Never Too Late For A Gift
- Ciao ragazzi! – sorrise
Jeph, aprendo la porta per far entrare in casa Quinn e
Bert.
Bert gli si buttò addosso,
abbracciandolo – Auguri vecchio mio!! – gli urlò nelle
orecchie.
Jeph scoppiò a ridere –
Grazie Bert! –
Fu il turno di Quinn, che
lo abbracciò a sua volta e gli diede i suoi auguri.
Poi però Jeph rimase
a guardare fuori, con la porta aperta.
Aggrottò le sopracciglia –
Ragazzi, dov’è Dan? – chiese.
Quinn e Bert, fermi in
mezzo al soggiorno, fecero spallucce.
- Non so. Non ci ha
chiamato. Penso che verrà con la sua macchina. Non preoccuparti, sarà qui a
breve. – assicurò il chitarrista, andando a sedersi sul
divano.
Bert concordò con lui,
annuendo, e poi andò dritto verso la cucina.
- Amore, prendi una birra
anche per me! – gli urlò dietro Quinn, intuendo le intenzioni del suo
ragazzo.
Jeph annuì e chiuse la
porta con un sospiro.
Non avrebbe ceduto alla
tentazione di prendere subito il cellulare e chiamarlo.
Avrebbe
aspettato.
Ed aveva aspettato.
Gli altri invitati alla
sua festicciola arrivarono uno dopo l’altro. La birra aveva iniziato a scorrere
e il volume della musica era stato alzato.
Bert era al centro
dell’attenzione, come al solito, come una primadonna.
Quinn si stava divertendo,
così come gli altri amici, che cercavano in tutti i modi di renderlo partecipe
dei loro giochetti.
Ma Dan non si era ancora
presentato, e Jeph iniziava ad innervosirsi.
Come poteva non venire al
suo compleanno? Come poteva non presentarsi?
Si fecero le dieci, e
ancora del batterista nessuna traccia.
Jeph si allontanò dalla
sala, dove si giocava al classico gioco dell’ “Io non ho mai” con rum e pera.
Spaventoso come Bert si trovasse sempre a bere.
Si appoggiò al ripiano
della cucina e prese un sorso dalla sua Heineken.
- Ehi Jeph…che ci fai qui
da solo? – la voce di Quinn lo fece sobbalzare.
Alzò lo sguardo su di lui
– Dan non è venuto. – disse, e si chiese come fosse possibile che anche Bert e
Quinn non si facessero domande.
Insomma, faceva parte del
gruppo, e non si presentava al suo trentesimo compleanno?
Quinn distolse lo sguardo
e fece spallucce.
- Non so. Avrà avuto un
contrattempo. Ma secondo me arriva, tranquillo. – gli
ripetè.
Tranquillo? No, lui non
era affatto tranquillo.
Jeph si staccò dal mobile
e posò la bottiglia sul tavolo, forse con un po’ troppa
forza.
- Tranquillo? Come posso
stare tranquillo? – esclamò. Poi lo studiò.
Quinn non ricambiava il
suo sguardo. Guardava tutto tranne lui.
C’era qualcosa che non
andava.
- Sai qualcosa Quinn, per
caso? – chiese, sottovoce.
Quinn scattò sull’attenti
– Io? No, nulla. Perché, cosa dovrei sapere? –
Jeph si scurì un po’ – Ti
ha detto quello che è successo l’altra sera? – chiese, sapendo di starsi per
cacciare in un bel guaio.
E se si era sbagliato? Se
Dan non gli aveva detto nulla?
Però capì di averci preso
alla grande quando Quinn abbassò la testa.
- Beh…si, mi ha detto…qualcosina. Ma niente di che, davvero.
Ci ha solo accennato qualcosa. – disse, sminuendo il
fatto.
- Ci?! – esclamò allora
Jeph – Ci ha detto qualcosa? –
ripetè. – Vuoi dire che lo sa anche Bert? –
Quinn si diede dello
stupido e si grattò la testa, un po’ in imbarazzo.
- Beh si, eravamo insieme.
– buttò li, a voce bassissima.
Jeph si passò le mani sul
volto e sospirò – Okay, devo stare calmo. – disse a se
stesso.
Avrebbe davvero voluto che
quella situazione fosse rimasta tra di loro.
Insomma, era una
cosa…privata!
Poi tornò a dare la sua
attenzione a Quinn.
- Dimmi esattamente cosa
vi ha raccontato Dan. – gli disse. Non era certamente un ordine, ma il
chitarrista lo intercettò in quel modo, e rispose senza
indugio.
Non voleva farlo
innervosire più di quanto già non fosse.
- Ci ha detto che dopo le
prove vi siete andati a prendere una birra e poi, tornando a casa, vi siete
baciati in macchina. E che tu…beh si, volevi andare…oltre. Ma lui ti ha bloccato. –
Jeph arrossì furiosamente,
diventando tutto rosso.
- Io? – esclamò, imbarazzato – Solo io
volevo andare oltre? Non vi ha raccontato di quando mi ha masso una mano sul
pacco però! –
Fu il momento di Quinn si
arrossire e mettersi le mani sulle orecchie.
- Aww…no! Non voglio
saperlo! Zitto! – esclamò.
Jeph sbuffò, lasciando
perdere, e si sedette su una sedia del tavolo.
- Ma…quando ve l’ha
raccontato era…arrabbiato? Insomma, c’è l’ha con me? Per questo non è venuto? –
gli chiese, tornando ad abbassare il tono di voce e lo
sguardo.
Quinn allora si avvicinò a
lui e gli mise una mano sulla spalla.
- Non posso dirti nulla
Jeph. Mi dispiace. Ne va della mia vita…- rispose, sinceramente dispiaciuto, e
prima che Jeph potesse chiedergli nient’altro, si dileguò, tornando in soggiorno
dagli altri.
Da quando avevano avuto
quella piccola conversazione Quinn aveva fatto di tutto per non dare altre
occasioni a Jeph per chiedergli spiegazioni.
Allora il bassista aveva
provato a cambiare tattica per capire cosa diavolo stesse
succedendo.
- Bert…vuoi un'altra
birra? – chiese, sorridendo, porgendogli un’ Heineken.
Bert lo guardò un po’
sospettoso, ma allungò ugualmente una mano e prese la
bottiglia.
- Grazie Jeph. – fece, e
il ragazzo, con un po’ di disappunto, si rese conto che Bert non era ancora
sufficientemente ubriaco.
Perché aveva scelto di
trattenersi proprio alla sua festa!? Maledizione!
Decise di provarci
ugualmente.
- Vieni di
Lo mise a sedere sulla
sedia e gli si fermò davanti.
Bert lo guardò con gli
occhi blu spalancati, un po’ sul chi va la.
- Qualcosa non va, Jeph? –
gli chiese, studiandolo.
Il bassista assottigliò
gli occhi – Dov’è Dan, Bert? – gli chiese, e il cantante si sentì
improvvisamente sotto interrogatorio.
Si schiarì la voce –
Emm…non lo so. Non è ancora arrivato? – fece, cercando di rimanere sul
vago.
Jeph sbuffò – No, non è
arrivato, e lo sai benissimo! – esclamò, innervosito.
- So che tu e Quinn sapete
quello che è successo. Dimmi cosa sta succedendo. C’è l’ha con me?
È arrabbiato per quello
che…gli ho detto? – chiese, guardandolo negli occhi.
Bert deglutì e spalancò
gli occhioni.
Si schiarì la voce – Io
non posso…- Jeph alzò un dito, fermandolo.
- Non permetterti a dirmi
che non puoi dirmi nulla, perché ti caccio a calci nel culo fuori da questa
casa! – lo minacciò.
Bert prese un sorso di
birra dalla sua bottiglia e poi si alzò di scatto.
- Uffa, ora basta. Dan mi
minaccia, Quinn mi minaccia, ora lo fai anche tu. Ma cos’è? Un vizio? Io non ne
voglio sapere nulla! – fece, frustrato.
Dan lo aveva minacciato,
dato che sapeva che era quello con, diciamo, la gola più
profonda.
Quinn lo aveva minacciato,
dicendo che se avesse detto qualcosa a Jeph, sarebbe andato in bianco fino a
data da definirsi.
E ora anche Jeph. Non ne
poteva più.
Poi la minaccia di Quinn
gli faceva troppa paura, quindi alzò le mani in segno di resa e si defilò alla
velocità della luce.
E a Jeph non rimase altro
che aspettare e sperare.
Era stato crudele, da
parte di Quinn e Bert, lasciarlo li in quella situazione.
Non sapeva cosa stava
succedendo.
Forse aveva fatto male a
dire quelle cose, quella sera, quando lui e Dan erano usciti e si erano baciati.
Forse avrebbe dovuto
prendere le cose più lentamente, invece di fare tutto così di
fretta.
Ma quelle parole gli
giravano in testa da così tanto tempo che gli era venuto quasi spontaneo. Gli
erano rotolate fuori dalla bocca e in quel momento gli era sembrato perfetto.
Jeph si staccò da lui,
dalle sue labbra, e gli accarezzò il volto vicinissimo a
lui.
Sentiva il suo respiro
caldo contro le labbra, e gli venne spontaneo
sorridere.
- Ti amo Dan…-
Poi il cellulare di Dan
aveva preso a suonare, rompendo quel momento magico.
Dan si era allontanato e
aveva risposto al cellulare, forse per togliersi da quel momento di imbarazzo,
lasciando Jeph con il cuore in gola.
Poi, con il tono
imbarazzato e lo sguardo basso, Dan gli aveva detto che doveva andare, perché si
era fatto tardi.
E Jeph era rimasto li,
senza una risposta.
Sospirò e prese un altro
sorso dalla sua birra, e poi lasciò andare la testa sullo schienale della
poltrona. Che compleanno di merda,
pensò.
Almeno i suoi amici si
stavano divertendo, vide poi, guardando gli invitati alla sua festa continuare
con i loro giochetti a base di alcool.
Dieci minuti dopo però, il
campanello suonò. Guardò il suo orologio da polso.
Le undici e
mezza.
Jeph si alzò e andò alla
porta. Quando aprì vide Dan, sorridergli con quella faccia di bronzo che si
ritrovava.
- Ciao Jeph! Auguri! – gli
fece Dan, con voce allegra, avvicinandosi e
abbracciandolo.
- Alla buon’ora! – esclamò
Bert, da dietro di loro – Non ci speravo quasi più! – commentò, facendo un
sospiro di sollievo.
Ora non era più tra
l’incudine e il martello.
- Scusatemi per il ritardo
ragazzi. E scusatemi ancora, perché devo portavi via il festeggiato.- fece Dan,
afferrando il polso di Jeph e tirandoselo dietro.
- Dan! Dan, che diavolo
fai? – cercò di ribellarsi Jeph, che veniva trascinato verso la macchina del
batterista, parcheggiata proprio davanti a casa sua.
- Vieni con me, e stai
zitto! – gli fece, aprendo la portiera del passeggero e spingendocelo dentro.
Poi fece il giro della macchina e si mise al posto del
guidatore.
Mise in moto e gli disse
di allacciarsi le cinture.
Jeph lo fece ma continuò a
tenere il muso.
- Dove stiamo andando? –
gli chiese, con tono freddo.
- Andiamo a festeggiare! –
gli rispose Dan, senza togliere gli occhi dalla strada.
- È troppo tardi per
festeggiare. Tra un quarto d’ora non sarà più il mio compleanno. – lo corresse
cinicamente Jeph, con le braccia conserte.
Dan sbuffò – Ti ho già
fatto gli auguri. E non sarà troppo tardi per il mio regalo. –
- Questo lo dici tu…- fu il commentino
sussurrato del bassista, che Dan non sentì, oppure fece finta di non
sentire.
Rimasero in silenzio per
qualche minuto, mentre Dan continuava a guidare verso la meta
sconosciuta.
Ad un certo punto Jeph,
stanco del silenzio, sbuffò.
- Perché non sei venuto
alla festa? – chiese.
Il batterista si voltò
verso di lui, solo per un secondo, prima di tornare a guardare la
strada.
- Sono venuto alla festa,
Jeph. – gli rispose.
Jepha lo guardò male – Oh,
avanti, sai cosa voglio dire! C’è l’hai con me? –
Dan sbuffò una risata – Se
così fosse non starei qui con te, non pensi? – fece,
ironico.
- Ho solo avuto un paio di
contrattempi. Sai, per organizzare tutto. – buttò li, sul
vago.
Il bassista sollevò le
sopracciglia, guardando il suo profilo.
- E non avresti potuto
avvertire? – chiese di rimando, intenzionato ad avere lui, l’ultima
parola.
- Avvertire?! – rise Dan –
Ho passato due ore a minacciare Bert e Quinn delle peggiori conseguenze, se ti
avessero fatto anche intuire qualcosa, e poi ti venivo ad avvertire? – ribatté,
ridacchiando.
E Jeph sbuffò, perché
ancora una volta l’aveva avuta Dan l’ultima parola.
Fanculo!
Dopo alcuni minuti
finalmente Dan gli disse, tutto eccitato, che erano
arrivati.
E quando Jeph si sporse in
avanti, vide la grande insegna di un hotel a cinque stelle lampeggiare davanti a
lui.
Spalancò gli occhi e
socchiuse la bocca – Il mio regalo è li dentro? – chiese,
sorpreso.
Dan rise – Beh, non
esattamente. Ma è li dentro che te lo darò. –
Uscirono dalla macchina ed
entrarono nella hall dell’albergo.
Jeph rimase dietro,
guardandosi intorno, invece il batterista andò direttamente verso la ragazza
seduta alla reception.
Gli sorrise, con la sua
solita faccia di bronzo – Ho prenotato una stanza. – gli
disse.
La ragazza gli sorrise –
Sotto che nome? – chiese, cortesemente.
- Bond. – rispose e Jeph,
dietro di lui, si schiaffò una mano sul viso.
La ragazza soffocò una
risata. Chissà quante volte gli era successo di aver a che fare con soggetti del
genere.
- Ecco a lei…- gli porse
una chiave e Dan la prese al volo, tirandosi poi dietro
Jeph.
- Dio, mi sto
vergognando…- fece, nascondendo il viso, mentre il ragazzo lo portava
nell’ascensore.
- Oh, non preoccuparti.
Tra poco non ci penserai più. – gli disse, ridendo
sonoramente.
Jeph lo guardò e,
finalmente si potrebbe aggiungere, capì a cosa stava andando
incontro.
- Dan, che hai in mente? –
chiese infatti, con voce sospettosa.
Il batterista lo guardò
curiosamente - Io? Assolutamente
nulla! – fece, con sguardo innocente. Continuarono a guardarsi negli occhi, fino
a quando l’ascensore si aprì e Dan lo portò fuori.
Trovò la stanza e l’aprì
con la chiave, entrando dentro e guardandosi intorno, per vedere se tutto quello
che aveva detto all’albergo, era stato fatto.
Il tavolo era già
apparecchiato, e avrebbe solo dovuto alzare la cornetta affinché la cena
arrivasse in camera.
- Wow, che bello Dan. –
fece Jeph, guardandosi intorno.
Era tutto molto…rosso.
Rosso ovunque.
Quando si girò per
guardare l’amico, lo trovò a pochi passi da lui.
- Ti piace? – gli sorrise.
La sua espressione era cambiata.
Ora era più rilassata e
sorrideva in modo dolce.
Di conseguenza anche Jepha
gli sorrise.
- Si, molto. –
Jeph guardò il tavolo già
apparecchiato – Mangiamo? – chiese poi – Sto morendo di fame. – disse, andando
verso il tavolo.
Solo che Dan lo prese per
la vita, abbracciandolo da dietro.
- Che ne dici di
rimandare? – gli disse, all’orecchio. – Abbiamo la stanza a disposizione anche
per domani. –
Jeph sorrise e annuì – Per
me va bene. – si girò tra le sue braccia e aspettò che fu Dan a baciarlo e a
trascinarlo fino al letto.
Ce lo buttò sopra e prese
posto su di lui.
- Quindi non ce l’hai con
me per quello che ho detto…- fece Jeph, con il fiato corto, dopo che si furono
separati.
- Certo che no. Ho
preparato tutto questo perché avevo paura che tu fossi arrabbiato con me, sai,
per non averti detto subito che…beh…anche io ti amo. – gli sussurrò sulle
labbra, con i loro nasi a toccarsi, e gli occhi fissi nei
suoi.
Jeph sorrise e gli prese
il viso tra le mani, baciandolo con trasporto.
- Dici che è troppo tardi, ora, per il tuo regalo? – chiese, facendo un gesto con la testa verso l’orologio antico posato sul comodino che segnava mezzanotte e un quarto.
- Sei tu il mio regalo? - chiese Jeph, con un sorriso malizioso.
Dan annuì - Esatto. -
Jeph allora diede
un’occhiata all'orologio, poi sorrise e fece spallucce.
- Non è mai troppo tardi
per un regalo. -