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Autore: Rowena    04/01/2010    1 recensioni
Quella sera, però, Betty aveva qualcosa che nemmeno Mama Morton poteva ottenere con i suoi trucchi: notizie fresche e di primissima mano sull’avvenimento del giorno. O della notte, vista l’ora. Solo Betty aveva informazioni di prima mano sulla morte di John Dillinger. [Chicago/Nemico pubblico]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa storia mi è ronzata in mente subito dopo aver visto Nemico Pubblico, perché il finale non mi ha entusiasmata: non riguardo alla fine di Dillinger, perché la storia è quella, ma bensì proprio a come si arriva alla fine... Mi sembrava mancasse qualcosa; allora ho ricontrollato le date, fatto due conti e rispolverato un mio grande amore... Chicago. Spero che questo bizzarro intreccio piaccia anche a voi!




Era notte fonda quando la ragazza decise di tornare a casa: lasciò gli uffici del Bureau con passo greve, mentre ancora all’interno i festeggiamenti proseguivano. Il supervisore del centralino aveva giusto stappato una bottiglia di champagne, quando lei aveva preso il soprabito dall’appendino e aveva salutato tutti.
«Ma come, Betty, te ne vai di già?», le avevano domandato le sue colleghe, ebbre di felicità: non appena la notizia della morte di John Dillinger era arrivata alla sede di Chicago del Bureau tutti erano saltati in piedi per festeggiare il successo dell’impresa, un risultato atteso da più di un anno.
Lei si era scusata sostenendo che l’aspettavano a casa e che suo padre non vedeva di buon occhio il suo impiego, che spesso si protraeva fino a notte fonda, per cui preferiva andare da lui per comunicargli che finalmente poteva smettere di preoccuparsi. Era una menzogna ben costruita e sensata, visto che molte delle altre centraliniste avevano ricevuto simili pressioni perché cambiassero lavoro, e nessuno l’aveva fermata.
In realtà, i genitori di Betty probabilmente erano in Ohio nella fattoria appartenente alla famiglia da generazioni a gustarsi le poche ore di sonno prima di una nuova giornata di dure fatiche nei campi, ma questo nessuno lo sapeva in ufficio: lei era arrivata a Chicago da sola, scappando da una vita monotona, desiderosa di fare fortuna, magari di diventare famosa nello show business… Non aveva uomini a cui riferire i suoi spostamenti, e così le stava bene.
Fermò un taxi e indicò all’autista l’indirizzo dove portarla, una piccola pensione per donne sole, quindi si tolse i guanti leggeri e si mise a fissare la strada; Chicago di notte aveva tutto un altro aspetto, ai suoi occhi, e quel buio l’aiuto a escludere certi pensieri.
«Allora, signorina, ha sentito le ultime notizie?», domandò dopo qualche minuto l’uomo al volante, cercando nello specchietto lo sguardo della sua passeggera. Betty si trattenne e non sbuffò, frustrata, poi decise di rispondere: «Lavoro al Bureau d’Investigation, perciò sì, ho sentito».

L’ho saputo prima di te, maledetto, prima di tutti gli altri. Ero presente quando Melvin Purvis ha pianificato la strategia per incastrarlo, vivo o morto, e ho filtrato io la telefonata della Donna in rosso. Peccato che verrà comunque rispedita in Romania, a prescindere dal suo bel servizio. Come diavolo si chiama… Non ha importanza. Stupida prostituta!

Il tassista fischia, ammirato. «Lei lavora in quel posto, signorina? Allora ha seguito il caso in prima linea!»
Eccome, quel tizio non poteva neanche immaginarsi quanto vicino all’azione fosse arrivata, così vicina da esserne stata inghiottita, ma non gli disse nulla di tutto questo. Non aveva voglia di mettersi in mostra, non così presto. Rispose una cosa qualunque e si disinteressò della conversazione, preferendo ricordare a se stessa come fosse finita in quella storia.
Betty era stata assunta all’Intelligence un anno prima, dopo la rapina alla First National Bank a East Chicago; quella mattina si era agghindata con i suoi vestiti migliori per fare una buona impressione in banca così da riuscire ad aprire un conto e versarci i suoi primi, sudati guadagni, quando Dillinger e i suoi uomini avevano fatto irruzione.
Betty era stata presa in ostaggio per proteggersi nella fuga, portata col direttore della banca fin fuori città e legata a un albero in attesa che la polizia seguisse le tracce. In seguito, Purvis in persona l’aveva interrogata, domandandole insistentemente se avesse visto la direzione in cui la macchina del ladro era fuggita, e le aveva proposto di collaborare con loro: lei aveva parlato con lui, conosceva la sua voce e quindi poteva essere d’aiuto per lo svolgimento delle indagini.
Aveva accettato, il lavoro era buono e sicuro, con uno stipendio ben più importante di quelli racimolati fino a quel momento con degli impieghi saltuari di breve durata; aveva anche avanzato una richiesta, che però non era stata accontentata, anzi. L’agente l’aveva guardata con disapprovazione quando aveva domandato ingenuamente se era possibile riavere il cappotto che Dillinger le aveva posato sulle spalle per proteggerla dal freddo, spiegandole che ormai era una prova cruciale per individuare la posizione del ricercato… Peccato.
Ci vollero meno di venti minuti per arrivare a casa sua, fortunatamente. Era stanca, voleva solo arrivare alla sua camera, farsi un bel bagno e buttarsi a letto.
Si era già tolta i gioielli, quei due fondi di bigiotteria che poteva permettersi con le sue finanze, e stava per andare in bagno a riempire la vasca, quando qualcuno bussò alla porta.
«Zucchero, ci sei?»

   
 
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