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Autore: Mex    04/01/2010    5 recensioni
Una storia ambientata nella campagna inglese qualche anno dopo la sconfitta definitiva di Napoleone.
Una ragazza che si mimetizza in una società soffocante ed un uomo che trasgredisce ogni regola del viver civile, si scontreranno in un ambiente assolutamente parziale.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Spero che non ci siano errori di nessun genere. Godetevi il mio nuovo delirio


PROLOGO

1806, Tenuta dei Conti di T***, da qualche parte nello Yorkshire.

Se qualcuno l’avesse scoperta sbirciare attraverso la balconata che dava sulla sala da ballo, avrebbe dovuto sopportare una bella ramanzina dalla sua balia. Ma niente l’avrebbe trattenuta dal guardare almeno una volta la sua splendida madre brillare sopra chiunque altra al suo primo ricevimento dopo la morte del patrigno.
Amy aveva otto anni e aveva assistito a tre matrimoni di sua madre, lei era figlia del suo secondo marito e quindi facevano cinque mariti, tutti inevitabilmente sepolti. La Contessa di T***, ultimo titolo della madre, era una donna a cui piaceva divertirsi, avere splendidi gioielli, ricchi mariti non troppo presenti e bellissimi amanti. Amy conosceva ogni aspetto della sua mamma, la sua zia preferita, l’unica persona che si preoccupasse della sua pensioncina, insieme a tutti i domestici della casa, l’aveva abbondantemente illuminata sul suo carattere. Ma per quanti sforzi facesse, riusciva solo a vedere una donna magnifica nel fiore degli anni ballare l’ultimo ballo con il giovane figlio del Duca di Richmond appena arruolatosi in marina e che sfoggiava la sua divisa nuova fiammante.
Si strinse al petto il libro illustrato sui paesi del mondo che aveva tra le braccia, glielo aveva regalato il suo ultimo patrigno, un vecchietto molto gentile che nel poco tempo che lo aveva visto le aveva fatto una montagna di doni. Dando un’ultima occhiata verso le figure danzanti a lume di candela decise di tornare in camera sua. Cercò di fare il più velocemente possibile la scalinata tirandosi su la camicina da notte, ma mentre passava davanti al salotto privato della Contessa sentì delle porte aprirsi in fondo al corridoio, quindi svelta si nascose nella stanza chiudendo la porta per evitare di farsi notare. Sentì dei passi calpestare il tappeto foderato del corridoio e poi passare oltre. Un sospiro di sollievo allargò i polmoni di Amy. Forse per l’ennesima volta era riuscita a farcela. Non aveva certo paura del rimprovero della balia, né tanto meno quello della madre, ma la zia la dipingeva come una bambina modello per educazione e capacità, non voleva deluderla.
Non sentendo più alcun rumore cercò di aprire la porta, ma era pesante e la maniglia che era all’esterno era stata sostituita all’interno da un pomo molto grande che impegnò entrambe la manine della bimba. Fece sporgere la testa ricciuta per qualche centimetro, per dare l’ultima occhiata e poi scivolò fuori velocemente e si rifugiò nella nursery e finalmente nel suo lettino caldo. Betty, la balia, russava ancora davanti al fuoco con una calza in mano. Sentendola muovere nel letto la balia si riscosse, mise via la scatola del cucito, aggiunse un nuovo ciocco nel caminetto e dopo aver rimboccato le coperte ad una finta addormentata Amy, si ritirò nella stanzetta accanto.  
Amy incrociò le mani dietro la testa mentre guardava il cielo stellato attraverso le imposte aperte. Cosa poteva esserci di più bello che starsene lì tranquilla e al sicuro, sognando di mille viaggi per il mondo. Passò parecchio tempo nelle sue fantasticherie. Era sicura che un giorno avrebbe preso il tè con lo Sceicco, avrebbe cavalcato per le praterie delle Americhe, cacciato in India, esplorato l’Africa, visitato ogni città del globo e avrebbe visto tutto quello che era raffigurato sul suo libro. Si tirò su di scatto. Aveva lasciato il libro nel salotto della madre! Non poteva lasciarlo lì, qualcuno se ne sarebbe accorto e avrebbero scoperto che lei bighellonava a quell’ora di notte per la casa.
Spostò in fretta le coperte, indossò nuovamente le pianelle e si precipitò fuori. Ormai tutti si erano ritirati da un pezzo e lei riuscì a riattraversare i corridoi indisturbata. La luna gettava abbastanza luce attraverso i finestroni da farla avanzare con passo sicuro. Arrivò finalmente alla porta del salotto e l’aprì silenziosamente. Un profumo di tabacco l’accolse ed l’attirò nella stanza. Un puntino rosso si stagliava da dietro una poltrona rivolta verso la finestra. Amy, accorgendosi che c’era una persona nella stanza, trattenne il fiato per qualche secondo. Se fosse stata sua madre avrebbe potuto dire addio alle due settimane con la zia. Una nuova boccata di fumo si sollevò nell’aria, ma la figura non dava segno di averla né vista né sentita. La bambina iniziò a guardarsi in giro, il libro non poteva essere molto lontano dalla porta. Nulla, lì vicino non c’era nulla. Si mise a carponi e si avvicinò al tappeto, pian piano si avvicinò sempre di più. Riuscì a vedere la porta comunicante con la camera di sua madre aperta e, attraverso questa poteva vedere sua madre che dormiva nel letto completamente disfatto.
Le boccate si fecero sempre più lente. Quando ormai stava per desistere e tornarsene in camera, la figura alzò una mano che teneva saldamente il suo libro: “Cerchi questo?” Amy si immobilizzò immediatamente. Non aveva mai sentito quella voce da uomo, o meglio da un ragazzo non ancora sviluppato completamente. Dal momento che ormai era stata scoperta tanto valeva cercare di mostrare un po’ di dignità e affrontare a testa alta ciò che sarebbe venuto. Aggirò la poltrona e si pose davanti allo sconosciuto.
Lo riconobbe immediatamente era l’ultimo cavaliere di sua madre, ma non era più così elegante. Non aveva più la giacca, né la cravatta, né gli stivali. La camicia mezza slacciata pendeva sui pantaloni. Era un ragazzotto pallido, con un’aria seria, i capelli completamente in disordine. Fumava con non curanza una pipa da un lungo cannello d’avorio.
Amy allungò una manina “Quello è il mio libro, sareste così gentile da ridarmelo?” Lui ci pensò un po’ su “Non sei un po’ piccola per andare in giro a quest’ora di notte?” Lei inarcò un sopracciglio “Non siete troppo giovane per fumare?”. Lui sorrise facendo comparire delle fossette sulle guance, adesso sì che sembrava essere troppo giovane per fumare “Tu devi essere Amelia, la figlia di Victoria” “Sì, mi chiamo Amy. Volete ridarmi il MIO libro, per piacere” Lui se lo nascose dietro alla schiena “Se non me lo ridate dirò alla mamma che voi siete stato qui” Lui si sporse verso di lei “Ma così dovresti dire che ci sei stata anche tu” Lei strinse gli occhi in un gesto di sfida “E voi credete che si arrabbierebbe più con me, che sono in casa mia, che con voi?” Scoppiò in una risata che fu subito trattenuta quando si sentì un mugugno dall’altra stanza. “Non credo che si arrabbierà se mi trova qui, tutt‘altro, penso che lo approvi. Comunque ecco a te piccola Amy. E non inciampare nella camicia da notte quando ritorni al tuo lettino” Lei glielo strappò di mano e si diresse imbronciata verso la porta. Quando l’aveva già aperta, si voltò ad affrontarlo e gli disse: “Per voi io sono la Signorina Amelia Flanigan, e se mia madre approva io non lo faccio. Io sono diversa da lei e voi non mi piacete neanche un po’!” Si chiuse la porta alle spalle con violenza. Il ragazzo riportò la pipa alla bocca “E fai bene, signorina Flanigan” “Logan, tesoro, dove sei? Sento freddo. Perché non vieni a scaldarmi?”
Amy stava dormendo da un bel pezzo e la mattina era già spuntata quando finalmente Logan riuscì a staccarsi da Victoria per tornare in camera sua a riposare, finalmente. 
  
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