Autore:
Stella Del Sud
Titolo:
Il suono dell’amore
Personaggio
sorteggiato:
Carlisle
Eventuali
oggetti scelti:
Fiore sotto vetro, cristallo, conchiglia.
Genere:
Malinconico, Romantico.
Credit
(s) :
“
Mi pare a volte che il sangue fiotti come una fontana dai ritmici
singhiozzi; rende l’occhio più acuto e
l’orecchio più fino. “ ( La Fontana di
Sangue, Baudelaire)
Rating:
Verde
Breve
introduzione della
storia:
Carlisle nasconde
un segreto che solo Edward scoprirà leggendo tra i suoi
ricordi.
“Non
seppi quanto tempo passò, ma quando si staccò
da me dovetti impormi tutto l’autocontrollo necessario per
poter riaprire gli
occhi e continuare a trattenermi. Ripresi a respirare lentamente e
quando
tornai a guardarla la trovai ancora vicino a me. Mi guardava con
intensità, fin
quando non si allontanò del tutto.
<< Mi pare a volte che
il sangue fiotti come una fontana dai ritmici singhiozzi; rende
l’occhio più
acuto e l’orecchio più fino.>>
Mi sussurrò queste parole all’orecchio prima di
andare via e rimasi
immobile e incredulo. Lei sapeva ciò che ero e non ne era
preoccupata. Come
faceva a conoscere la mia natura e non esserne terrorizzata?
Note
Autore:
Il titolo si riferisce al fatto che al suono che emette la conchiglia
e al collegamento con l’Amore puro che Carlisle prova per
Cathleen, quindi
viene fuori il suono dell’amore, proprio perché
all’interno di quell’oggetto
c’è l’unione di entrambi.
One-
Shot classificata seconda al contest " Quando il sangue è
irresistibile
" di storyletter. Mi è piaciuto molto questo contest in cui
bisognava
scegliere degli oggetti da utilizzare all'interno della storia, nel mio
caso
come doni della veggente che ho usato nella one-shot. Il personaggio,
Carlisle
doveva essere quanto più vicino possibile al reale
personaggio della serie e
doveva superare diverse prove, ovvero resistere al sangue di un umana.
Naturalmente sappiamo tutti la vera storia di Carlisle per cui
è stata un bella
sfida, cercare di scrivere qualcosa del genere. Fatemi sapere cosa ne
pensate,
questo è stato un progetto importante per me!
L'immagine è stata fatta da Addison89 e ringrazio sempre
storyletter per aver
messo a disposizione un idea molto originale come questa!
In ultimo, ma non per importanza, dedico questa storia a jma, la mia
dolcissima
Giulia, che mi è stata sempre vicina!
Vi lascio alla lettura^^
Il suono dell’amore
La
neve cadeva
lenta, posandosi sul davanzale della grande finestra del mio studio.
Anche
quando ero solo un umano amavo osservare la neve, così
candida e delicata,
molto lontana dalla mia natura. Ogni volta non potevo fare a meno di
immaginare
lei. Anche quel lontano giorno c’era la neve…
<<
Nonno!
>>
Talmente
preso dai
miei pensieri non mi ero accorto che il mio piccolo diavoletto aveva
spalancato
la porta e mi si era gettata addosso. Risi e le scombinai i lunghi
boccoli
bronzei. Mi rispecchiai in quegli occhi scuri, ricordando Bella quando
era
ancora umana, mentre la sua espressione era come quella di mi figlio.
<<
Renesmee,
vieni con papà. Lascia in pace il nonno. >>
Edward
entrò con
un sorriso indulgente. Fece per prendere la mia nipotina dalle mie
braccia ma
lo ammonii con il pensiero.
<<
Sicuro
che non ti disturba, Carlisle? >>
<<
Certo che
no, Edward. Mi fa sempre piacere passare del tempo con la mia piccola
Nessie.
>>
A
quelle parole la
bimba rise, portandosi le piccole manine alla bocca.
<<
Se ti
sentisse la mamma, si allabbierebbe tanto! >>
Io
e Edward
ridemmo della sua frase. In effetti aveva ragione, Bella non sopportava
che la
si chiamasse in quel modo, perché diceva che le ricordava il
mostro di Locness.
Desiderava che la sua bambina venisse chiamata con il suo nome intero.
Mi
piaceva il suo nome, in quanto era l’unione del nome di mia
moglie e della
mamma di Bella. Adoravo quella ragazza. Aveva reso felice mio figlio e
tutta la
nostra famiglia regalandoci quell’angioletto.
Edward
sorrise dei
miei pensieri e sospirò con serenità. Non
l’avevo mai visto così felice.
<<
Tesoro,
si dice “ arrabbierebbe” cerca di ricordarlo.
>>
Ritornai
a
guardare la piccola che, alle parole del padre, aveva alzato gli occhi
al
cielo. Era ancora piccola ma in realtà era più
matura della sua età, in quanto
mezza vampira.
Ad
un certo punto
la sentii trattenere il fiato e seguii il suo sguardo che si era posato
sulla
vetrinetta alle mie spalle. Non appena capii cosa stava osservando mi
irrigidii
inconsapevolmente. Nella mia mente ripassarono velocemente delle
immagini, che
spesso cercavo di allontanare. Di nuovo il suo viso invase la mia mente
e il
dolore si impossessò di me.
Mi
riscossi quando
sentii la piccola strattonarmi una manica del maglione che indossavo.
Cercai di
riprendere il controllo e tornai bruscamente alla realtà.
Vidi Edward
chiaramente confuso da ciò che aveva visto nella mia mente e
io mi maledii
mentalmente facendolo incuriosire sempre di più. Solitamente
cercavo di
ignorare quei ricordi, sebbene ci pensassi sempre, ma preso alla
sprovvista non
ero riuscito a trattenere i miei pensieri.
<<
Va tutto
bene? >>
Annuii,
con un
sorriso falso sul volto, sperando di placare la curiosità di
mio figlio. Era
normale che fosse confuso, dato che non avevo mai fatto parola con
nessuno di
quel segreto.
<<
Nonno,
cos’è quello? >>
Mi
alzai con
Renesmee in braccio e mi avvicinai alla vetrinetta. Non doveva
più essere un
problema per me ricordare.
Vidi
che la
bambina indicava il fiore sotto vetro
che custodiva il mio più grande segreto.
Non
riuscii a
risponderle subito e Edward mi prese la bambina dalle braccia per
cercare di
farmi uscire da quella situazione.
<<
Forza,
piccola. E’ ora della pappa. >>
<<
No, papà!
>> esclamò la piccola, con voce lamentosa,
cercando di tornare da me.
<<
Il nonno
ha da fare e tu devi mangiare. >>
Nessie
si arrese
al tono perentorio del padre, ma mi guardò con due occhi da
cerbiatto a cui non
seppi resistere.
<<
Edward,
che ne dici se mentre vai a prendere la pappa di Nessie, lei rimane un
po’ qui
con me? Così le faccio vedere da vicino quel fiore, dato che
le piace tanto
>>
Renesmee
battè le
mani contenta e Edward me la ridiede titubante. Lo rassicurai con il
pensiero e
lui si allontanò, lasciandoci soli.
Presi
la piccola
teca di vetro che conteneva un bellissimo fiore, simile ad una rosa, e
lo
poggiai sul tavolo. Infine mi sedetti con Renesmee, che si
limitò a osservarlo
curiosa senza toccarlo con le mani. Era una bambina educata ed
intelligente,
aveva capito che era una cosa importante.
<<
Nonno,
chi ti ha regalato questo fiore? >>
Sorrisi
alla bimba
e la sistemai meglio sulle mie gambe per poterla guardare in viso.
<<
Me l’ha
regalato una persona speciale e rappresenta qualcosa
d’importante. >>
La
piccola mi
guardò con curiosità per poi portare di nuovo lo
sguardo sul fiore sotto vetro.
Lasciai che lo osservasse mentre io, non riuscendo più a
trattenermi, mi
lasciai trasportare dai miei ricordi.
Dicembre,
Volterra.
Dopo
due secoli
passati ad abituarmi a resistere al sangue umano, mi trovavo nel covo
di un
clan di Vampiri molto importante, ovvero i Volturi. Mi sentivo
più sereno,
rispetto al primo periodo in cui ero stato trasformato. Avevo cercato
di
uccidermi e poi di lasciarmi morire di fame ma non riuscivo a porre
fine alla
mia esistenza. Dopo essere riuscito a trovare la mia via di fuga,
nutrendomi di
sangue animale, ero giunto in questo clan, cercando di avviare anche
loro alla
mia stessa “ dieta”. Purtroppo non ero riuscito nel
mio intento, quindi ero già
pronto per andarmene quando lei
entrò
inaspettatamente nella mia esistenza, sconvolgendomi.
Stavo
osservando
la neve posarsi dolcemente sulle cupole dell’antica
città di Volterra, rendendo
magico quel paesaggio, che sembrava uscito dalle fiabe, nonostante il
suo
aspetto antico e austero. Era l’orario delle visite e molti
turisti ammiravano
questo antico palazzo reale. Non feci caso a bambini e anziane signore
che si
guardavano intorno con curiosità e circospezione al tempo
stesso. Gli umani
potevano avvertire quell’aura malvagia che si respirava
all’interno del
castello e tutte le loro emozioni erano dipinte sui loro volti. Con le
mani in
tasca, non davo loro attenzione e continuavo ad osservare il paesaggio
al di là
di quelle antiche finestre.
All’improvviso,
strinsi i pugni ancora costretti dentro le tasche dei pantaloni che
indossavo,
la mascella si indurì e il mio corpo si tese come una corda
di violino. Un
odore particolare mi stava facendo perdere la ragione. La cosa
più terribile
era che non riuscivo a capire cosa mi stava succedendo. Era per me una
situazione del tutto nuova, in quanto non mi era mai capitata una
situazione
simile. Lentamente, come un coltello che ti penetra la pelle, sentivo
il dolore
di quell’attesa, la voglia indescrivibile di lasciare libera
la mia natura e
avventarmi sul soggetto che mi stava causando tutto questo.
L’odore di quel
sangue era per me destabilizzante. Non riuscivo ad appellarmi alla mia
forza di
volontà e questo mi fece spaventare parecchio. Chi poteva
aver provocato questa
reazione nel mio corpo?
Tirai
fuori le
mani dai pantaloni e lentamente distesi le dita. Alzai il viso verso
l’alto e
chiusi gli occhi cercando di respirare lentamente. Sarebbe stato un
errore
smettere di respirare quell’odore di colpo per poi
risentirlo. Non sapevo se mi
sarei controllato e questo mi faceva soffrire terribilmente, ancor
peggio del
desiderio di nutrirmi di quel sangue che mi faceva venire
l’acquolina in bocca.
Cosa
stava
succedendo? Era impossibile che tutto questo stesse capitando a me.
La
fonte di
quell’odore non sembrava qualcosa di passeggero. Era
costante, per cui dedussi
che la persona che mi stava provocando tutto ciò era molto
vicina a me.
Non
appena riuscii
ad avere un minimo di controllo, riabbassai il capo e voltandolo di
lato, aprii
gli occhi. Ciò che vidi mi fece sentire ancora peggio. Una
ragazza bellissima
dai capelli neri, come le tenebre che mi avvolgevano e due occhi
azzurri, come
un cielo terso e libero dalle nuvole, era a pochi passi da me.
Restai
a
guardarla, ma lei aveva lo sguardo rivolto verso l’esterno.
Era molto vicina a
me, più di quanto immaginassi. Incurante del pericolo che
stava correndo,
guardava con indifferenza ciò che fino a pochi secondi prima
stavo contemplando
io stesso.
Respiravo
con
sempre più difficoltà, mentre sentivo un fuoco
pervadermi anche l’anima, come
lava incandescente, uccidermi senza pietà. Avrei voluto
scappare o ucciderla,
ma non riuscivo a muovere un passo. Forse a causa di tutto
l’autocontrollo che
fin ora avevo vantato, non capivo quale fosse il limite di
sopportazione che
avrei potuto raggiungere. Forse non c’era più modo
di andarmene e salvarle la
vita. A quel pensiero ringhiai sommessamente attirando la sua
attenzione.
I
suoi occhi si
scontrarono con i miei. Azzurro contro dorato. Mi guardava
intensamente, come
se non fosse sorpresa di vedermi. Non sembrava spaventata, ma non
riuscivo a
leggere nessun tipo di emozione nel suo sguardo. Mi guardava
semplicemente. Non
accennava ad abbassare lo sguardo e io non riuscivo a interrompere quel
contatto visivo.
Il
veleno mi
impastò la bocca e cercai di allontanarmi velocemente da
quella misteriosa
ragazza che mi stava facendo perdere il lume della ragione.
Mi
voltai di
scatto e senza moderare la mia velocità, tanto ero
disperato, mi avvicinai alla
zona in cui nessuno sarebbe potuto entrare ovvero la sala dove si
trovavano i
Volturi. Non guardai nessuno dei tre vampiri reali, impegnati in una
delle loro
tante discussioni, seduti sui loro troni e cercai di raggiungere la
scala
laterale che mi avrebbe portato alle segrete dove si trovava la mia
dimora
temporanea. Se avevo in programma di andarmene presto, adesso volevo
fuggire
immediatamente. Avrei solo aspettato che quell’umana
sconvolgente fosse a una
distanza sufficiente per potermene andare via.
Mi
bloccai quando sentii lo sguardo del capo dei Volturi su di me. Lui
sapeva cosa mi stava succedendo, qualche informatore doveva averlo
avvertito.
Notai il suo sguardo compiaciuto. Non poteva che essere felice della
situazione, data la sua insistenza nel farmi nutrire di sangue umano.
Decisi
di ignorarlo e dopo avergli scoccato uno sguardo gelido feci per
andarmene, ma Aro fulmineo mi bloccò per un braccio.
<<
Mio caro Carlisle, anche il migliore può cedere. Sono
estasiato da questa tua nuova iniziativa, ma sta attento, la ragazza
abita a
Volterra e non la puoi toccare, altrimenti sarò costretto a
ucciderti, ma sai
quanto mi dispiacerebbe amico mio. >>
Mi
imposi di calmarmi anche se l’odore di quella ragazza ancora
saturava l’aria. Anche a metri di distanza non riuscivo a non
avvertirlo.
Aro
mi liberò dalla sua stretta e lentamente si andò
a sedere
nuovamente al suo posto. Mi trovavo al centro della sala sotto lo
sguardo di
tre vampiri assetati di sangue. Non capivano il mio dissidio interiore
e la
sofferenza che mi stava distruggendo. Ancor più del sangue
stesso della
ragazza, che per me era un vero e proprio richiamo, ciò che
più mi dilaniava
l’anima era che in qualche modo la mia natura mi aveva
tradito. Secoli di
sforzo erano crollati davanti a quella ragazza. Il suo sangue cantava
per me e
forse tutto il mio allenamento e tutta la mia forza di
volontà, acquisita nel
tempo, erano serviti solo a non ucciderla in pochi secondi.
Allora
tutti i miei sforzi erano stati vani? Tutti i miei sogni e le
mie speranze che fine avrebbero fatto?
Non
volevo diventare un mostro sanguinario e assecondare così la
mia
natura. Il dolore che provavo a questi pensieri sarebbe stato capace di
uccidermi se solo fossi stato ancora umano. Perché proprio a
me?
<<
Potresti concentrarti su qualche umano, ma quell’appetitoso
dolcetto non potrà finire tra le tue mani. >>
Strinsi
i denti, ma non persi il controllo. Nonostante dentro di me mi
sentivo esplodere cercai di mostrare una facciata quanto più
indifferente.
<<
Non mi concentrerò su nessun essere umano. Quella ragazza
vivrà la sua vita senza interferenze da parte mia. Non
ucciderò né lei né
nessun altro. >> sussurrai con voce roca.
Il
veleno fuoriusciva copioso dai miei canini. Era terribile, ma non
riuscivo a frenare quel desiderio spasmodico di uccidere sul serio
quella
giovane dal sangue così dolce per me.
Sentii
i tre Volturi ridere in modo disgustoso e mi voltai, riprendendo
la mia strada.
<<
Sta attento amico mio, non fare passi falsi o la tua esistenza
terminerà. >>
Avrei
voluto rispondere ad Aro che ero ben felice della sua proposta.
Ma non volevo uccidere un umano, tanto meno quella ragazza. Avrei fatto
tutto
ciò che mi era possibile pur di non fargli perdere la vita.
Una volta lontano
dai vampiri reali accelerai il passo e uscii da un passaggio segreto,
ritrovandomi dall’altra parte del duomo. Anche lì
mi sembrava di sentire quell’odore
paradisiaco. Cosa avrei potuto fare?
Senza
pensare a ciò che facevo mi allontanai dalla
città e raggiunsi un
piccolo bosco dove mi nutrii di vari animali, senza nemmeno curarmi di
ciò che
stavo cacciando. Non avevo bisogno di nutrirmi ma ossessivamente
cercavo di
ricordare al mostro che albergava in me che era solo di quel sangue che
dovevo
dissetarmi. Speravo che un qualche modo quell’odore
paradisiaco la smettesse di
torturami anche se dentro di me sapevo bene che così non
sarebbe stato.
Ero
al limite della sopportazione. All’esterno sembravo quasi lo
stesso
di prima ma dentro di me si stava scatenando una guerra che non ero
certo di
vincere.
<<
Non abbandonare la speranza. Sei forte quanto basta. >>
Mi
voltai di scatto per vedere chi fosse stato a parlare. Mi stupii
quando notai una vecchia signora, dai capelli lunghi e bianchi, seduta
su un
grosso masso. Intrecciava qualcosa tra le mani e sembrava concentrata
nel suo
lavoro. Come mai non avevo avvertito la sua presenza?
<<
Carlisle, ti aspettavo. >>
Assottigliai
lo sguardo e mi avvicinai circospetto a quell’anziana
donna. Aveva una strana aura di mistero, ma come faceva a conoscere il
mio
nome? Incuteva tranquillità ma anche soggezione.
<<
Come fate a sapere il mio nome? >>
Lei
alzò gli occhi su di me e mi sentii pervadere da una strana
agitazione. Chi era quella donna? Il suo sguardo era profondo e deciso.
Non
avevo mai visto un essere umano così determinato.
<<
Non so solamente il tuo nome, Carlisle, ma molte altre cose su
di te. E’ da tanto che ti aspetto. >> disse con
una sorta di malinconia.
Inarcai
un sopracciglio e mi abbassai sulle ginocchia per arrivare alla
sua altezza.
<<
Ditemi il vostro nome e chi siete. >>
Lei
continuò a guardarmi a lungo.
<<
Sono la risposta ai tuoi problemi, l’antidoto per le tue
sofferenze, la cura della tua malattia. >>
La
guardai stupito, mentre la sua voce solenne sembrò risuonare
quasi
tra gli alti alberi di quel bosco.
<<
Spiegatevi meglio. >> dissi alzandomi.
Lei
fece lo stesso e mi invitò a seguirla. Avrei voluto fermarla
per
farla parlare ma poi decisi di fare come voleva. Ancora non sapevo chi
era ma
sentivo che in qualche modo mi avrebbe aiutato. Allora
perché avvertivo quella
strana preoccupazione?
Con
questi pensieri mi accorsi che l’anziana donna si era fermata
in un
piccolo capanno. La seguii all’interno di
quest’ultimo e mi guardai intorno
distrattamente. Un letto fatto di paglia e foglie secche era posto in
un
angolo, poco più avanti vi era un piccolo tavolo rotondo di
legno, dove vi
erano poggiate diverse sfere dai colori diversi, delle candele, due
diversi
mazzi di carte e numerose fiale, contenenti delle strane composizioni
fosforescenti. Infine, un piccolo mobiletto, anch’esso di
legno e dall’aria
molto consunta, dove si trovavano diversi libri e suppellettili
accompagnati da
una vecchia lampada a olio.
Mi
sedetti su una delle due sedie di vimini, poste ai lati del tavolino
dove si trovavano tutti quei strani oggetti, mentre lei prendeva posto
di
fronte a me, dall’altra parte del tavolo. Non dissi nulla, ma
non smisi di
osservare i suoi movimenti lenti e cadenzati. Afferrò un
mazzo di carte e ne
cominciò a distendere alcune sul tavolo. Non persi tempo ad
osservarle, sapevo
che presto la veggente avrebbe parlato.
<<
Si, la tua situazione è complicata ma non impossibile da
risolvere >>
<<
Non esiste un modo per risolverla. >> dissi con tono
lugubre.
Ringhiai
sommessamente, ripensando a quell’umana. Era riuscita a
minare
il mio ferreo autocontrollo. Non riuscivo a crederci, cosa avrei dovuto
fare
per non ucciderla? Io non volevo porre fine alla sua vita e sentivo
crescermi
dentro una rabbia indescrivibile, che non avevo mai provato nella mia
esistenza
ed ero certo che non l’avrei mai più provata.
Riportai
lo sguardo sulla veggente che mi fissava intensamente. Le
carte erano ancora distese sul tavolo, ma lei senza neppure guardarle
le rimise
nel mazzo e lo allontanò da lei.
<<
Per te ci vuole qualcosa di diverso. >>
pronunciò
enigmatica, per poi alzarsi faticosamente e sparire dietro un piccolo
separé
fatto di lunghe liane, che prima non avevo notato.
Respirai
pesantemente, forse quella vecchia veggente non era ciò che
faceva per me. Stavo solo perdendo tempo. Mi preparai a cosa dirle per
liberarmi
di quella strana situazione ma proprio in quel momento lei
tornò con una
piccola teca di vetro con all’interno uno strano fiore rosso.
<<
Adesso devi ascoltarmi bene Carlisle. Ho bisogno della tua
attenzione. >> disse sedendosi di nuovo.
Poggiò la teca di vetro sul
tavolo e la spinse con attenzione verso di me.
Abbassai
lo sguardo su di essa e mi incantai a guardarla, dimenticando
ogni pensiero. Quel colore forte era come il sangue di quella ragazza
che mi
richiamava e avrei voluto rompere quel contenitore di vetro per
potermene
appropriare.
<<
Proprio così. Desideri quel fiore, ma non puoi toccarlo.
Devi
custodirlo e proteggerlo da te stesso. In esso si nasconde la linfa
vitale
dell’essere umano che tu vuoi uccidere. La sua vita
è fragile, come questo
contenitore di vetro. Basterebbe una lieve pressione delle tue dita per
mandarla in frantumi. >>
Le
sue parole mi distolsero dai miei propositi e spostavo lo sguardo da
lei a quel fiore. L’avrei voluto stringere nelle mie dita,
appropriarmene, ma
non potevo. Trascinato dalla forte tentazione, allungai una mano per
poggiarla
sul vetro che proteggeva quel bellissimo fiore ma la ritirai di scatto
e mi
alzai, facendo cadere all’indietro la sedia su cui ero seduto.
<<
Cosa vuoi da me? Cosa intendi dire? >> pronunciai
ansante, dimenticandomi delle formalità
Perché
tutto questo stava capitando a me?
<<
Sai bene cosa voglio dire Carlisle, così come hai capito il
senso di questo oggetto. Devi proteggere quella ragazza dalla tua
natura. Qui
dentro vi è ciò che tu desideri ardentemente,
ovvero il fiore che rappresenta
la sua linfa vitale, ma se vorrai davvero prenderlo, dovrai rompere il
vetro,
quindi porre fine alla sua vita. >>
Avevo
capito cosa voleva dirmi e cosa rappresentava quell’oggetto,
eppure non riuscivo a capacitarmi. Come avrebbe potuto aiutarmi? Io
desideravo
quel fiore, così come volevo il suo sangue, il suo nettare,
ma non potevo porre
fine alla sua vita.
Mi
risedetti nuovamente e poggiai i gomiti sul tavolo prendendomi la
testa tra le mani. Cosa dovevo fare? Mi sentivo dentro a una prigione
fatta di
spine, ovunque mi muovevo mi pungevo senza possibilità di
salvarmi. Ero come in
un campo minato, avevo paura a muovermi e sapevo che più il
tempo passava più
le cose si complicavano. Una corsa contro il tempo.
<<
Io ti posso aiutare, ma tu devi darmi qualcosa in cambio. Non
parlo di denaro, ma di qualcosa che ti appartiene nel profondo. Scegli
tu
cosa.>>
<<
Cosa vuol dire? Cosa potrei darti? >> risposi confuso.
Non
ero ancora certo che tutto questo avrebbe funzionato. Mi pareva
impossibile che avendo nuovamente vicino la fonte del mio tormento le
cose
sarebbero state diverse, eppure quello era la mia unica
possibilità per cercare
di farcela.
<<
Parlo di affetti, memorie, ricordi, perché la parte
più
importante della tua anima, me la darai più avanti, quando
ce ne sarà bisogno. >>
La
guardai senza capire. La parte più importante della mia
anima?
Ricordi, affetti? Come avrei fatto a dargli tutto questo? Ma la vera
domanda
era: sarei stato disposto a dare qualcosa del genere per lei?
<<
Non so cosa darti. >>
Ormai
avevo smesso di rivolgermi in maniera impersonale a lei, cercavo
disperatamente qualcuno che mi aiutasse a risolvere quel maledetto
problema.
Avrei fatto di tutto pur di non ucciderla.
<<
Il tuo affetto o ricordo più importante, qual è?
Qualcosa a
cui non avresti mai pensato di rinunciare. >>
Mi
misi a pensare, anche se la risposta non era difficile. Ciò
che di
più importante avevo era l’affetto che mi legava
ancora alle persone che mi
erano state accanto da umano. L’affetto e il ricordo di mio
padre. Seppur in
maniera sfocata, ricordavo ancora il suo volto sorridente e i suoi
insegnamenti. Come avrei fatto a provarmi di questo?
Strinsi
la mascella e mi alzai camminando nervosamente. Non potevo
cancellare il ricordo di mio padre, altrimenti cosa mi sarebbe rimasto?
Se
avessi potuto avrei pianto. Non c’era cosa più
dolorosa di quella
che stavo vivendo. Spesso passavo il mio tempo a ripensare a mio padre,
al suo
volto e al suo affetto.
Eppure
la mia determinazione era grande e nonostante tutto il dolore
che sembrava spaccarmi in due, dovevo farlo.
Mi
avvicinai al tavolo, dove vi era posto quella teca di vetro. Fissai
insistentemente quel fiore e di nuovo i miei pensieri si persero nel
vuoto. Non
esisteva più nulla al di fuori di esso. Spaventato e confuso
da me stesso presi
la mia decisione.
<<
Ti darà in cambio il ricordo di mio padre. >>
<<
Questo oggetto ti aiuterà a concentrare la tua voglia e il
tuo
istinto su di esso. Anche se la tentazione è forte, non
riuscirai a
distruggerlo. >>
Non
sapevo più cosa pensare, volevo solo avere una
possibilità.
Rimasi
in piedi e sentii la veggente concentrasi in silenzio. Pensai
ancora a mio padre, ma il suo ricordo si fece sempre più
lontano e perse di
importanza. Per un folle attimo avrei voluto riappropriarmene, come un
assetato
che allunga la mano sulla borraccia che sta perdendo acqua,
impossibilitato a
fermare ciò che stava succedendo. Sentivo la stessa
necessità, ma mi abbandonai
alla mia decisione e in pochi attimi mi ritrovai confuso, con
l’unica
consapevolezza di aver perso qualcosa d’importante.
<<
Adesso devi tonare nello stesso luogo dove si trova la
ragazza. Se scapperai adesso renderai vani tutto ciò che
stiamo facendo. Ci
rivedremo presto. I tuoi sforzi verranno premiati a tempo debito.
>>
Non
risposi, ma la veggente non me ne avrebbe dato modo dato che
sparì
dietro quel sipario di liane. Lentamente presi quel fragile oggetto,
con la
paura di romperlo. Infondo mi aveva detto che non sarei stato capace di
distruggerlo e adesso lo sentivo anch’io.
Dovevo
tornare a Volterra e farmi forza, fin quando tutto questo non
sarebbe finito. Con un enorme vuoto dentro di me, dovuto a
ciò che avevo
perduto e che non ricordavo, mi avviai verso il luogo che aveva segnato
la mia
condanna.
Mi
muovevo tra i vicoli bui o più riservati della
città. Colori, suoni
e voci si mischiavano in un vortice di confusione che in
realtà non mi scalfiva
minimamente. I miei pensieri erano tutti rivolti a quella ragazza e i
miei
occhi erano sempre su quel fiore che non potevo e non volevo toccare.
Tornai
al palazzo reale dei Volturi, infondo non avevo altri posti in
cui stare. La veggente era stata chiara. Non potevo ancora andarmene.
Sperai di
star facendo la cosa giusta.
Rientrai
al palazzo e mi diressi direttamente nella stanza che Aro mi
aveva fatto preparare. Poggiai con cura la teca di vetro sul comodino e
mi
gettai sul letto. Non avevo bisogno di riposo, eppure mi sentivo
spossato, non
fisicamente ma moralmente.
Avrei
tanto voluto trovare il modo di distruggermi ma sapevo di non
poterlo fare. Sarei tornato ad avere il mio autocontrollo, anzi ne
sarei uscito
più forte di prima da questa situazione.
Passarono
diversi giorni, in cui non feci altro che guardare, venerare
e ammirare quel fiore sotto vetro.
Sembrava che mi stessi lentamente abituando a questa situazione, fin
quando non
decisi di uscire da quella stanza. Lasciai il fiore
all’interno di
quest’ultima. Sapevo che nessuno sarebbe entrato in quella
stanza e poi volevo
separarmi da quell’oggetto, altrimenti sarebbe diventata
un'altra dipendenza.
Senza
accorgermene tornai nello stesso posto in cui avevo incontrato
quella ragazza e quasi mi venne un colpo quando la vidi appoggiata con
i gomiti
sul davanzale della finestra, persa nel guardare fuori. Bellissima nel
suo
abito elegante, con i lunghi capelli neri che le scendevano sulla
schiena,
guardava assorta il panorama al di là della grande imposta.
Era tutto come
quella volta.
Il
suo odore mi scatenò ancora quella forte ondata di desiderio
e mi
sembrò di perdere nuovamente il controllo. Mi sentivo un
po’ più controllato
rispetto alla volta precedente ma ero spaventato dalle sensazione
prorompenti
che sentivo crescere dentro di me. Inghiottii pochi fiotti di veleno
quando lei
si voltò improvvisamente. Non appena mi vide
sgranò gli occhi. Era la prima
volta che la vedevo sorpresa. La prima volta che i nostri occhi si
erano
incontrarti mi sembrava del tutto fredda e indifferente, ora sembrava
conscia
del pericolo che correva in mia presenza.
Senza
alcuna logica, mi avvicinai a lei, fino a quando non furono pochi
centimetri a separarci. Sentivo il suo cuore battere
all’impazzata, aumentando
il mio desiderio, ma ancora una volta la mia espressione non tradiva
del tutto
ciò che realmente provavo.
<<
Dimmi il tuo nome. >> sussurrai roco. Era tremendamente
difficile trovare la forza di parlare.
<<
Cathleen >>
Annuii
lentamente. Mi piaceva il suo nome, era adatto alla sua figura.
Contemplai ancora i suoi profondi occhi azzurri per poi ammirare i
lineamenti
delicati del suo viso. Un essere talmente bello e dolce non poteva
essere
minacciato da un mostro come me.
Mi
voltai bruscamente e feci per allontanarmi velocemente, quando
sentii qualcosa trattenermi. La sua mano si era poggiata sul mio
braccio
facendomi irrigidire. Non sapevo cosa fare, se rimanere immobile oppure
girarmi.
La pressione della sua mano sul mio braccio, anche se lieve, era
qualcosa che
mi lasciò pietrificato. Strinsi gli occhi e decisi di
fronteggiarla nuovamente.
<<
Non mi hai detto nemmeno il tuo nome. >>
mormorò
malinconica.
<<
Carlisle >>
I
suoi occhi si riaccesero e un lieve sorriso delineò le sue
bellissime
labbra. Mi sentii riempire di desiderio ma feci di tutto per
trattenermi.
<<
E’ un nome bellissimo, come te . >>
Sorrisi
anch’io per la prima volta e misi da parte tutti i miei
timori.
Naturale che le piacessi, tutto di me era fatto per attrarla.
Rimanemmo
a guardarci a lungo, fin quando non fu lei ad allontanarsi e
a voltarmi le spalle.
<<
Non pensavo di rivederti ancora, invece sei qui. >>
Disse
quelle parole con una strana intonazione della voce, come se
stesse pensando ad alta voce. Sembrava incuriosita e stupita al tempo
stesso e
non ne capii la ragione.
<<
Io invece ero certo di non trovarti qui. >>
Lei
sorrise di nuovo e io dovetti combattere contro l’impulso di
attaccarla. Era terribilmente bella e il suo profumo mi tentava
maledettamente.
<<
Non esistono certezze e tu ne sei la prova. >>
Inarcai
un sopracciglio cercando di capire il senso delle sue parole,
ma ben presto i miei pensieri cambiarono del tutto direzione quando la
vidi
avvicinarsi a me e poggiare le sue labbra sulle mie. Smisi di respirare
all’istante, era troppo vicina e sentire il calore della sua
pelle sulla mia mi
fece quasi perdere del tutto il controllo. Era un bacio casto ma la
pressione
delle sue labbra sulle mie era qualcosa di indescrivibile, che avrei
ricordato
in eterno. Il suo profumo mi colpì come uno schiaffo e
lottai con tutte le mie
forze contro me stesso. Volevo allontanarmi, ma non riuscivo a
muovermi.
Non
seppi quanto tempo passò, ma quando si staccò da
me dovetti impormi
tutto l’autocontrollo necessario per poter riaprire gli occhi
e continuare a
trattenermi. Ripresi a respirare lentamente e quando tornai a guardarla
la
trovai ancora vicino a me. Mi guardava con intensità, fin
quando non si
allontanò del tutto.
<<
Mi pare a volte che
il sangue fiotti come una fontana dai ritmici singhiozzi; rende
l’occhio più
acuto e l’orecchio più fino.>>
Mi
sussurrò queste parole all’orecchio prima di
andare via e rimasi
immobile e incredulo. Lei sapeva ciò che ero e non ne era
preoccupata. Come
faceva a conoscere la mia natura e non esserne terrorizzata?
Per
molto tempo non riuscii a pensare a nulla se non a quella parole
sussurrate. Cominciai a capire il senso delle sue ultime parole. Non
esistevano
delle certezze ed era vero, ma non ne ero solo io la prova ma entrambi.
Come
lei non era spaventata da me, io non avrei mai immaginato di poter
perdere il
controllo per un essere umano. Tuttavia, anche il fatto di non sapermi
controllare non poteva essere una certezza.
Sorrisi
estatico e mi toccai le labbra che poco prima erano state
avvolte dalle sue, così morbide e calde. Sospirai e decisi
di recarmi
nell’unico luogo dove mi sentivo più al sicuro in
quel momento. Corsi fino a
quando non raggiunsi la casa della vecchia veggente ed entrai senza
chiedere
permesso. Sapevo che mi stava aspettando.
La
trovai in piedi, davanti al mobile con tutti quei suppellettili che
avevo visto la prima volta. Aveva tra le mani un piccolo cristallo.
Mi avvicinai a lei, vedendo luccicare quel piccolo oggetto
illuminato da tantissimi sfaccettature, mi ricordavano
l’effetto della luce
sulla mia pelle. Brillavano allo stesso modo.
<<
E’ andata meglio questa volta >> disse, senza
guardarmi.
<<Si,
ma non del tutto. Ho sempre il timore di poterla uccidere.
>>
<<
E’ normale, ma non è ancora il momento per
raggiungere un
giusto equilibrio. >>
Non
sapevo cosa voleva dire, ma continuai a guardare quel cristallo
lucente. Non mi accorsi che lei stava fissando me, ma quando ricambiai
il suo
sguardo mi allungò il cristallo.
Lo
presi titubante, mentre lei andava a sedersi al suo solito posto.
<<
Che significa? >> chiesi confuso.
<<
Rappresenta il bacio che la tua umana ti ha dato. Racchiude un
sentimento puro, libero da ogni malizia. Ti appartiene e rappresenta un
traguardo
importante. Sei riuscito a trattenerti, no? >>
Annuii
e tornai a guardare il cristallo
tra le mie mani. Un contrasto molto forte, tra la delicatezza
dell’oggetto e la
forza distruttiva della mia natura.
<<
A cosa mi servirà un cristallo?
>>
La
vecchia veggente sorrise quasi con tenerezza e sospirò prima
di
parlare.
<<
Non ci arrivi da solo, mio caro Carlisle? Questo cristallo
rappresenta la purezza del
sentimento che ti lega a quella ragazza. La sua fragilità e
la sua bellezza.
Racchiude quel bacio che rimarrà sempre nella tua memoria.
Ti farà comprendere
che anche un essere come te può essere capace di nutrire
sentimenti puri.
>>
<<
Non so se quello che dici è vero, anche se sono convinto che
una creatura come me non sia capace solo di brutture e violenze, ma un
oggetto
talmente fragile non può stare tra le mie mani,
così come non posso accettare
un sentimento così puro, che va oltre l’amore
stesso. >>
Allungai
il cristallo alla
veggente, in una muta richiesta di riprenderlo, ma lei non fece nulla
per afferrarlo.
Continuava a guardarmi con quell’espressione indulgente, come
se stesse
aspettando che arrivassi da solo alla giusta conclusione.
Avevo
accettato quel fiore sotto
vetro, ma quel cristallo
che
rappresentava qualcosa di puro e innocente proprio non potevo
accettarlo, così
come non potevo accettare un sentimento così intenso da
parte di Cathleen.
<<
Fa già parte di te, Carlisle. Accettare questo dono,
sarà un
passo avanti per te in tutti i sensi. In più non si
può scegliere se amare o
meno e questo sentimento fa già parte di te anche se non te
ne rendi conto. Dal
momento in cui Cathleen è entrata nella tua vita la tua
esistenza ha subito una
svolta. Adesso conosci l’importanza di questo sentimento e ne
devi solo fare
tesoro. >>
Chiusi
gli occhi e ritirai la mano. Ero tentato di stringere le dita,
ma non potevo, sennò avrei frantumato quel piccolo oggetto.
Sarei dovuto stare
attento continuamente. In qualsiasi momento avrei potuto rovinare tutto.
<<
Come vedi quest’oggetto ti serve. Hai notato anche tu, come
ti
sei trattenuto e non hai stretto troppo la mano per non rompere il cristallo, non è vero?
>>
Ancora
non risposi e detti le spalle alla veggente.
<<
Tutto questo, anche se complicato e doloroso ti aiuterà
Carlisle. L’unica cosa che mi dispiace è che tutto
ha un prezzo… >>
Lasciò
la frase in sospeso, ma sapevo ciò che mi stava chiedendo.
Avrei
dovuto fare a meno di qualche altra cosa importante per me, anzi
irrinunciabile. Ma non potevo non ammettere che l’anziana
donna aveva ragione e
io stavo migliorando passo per passo. Tutto questo mi avrebbe reso
più forte e
non volevo distruggere tutto, proprio ora.
Presi
nuovamente la mia decisione, ma stavolta non ebbi alcun dubbio su
cosa rinunciare. Non riuscivo a ricordare cosa avessi perso la volta
precedente,
ma sapevo che si trattava di una cosa molto importante, come quella a
cui stavo
per rinunciare a breve.
<<
Rinuncio all’amore di mia madre. >>
Non
mi voltai verso la donna alle mie spalle, ma sapevo che era fiera
della mia scelta. Niente avrebbe potuto equilibrare quel forte
sentimento, se
non l’amore unico di una madre. Il suo ricordo era ancora
forte e vivido nella
mia mente. I suoi baci sulla mia fronte prima di andare a dormire e la
sua voce
rassicurante nelle notti di temporale in cui da piccolo non riuscivo a
dormire.
Deglutii
più volte. Sarebbe stato difficilissimo rinunciarci per
l’eternità, ma dovevo fare anche questo.
Chiusi
gli occhi e di nuovo una strana confusione mi sommerse.
Abbandonai ogni pensiero e nel giro di pochi minuti mi sentii ancora
svuotato
ma più forte.
Nonostante
mi fossi già scordato cosa avessi appena perduto, sentivo di
voler rimanere da solo, lontano da tutti.
<<
Ricordati che non è ancora venuto il
momento, ma non manca molto. A presto,
Carlisle. >>
Rinunciai
a chiederle di più e andai via. Camminai lentamente per il
bosco e tenevo la mano chiusa attorno a quel cristallo.
Non lo guardavo, non stringevo la presa, semplicemente
lo tenevo chiuso in quella morsa.
Non
seppi quanto tempo passò da quel momento. Giorni, ore, anni.
Non
riuscivo a quantificarlo. Sapevo solo che ero riuscito a trattenermi,
non avevo
ancora ucciso Cathleen, nonostante il forte desiderio che avvertivo al
solo
pensiero di rivederla.
Ancora
una volta tornai a Volterra e mi diressi in un posto che nemmeno
sapevo di conoscere, ma sapevo che dovevo raggiungere. Mi trovavo nella
parte
più alta della città, su un piccolo promontorio
che offriva un bellissimo
spettacolo, ovvero le campagne toscane.
Trovai
Cathleen seduta su un grosso masso, i lunghi capelli mossi dal
vento e lo sguardo perso all’orizzonte come al solito. Mi
avvicinai lentamente,
senza che lei se ne accorgesse. Mi piaceva guardarla, sembrava trovarsi
in un
mondo tutto suo. Il sentimento che sentivo di provare nei suoi
confronti era
qualcosa che non riuscivo a classificare. Volevo proteggerla ma al
tempo stesso
volevo passare del tempo con lei, per conoscerla.
Lei,
come richiamata dal mio sguardo, si voltò verso di me. La
sua
espressione vuota si trasformò in un sorriso splendente che
mi scaldò il cuore,
ormai muto e freddo.
Non
si alzò e non mi venne in contro, ma mi fece cenno di
sedermi
accanto a lei. Mi irrigidii, come facevo a starle così
vicino? Eppure quando mi
aveva baciato non avevo perso il controllo. Dovevo provare.
Mi
feci forza e mi sedetti accanto a lei. Per molti minuti nessuno dei
due parlò e mentre facevo finta di ammirare il panorama che
mi si presentava
davanti, respiravo con calma e mi beavo del suo profumo. Avvertivo il
calore
della sua pelle e il suo cuore battere lento e regolare.
Il
desiderio di ucciderla c’era ancora, era quasi un ossessione,
ma il
bisogno di proteggerla prevaleva su tutto il resto.
<<
La mia vita sta per giungere al termine, Carlisle >>
Mi
sentii quasi morire al sentire quelle parole. Mi voltai di scatto e
senza rendermene conto l’afferrai per le spalle e mi
avvicinai di più a lei.
Non potevo accettare una cosa simile, sapevo che la sua vita prima o
poi
sarebbe finita ma sentirle dire quelle cose era inaccettabile per me.
Nei
suoi occhi lessi rassegnazione e tristezza. Non aveva paura, ma
solo una grande malinconia. Strinsi di più la presa sulle
sue spalle e lei mi
sorrise debolmente prima di accarezzarmi una guancia con la mano. Era
fredda
quasi quanto la mia.
<<
Cosa stai dicendo? >>
<<
Che sto per morire.>>
Senza
pensare e ignorando l’intenso bruciore alla gola, dovuto alla
sua
vicinanza, la strinsi al mio petto e sentii le sue mani stringere la
mia
camicia.
Avevo
studiato medicina, sarei stato in grado di aiutarla. Non potevo
lasciarla morire. Il solo pensiero mi faceva stare malissimo.
<<
Ti aiuterò, ne so quanto basta per poterti salvare.
>>
<<
No, non puoi aiutarmi in nessun modo. Nessun medico è
riuscito
a capire la natura della mia malattia. Soffro fin da quando sono
piccola e
adesso non mi rimane più tanto tempo. >>
La
strinsi più forte e respirai appieno il suo odore. Il suo
profumo mi
colpì come una potente stilettata ma riuscii a trattenere i
miei istinti.
Era
come una beffa del destino. Stavo facendo l’impossibile pur
di
salvarle la vita, ma stava per morire comunque.
Non
so quanto tempo passò, ma non avrei mai voluto lasciarla
andare,
non volevo che morisse in questo modo, eppure lei sembrava rassegnata e
senza
alcun timore.
Cercò
di allontanarsi da me e lentamente la lasciai andare. I suoi occhi
erano più luminosi rispetto a prima ma si poteva leggere
facilmente la
sofferenza in quelle gemme azzurre.
Distolse
per un attimo lo sguardo da me e raccolse una conchiglia
di medie dimensioni dal suo
grembo. Non mi ero neanche accorto che l’avesse.
<<
Senti >> disse portandomi la conchiglia
all’orecchio.
<<
Quando non mi sento bene, vengo qui e ascolto il lieve brusio
che si sente all’interno della conchiglia.
Mia madre mi dice sempre che questo suono dovrebbe essere quello
prodotto dalle
onde del mare e in effetti sembra che sia così.
>>
Mentre
parlava non riuscii a concentrarmi sul suono che produceva la conchiglia ma solo sulle sue
espressione mentre mi spiegava. Era veramente bella e sapere che la sua
vita
l’avrebbe abbandonata così presto mi faceva stare
malissimo. Avrei dato tutto
pur di salvarla.
A
modo mio c’ero riuscito, nel trattenere i miei istinti, ma
non era
valso a molto.
Quando
vidi che mi osservava in attesa di qualche mia reazione mi
concentrai su ciò che sentivo. Aveva ragione, il suono
prodotto dalla conchiglia
richiamava quello emesso
delle onde del mare.
<<
E’ vero. >> dissi, senza smetterla di guardarla.
<<
Mi rilassa. >> mi disse infine, regalandomi un dolce
sorriso.
Ricambiai
e feci per ridargli la conchiglia,
ma lei mi fermò con una mano.
<<
No, voglio che la tenga tu. E’ una cosa a cui sono molto
legata e mi farebbe piacere se la tenessi con te >>
Abbassò
lo sguardo, arrossendo e io sentii una forte emozione
pervadermi. Era l’essere più dolce che avessi mai
conosciuto.
Le
alzai il mento con un dito e non sembrò disturbata dal
freddo della
mia pelle.
<<
Sai che non ho mai avuto paura di te, vero? >>
Il
sorriso che aleggiava sulle mie labbra, sparì in un attimo e
cominciai a sentirmi agitato.
<<
Non ne capisco il motivo. Sai bene che dovresti. >>
<<
Non ho paura più di nulla ormai. >>
pronunciò,
riportando lo sguardo davanti a sé.
<<
Come può un essere umano riconoscere un vampiro e non
esserne
spaventato? >>
Lei
si voltò di nuovo verso di me, con un sorriso indulgente.
<<
Te l’ho detto, nulla mi preoccupa e poi so bene che in quel
castello ci sono dei vampiri. >>
Inarcai
un sopracciglio e la guardai con curiosità
<<
Davvero? E come lo sai? >>
<<
Non è importante, so molte più cose di quanto
immagini.
>>
Scelsi
di lasciar perdere, infondo la cosa importante era che stesse
passando del tempo con me.
Non
l’avrei mai dimenticata.
<<
Adesso devo andare Carlisle. >>
pronunciò sofferente.
Si
alzò e io la seguii. Non volevo che andasse via. Sapevo che
non l’
avrei mai più rivista, eppure non riuscii a dire nulla e per
molto tempo
rimanemmo a fissarci. Lei allungò una mano per accarezzarmi
una guancia e io
chiusi gli occhi, poggiando la mano sulla sua.
Ad
un certo punto sentii la sua mano scivolare dalla mia presa. Non
riuscii ad aprire gli occhi e guardarla, così rimasi
immobile.
<<
Non dimenticarti di me. >> mi sussurrò
all’orecchio
prima di andare via.
Neanche
in quel momento aprii gli occhio. Avrei sofferto troppo e non
sarei riuscito a lasciarla andare. Respirai per l’ultima
volta il suo intenso
profumo, fin quando non fu troppo lontana per avvertirlo. In quel
momento mi
sentii svuotare del tutto e una sofferenza cieca, peggiore di quando
cercavo di
trattenermi per non ucciderla.
Sarebbe
morta ugualmente e lontana da me.
Riaprii
gli occhi e vidi soltanto l’orizzonte davanti a me, dove il
Sole stava per tramontare. Non avevo la forza di muoversi,
finché una mano si
poggiò sulla mia spalla.
Mi
voltai e vidi la vecchia veggente, appoggiata a un bastone che mi
guardava con intensità.
<<
Rimane un ultima cosa da fare. >>
La
guardai senza capire e lei prese la conchiglia
che tenevo in mano e ci poggiò sopra la mia mano.
<<
La parte più recondita e importante della tua anima
finirà
qui, insieme a parte della sua. >>
All’inizio
non ne capii il motivo, ma poi compresi che in questo modo
saremmo rimasti legati per sempre, in qualche modo non
l’avrei persa del tutto.
<<
Anche lei voleva questo, per questo motivo ti ha dato ciò
che
di più importante aveva. Ha condiviso con te gli ultimi
minuti della sua vita e
sei riuscito a renderla felice. Sei pronto Carlisle a rinunciare anche
a
quest’ultima cosa? Sarà per sempre.
>>
Io
annuii. Era l’ultima cosa che volevo. Sentire di averla
sempre con
me in qualche modo. Lei avrebbe fatto sempre parte di me. Aveva passato
con me
i suoi ultimi attimi di vita e solo allora capii che tutto
ciò che avevo fatto
per salvarla da me stesso aveva avuto un senso.
Mi
sentii come morire un'altra volta e rividi nella mia mente tutti i
momenti passati con lei. Erano stati brevi e indimenticabili.
Di
colpo tutto finii e mi ritrovai con la conchiglia
tra le mani e una nuova consapevolezza. In quel momento
è come se fossi rinato. Lei non c’era
più ma in qualche modo saremmo stati
vicini.
<<
Il mio lavoro qui è finito. >>
Con
un sorriso stanco la veggente mi diede le spalle, senza darmi il
tempo di ringraziarla.
Sospirai
e alzai gli occhi verso il cielo. Le nubi nascondevano a
tratti la luna. Nonostante la sofferenza del momento sapevo che lei mi
sarebbe
appartenuta per sempre.
<<
Nonno. >>
Tornai
al presente vidi Renesmee che mi osservava preoccupata.
Chissà
quanto tempo ero rimasto immobile perso nei miei pensieri.
<<
Si, piccola. >> le sorrisi e in quel momento
entrò
Edward.
Il
suo sguardo era curioso e stupito al tempo stesso. Avrei dovuto
prevedere che ricordando lui avrebbe visto tutto. Fin ora nessuno era a
conoscenza del mio segreto, perché consideravo Cathleen come
qualcosa di troppo
personale.
Si
fermò davanti a me, e quasi non mi accorsi di Bella che
entrava e
portava la piccola a mangiare. Renesmee mi salutò con un
bacio sulla guancia ma
non disse nulla e andò con la madre.
<<
Carlisle >> disse mio figlio titubante.
<<
Non preoccuparti Edward. Sei l’unico con cui avrei mai
condiviso questa cosa. >>
<<
Mi dispiace se ho visto nei tuoi pensieri. Non pensavo che ti
fosse accaduta una cosa simile. Sei stato forte, nonostante la
sofferenza che
hai dovuto sopportare. >>
Mi
poggiò una mano sulla spalla e io gli sorrisi debolmente.
<<
Anche tu ne sai qualcosa. >>
<<
Ma è stato diverso. Bella adesso fa parte della mia vita e
mi
sembra di capire che i sentimenti che provavi per quella ragazza erano
diversi.
>>
<<
Si, è vero. Lei era qualcosa di speciale. >>
Mi
alzai e presi il fiore sotto
vetro. Il fiore era sempre di quel colore rosso vivo che mi
ipnotizzava
ogni volta. Sospirai e lo rimisi al suo posto, accanto al cristallo e alla conchiglia.
Rimasi qualche secondo a fissarla ed Edward dopo avermi dato una pacca
su una
spalla andò via, lasciandomi solo con i miei pensieri.
Afferrai
la conchiglia e mi
avvicinai alla finestra. Nevicava ancora e io mi avvicinai la conchiglia all’orecchio. Di
nuovo le
parole di Cathleen mi tornarono in mente, così come il suo
sguardo dolce ed
emozionato.
Ascoltai
rapito quel live suono che era in grado di rilassarmi. Mi
faceva pensare a lei e sapevo che in quell’oggetto eravamo
un'unica cosa.
Sospirai
malinconico e strinsi la conchiglia
tra le mani. Con questo gesto mi sentivo più vicino a lei e
avvertivo più forte
la sua presenza.
<<
Nonno, giochi con me?!? >>
Sorrisi,
nel sentire mia nipote che mi chiamava dal piano di sotto.
Riposi
la conchiglia
all’interno della vetrinetta e dopo un ultimo sguardo
raggiunsi la mia piccola
Nessie.
Cathleen
era il mio più grande segreto, colei che aveva segnato la
mia
esistenza e che avrebbe fatto parte di me per
l’eternità.