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Autore: Shainareth    04/01/2010    4 recensioni
[Gundam SEED Destiny] Levò gli occhi al cielo, nel punto in cui tre Murasame nuovi di fabbrica tagliavano l’aria a velocità sostenuta, sorvolando la zona per una ricognizione.
(Pairing vari)
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Sentimenti




Levò gli occhi al cielo, nel punto in cui tre Murasame nuovi di fabbrica tagliavano l’aria a velocità sostenuta, sorvolando la zona per una ricognizione. Il caldo era afoso, di vento non ce n’era neanche a pagare, e le bandiere col sole che alcuni drappelli di soldati portavano lungo i lati della parata ondeggiavano appena, e unicamente seguendo il movimento di chi le sosteneva.

   Il suo sguardo cercò la figura dell’Emiro Delegato che, immobile sull’altare che era stato innalzato accanto al monumento ai caduti, attendeva che i suoi uomini giungessero lì. Indossava la divisa come tutti gli altri perché, ripeteva, voleva essere un’unica cosa con loro. L’Ammiraglio si chiese retoricamente, e con un certo rammarico, quando la Principessa si sarebbe decisa ad indossare un abito da donna almeno durante le cerimonie o gli incontri ufficiali. Sospirò e, sorridendo,  prese la visiera del cappello fra pollice ed indice e l’abbassò sul volto.

   L’esercito si fermò.

   Quel giorno erano presenti, oltre a vari ministri di diverse Nazioni, il Vicepresidente della Federazione Atlantica, il Presidente dell’Eurasia, quello dell’Unione Equatoriale, il figlio del Re di Scandinavia e la portavoce dei PLANT, Lacus Clyne, giunti fin lì insieme ad alcuni gruppi di soldati facenti parte delle rispettive fazioni. Tutti loro non potevano non riconoscere il grosso peso costituito da Orb durante l’ultima guerra, le cui sorti erano state decise per il meglio proprio per via dell’intervento dell’Emirato e di quei coraggiosi che credevano ardentemente nei discorsi di pace della figlia dell’ex-Presidente delle colonie, Siegel Clyne.

   Il Delegato Athha sapeva che quell’incontro era un’ottima occasione per costruire un ulteriore dialogo tra i loro Stati, auspicando che quella pace che avevano a lungo cercato potesse durare ancora per molto. Era questa la ragione per cui si era impegnata al massimo nelle ultime settimane, chiedendo umilmente l’aiuto del Parlamento e dei suoi uomini. Era sempre stata un tipo deciso, restio ad accettare i consigli o l’aiuto altrui, se non pretendendo – seppur senza cattiveria. La morte di suo padre, adorato e stimato rappresentante di Orb fino a pochi anni prima, l’aveva però segnata al punto da indurla ad ammorbidire quell’indole ribelle, perennemente preda dell’istinto, e lei stessa, a causa delle pressanti responsabilità che il suo ruolo prevedeva, aveva imparato a controllare quella inarrestabile, cieca passione che l’aveva sempre animata, arrivando persino a sottometterla alla ragione.

   I suoi occhi, dorati alla luce calda e abbagliante di quel pomeriggio, indugiarono per un solo istante sull’Ammiraglio, il cui sguardo invece era quasi fisso su di lei. Se Cagalli era riuscita a trovare quel nuovo equilibrio che tanto la rendeva amata dal popolo, lo doveva anche a lui, che da lungo tempo faceva parte dei suoi pensieri più dolci e preziosi. Apparentemente, i due non potevano essere più diversi, a cominciare dall’aspetto esteriore: lui aveva i capelli scuri come la notte, lei era bionda come il sole. Eppure, condividevano gli stessi sogni e gli stessi sentimenti, tanto che quei connotati fisici che si addicevano perfettamente ai rispettivi caratteri quasi opposti – e che i due ammiravano tanto all’altro e che li aveva aiutati a migliorarsi reciprocamente – erano forse stati solo la mera scusa che li aveva indotti a compiere quel passo in più che li aveva portati ad amarsi in modo completo sin dall’età di sedici anni. Tuttavia, quella pericolosa unione tra una Natural ed un Coordinator, per giunta figlio di uno dei massimi fautori della Prima Guerra, non poteva essere vissuta appieno per ciò che i ragazzi rappresentavano davanti al mondo, ancora restio ad accettare una convivenza autentica fra individui nati in modo naturale e quelli i cui geni erano stati modificati in fase embrionale. Dotati tutti e due di un’invidiabile determinazione, avrebbero aspettato tempi migliori, poiché erano certi che presto l’opinione comune sarebbe cambiata – e invero vi erano già stati considerevoli mutamenti grazie all’ultimo conflitto armato che aveva coinvolto l’intera umanità. E se anche così non fosse stato, si erano ripromessi di sfidare tutti, sperando così di poter essere d’esempio ai più scettici.

   E chi li conosceva bene, poteva giurare che Athrun e Cagalli erano abbastanza pazzi per farlo per davvero.

 

«Che caldo insopportabile», si lamentò Dearka, che in piedi insieme ai suoi compagni e ad altri soldati delle varie fazioni assisteva alla cerimonia nei pressi del palco. Si tolse il cappello e si passò il dorso di una mano sulla fronte. Si volse verso il suo Comandante con fare curioso. «Non hai caldo con quel pelo di volpe argentata attorno alla testa?» Shiho stentò a trattenere una risata, mentre Yzak, senza spiccicare parola, piantava due furenti occhi celesti su di lui, resi ancora più terribili dall’ombra della visiera del copricapo bianco. «Non guardarmi così», tornò a scherzare col fuoco il più alto. «Mi sto solo preoccupando per te.»

   «Se sei troppo stupido per seguire il discorso del Delegato, pensa piuttosto ad un modo per riallacciare i rapporti con quella ragazza Natural», replicò il giovane albino, imponendo a se stesso di non cedere il passo all’ira per continuare a tenere la solita postura impeccabile.

   «Eh», sospirò Dearka, facendosi invece aria col berretto, «mi sa che sarà dura. Prima, quando ci siamo incrociati, ha fatto finta di non vedermi.»

   «Imbecille come sei, non mi sorprenderebbe se avesse deciso di chiudere definitivamente i rapporti con te.»

   Ignorando Yzak, il biondo si sporse leggermente in avanti per rivolgersi alla loro amica, ferma in piedi accanto al Comandante. «Di’, Shiho… Cos’è che prende ogni tanto a voi femmine? Siete intrattabili.»

   «Ogni tanto?», lo canzonò l’altro, anticipando la risposta della compagna perché infastidito da tanta ottusità. «È da un pezzo che Miriallia non ti rivolge la parola.»

   «Avrà le sue cose», fece spallucce Dearka.

   «Da tre anni?»

   «E che ne so? Sono tutte strane.»

   Shiho alzò gli occhi al cielo, pazientando di fronte a quel siparietto che si ripeteva molto spesso anche su PLANT e, meglio ancora, sulla Voltaire, dove i due ricoprivano le cariche più importanti. A differenza loro, la ragazza indossava ancora la divisa rossa, tipica dei piloti di Mobile Suit di alto livello, ed era stata assegnata alla squadra Joule proprio su richiesta di questi, cosa di cui lei gli era comunque assai grata per via della grande stima provata nei suoi confronti.

   «Shiho, è possibile?»

   «Certo che no», fu costretta a rispondere alla fine, indignata da quell’assurdità. «E, per cortesia, preferirei non essere interpellata su discorsi tanto personali quanto imbarazzanti.»

   Dearka scosse il capo, tornando a raddrizzare la schiena e a premere il cappello sulla chioma bionda. «Voi due siete così noiosi che mi fate sentire ancora più caldo.» Decise allora di fingere di prestare attenzione a Lacus Clyne, la quale, vestita di nero ed affiancata da Cagalli sull’altare, era stata munita di microfono anche lei e aveva preso la parola, iniziando uno di quei sermoni sulla pace e sulla fratellanza fra i popoli che, oltre a farla sembrare una suora, avevano il potere di ipnotizzare tutti. Avvertendo un leggero mal di testa, il giovane lanciò uno sguardo disperato all’altro suo vicino in uniforme bianca. «Fa così anche quando siete soli?»

   Kira arrossì come se avesse avuto ancora dieci anni. «Prego?»

   Vista la sua reazione, Dearka lasciò perdere. «Niente. Parlare con te è quasi peggio che farlo con Athrun.»

   Alle loro spalle, Lunamaria sorrise. «Il nostro Comandante è un timidone. Come te.»

   Shinn grugnì ma non rispose, preferendo concentrarsi su ben altre faccende: era da poco stato assegnato alla Rousseau insieme a lei e ad alcuni suoi amici, reduci della Minerva, e dovendo rispondere al Comandante Yamato, la cosa lo portava spesso ad avere contatti con Orb. Aveva da tempo risolto i suoi problemi con quella Nazione anche grazie a Kira; restavano però ben due questioni che proprio non gli riusciva di mandare giù.

   La prima si chiamava Athrun Zala. Fra loro era sempre stata una guerra, fatta di alti e bassi molto più snervanti di quelli pianti da Dearka per via di Miriallia. Adesso Shinn riconosceva di essere stato più volte in torto a causa del suo caratteraccio arrogante, ma su certe cose non c’era verso di fargli cambiare idea. Anzitutto non capiva per quale dannata ragione Athrun avesse scelto di arruolarsi ufficialmente nell’esercito dell’Emirato anziché tornare in ZAFT con loro. D’accordo, magari dopo due diserzioni non tutti lo avrebbero visto di buon occhio, eppure chiunque gli avrebbe riconosciuto le attenuanti dovute alle circostanze. Ad ogni modo, il suo vecchio camerata non pareva minimamente soffrire la situazione come invece ci si sarebbe aspettati da un esiliato: dopotutto non aveva ragione di farlo, perché a Orb Athrun ricopriva una posizione di gran lunga superiore a quella di semplice pilota, e per di più dimorava nientemeno che nel palazzo degli Athha.

   Era questo il secondo punto che faceva storcere il naso al giovane Asuka, il legame che univa il suo mentore, verso il quale nutriva evidentemente un sentimento più forte di quanto egli avrebbe voluto ammettere, al Delegato. A quest’ultima il ragazzo aveva potuto perdonare lo sbaglio commesso agli albori della Seconda Guerra – non ne aveva fatti di gravi anche lui? – ma ciononostante fra loro era rimasta comunque un’antipatia reciproca, dovuta unicamente alla cocciutaggine di entrambi e all’orgoglio infantile di lui, che ancora non voleva saperne di chiederle perdono.

   «Ahi, Meyrin! Mi hai pestato un piede!»

   «Scusa, Onee-chan», si rammaricò lei, cercando di star composta e, al contempo, di allungare il collo per vedere oltre quel colosso dell’Ufficiale Elthman, che con la sua imponente statura le impediva di scorgere l’Ammiraglio Zala in prima fila. Esattamente come lui era in contemplazione di Cagalli, Meyrin lo era di Athrun. Il sentimento che i due provavano, tuttavia, era di natura diversa: la minore delle sorelle Hawke era rimasta ammaliata non soltanto dal fascino di lui, ma anche dal coraggio, dalla determinazione, dal portamento, dalle idee, dal senso di giustizia… da tutto, insomma. Agli occhi della fanciulla, Athrun era un eroe. E lei era persino riuscita a vincere la soggezione provata inizialmente nei suoi confronti, arrivando quasi a diventargli amica per essergli stata d’aiuto ed aver rischiato la vita insieme a lui.

   Stufa di essere troppo bassa, Meyrin provò a fare due passi verso destra. Inciampò sui piedi di qualcuno e per poco non cadde. Si sentì afferrare per un braccio. «Tutto bene, signorina?»

   «Sono desolata, desolatissima!», squittì, mortificata. Alzò il capo verso il suo salvatore e parve calmarsi. «Colonnello… Mi perdoni, non l’avevo vista.»

   Mwu sorrise, grattandosi la nuca. «E dire che sono un bestione.»

   «Oh, no, non dica così», si affrettò ad assicurargli lei, convinta. «È un uomo dal fisico forte e prestante.»

   Quell’affermazione dovette piacergli molto, perché il soldato di Orb si rivolse alla compagna che gli stava accanto e che da poche settimane poteva vantarsi di portare al dito la fede nuziale che lui stesso le aveva donato durante una cerimonia per pochi intimi. «Ricordatelo, la prossima volta che mi darai del bisonte.»

   Sua moglie schiuse le labbra in un’espressione di condiscendenza. «Cos’è che attira tanto la tua attenzione?», domandò poi alla ragazza che li aveva involontariamente distratti dal discorso di Lacus.

   «Niente», farfugliò quella, abbassando lo sguardo per pudore, almeno fino a che, alle spalle del Colonnello, Miriallia non si chinò su di lei per sussurrarle in un orecchio.

   «Io scommetto invece che stavi disperatamente provando a scavalcare questa muraglia umana per trovare un certo giovanotto con gli occhi verdi.»

   Avvampando, l’altra si girò di scatto, rischiando di slogarsi un paio di vertebre all’altezza della nuca. «No! Non è vero!»

   Qualcuno chiese di fare silenzio, e lei si vergognò più di prima. L’operatrice di Orb le passò una carezza sulle spalle per tranquillizzarla. Quando Meyrin si era trovata a bordo dell’Archangel, si era presa cura di lei durante i giorni che aveva dovuto passare inchiodata a letto dalla febbre e dalle ferite che aveva riportato in seguito alla fuga dalla Minerva. Miriallia aveva perciò avuto modo di parlarle e di scoprire alcune piccole cose, tra le quali il motivo – o parte di esso – che l’aveva spinta ad aiutare Athrun.

 

«Ci sono cose che non possono essere cambiate o dimenticate. Né tantomeno sostituite», le disse al termine della cerimonia, prendendola amichevolmente in disparte. Lei la fissò con fare confuso, e Miriallia le rivolse un’espressione gentile. «Non so quanto tu sia presa da questa cosa, però…»

   Meyrin tentò di sviarla. «Non capisco di cosa tu stia parlando», mormorò, iniziando nervosamente ad attorcigliarsi una ciocca di capelli sulla punta di un dito.

   La maggiore decise di non insistere, intenzionata comunque a chiarirle il concetto per evitare che si illudesse troppo. «Osservati attorno e volta pagina, prima che tu sia completamente inghiottita e trascinata nel punto di non ritorno.»

   Il soldato Hawke avvertì un brivido sinistro lungo tutto il corpo. Miriallia parlava di amore come se si trattasse di qualcosa di oscuro e terribile. Non era così che lo intendeva lei, per nulla. Ripensò ai suoi genitori, che ancora, dopo tanti anni, sembravano due fidanzatini ai quali lei e sua sorella rimproveravano la mancanza di pudore quando iniziavano ad amoreggiare per casa durante i loro periodi di congedo. Spostò poi lo sguardo verso Lunamaria, impegnata a battibeccare con Shinn per chissà quale futile ragione. Eppure, anche loro erano una coppia, quindi perché perdere tempo a discutere per delle piccolezze?

   Decise di cercare risposta nel viso di Miriallia, dove però lesse solo tristezza. «Hai mai provato a guardare Athrun? A guardarlo sul serio, voglio dire», le domandò la ragazza dai capelli castani.

   Meyrin si concentrò di nuovo su di lui e lo vide intento a parlare con Kira e Yzak, in attesa che Lacus ed il Delegato li raggiungessero. Provò a seguirne lo sguardo, che, lo avrebbe notato chiunque, di tanto in tanto si posava sulla figura della Principessa di Orb. Alla mente le tornò il periodo passato sull’Archangel e ai tanti, forse troppi minuti che Cagalli-sama aveva trascorso al capezzale del giovane, realizzando così che quell’anello che Meyrin le aveva visto al dito, e che aveva frettolosamente collegato a Yuna Roma Seiran, doveva invece essere stato un regalo di Athrun.

   «Le deve la vita, così come la deve a te», riprese a parlare Miriallia, risultando ora essere soltanto un doloroso sottofondo ai suoi pensieri. «Sono sicura che entrambe significate tanto per lui, però Athrun sa che non bisogna confondere i sensi di colpa e la gratitudine con l’amore.»

   «Non ho mai preteso che lo facesse», precisò lei con voce malferma. Trascorse qualche istante prima che trovasse il coraggio di domandare: «Da quanto… tempo?»

   «Più o meno dalla fine della Prima Guerra.»

   Sconcertata, Meyrin fissò la sua nuova confidente con occhi spalancati. «Ma lei aveva sposato un altro!»

   Le labbra di Miriallia si distesero in un sorriso, desolato ed intenerito a un tempo, a causa della sua semplicistica visione delle cose. «Credevo che tu avessi compreso che la guerra e la politica complicano la vita di molti, di alcune persone in particolare.» Vide l’altra arrossire ancora. «Se all’epoca lei avesse annunciato di voler sposare un Coordinator, oltretutto figlio di quell’uomo che auspicava con tutte le sue forze lo sterminio di noi Naturals, Orb si sarebbe trovata in guai forse maggiori di quelli avuti. Un anno fa, ZAFT attaccò con l’unico intento di farsi consegnare il capo dei Logos; se invece Cagalli avesse scelto diversamente, l’Alleanza avrebbe cercato di radere al suolo l’intero arcipelago. Io ne facevo parte, e posso assicurarti che la Federazione Atlantica non perdona il minimo errore, esattamente come faceva Patrick Zala, capace di sparare al suo unico erede perché colpevole di non approvare le sue idee ed il suo operato.»

   Portò la sua attenzione sul Delegato, ancora impegnata a conversare con il Principe di Scandinavia, un giovane molto alto e dai capelli chiarissimi. Il Re suo padre era stato molto amico di Uzumi Nara Athha, con il quale aveva condiviso gli ideali di cui entrambi andavano tanto orgogliosi. Era per questo che, nell’ultima guerra, aveva dato appoggio a sua figlia, coprendo l’Archangel nel suo peregrinare per il mondo prima di fare ritorno a Orb e spodestare i Seiran, impadronitisi frattanto del potere.

   «Quanto al matrimonio, Kira è intervenuto giusto in tempo per mandare tutto a monte. Non so dirti se sia stata una mossa intelligente o meno, visto quel che è accaduto in seguito; però nessuno ha il diritto di criticare il suo affetto per sua sorella o per quello che, nonostante le reciproche incomprensioni, ha sempre considerato un fratello. Né possiamo biasimare le decisioni di Athrun e Cagalli, perché quei ragazzi hanno fatto di tutto per inseguire la pace, fino al punto da mettere a rischio ciò che li lega.»

   Rimasta senza parole, ed avvertendo una pesantezza mai provata al petto anche a causa di uno smarrimento totale che le paralizzava le facoltà mentali, Meyrin si sforzò comunque di rielaborare tutte quelle informazioni, ottenendo come unico risultato quello di sentire il naso pizzicare per il pianto imminente.

   Miriallia le porse un fazzoletto, e lei lo accettò, ringraziando con un filo di voce. «Mi dispiace», si sentì dire. «Spero di essere intervenuta in tempo.»

   «Credo… di sì», ammise, stringendo fra le mani la stoffa rosa di quel pegno di amicizia. Per quanto le piacesse credere il contrario, non era mai stata innamorata di Athrun. E, tuttavia, a furia di pensarlo, se ne stava convincendo per davvero.

   Quel giovane rappresentava tutto ciò che nei suoi sogni di bambina poteva essere associato all’uomo ideale. Gli mancava giusto il cavallo bianco, sostituito in questo caso da un forse meno romantico Mobile Suit rosso. Meyrin si rendeva conto che tutte le volte che lo aveva incrociato a bordo della Minerva si era sentita elettrizzata come se si fosse trovata davanti al suo attore preferito, o comunque ad un personaggio appartenente mondo dello spettacolo, e solo quando aveva iniziato a conoscerlo un po’ aveva imparato a pensare a lui come ad un essere umano, seppure di ordine superiore. Dovette riconoscere anche di aver sempre dato maggior peso a ciò che lei provava per lui e molto poco alla possibilità che Athrun potesse già avere qualcun altro nel cuore, forse perché, come diceva Miriallia, non si era mai soffermata a guardarlo come invece avrebbe fatto un’innamorata.

   «Tutto bene?»

   Annuì più volte, passandosi un’estremità del fazzoletto sugli angoli degli occhi per scongiurare le lacrime. «Grazie.»

 

«Perciò», iniziò Dearka, affiancandosi a lei quando Meyrin fu libera di lasciare il luogo della commemorazione, «tu hai sempre creduto che io potessi essere solo un sostituto.»

   Miriallia non si scomodò a rispondere, continuando invece a tenere gli occhi fissi sulla folla: quell’idiota non si vergognava ad ammettere di aver origliato così impunemente discorsi tanto privati che neanche lo riguardavano? Vide Mwu La Fllaga e sua moglie passare poco distante, ed invidiò a quest’ultima la forza che l’aveva tirata fuori dal ricordo di un amore finito tragicamente anni prima.

   Quel silenzio agitò il biondo più che se lei lo avesse insultato. Spostò il peso del corpo da un piede all’altro, umettandosi le labbra con la punta della lingua. «Miri…»

   «Quando mai te l’ho lasciato credere?», si sentì domandare, mentre lei intrecciava le braccia sotto i seni. «Quello che non hai capito è che avevo bisogno di tempo», proseguì poi in tono più morbido, prima che l’altro potesse di nuovo aprire bocca. Scosse il capo, lasciandosi andare ad un sospiro. «Dopo la morte di Tolle, sei stato senza dubbio una delle persone più importanti per me», riprese, assumendo un’espressione contrita. «Temevo davvero di arrivare ad approfittarmi di te pur non volendo, perciò, alla prima scusa, ho colto la palla al balzo per lasciarti e scongiurare il pericolo.»

   Dearka concentrò la sua attenzione sulla punta nera dei suoi stivali, comprendendo finalmente che i torti erano da entrambe le parti. «E… era necessario accusarmi di essere più preso da Yzak che da te?»

   «Era la verità.»

   «No che non lo era!», protestò animatamente, accigliandosi scandalizzato. Alzò lo sguardo su di lei e la vide sorridere, dispettosa come sempre. Rilassò i muscoli. «Mi farai venire i capelli bianchi.»

   «Sperando che con quelli tu metta anche giudizio.»

   «Non credo accadrà mai», considerò, facendo una smorfia seccata. Si schiarì la gola e tirò su col naso per esorcizzare il nervosismo. «Hai da fare più tardi? Magari ti offro un caffè.»

   Miriallia tornò a scuotere la chioma castana. «Non ci provare. Sei un ospite. Pago io.»

   «Magnifico», si compiacque il soldato di ZAFT, respirando di nuovo a pieni polmoni. Quindi, compiendo mezzo giro su se stesso, incrociò gli occhi di Yzak e gli rivolse un ghigno soddisfatto.

   «Merda», ringhiò fra i denti l’albino, vedendolo allontanarsi con la ragazza.

   «Che c’è?», volle sapere Shiho, cercando fra la turba di civili e gente in divisa il motivo della sua stizza.

   «Quel cretino ha fatto pace con quella tipa.»

   «Beh, è una bella cosa.»

   «Non per me. Ora gli devo da bere.»

   L’Ufficiale Hahnenfuss gli scoccò un’occhiataccia. «Avevate scommesso alle spalle di quella poveretta? Se lei dovesse venire a saperlo…»

   «Ora sei nostra complice, comunque», la informò il suo superiore, impassibile, prendendo a camminare fra i suoi commilitoni.

   «E perché mai?», chiese lei, fortemente indignata, seguendolo come un mastino.

   «Perché non stai andando da lei a raccontarle la verità», fu l’ovvia risposta che ricevette.

   Shiho ci pensò un attimo su. «Ha intenzioni serie?»

   «Glielo auguro», annuì Yzak, «altrimenti dubito che Miriallia gli concederà un’altra chance», ragionò. «Inoltre, se dovesse farla piangere, penso proprio che gli amici di lei potrebbero prenderlo a pugni, questa volta.»

   «Anche Athrun Zala?»

   «Soprattutto lui», confermò, sapendo che l’Ammiraglio aveva con Miriallia un debito incolmabile.

   Divertita, la fanciulla in uniforme rossa domandò: «Signore… Lo ha fatto apposta a scommettere con lui?» Yzak tacque, orgoglioso al punto da non voler ammettere di aver voluto, con quella mossa, spronare Dearka a prendere coraggio e a farsi di nuovo avanti con la donna che da anni tormentava i suoi pensieri. «Lei è davvero una brava persona, Comandante.»

   «Sta’ zitta», tagliò corto, imbarazzato dalla consapevolezza di essere stato scoperto.

 

Dopo una breve, solitaria passeggiata sul lungomare lì vicino, quando Meyrin era tornata alla Rousseau con espressione abbattuta e gli occhi rossi e gonfi, era stata letteralmente assalita dai suoi migliori amici, che subito l’avevano trascinata in sala mensa per farla sedere ed offrirle qualcosa da bere. Lei non aveva voluto nulla, né si era sbottonata quando loro le avevano chiesto cosa mai le fosse capitato e perché stesse piangendo.

   «Non sto piangendo.»

   «Ma lo hai fatto», si accigliò Youlan, preoccupato. Meyrin era un po’ la sorellina di tutti, lì dentro. Si ostinò al silenzio, puntando invece lo sguardo su Vino, che a sua volta la fissava come se anche lui dovesse scoppiare in singhiozzi da un momento all’altro. Fra i due, riconobbe il giovane dai capelli neri, era senza dubbio il suo compagno di lavoro – e soprattutto di cazzeggio – quello più sensibile e maggiormente affezionato alla minore delle Hawke. Decise perciò di lasciarli soli, allontanandosi con la scusa di prendere una bevanda al distributore automatico posto all’ingresso della stanza.

   «Cosa provi per Lacus Clyne?»

   Interdetto per quella domanda imprevista, Vino batté le palpebre. «Eh?»

   Meyrin si imbronciò. «Ti ho chiesto cosa ne pensi di lei.»

   Lui fece mente locale, evitando di farla innervosire oltre. «Beh… l’ho sempre ammirata.»

   «Tutti l’ammirano», replicò l’altra, scocciata. «Intendevo come donna.»

   «Oh.» Grattandosi distrattamente uno zigomo per via dell’imbarazzo, il ragazzo prese fiato. «È molto bella, quindi è difficile non esserne attratti.»

   «Quando pensavi al fatto che era fidanzata con Athrun-san, la cosa ti creava problemi?», incalzò ancora la fanciulla, intenzionata ad usare il giovane come cavia per comprendere meglio anche se stessa e cercare di superare quella forte delusione. Perché, era inutile negarlo, innamorata o meno che fosse, ci era comunque rimasta male.

   Il meccanico aggrottò le sopracciglia. «Perché parli al passato? Non stanno più insieme?»

   «Da anni», spiegò lei, lasciandosi scappare quel pettegolezzo. «Lacus-sama adesso ha una relazione con un’altra persona.»

   «Sul serio?», si interessò Vino, accomodandosi sulla panca di fronte alla sua. «Chi?»

   «Che importanza vuoi che abbia?» Meyrin agitò una mano per aria per scacciare la questione. «Rispondi: sapendo che lei sta con un altro, come ti senti?»

   Lo vide scuotere le spalle. «Non credo che lei si sia mai accorta della mia esistenza, anche se ci siamo incontrati in alcune occasioni. In ogni caso, lei è un idolo, quindi è normale che qualcuno possa fantasticare di avere una storia con lei. Però, a differenza di Youlan, che non fa altro che commentare in modo poco gentile ogni singola parte del suo corpo, io preferisco vedere in lei soltanto un esempio da seguire.»

   «E basta?»

   «Preferivi che ti dicesse che si chiude in bagno con le sue foto?», intervenne il moro dal fondo della sala.

   «Stupido!», lo insultò Vino, arrossito da capo a piedi esattamente l’amica. Delusa da quelle affermazioni ed avendo finito il suo succo di frutta, Meyrin gli strappò la lattina di mano per portarsela alle labbra. Lui avrebbe senz’altro riso per essere riuscito almeno a scuoterla dal torpore che pareva averla assalita quel pomeriggio, ma preferì non farlo apertamente; e per non turbarla oltre, evitò di farle notare una cosa che aveva sorprendentemente ed inaspettatamente acceso la sua fantasia.

   Ci pensò il terzo incomodo, che li aveva osservati da lontano, a palesarla a voce alta. «Meyrin, quello è un bacio indiretto.»

   Presa in contropiede, lei tossì fin quasi a farsi uscire la limonata dal naso. Vino si affrettò a scavalcare il tavolo per sedersi con lei e batterle delle pacche sulla schiena, imprecando frattanto contro quel diavolo di Youlan. «Non dargli retta, è un cretino», provò poi a tranquillizzare l’operatrice.

   Quest’ultima, una salvietta davanti alla bocca, scoccò uno sguardo furioso verso quel malpensante dalla pelle scura. «Era comunque il mio primo bacio», confessò dopo un po’, nascondendo il muso lungo ed il rossore sulle gote alla vista del giovane che le stava accanto.

   Il quale sorrise con fare scemo, forse contento della cosa come se l’avesse fatta direttamente. «Davvero?»

   «Sì. Ma se lo dici a qualcuno, ti tolgo il saluto», fu la minaccia che ricevette in risposta.

   «E io che c’entro?», si lamentò allora, per via di quell’ingiustizia. «Hai fatto tutto da sola.» Meyrin gli rivolse due occhi intrisi di lacrime – se per la delusione o per lo sforzo di tossire non era dato saperlo – e vergogna, e lui dovette arrendersi. «D’accordo, io posso anche tacere, ma… pettegolo com’è, lui di certo non lo farà.» E nel dirlo additò Youlan con la punta del pollice, la mano chiusa a pugno.

   «Potete scommetterci», sghignazzò l’accusato, alzando una lattina di caffè alla loro salute. «Sarete la nuova coppietta della nave.»

   «Youlan!», urlò Vino, ancora una volta in imbarazzo, scattando in piedi per correre a prenderlo a pugni nel caso avesse insistito su quel tasto. Cosa che ovviamente accadde, e tra i due iniziò uno scherzoso scontro in sala mensa.

   Vedendoli divertirsi in quel modo scanzonato, finalmente le labbra di Meyrin si stesero verso l’alto. Dopotutto, si disse, aveva degli amici che le volevano tanto di quel bene che era inutile sentirsi triste per un qualcosa che non aveva mai avuto ragione d’esistere. Spostò la propria attenzione sulla lattina che aveva lasciato sul tavolo e con il polpastrello del dito medio ne seguì il bordo superiore, sorridendo per quell’incidente che adesso, a pensarci meglio, le suscitava persino tenerezza.













Questo papiro (per i miei standard) è l'unione di due idee differenti: la prima, iniziata a metà novembre ed ispirata da questa gif animata dove Athrun è in alta uniforme http://i50.tinypic.com/nd7rqp.gif , era su Athrun e Cagalli (ma va'?); la seconda, invece, finita oggi, era su Vino e Meyrin, perché non smetterò mai di shipparli. Anzi, per i miscredenti, ditemi se questa immagine (nello specifico quella in basso a sinistra) non accende la fantasia di ogni fangirl che si rispetti: http://i49.tinypic.com/zbryc.jpg (Fermi, mettete giù le pietre! XD)
Alla fine, comunque, il progetto si è allargato fino a comprendere anche altri personaggi e altre situazioni che li riguardano. Mi scuso per aver tralasciato qualcuno, in particolare Kira e Lacus (coppia che non mi fa certo impazzire).
Chiedo venia anche per tutte le sviste che troverete, ma sono stanca e, soprattutto, odio rivedere shot così lunghe: tanto avrò sempre la convinzione di aver lasciato errori da qualche parte.
In conclusione, grazie a chi legge e recensisce le mie storie, sperando di portarvi, almeno ogni tanto, un pizzico di allegria.
Shainareth
P.S. Già che siete in vena di perdonarmi tutto (vero? *puppy eyes*), siate magnanimi e non vomitate sul titolo così banale, ma non sapevo in che altro modo battezzare 'sta cosa.





  
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