraviglioso pianoforte a coda color neve a fianco di un ventiquattrenne Jackson, agli apici della sua carriera musicale.
Un ammontare di stranezze che avrebbero fatto vorticare la testa a qualsiasi persona dotata di un po’ di buon senso.
Ma in quel momento,tutto ciò che importava per Laura era quella voce, quello sguardo ingenuo, quel sorriso da fanciullo.
Il resto si volatilizzò in uno sbuffo di fumo argenteo, come nebbia illuminata da un pallido sole di settembre.
Stava vivendo una favola.
 


ANGOLO DELL'AUTRICE.

Ed ecco a voi il secondo capitolo. In realtà ho dovuto dividerlo in due parti,poichè avevo paura che diventasse troppo lungo. La prossima parte verrà pubblicata la prossima domenica.
Ho diviso tutti i capitoli,in maniera da postare costantemente un tot di materiale alla volta,invece che di aggiungere tutto in una volta.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Non siamo ancora entrati nella storia vera e propria,ma entro un paio di capitoli la scrittura inizierà ad essere un po' più consistente e la trama si farà un po' più solida.
Nel frattempo colgo l'occasione di ringraziare le meravigliose persone che hanno avuto il coraggio di addentrarsi dentro in questo racconto e di leggerlo.
Un grazie ancora più speciale alle due persone che anno aggiunto "Heaven Can Wait" alle seguite,sperando vivamente di non deluderle. ( Bad_Mikey e Clode).

Infine mi prendo un attimo di tempo per ringraziare le tre persone che hanno commentato (e che mi hanno resto terribilmente felice^^):

Billu_Emo: Se non vedessi l'ora di terminare la tua recensione?Ma stai scherzando? Come ho notato che c'era un primo commento mi sono fiondata a leggere e credo di aver incominciato a saltellare per tutta la stanza allegramente,perchè sono una fanatica delle recensoni lunghe ^.^
E questa era la prima *.* Me entusiasta!Innanzi tutto ti ringrazio per i complimenti,sono contenta che ti piaccia il mio modo di scrivere,anche se ribadisco,quel primo capitolo è stato steso un po' di getto,credo che i miei periodi si articoleranno un po' nei capitoli successivi.. è una canzone degli Abba.. Ha un testo molto bello ed è seriamente la canzone che Vale ha cantato al suo saggio,per questo l'ho scelta. Vale non è tecnicamente mia sorella,è mia cugina. Ma il nostro rapporto è effettivamente così stretto che è come se fosse una sorellina minore per me. Le voglio tanto beenee *.* Occhei,chiusa parentesi sentimentale e torniamo alla tua recensione. Mi fa piacere che tu ti sia rispecchiata in Laura. Ho cercato di presentarle alla meglio in quel primo capitolo,ma nei prossimi mi concentrerò di più sugli altri personaggi).
Che dire?Spero vivamente che quella bestia del classico e la tua pigrizia non prendano il sopravvento su di te, cosicchè io possa continuare a ricevere questi splendidi commentoni (eh lo so, è una connotazione egoista,ma mi piacciono troppo U.U).
Spero a presto!Un bacio!Laura

ThePirateSDaughter: Ma ciao!Ti ringrazio per la recensione e per aver apprezzato quel primo capitolo. Hai ragione,non c'era poi molto da dire perchè era una sorta di prologo,ma spero che questo secondo sia stato all'altezza delle tue aspettative. Ringrazio anche per aver apprezzato il rapporto che c'è tra le due  sorelle. è ispirato ad un rapporto reale,che anzi si è forse rafforzato dopo la stesura di questa storia,quindi sono contenta se viene apprezzato. Ancora un grazie in generale, e spero d i sentirti presto!Un bacio!Laura

Abby94: Innanzi tutto adoro il tuo nome *.* Lo adora anche Vale,ed è qualcosa che forse avrà a che fare anche con questo racconto. In secondo luogo,ti ringrazio vivamente per i complimenti e per aver apprezzato il primo capitolo. Mi auguro di leggere ancora altre tue recensioni. Un bacio!Laura


Per ora è tutto!Appuntamento a domenica prossima con la seconda parte di questo racconto.
Un bacione!
Laura/Kary
 


   
 
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