Buonasera a tutti! Esperimento
numero mille della mia mente malata.
Non so bene cosa ne è
venuto fuori ma mi piace abbastanza per farla uscire
alla luce del sole.
Un piccolo omaggio a
questa bellissima canzone di Micheal
Jackson, venuta fuori dopo una serata al circo e tante riflessioni.
Il personaggio maschile è
un piccolo (pretenzioso?) omaggio a Danny Jones, un grande chitarrista e una
persona che personalmente stimo moltissimo.
E’ la prima –ma non l’ultima,
pay attention!– storia che scrivo sui McFly, quindi siate clementi.
Ogni recensione è più che
ben accetta, di qualsiasi tipo essa sia (:
PS: ovviamente la persona
di Danny Jones non mi appartiene e tutto ciò che segue è frutto della mia
fervida immaginazione.
La canzone scritta in
corsivo che fa da filo conduttore è Carousel di Micheal Jackson e sua è la
gloria e la proprietà delle parole.
Cheers;
Carousel ♥
She’s from a world
Of popcorn and candy
Pony rides for a dime
Little children laughing
Bella, bellissima,
incantatrice.
Si muoveva con grazia ed
equilibrio, senza perdere il sorriso e la concentrazione.
Sentiva su di sé gli occhi
del pubblico e con eleganza chiuse il suo numero.
Ascoltava deliziata le
mani che battevano per lei, l’orgoglio di saper emozionare e stupire chiunque,
la consapevolezza di strappare un gemito sorpreso a chi la osservava.
Era meno giovane di quello
che la gente credeva ed erano ormai lontane le emozioni delle prime volte in
pista, era una professionista. Era nata per fare quello che faceva.
Lo dicevano tutti, tutti, tutti…
Nata per incantare.
Nata per stupire.
Nata per sorridere e far
sorridere.
Una ragazza del circo, un’artista, un’anima indomita e capricciosa.
Era nata così, non ci
poteva fare niente.
La passione scorreva
veloce nelle sue vene, mentre faceva un altro inchino al pubblico.
I'm from a world
Of disappointments and confusions
But I want her to be mine
Era andato al circo solo
perchè l’avevano supplicato, a lui neanche piaceva il circo.
Lo trovava roba da
bambini, qualcosa che un adulto non dovrebbe più neanche prendere in
considerazione come modo di passare una serata fuori casa.
Era un viziato, un pigro.
Nessuna voglia di faticare
più del dovuto.
Sapeva far emozionare,
voleva far sorridere, suonava per passione.
Amava violentemente, anche se per poco.
Quando però l’aveva vista
entrare in pista aveva creduto di sognare.
Troppo bella per essere
vera, troppo elegante per fare una vita da circo. Una principessa costretta ad
una vita di sacrifici e continui spostamenti, una principessa da salvare.
L’aveva osservata rapito,
seguendo i movimenti ipnotici del suo corpo.
Estasiato, aveva
applaudito a lungo, seguendo ogni movimento con i grandi occhi blu.
Era tornato anche il
giorno dopo. E quello dopo ancora.
Giorno dopo giorno si
ripresentava al circo, sedeva in prima fila e la osservava rapito.
In biglietteria non si
stupivano neanche più, il suo migliore amico aveva deciso che preferiva non
saperne niente e lo lasciava fare.
I started talking
She kept on walking
She disappeared into the crowd
Sorridente anche quella
sera concluse il suo numero e sparì dietro il tendone.
Sera dopo sera lo aveva rivisto
lì, seduto in prima fila, ad osservarla.
I primi giorni pensava
d’esser matta, non poteva essere sempre lì.
Eppure si era dovuta
ricredere, giorno dopo giorno lui si ripresentava.
Indubbiamente bello, lo sentiva
posarle gli occhi blu sul corpo nel momento in cui entrava in scena e
abbandonarla solo quando usciva dalla pista.
La infuocava con uno
sguardo. La lusingava con la sua presenza.
Non sapeva chi fosse né forse
le interessava, eppure aveva preso a fissarlo senza nemmeno accorgersene, senza
nemmeno volerlo fino in fondo.
Cercava i suoi occhi,
cercava il brivido che quasi rischiava di farla sbilanciare e cadere per terra,
cercava un’emozione.
Avrebbe voluto capire
perché quell’affascinante ragazzo si ostinasse a sprecare soldi e tempo per
rivedere ogni sera lo stesso spettacolo.
Erano passate quasi due
settimane e ogni sera lui, puntuale ed elegante, si era presentato allo
spettacolo. Era follia, era magia?
Erano passati quattro
giorni da quando le era arrivato il primo biglietto, accompagnato da un’unica
rosa rossa.
I
lost my heart
On the carousel
To a circus girl
Who left my heart in pieces
Non sapeva cosa gli era
preso, quando aveva trovato il coraggio di mandarle il primo biglietto.
Non sapeva dire se lei
avesse capito che era proprio lui. Non sapeva capire se davvero lo fissasse o
se cominciava a sognare ad occhi aperti.
Le donne non erano mai
state un problema, per lui. Sempre amato, sempre venerato, sempre al centro
dell’attenzione.
Sapeva di avere fascino e
non aveva mai avuto problemi a sfruttarlo. Egocentrico forse, ma onesto con chi
si trovava di fronte.
Non amava gli impegni, le
relazioni che duravano più di qualche notte. Le donne lo odiavano, le donne lo
amavano.
Eppure, quando la guardava
che impeccabile svolgeva il suo numero, perdeva tutte le sue certezze.
Lei era la novità,
l’ebbrezza dell’ignoto.
Lei così bella, così
straordinariamente fuori dai suoi canoni tradizionali.
Lei artista, lei affine, lei diversa.
“You’re wonderful, circus girl”, le aveva scritto in quel biglietto.
Non
una firma, non un indizio.
Aveva aggiunto una
Lost my heart
On the carousel
To a circus girl
Who ran away
Seduta davanti al suo specchio, spazzolava i lunghi capelli scuri.
Era sabato sera: ancora due
settimane e avrebbero lasciato Londra per Parigi. Ancora due settimane di rose
e biglietti.
Sospettava fosse lui, ma
non ne aveva prove concrete. Sfacciato le sorrideva ormai apertamente, ma non
faceva nient’altro, mai che si fosse presentato nel backstage.
Ripose la spazzola e
incrociò le gambe, sistemandosi meglio sul puff che aveva nella sua roulotte.
Una vita itinerante,
quella che si era scelta.
Una vita così diversa da
quella delle sue coetanee, una vita di rinunce.
Poteva concedersi brevi
vizi, brevi momenti di lascivia con sconosciuti pronti a soddisfare ogni suo
piccolo capriccio.
Ma poi prepotente tornava
la realtà, bussava alla sua porta e lei tornava coi piedi per terra senza mai
poter spiccare il volo per davvero.
Avrebbe voluto volare.
Avrebbe voluto che i nastri sui cui alcune sere si esibiva
potessero staccarsi e portarla lontano.
Nonostante tutto però, la
sua vita le piaceva. Era emozionante, era gratificante.
Poter dare il sorriso a
chi si presentava al circo era una delle soddisfazioni più grandi per lei.
Era nata per fare quello
che faceva. Se nasci in una famiglia circense le possibilità che tu non segua
quella strada erano quasi pari a zero.
Aveva accettato di buon
grado gli esercizi fin da piccola, si era diplomata a pieni voti in una delle
scuole circensi migliori del mondo.
Si allenava costantemente,
non si perdonava gli errori. Non poteva
permettersi gli errori.
Annoiata dai suoi stessi
pensieri si lasciò andare sul letto. Ogni tanto avrebbe voluto un imprevisto, a
colorarle la vita.
I
was the clown
And she was the dancer
Sabato sera.
Lo spettacolo era
terminato da un bel pezzo e lui aveva fatto in tempo a fare un salto al pub per
stare un pò con gli amici di sempre.
Tutto quell’andare al
circo li aveva quantomeno reso sospetti, non era da lui.
Non era da lui. Che bella frase, quasi poetica, quasi ermetica.
Cos’era da lui? Lo
conoscevano più di quanto si conoscesse da solo e forse avrebbe dovuto dargli
retta.
Sapeva far emozionare,
sapeva esprimere quello che provava in musica.
Sapeva che gli bastava una
chitarra per cambiare il suo mondo. Ma sarebbe bastato per sempre?
Sarebbe stato sufficiente
a scaldare le notti buie e solitarie? Sarebbe stato abbastanza quando la
giovinezza avrebbe abbandonato il corpo allenato?
Aveva bisogno di certezze.
E più le cercava, meno le trovava.
Più voleva sentire una
presenza al proprio fianco, più si accorgeva che gli amici non bastavano più,
nè le donne.
Una notte, due notti e
alla terza già era finita. Non lo faceva apposta, non avrebbe voluto, ma era
più forte di lui.
Stupido a comportarsi come
un bambino capriccioso, stupido a non voler vedere il meglio in chi lo
circondava.
Camminava con le grandi
mani infilate nelle tasche, un cappellino di lana in testa più per abitudine
che per vera necessità.
Osservava le luci del
circo da lontano, quasi affascinato, quasi stregato. Era una vita così diversa
dalla sua.
In un circo avrebbe solo
potuto fare lo stupido clown che non fa ridere neanche i bambini.
We both knew it wouldn't
work
But we took our chances
Il circo aveva piantato le
tende ad Hyde Park, poco lontano dalla Serpentine.
Stufa di lambiccarsi il
cervello si era infilata una felpa e un paio di consumate scarpe da ginnastica
per fare due passi.
Osservava rapita la
natura, la luna giocava a nascondino con le nuvole e qualche stella brillava
pigra negli sprazzi di cielo.
Le sarebbe piaciuto
rimanere di più a Londra, decisamente era una delle città più belle che avesse
mai visto. Viaggiavano molto e aveva avuto modo di visitare posti estremamente
diversi tra loro, lei che una patria vera neanche ce l’aveva. Padre francese e
madre italo - giapponese, era nata in Spagna e fin da bambina aveva seguito i
suoi genitori nelle varie tappe del circo, senza mai fermarsi veramente. Le
piaceva vedere il mondo, ma a volte sapere di poter tornare a casa sarebbe
stato bello.
Sapere di avere un porto
sicuro dove rifugiarsi nelle notti di tempesta, le braccia di qualcuno che ti
ama veramente.
Persa nei suoi pensieri
non poteva sapere tra le braccia di chi stava per finire. Braccia forti,
sicure, tremendamente nuove.
Stentò a riconoscerlo, nel
buio della notte. Sorrise d’istinto, senza sapere che i suoi guai stavano solo
cominciando, che quegli occhi blu non portavano solo libertà.
Il cuore accelerò, emozionato,
stupido. Lo osservò attenta, sul suo
bel viso il medesimo stupore.
Era di una bellezza quasi
imbarazzante, parecchio più alto di lei, i grandi occhi color dell’oceano che
la fissavano increduli.
Dunque era arrivato il
momento di conoscerlo e vedere cosa poteva offrirle.
What I can't recall
Is if there was a girl at all
Or was it my imagination?
Si sarebbe aspettato
tutto, ma non di trovarsela davanti.
Dopo aver passato giorni
ad osservarla da lontano e ammirarla in ogni piccola perfezione, averla così
vicino gli dava quasi le vertigini.
Era indubbiamente una
delle donne più belle che avesse mai avuto la fortuna di incontrare, grandi
occhi ambrati che sembravano non finire mai.
I lunghi capelli color
pece erano sciolti sulle spalle, più lunghi di quanto li avesse immaginati.
Poteva immaginarsi senza troppi problemi il corpo snello, il seno sodo, le
gambe tornite, nascosti dalla felpa e dai pantaloni di una tuta che aveva
sicuramente visto tempi migliori.
La vide sorridere e non
poté non fare la stessa cosa. Quello stesso sorriso che aveva incantato ed
emozionato milioni di persone era rivolto unicamente a lei.
Senza dirle nulla le porse
il braccio e per alcuni minuti camminarono così, in silenzio, senza notare
veramente dove stessero andando. Poteva quasi sentirla respirare, così vicina,
avrebbe voluto sentirla pensare, capire cosa le frullava per la testa, sapere
ogni cosa di lei.
- sapevo che eri tu- gli
sussurrò, ancora stringendogli il braccio.
- non sono un ammiratore
segreto poi molto bravo evidentemente-
Lei si voltò appena,
sorridendogli e alzando le spalle con un gesto lieve, spensierato.
- non importa, è stato un
gesto molto bello- disse infine, fissando gli occhi magnetici del ragazzo.
- sono contento che ti sia
piaciuto-
I still remember
All of those faces
And now all I have is memories
Si incontrarono ancora e
ancora e ancora.
Camminavano in piena
notte, più o meno abbracciati, parlando di tutto e di niente.
Mostrandosi a vicenda quel
pezzo di mondo che non potevano conoscere né ottenere, scoprendosi l’anima,
specchiandosi negli occhi dell’altro e scoprendo la medesima voglia di avere
qualcosa dell’altro, che fosse un ricordo o una frase sconclusionata poco
importava.
Lui trovava in lei quella
presenza che aveva cercato, qualcuno con cui condividere le frivolezze e i
dolori.
A lei aveva parlato della
sua infanzia, di suo padre, del dolore cieco che lo assaliva nei suoi incubi
peggiori, della risalita, degli amici che c’erano sempre.
A lei aveva raccontato di
come si sentisse con la sua chitarra in mano, cosa volesse dire aver realizzato
il sogno più grande.
Lei sorrideva con fare
infantile e si confessava ad un semi sconosciuto, dopo
aver cercato per anni qualcuno con cui parlare liberamente.
Di cosa sognava, di cosa
voleva, di cosa progettava. Parlare di quel futuro pieno di nebbie, del passato
pieno di solitudine.
In lui trovava una
presenza rassicurante, un porto amico in cui potersi rifugiare nelle buie notti
londinesi.
A volte pioveva. Stretta a
lui sotto un ombrello che non li copriva mai abbastanza, sentiva di aver
finalmente trovato qualcosa.
Non sapeva cosa, ma era qualcosa. Sarebbe stato quel qualcosa
per cui fermarsi? O quel motivo per ripartire?
Quelle iridi che la
incantavano per minuti interi non le sembravano poi così sicure, certe volte.
Fidarsi era stato
azzardato, ma vederlo aprire il suo cuore era stata un’emozione unica.
Osservarlo con la coda
dell’occhio sera dopo sera, seduto al suo posto, che la fissava complice, la
emozionava più di qualsiasi altra cosa prima d’allora.
Osservarla ammirato sera
dopo sera, in bilico su un filo o arrampicata su un nastro, lo rendeva felice
in una maniera che lo faceva quasi vergognare.
I
lost my heart
On the carousel
To a circus girl
Who left my heart in pieces
“Dovresti smetterla di cercarla” gli diceva placato il suo migliore
amico, seduto ad un pub.
“Dovresti piantarla di vederlo” le urlava contro sua madre, entrando
di botto nella sua roulotte.
Voci nella testa, nelle
orecchie, negli specchi. Era sbagliato ma non c’era nulla di male.
Non l’aveva mai sfiorata
in un modo che fosse lontanamente compromettente, anche se avrebbe voluto.
Per ore aveva fissato
quelle labbra, ma mai le aveva sfiorate con le proprie.
Il loro tempo stava per
scadere, ancora tre giorni appena e sarebbe stato il momento di dirsi addio.
“Non la vedrò mai più, tranquillo” rispondeva muovendo la mano con
un gesto stanco.
“Ce ne andremo presto, rilassati” urlava in risposta, cercando di
non pensare al momento in cui gli avrebbe detto addio.
Avrebbero dovuto parlarne,
forse, il pendolo sopra la loro testa incombeva minaccioso e sembrava diventare
sempre più grande.
Eppure, anche quella sera,
si incontrarono in riva al lago e lui le prese la mano per la prima volta.
Lei strinse forte quelle
dita callose, la sua mano delicata che quasi scompariva in quella grande del
ragazzo.
Qualcosa
era cambiato, le voci nella testa continuavano a urlare e ammonirli, loro
ribelli e testardi le ignoravano e si perdevano nel sorriso dell’altro.
In qualcosa che sembrava destinato ad esserci, in qualcosa che sembrava incontrastabile.
Lost my heart
On the carousel
To a circus girl
Who ran away
- cosa stiamo facendo?- le
sussurrò piano, le mani ancora intrecciate, gli occhi
in quelli di lei.
- davvero non lo so- gli
rispose, la mano libera accarezzò il volto di lui, sfiorandone la guancia
ruvida per la barba appena accennata.
- trovi
che sia un errore?-
- se lo è, non credo di
aver mai fatto un errore migliore- sorrise, avvicinandosi a lui e poggiando la
testa nell’incavo del suo collo.
Sentiva il suo profumo,
quello stesso profumo che si era sentita addosso quando fradicia le aveva
ceduto la sua felpa, quel profumo che aveva ritrovato nei suoi sogni più
proibiti, quell’essenza di lui per cui avrebbe potuto fare follie. Era la prima
volta che si trovavano così vicini l’uno all’altro.
Poteva sentire il cuore di
lui battere furioso, gemello del suo che sembrava aver deciso di saltare fuori
dal petto.
Se la strinse addosso, non
pensando a niente, volendo solo sentirla più vicina. Sentirla dentro l’anima,
sentirla sua.
Conosceva quella brama di
libertà che spingeva la ragazza, ammirava la sua anima indomita e ribelle.
Aveva imparato a
comprendere ogni suo piccolo capriccio, ogni suo piccolo movimento
impercettibile.
Le labbra, le mani, gli
occhi. Tutto in lei esprimeva qualcosa.
Averla tra le braccia fu
un’esperienza travolgente e sconvolgente, l’emozione che provava era
paragonabile solo a quella di quando si trovava sul palco e aveva migliaia di
persone che cantavano con lui. Era realizzato, emozionato, soddisfatto, esultante,
agitato per quella fine che sarebbe arrivata presto.
Two
different people
In love for an instant
To see that the circus came today
Quella notte e la seguente
furono pura magia. Una magia così splendente da poter accecare con la sua
bellezza.
Fu un trovarsi e un
perdersi, consapevoli che fossero o meno che quella
candela appena accesa si sarebbe consumata in fretta, senza lasciar loro il
tempo di godere della luce e del calore che emanava. Fu qualcosa di speciale,
fu appartenere a qualcuno che poteva amarti, ma non poteva averti.
Addormentarsi accanto a
lui le dava un senso di pace mai provato prima, stringerla e accarezzarla gli
faceva toccare il cielo con un dito.
Parlare avrebbe rovinato
l’idillio, parlare forse sarebbe stata la cosa migliore.
Svegliarsi alle prime luci
dell’alba e vederla già sveglia, pronta ad andare ad allenarsi gli spezzava il
cuore.
Svegliarsi e doverlo
lasciare da solo in quel letto, era qualcosa che sapeva non avrebbe mai
sopportato.
Era quella la
consapevolezza che la schiacciava, quella di appartenere ad un mondo di cui lui
non faceva parte e da cui lei sembrava destinata a non uscire mai.
Quel dolore sul cuore
forse se ne sarebbe andato, riflettè quell’ultima sera poco prima di uscire in
pista per fare il suo numero.
Forse col tempo, forse vivendo, forse avrebbe accantonato il ricordo di quegli
occhi blu che la facevano sentire importante, la più bella di sempre.
Bella, bellissima, incantatrice.
Si muoveva con grazia ed equilibrio, senza perdere
il sorriso e la concentrazione.
Sentiva su di sé gli occhi del pubblico e con
eleganza chiuse il suo numero.
Per l’ultima volta volse
gli occhi a lui, seduto al suo posto in prima fila, elegante nel suo completo
nero e in quella camicia bianca che lo faceva sembrare un principe.
Gli rivolse un sorriso più
caldo del solito e gli diede le spalle, sparendo oltre il tendone rosso.
Sentì una lacrima
scenderle involontaria sulla gota, poi un’altra.
Non seppe come ma si
ritrovò tra le sue braccia, nel camerino, a piangere un’occasione bruciata e un
amore perduto.
Si lasciò cullare,
baciare, amare. Per l’ultima volta.
Sometimes I can hear her crying
here
And I can hear her calling me
- ti devo ringraziare Daniel, mi hai donato un sogno- sussurrò lei all’alba
del giorno dopo, baciandogli casta la fronte.
- avrei potuto donarti il mondo- rispose lui, sfiorandole il viso,
delicato come mai era stato con una donna.
Lei sorrise con fare
infantile, allontanandosi lentamente da lui.
Scalza, ringraziava il
freddo dell’erba che la teneva sveglia, mentre camminava all’indietro verso la
sua roulotte.
Infreddolita e stretta in
una felpa troppo grande, lo guardava rimpicciolirsi piano.
Compagno di un sogno da
cui era stata svegliata in malo modo, confidente di segreti inconfessabili,
amante passionale di quelle notti fredde.
Amava il suo nome, così
degno di lui. Amava il suo sorriso, così solare da splendere al buio.
Piangeva senza neanche
accorgersene, mentre gli diceva addio.
Sussurrò al vento il suo
nome e una preghiera.
L’avrebbe dimenticata,
avrebbe conosciuto una donna che lo sapesse amare e rispettare. Una donna che
potesse stargli vicino.
Lei avrebbe lasciato
scorrere il tempo e gli amanti, fino a trovare qualcuno che potesse cancellarne
il ricordo.
Don't
you know?
I lost my heart
On the carousel
To a circus girl
Who left my heart in pieces
Quello stesso giorno il
circo lasciò Londra, alla volta di Parigi, e di lei scomparve anche il profumo.
Daniel Alan David Jones
ricordò quel giorno per molto tempo, rimproverandosi sempre di non aver neanche
provato a fermarla.
Lasciò che la musica
parlasse per lui, nascondendo il dolore dietro sorrisi falsi.
Uscì con donne diverse,
ebbe storie, dimenticò lentamente quella sensazione di completezza provata con
lei.
Ricevette una lettera dopo
un paio di mesi, quando ormai aveva cambiato casa e non la lesse.
Senza saperlo perse l’occasione
più grande, l’amore più vero, la felicità più pura.
Inconsapevole e innocente
partì e tornò da tour e concerti, cantando per il mondo quell’amore che l’aveva
affascinato e consumato.
Ebbe la forza di
riscoprire la bellezza di un sorriso, di una risata di gioia.
Amò intensamente anche se per poco. Donò ai veri amici le proprie gioie e i propri
dolori, affidandosi a loro e ricevendo in cambio un affetto che guarì col tempo
le sue ferite, i suoi dolori e i suoi dispiaceri. Apprezzò la vita in tutti i
suoi aspetti, con gioia e voglia di vivere.
Quella lettera rimase in
una casella metallica e piena di pubblicità per molto, molto tempo, finchè il
nuovo proprietario non la trovò.
Spedì la lettera al chitarrista
per opportunismo che per cortesia, e dopo quasi tre anni la lettera giunse
nelle mani del suo destinatario originale.
E la sua vita,
improvvisamente cambiò.
Lost
my heart
On The carousel
To a circus girl
Who ran away
Il destino, il fato, Dio? Quello
che accadde infine fu crudele, quasi spietato, ma risparmiò un’innocente.
Il circo si trovava in
Ungheria, quando successe. Un grande incendio bruciò tutto, una notte di dolore
in cui morirono decine di persone.
Il fuoco divampò nella
notte, le fiamme inghiottirono tutto e non lasciarono che la cenere di quel
posto pieno d’allegria e gioia.
Ne parlarono i giornali e
le televisioni di tutto il mondo, furono versate lacrime per quella tragedia
così ingiusta.
Quello che non molti sanno
fu del piccolo miracolo che accadde, quella notte.
Quello che non molti sanno
fu che per Danny quella notte fu l’avverarsi di un sogno e di un incubo.
Sconvolto e disperato
arrivò a Budapest la mattina dopo l’accaduto, correndo in ospedale e sperando
di trovarla viva.
Un’infermiera gli urlò
contro in una lingua che non capiva, mentre le lacrime già premevano per
uscire.
Sedette nervoso su una
sedia, quando sentì una voce di bambina sussurrare qualcosa davanti a lui.
Papà.
Alzò gli occhi e si trovò
davanti una bambina piccola che stava in piedi a fatica, il visetto sporco di
fuliggine, stretto al petto un orsacchiotto.
Gli occhi di quella
bambina erano lo specchio dei suoi, i capelli color ebano inevitabilmente presi
dalla madre.
Aprì le braccia sconvolto
e la strinse, piangendo quelle lacrime che fino ad allora
era riuscito a contenere.
Quella lettera gli diceva
che stava per diventare padre e lui non aveva mai potuto riprendersi l’unica
donna che gli aveva strappato il cuore.
Quell’incendio gli aveva
fatto temere di aver perso tutto, in una notte, senza aver avuto la possibilità
di fare niente.
Quella notte regalò la sua
anima a quella piccola che l’aveva riconosciuto da sola e che aveva lo stesso importante
nome della madre.
La riportò a casa e non se
ne separò più, amandola e regalandole il mondo.
Rimuginò per anni su
quello che avrebbero potuto essere, insieme, se avesse letto quella lettera.
Ma gli tornò in mente lei
e si disse che, da lassù, avrebbe sempre vegliato su di loro, donandogli quel
sogno che non avevano potuto condividere.
Zoe, la vita. Tomoko, la
conoscenza. Artemisia, la bellezza.
Per sempre tuo, per sempre mia.
Donando un sogno al frutto di quell’amore così intenso e bello, così
vero e puro.
La sua stella brillò nel cielo per molto, molto tempo, a proteggere la
figlia e quell’uomo che aveva tanto amato.
E il suo amore si perse nel vento, arrivando da loro.
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Ed è finita.
Non so che dire al
riguardo, io ne sono soddisfatta.
A voi la parola, Trix
xoxo