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Autore: Stella Di Mezzanotte    07/01/2010    4 recensioni
Carlisle nasconde un segreto che solo Edward scoprirà leggendo tra i suoi ricordi. “Non seppi quanto tempo passò, ma quando si staccò da me dovetti impormi tutto l’autocontrollo necessario per poter riaprire gli occhi e continuare a trattenermi. Ripresi a respirare lentamente e quando tornai a guardarla la trovai ancora vicino a me. Mi guardava con intensità, fin quando non si allontanò del tutto. - Mi pare a volte che il sangue fiotti come una fontana dai ritmici singhiozzi; rende l’occhio più acuto e l’orecchio più fino. - Mi sussurrò queste parole all’orecchio prima di andare via e rimasi immobile e incredulo. Lei sapeva ciò che ero e non ne era preoccupata. Come faceva a conoscere la mia natura e non esserne terrorizzata?
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen, Renesmee Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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il s. a

Autore: Stella Del Sud
Titolo: Il suono dell’amore
Personaggio sorteggiato: Carlisle
Eventuali oggetti scelti: Fiore sotto vetro, cristallo, conchiglia.
Genere: Malinconico, Romantico.
Credit (s) : “ Mi pare a volte che il sangue fiotti come una fontana dai ritmici singhiozzi; rende l’occhio più acuto e l’orecchio più fino. “ ( La Fontana di Sangue, Baudelaire)
Rating: Verde
Breve introduzione della storia: Carlisle nasconde un segreto che solo Edward scoprirà leggendo tra i suoi ricordi.
Non seppi quanto tempo passò, ma quando si staccò da me dovetti impormi tutto l’autocontrollo necessario per poter riaprire gli occhi e continuare a trattenermi. Ripresi a respirare lentamente e quando tornai a guardarla la trovai ancora vicino a me. Mi guardava con intensità, fin quando non si allontanò del tutto.
<< Mi pare a volte che il sangue fiotti come una fontana dai ritmici singhiozzi; rende l’occhio più acuto e l’orecchio più fino.>>
Mi sussurrò queste parole all’orecchio prima di andare via e rimasi immobile e incredulo. Lei sapeva ciò che ero e non ne era preoccupata. Come faceva a conoscere la mia natura e non esserne terrorizzata?

Note Autore: Il titolo si riferisce al fatto che al suono che emette la conchiglia e al collegamento con l’Amore puro che Carlisle prova per Cathleen, quindi viene fuori il suono dell’amore, proprio perché all’interno di quell’oggetto c’è l’unione di entrambi.



One- Shot classificata seconda al contest " Quando il sangue è irresistibile " di storyletter. Mi è piaciuto molto questo contest in cui bisognava scegliere degli oggetti da utilizzare all'interno della storia, nel mio caso come doni della veggente che ho usato nella one-shot. Il personaggio, Carlisle doveva essere quanto più vicino possibile al reale personaggio della serie e doveva superare diverse prove, ovvero resistere al sangue di un umana. Naturalmente sappiamo tutti la vera storia di Carlisle per cui è stata un bella sfida, cercare di scrivere qualcosa del genere. Fatemi sapere cosa ne pensate, questo è stato un progetto importante per me!
L'immagine è stata fatta da Addison89 e ringrazio sempre storyletter per aver messo a disposizione un idea molto originale come questa!
In ultimo, ma non per importanza, dedico questa storia a jma, la mia dolcissima Giulia, che mi è stata sempre vicina!
Vi lascio alla lettura^^





                                                                     






                                 Il suono dell’amore

 

La neve cadeva lenta, posandosi sul davanzale della grande finestra del mio studio. Anche quando ero solo un umano amavo osservare la neve, così candida e delicata, molto lontana dalla mia natura. Ogni volta non potevo fare a meno di immaginare lei. Anche quel lontano giorno c’era la neve…

<< Nonno! >>

Talmente preso dai miei pensieri non mi ero accorto che il mio piccolo diavoletto aveva spalancato la porta e mi si era gettata addosso. Risi e le scombinai i lunghi boccoli bronzei. Mi rispecchiai in quegli occhi scuri, ricordando Bella quando era ancora umana, mentre la sua espressione era come quella di mi figlio.

<< Renesmee, vieni con papà. Lascia in pace il nonno. >>

Edward entrò con un sorriso indulgente. Fece per prendere la mia nipotina dalle mie braccia ma lo ammonii con il pensiero.

<< Sicuro che non ti disturba, Carlisle? >>

<< Certo che no, Edward. Mi fa sempre piacere passare del tempo con la mia piccola Nessie. >>

A quelle parole la bimba rise, portandosi le piccole manine alla bocca.

<< Se ti sentisse la mamma, si allabbierebbe tanto! >>

Io e Edward ridemmo della sua frase. In effetti aveva ragione, Bella non sopportava che la si chiamasse in quel modo, perché diceva che le ricordava il mostro di Locness. Desiderava che la sua bambina venisse chiamata con il suo nome intero. Mi piaceva il suo nome, in quanto era l’unione del nome di mia moglie e della mamma di Bella. Adoravo quella ragazza. Aveva reso felice mio figlio e tutta la nostra famiglia regalandoci quell’angioletto.

Edward sorrise dei miei pensieri e sospirò con serenità. Non l’avevo mai visto così felice.

<< Tesoro, si dice “ arrabbierebbe” cerca di ricordarlo. >>

Ritornai a guardare la piccola che, alle parole del padre, aveva alzato gli occhi al cielo. Era ancora piccola ma in realtà era più matura della sua età, in quanto mezza vampira.

Ad un certo punto la sentii trattenere il fiato e seguii il suo sguardo che si era posato sulla vetrinetta alle mie spalle. Non appena capii cosa stava osservando mi irrigidii inconsapevolmente. Nella mia mente ripassarono velocemente delle immagini, che spesso cercavo di allontanare. Di nuovo il suo viso invase la mia mente e il dolore si impossessò di me.

Mi riscossi quando sentii la piccola strattonarmi una manica del maglione che indossavo. Cercai di riprendere il controllo e tornai bruscamente alla realtà. Vidi Edward chiaramente confuso da ciò che aveva visto nella mia mente e io mi maledii mentalmente facendolo incuriosire sempre di più. Solitamente cercavo di ignorare quei ricordi, sebbene ci pensassi sempre, ma preso alla sprovvista non ero riuscito a trattenere i miei pensieri.

<< Va tutto bene? >>

Annuii, con un sorriso falso sul volto, sperando di placare la curiosità di mio figlio. Era normale che fosse confuso, dato che non avevo mai fatto parola con nessuno di quel segreto.

<< Nonno, cos’è quello? >>

Mi alzai con Renesmee in braccio e mi avvicinai alla vetrinetta. Non doveva più essere un problema per me ricordare.

Vidi che la bambina indicava il fiore sotto vetro che custodiva il mio più grande segreto.

Non riuscii a risponderle subito e Edward mi prese la bambina dalle braccia per cercare di farmi uscire da quella situazione.

<< Forza, piccola. E’ ora della pappa. >>

<< No, papà! >> esclamò la piccola, con voce lamentosa, cercando di tornare da me.

<< Il nonno ha da fare e tu devi mangiare. >>

Nessie si arrese al tono perentorio del padre, ma mi guardò con due occhi da cerbiatto a cui non seppi resistere.

<< Edward, che ne dici se mentre vai a prendere la pappa di Nessie, lei rimane un po’ qui con me? Così le faccio vedere da vicino quel fiore, dato che le piace tanto >>

Renesmee battè le mani contenta e Edward me la ridiede titubante. Lo rassicurai con il pensiero e lui si allontanò, lasciandoci soli.

Presi la piccola teca di vetro che conteneva un bellissimo fiore, simile ad una rosa, e lo poggiai sul tavolo. Infine mi sedetti con Renesmee, che si limitò a osservarlo curiosa senza toccarlo con le mani. Era una bambina educata ed intelligente, aveva capito che era una cosa importante.

<< Nonno, chi ti ha regalato questo fiore? >>

Sorrisi alla bimba e la sistemai meglio sulle mie gambe per poterla guardare in viso.

<< Me l’ha regalato una persona speciale e rappresenta qualcosa d’importante. >>

La piccola mi guardò con curiosità per poi portare di nuovo lo sguardo sul fiore sotto vetro. Lasciai che lo osservasse mentre io, non riuscendo più a trattenermi, mi lasciai trasportare dai miei ricordi.

Dicembre, Volterra.

Dopo due secoli passati ad abituarmi a resistere al sangue umano, mi trovavo nel covo di un clan di Vampiri molto importante, ovvero i Volturi. Mi sentivo più sereno, rispetto al primo periodo in cui ero stato trasformato. Avevo cercato di uccidermi e poi di lasciarmi morire di fame ma non riuscivo a porre fine alla mia esistenza. Dopo essere riuscito a trovare la mia via di fuga, nutrendomi di sangue animale, ero giunto in questo clan, cercando di avviare anche loro alla mia stessa “ dieta”. Purtroppo non ero riuscito nel mio intento, quindi ero già pronto per andarmene quando lei entrò inaspettatamente nella mia esistenza, sconvolgendomi.

Stavo osservando la neve posarsi dolcemente sulle cupole dell’antica città di Volterra, rendendo magico quel paesaggio, che sembrava uscito dalle fiabe, nonostante il suo aspetto antico e austero. Era l’orario delle visite e molti turisti ammiravano questo antico palazzo reale. Non feci caso a bambini e anziane signore che si guardavano intorno con curiosità e circospezione al tempo stesso. Gli umani potevano avvertire quell’aura malvagia che si respirava all’interno del castello e tutte le loro emozioni erano dipinte sui loro volti. Con le mani in tasca, non davo loro attenzione e continuavo ad osservare il paesaggio al di là di quelle antiche finestre.

All’improvviso, strinsi i pugni ancora costretti dentro le tasche dei pantaloni che indossavo, la mascella si indurì e il mio corpo si tese come una corda di violino. Un odore particolare mi stava facendo perdere la ragione. La cosa più terribile era che non riuscivo a capire cosa mi stava succedendo. Era per me una situazione del tutto nuova, in quanto non mi era mai capitata una situazione simile. Lentamente, come un coltello che ti penetra la pelle, sentivo il dolore di quell’attesa, la voglia indescrivibile di lasciare libera la mia natura e avventarmi sul soggetto che mi stava causando tutto questo. L’odore di quel sangue era per me destabilizzante. Non riuscivo ad appellarmi alla mia forza di volontà e questo mi fece spaventare parecchio. Chi poteva aver provocato questa reazione nel mio corpo?

Tirai fuori le mani dai pantaloni e lentamente distesi le dita. Alzai il viso verso l’alto e chiusi gli occhi cercando di respirare lentamente. Sarebbe stato un errore smettere di respirare quell’odore di colpo per poi risentirlo. Non sapevo se mi sarei controllato e questo mi faceva soffrire terribilmente, ancor peggio del desiderio di nutrirmi di quel sangue che mi faceva venire l’acquolina in bocca.

Cosa stava succedendo? Era impossibile che tutto questo stesse capitando a me.

La fonte di quell’odore non sembrava qualcosa di passeggero. Era costante, per cui dedussi che la persona che mi stava provocando tutto ciò era molto vicina a me.

Non appena riuscii ad avere un minimo di controllo, riabbassai il capo e voltandolo di lato, aprii gli occhi. Ciò che vidi mi fece sentire ancora peggio. Una ragazza bellissima dai capelli neri, come le tenebre che mi avvolgevano e due occhi azzurri, come un cielo terso e libero dalle nuvole, era a pochi passi da me.

Restai a guardarla, ma lei aveva lo sguardo rivolto verso l’esterno. Era molto vicina a me, più di quanto immaginassi. Incurante del pericolo che stava correndo, guardava con indifferenza ciò che fino a pochi secondi prima stavo contemplando io stesso.

Respiravo con sempre più difficoltà, mentre sentivo un fuoco pervadermi anche l’anima, come lava incandescente, uccidermi senza pietà. Avrei voluto scappare o ucciderla, ma non riuscivo a muovere un passo. Forse a causa di tutto l’autocontrollo che fin ora avevo vantato, non capivo quale fosse il limite di sopportazione che avrei potuto raggiungere. Forse non c’era più modo di andarmene e salvarle la vita. A quel pensiero ringhiai sommessamente attirando la sua attenzione.

I suoi occhi si scontrarono con i miei. Azzurro contro dorato. Mi guardava intensamente, come se non fosse sorpresa di vedermi. Non sembrava spaventata, ma non riuscivo a leggere nessun tipo di emozione nel suo sguardo. Mi guardava semplicemente. Non accennava ad abbassare lo sguardo e io non riuscivo a interrompere quel contatto visivo.

Il veleno mi impastò la bocca e cercai di allontanarmi velocemente da quella misteriosa ragazza che mi stava facendo perdere il lume della ragione.

Mi voltai di scatto e senza moderare la mia velocità, tanto ero disperato, mi avvicinai alla zona in cui nessuno sarebbe potuto entrare ovvero la sala dove si trovavano i Volturi. Non guardai nessuno dei tre vampiri reali, impegnati in una delle loro tante discussioni, seduti sui loro troni e cercai di raggiungere la scala laterale che mi avrebbe portato alle segrete dove si trovava la mia dimora temporanea. Se avevo in programma di andarmene presto, adesso volevo fuggire immediatamente. Avrei solo aspettato che quell’umana sconvolgente fosse a una distanza sufficiente per potermene andare via.

Mi bloccai quando sentii lo sguardo del capo dei Volturi su di me. Lui sapeva cosa mi stava succedendo, qualche informatore doveva averlo avvertito. Notai il suo sguardo compiaciuto. Non poteva che essere felice della situazione, data la sua insistenza nel farmi nutrire di sangue umano.

Decisi di ignorarlo e dopo avergli scoccato uno sguardo gelido feci per andarmene, ma Aro fulmineo mi bloccò per un braccio.

<< Mio caro Carlisle, anche il migliore può cedere. Sono estasiato da questa tua nuova iniziativa, ma sta attento, la ragazza abita a Volterra e non la puoi toccare, altrimenti sarò costretto a ucciderti, ma sai quanto mi dispiacerebbe amico mio. >>

Mi imposi di calmarmi anche se l’odore di quella ragazza ancora saturava l’aria. Anche a metri di distanza non riuscivo a non avvertirlo.

Aro mi liberò dalla sua stretta e lentamente si andò a sedere nuovamente al suo posto. Mi trovavo al centro della sala sotto lo sguardo di tre vampiri assetati di sangue. Non capivano il mio dissidio interiore e la sofferenza che mi stava distruggendo. Ancor più del sangue stesso della ragazza, che per me era un vero e proprio richiamo, ciò che più mi dilaniava l’anima era che in qualche modo la mia natura mi aveva tradito. Secoli di sforzo erano crollati davanti a quella ragazza. Il suo sangue cantava per me e forse tutto il mio allenamento e tutta la mia forza di volontà, acquisita nel tempo, erano serviti solo a non ucciderla in pochi secondi.

Allora tutti i miei sforzi erano stati vani? Tutti i miei sogni e le mie speranze che fine avrebbero fatto?

Non volevo diventare un mostro sanguinario e assecondare così la mia natura. Il dolore che provavo a questi pensieri sarebbe stato capace di uccidermi se solo fossi stato ancora umano. Perché proprio a me?

<< Potresti concentrarti su qualche umano, ma quell’appetitoso dolcetto non potrà finire tra le tue mani. >>

Strinsi i denti, ma non persi il controllo. Nonostante dentro di me mi sentivo esplodere cercai di mostrare una facciata quanto più indifferente.

<< Non mi concentrerò su nessun essere umano. Quella ragazza vivrà la sua vita senza interferenze da parte mia. Non ucciderò né lei né nessun altro. >> sussurrai con voce roca.

Il veleno fuoriusciva copioso dai miei canini. Era terribile, ma non riuscivo a frenare quel desiderio spasmodico di uccidere sul serio quella giovane dal sangue così dolce per me.

Sentii i tre Volturi ridere in modo disgustoso e mi voltai, riprendendo la mia strada.

<< Sta attento amico mio, non fare passi falsi o la tua esistenza terminerà. >>

Avrei voluto rispondere ad Aro che ero ben felice della sua proposta. Ma non volevo uccidere un umano, tanto meno quella ragazza. Avrei fatto tutto ciò che mi era possibile pur di non fargli perdere la vita. Una volta lontano dai vampiri reali accelerai il passo e uscii da un passaggio segreto, ritrovandomi dall’altra parte del duomo. Anche lì mi sembrava di sentire quell’odore paradisiaco. Cosa avrei potuto fare?

Senza pensare a ciò che facevo mi allontanai dalla città e raggiunsi un piccolo bosco dove mi nutrii di vari animali, senza nemmeno curarmi di ciò che stavo cacciando. Non avevo bisogno di nutrirmi ma ossessivamente cercavo di ricordare al mostro che albergava in me che era solo di quel sangue che dovevo dissetarmi. Speravo che un qualche modo quell’odore paradisiaco la smettesse di torturami anche se dentro di me sapevo bene che così non sarebbe stato.

Ero al limite della sopportazione. All’esterno sembravo quasi lo stesso di prima ma dentro di me si stava scatenando una guerra che non ero certo di vincere.

<< Non abbandonare la speranza. Sei forte quanto basta. >>

Mi voltai di scatto per vedere chi fosse stato a parlare. Mi stupii quando notai una vecchia signora, dai capelli lunghi e bianchi, seduta su un grosso masso. Intrecciava qualcosa tra le mani e sembrava concentrata nel suo lavoro. Come mai non avevo avvertito la sua presenza?

<< Carlisle, ti aspettavo. >>

Assottigliai lo sguardo e mi avvicinai circospetto a quell’anziana donna. Aveva una strana aura di mistero, ma come faceva a conoscere il mio nome? Incuteva tranquillità ma anche soggezione.

<< Come fate a sapere il mio nome? >>

Lei alzò gli occhi su di me e mi sentii pervadere da una strana agitazione. Chi era quella donna? Il suo sguardo era profondo e deciso. Non avevo mai visto un essere umano così determinato.

<< Non so solamente il tuo nome, Carlisle, ma molte altre cose su di te. E’ da tanto che ti aspetto. >> disse con una sorta di malinconia.

Inarcai un sopracciglio e mi abbassai sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza.

<< Ditemi il vostro nome e chi siete. >>

Lei continuò a guardarmi a lungo.

<< Sono la risposta ai tuoi problemi, l’antidoto per le tue sofferenze, la cura della tua malattia. >>

La guardai stupito, mentre la sua voce solenne sembrò risuonare quasi tra gli alti alberi di quel bosco.

<< Spiegatevi meglio. >> dissi alzandomi.

Lei fece lo stesso e mi invitò a seguirla. Avrei voluto fermarla per farla parlare ma poi decisi di fare come voleva. Ancora non sapevo chi era ma sentivo che in qualche modo mi avrebbe aiutato. Allora perché avvertivo quella strana preoccupazione?

Con questi pensieri mi accorsi che l’anziana donna si era fermata in un piccolo capanno. La seguii all’interno di quest’ultimo e mi guardai intorno distrattamente. Un letto fatto di paglia e foglie secche era posto in un angolo, poco più avanti vi era un piccolo tavolo rotondo di legno, dove vi erano poggiate diverse sfere dai colori diversi, delle candele, due diversi mazzi di carte e numerose fiale, contenenti delle strane composizioni fosforescenti. Infine, un piccolo mobiletto, anch’esso di legno e dall’aria molto consunta, dove si trovavano diversi libri e suppellettili accompagnati da una vecchia lampada a olio.

Mi sedetti su una delle due sedie di vimini, poste ai lati del tavolino dove si trovavano tutti quei strani oggetti, mentre lei prendeva posto di fronte a me, dall’altra parte del tavolo. Non dissi nulla, ma non smisi di osservare i suoi movimenti lenti e cadenzati. Afferrò un mazzo di carte e ne cominciò a distendere alcune sul tavolo. Non persi tempo ad osservarle, sapevo che presto la veggente avrebbe parlato.

<< Si, la tua situazione è complicata ma non impossibile da risolvere >>

<< Non esiste un modo per risolverla. >> dissi con tono lugubre.

Ringhiai sommessamente, ripensando a quell’umana. Era riuscita a minare il mio ferreo autocontrollo. Non riuscivo a crederci, cosa avrei dovuto fare per non ucciderla? Io non volevo porre fine alla sua vita e sentivo crescermi dentro una rabbia indescrivibile, che non avevo mai provato nella mia esistenza ed ero certo che non l’avrei mai più provata.

Riportai lo sguardo sulla veggente che mi fissava intensamente. Le carte erano ancora distese sul tavolo, ma lei senza neppure guardarle le rimise nel mazzo e lo allontanò da lei.

<< Per te ci vuole qualcosa di diverso. >> pronunciò enigmatica, per poi alzarsi faticosamente e sparire dietro un piccolo separé fatto di lunghe liane, che prima non avevo notato.

Respirai pesantemente, forse quella vecchia veggente non era ciò che faceva per me. Stavo solo perdendo tempo. Mi preparai a cosa dirle per liberarmi di quella strana situazione ma proprio in quel momento lei tornò con una piccola teca di vetro con all’interno uno strano fiore rosso.

<< Adesso devi ascoltarmi bene Carlisle. Ho bisogno della tua attenzione. >> disse sedendosi di nuovo. Poggiò la teca di vetro sul tavolo e la spinse con attenzione verso di me.

Abbassai lo sguardo su di essa e mi incantai a guardarla, dimenticando ogni pensiero. Quel colore forte era come il sangue di quella ragazza che mi richiamava e avrei voluto rompere quel contenitore di vetro per potermene appropriare.

<< Proprio così. Desideri quel fiore, ma non puoi toccarlo. Devi custodirlo e proteggerlo da te stesso. In esso si nasconde la linfa vitale dell’essere umano che tu vuoi uccidere. La sua vita è fragile, come questo contenitore di vetro. Basterebbe una lieve pressione delle tue dita per mandarla in frantumi. >>

Le sue parole mi distolsero dai miei propositi e spostavo lo sguardo da lei a quel fiore. L’avrei voluto stringere nelle mie dita, appropriarmene, ma non potevo. Trascinato dalla forte tentazione, allungai una mano per poggiarla sul vetro che proteggeva quel bellissimo fiore ma la ritirai di scatto e mi alzai, facendo cadere all’indietro la sedia su cui ero seduto.

<< Cosa vuoi da me? Cosa intendi dire? >> pronunciai ansante, dimenticandomi delle formalità

Perché tutto questo stava capitando a me?

<< Sai bene cosa voglio dire Carlisle, così come hai capito il senso di questo oggetto. Devi proteggere quella ragazza dalla tua natura. Qui dentro vi è ciò che tu desideri ardentemente, ovvero il fiore che rappresenta la sua linfa vitale, ma se vorrai davvero prenderlo, dovrai rompere il vetro, quindi porre fine alla sua vita. >>

Avevo capito cosa voleva dirmi e cosa rappresentava quell’oggetto, eppure non riuscivo a capacitarmi. Come avrebbe potuto aiutarmi? Io desideravo quel fiore, così come volevo il suo sangue, il suo nettare, ma non potevo porre fine alla sua vita.

Mi risedetti nuovamente e poggiai i gomiti sul tavolo prendendomi la testa tra le mani. Cosa dovevo fare? Mi sentivo dentro a una prigione fatta di spine, ovunque mi muovevo mi pungevo senza possibilità di salvarmi. Ero come in un campo minato, avevo paura a muovermi e sapevo che più il tempo passava più le cose si complicavano. Una corsa contro il tempo.

<< Io ti posso aiutare, ma tu devi darmi qualcosa in cambio. Non parlo di denaro, ma di qualcosa che ti appartiene nel profondo. Scegli tu cosa.>>

<< Cosa vuol dire? Cosa potrei darti? >> risposi confuso.

Non ero ancora certo che tutto questo avrebbe funzionato. Mi pareva impossibile che avendo nuovamente vicino la fonte del mio tormento le cose sarebbero state diverse, eppure quello era la mia unica possibilità per cercare di farcela.

<< Parlo di affetti, memorie, ricordi, perché la parte più importante della tua anima, me la darai più avanti, quando ce ne sarà bisogno. >>

La guardai senza capire. La parte più importante della mia anima? Ricordi, affetti? Come avrei fatto a dargli tutto questo? Ma la vera domanda era: sarei stato disposto a dare qualcosa del genere per lei?

<< Non so cosa darti. >>

Ormai avevo smesso di rivolgermi in maniera impersonale a lei, cercavo disperatamente qualcuno che mi aiutasse a risolvere quel maledetto problema. Avrei fatto di tutto pur di non ucciderla.

<< Il tuo affetto o ricordo più importante, qual è? Qualcosa a cui non avresti mai pensato di rinunciare. >>

Mi misi a pensare, anche se la risposta non era difficile. Ciò che di più importante avevo era l’affetto che mi legava ancora alle persone che mi erano state accanto da umano. L’affetto e il ricordo di mio padre. Seppur in maniera sfocata, ricordavo ancora il suo volto sorridente e i suoi insegnamenti. Come avrei fatto a provarmi di questo?

Strinsi la mascella e mi alzai camminando nervosamente. Non potevo cancellare il ricordo di mio padre, altrimenti cosa mi sarebbe rimasto?

Se avessi potuto avrei pianto. Non c’era cosa più dolorosa di quella che stavo vivendo. Spesso passavo il mio tempo a ripensare a mio padre, al suo volto e al suo affetto.

Eppure la mia determinazione era grande e nonostante tutto il dolore che sembrava spaccarmi in due, dovevo farlo.

Mi avvicinai al tavolo, dove vi era posto quella teca di vetro. Fissai insistentemente quel fiore e di nuovo i miei pensieri si persero nel vuoto. Non esisteva più nulla al di fuori di esso. Spaventato e confuso da me stesso presi la mia decisione.

<< Ti darà in cambio il ricordo di mio padre. >>

<< Questo oggetto ti aiuterà a concentrare la tua voglia e il tuo istinto su di esso. Anche se la tentazione è forte, non riuscirai a distruggerlo. >>

Non sapevo più cosa pensare, volevo solo avere una possibilità.

Rimasi in piedi e sentii la veggente concentrasi in silenzio. Pensai ancora a mio padre, ma il suo ricordo si fece sempre più lontano e perse di importanza. Per un folle attimo avrei voluto riappropriarmene, come un assetato che allunga la mano sulla borraccia che sta perdendo acqua, impossibilitato a fermare ciò che stava succedendo. Sentivo la stessa necessità, ma mi abbandonai alla mia decisione e in pochi attimi mi ritrovai confuso, con l’unica consapevolezza di aver perso qualcosa d’importante.

<< Adesso devi tonare nello stesso luogo dove si trova la ragazza. Se scapperai adesso renderai vani tutto ciò che stiamo facendo. Ci rivedremo presto. I tuoi sforzi verranno premiati a tempo debito. >>

Non risposi, ma la veggente non me ne avrebbe dato modo dato che sparì dietro quel sipario di liane. Lentamente presi quel fragile oggetto, con la paura di romperlo. Infondo mi aveva detto che non sarei stato capace di distruggerlo e adesso lo sentivo anch’io.

Dovevo tornare a Volterra e farmi forza, fin quando tutto questo non sarebbe finito. Con un enorme vuoto dentro di me, dovuto a ciò che avevo perduto e che non ricordavo, mi avviai verso il luogo che aveva segnato la mia condanna.

Mi muovevo tra i vicoli bui o più riservati della città. Colori, suoni e voci si mischiavano in un vortice di confusione che in realtà non mi scalfiva minimamente. I miei pensieri erano tutti rivolti a quella ragazza e i miei occhi erano sempre su quel fiore che non potevo e non volevo toccare.

Tornai al palazzo reale dei Volturi, infondo non avevo altri posti in cui stare. La veggente era stata chiara. Non potevo ancora andarmene. Sperai di star facendo la cosa giusta.

Rientrai al palazzo e mi diressi direttamente nella stanza che Aro mi aveva fatto preparare. Poggiai con cura la teca di vetro sul comodino e mi gettai sul letto. Non avevo bisogno di riposo, eppure mi sentivo spossato, non fisicamente ma moralmente.

Avrei tanto voluto trovare il modo di distruggermi ma sapevo di non poterlo fare. Sarei tornato ad avere il mio autocontrollo, anzi ne sarei uscito più forte di prima da questa situazione.

Passarono diversi giorni, in cui non feci altro che guardare, venerare e ammirare quel fiore sotto vetro. Sembrava che mi stessi lentamente abituando a questa situazione, fin quando non decisi di uscire da quella stanza. Lasciai il fiore all’interno di quest’ultima. Sapevo che nessuno sarebbe entrato in quella stanza e poi volevo separarmi da quell’oggetto, altrimenti sarebbe diventata un'altra dipendenza.

Senza accorgermene tornai nello stesso posto in cui avevo incontrato quella ragazza e quasi mi venne un colpo quando la vidi appoggiata con i gomiti sul davanzale della finestra, persa nel guardare fuori. Bellissima nel suo abito elegante, con i lunghi capelli neri che le scendevano sulla schiena, guardava assorta il panorama al di là della grande imposta. Era tutto come quella volta.

Il suo odore mi scatenò ancora quella forte ondata di desiderio e mi sembrò di perdere nuovamente il controllo. Mi sentivo un po’ più controllato rispetto alla volta precedente ma ero spaventato dalle sensazione prorompenti che sentivo crescere dentro di me. Inghiottii pochi fiotti di veleno quando lei si voltò improvvisamente. Non appena mi vide sgranò gli occhi. Era la prima volta che la vedevo sorpresa. La prima volta che i nostri occhi si erano incontrarti mi sembrava del tutto fredda e indifferente, ora sembrava conscia del pericolo che correva in mia presenza.

Senza alcuna logica, mi avvicinai a lei, fino a quando non furono pochi centimetri a separarci. Sentivo il suo cuore battere all’impazzata, aumentando il mio desiderio, ma ancora una volta la mia espressione non tradiva del tutto ciò che realmente provavo.

<< Dimmi il tuo nome. >> sussurrai roco. Era tremendamente difficile trovare la forza di parlare.

<< Cathleen >>

Annuii lentamente. Mi piaceva il suo nome, era adatto alla sua figura. Contemplai ancora i suoi profondi occhi azzurri per poi ammirare i lineamenti delicati del suo viso. Un essere talmente bello e dolce non poteva essere minacciato da un mostro come me.

Mi voltai bruscamente e feci per allontanarmi velocemente, quando sentii qualcosa trattenermi. La sua mano si era poggiata sul mio braccio facendomi irrigidire. Non sapevo cosa fare, se rimanere immobile oppure girarmi. La pressione della sua mano sul mio braccio, anche se lieve, era qualcosa che mi lasciò pietrificato. Strinsi gli occhi e decisi di fronteggiarla nuovamente.

<< Non mi hai detto nemmeno il tuo nome. >> mormorò malinconica.

<< Carlisle >>

I suoi occhi si riaccesero e un lieve sorriso delineò le sue bellissime labbra. Mi sentii riempire di desiderio ma feci di tutto per trattenermi.

<< E’ un nome bellissimo, come te . >>

Sorrisi anch’io per la prima volta e misi da parte tutti i miei timori. Naturale che le piacessi, tutto di me era fatto per attrarla.

Rimanemmo a guardarci a lungo, fin quando non fu lei ad allontanarsi e a voltarmi le spalle.

<< Non pensavo di rivederti ancora, invece sei qui. >>

Disse quelle parole con una strana intonazione della voce, come se stesse pensando ad alta voce. Sembrava incuriosita e stupita al tempo stesso e non ne capii la ragione.

<< Io invece ero certo di non trovarti qui. >>

Lei sorrise di nuovo e io dovetti combattere contro l’impulso di attaccarla. Era terribilmente bella e il suo profumo mi tentava maledettamente.

<< Non esistono certezze e tu ne sei la prova. >>

Inarcai un sopracciglio cercando di capire il senso delle sue parole, ma ben presto i miei pensieri cambiarono del tutto direzione quando la vidi avvicinarsi a me e poggiare le sue labbra sulle mie. Smisi di respirare all’istante, era troppo vicina e sentire il calore della sua pelle sulla mia mi fece quasi perdere del tutto il controllo. Era un bacio casto ma la pressione delle sue labbra sulle mie era qualcosa di indescrivibile, che avrei ricordato in eterno. Il suo profumo mi colpì come uno schiaffo e lottai con tutte le mie forze contro me stesso. Volevo allontanarmi, ma non riuscivo a muovermi.

Non seppi quanto tempo passò, ma quando si staccò da me dovetti impormi tutto l’autocontrollo necessario per poter riaprire gli occhi e continuare a trattenermi. Ripresi a respirare lentamente e quando tornai a guardarla la trovai ancora vicino a me. Mi guardava con intensità, fin quando non si allontanò del tutto.

<< Mi pare a volte che il sangue fiotti come una fontana dai ritmici singhiozzi; rende l’occhio più acuto e l’orecchio più fino.>>

Mi sussurrò queste parole all’orecchio prima di andare via e rimasi immobile e incredulo. Lei sapeva ciò che ero e non ne era preoccupata. Come faceva a conoscere la mia natura e non esserne terrorizzata?

Per molto tempo non riuscii a pensare a nulla se non a quella parole sussurrate. Cominciai a capire il senso delle sue ultime parole. Non esistevano delle certezze ed era vero, ma non ne ero solo io la prova ma entrambi. Come lei non era spaventata da me, io non avrei mai immaginato di poter perdere il controllo per un essere umano. Tuttavia, anche il fatto di non sapermi controllare non poteva essere una certezza.

Sorrisi estatico e mi toccai le labbra che poco prima erano state avvolte dalle sue, così morbide e calde. Sospirai e decisi di recarmi nell’unico luogo dove mi sentivo più al sicuro in quel momento. Corsi fino a quando non raggiunsi la casa della vecchia veggente ed entrai senza chiedere permesso. Sapevo che mi stava aspettando.

La trovai in piedi, davanti al mobile con tutti quei suppellettili che avevo visto la prima volta. Aveva tra le mani un piccolo cristallo. Mi avvicinai a lei, vedendo luccicare quel piccolo oggetto illuminato da tantissimi sfaccettature, mi ricordavano l’effetto della luce sulla mia pelle. Brillavano allo stesso modo.

<< E’ andata meglio questa volta >> disse, senza guardarmi.

<<Si, ma non del tutto. Ho sempre il timore di poterla uccidere. >>

<< E’ normale, ma non è ancora il momento per raggiungere un giusto equilibrio. >>

Non sapevo cosa voleva dire, ma continuai a guardare quel cristallo lucente. Non mi accorsi che lei stava fissando me, ma quando ricambiai il suo sguardo mi allungò il cristallo. Lo presi titubante, mentre lei andava a sedersi al suo solito posto.

<< Che significa? >> chiesi confuso.

<< Rappresenta il bacio che la tua umana ti ha dato. Racchiude un sentimento puro, libero da ogni malizia. Ti appartiene e rappresenta un traguardo importante. Sei riuscito a trattenerti, no? >>

Annuii e tornai a guardare il cristallo tra le mie mani. Un contrasto molto forte, tra la delicatezza dell’oggetto e la forza distruttiva della mia natura.

<< A cosa mi servirà un cristallo? >>

La vecchia veggente sorrise quasi con tenerezza e sospirò prima di parlare.

<< Non ci arrivi da solo, mio caro Carlisle? Questo cristallo rappresenta la purezza del sentimento che ti lega a quella ragazza. La sua fragilità e la sua bellezza. Racchiude quel bacio che rimarrà sempre nella tua memoria. Ti farà comprendere che anche un essere come te può essere capace di nutrire sentimenti puri. >>

<< Non so se quello che dici è vero, anche se sono convinto che una creatura come me non sia capace solo di brutture e violenze, ma un oggetto talmente fragile non può stare tra le mie mani, così come non posso accettare un sentimento così puro, che va oltre l’amore stesso. >>

Allungai il cristallo alla veggente, in una muta richiesta di riprenderlo, ma lei non fece nulla per afferrarlo. Continuava a guardarmi con quell’espressione indulgente, come se stesse aspettando che arrivassi da solo alla giusta conclusione.

Avevo accettato quel fiore sotto vetro, ma quel cristallo che rappresentava qualcosa di puro e innocente proprio non potevo accettarlo, così come non potevo accettare un sentimento così intenso da parte di Cathleen.

<< Fa già parte di te, Carlisle. Accettare questo dono, sarà un passo avanti per te in tutti i sensi. In più non si può scegliere se amare o meno e questo sentimento fa già parte di te anche se non te ne rendi conto. Dal momento in cui Cathleen è entrata nella tua vita la tua esistenza ha subito una svolta. Adesso conosci l’importanza di questo sentimento e ne devi solo fare tesoro. >>

Chiusi gli occhi e ritirai la mano. Ero tentato di stringere le dita, ma non potevo, sennò avrei frantumato quel piccolo oggetto. Sarei dovuto stare attento continuamente. In qualsiasi momento avrei potuto rovinare tutto.

<< Come vedi quest’oggetto ti serve. Hai notato anche tu, come ti sei trattenuto e non hai stretto troppo la mano per non rompere il cristallo, non è vero? >>

Ancora non risposi e detti le spalle alla veggente.

<< Tutto questo, anche se complicato e doloroso ti aiuterà Carlisle. L’unica cosa che mi dispiace è che tutto ha un prezzo… >>

Lasciò la frase in sospeso, ma sapevo ciò che mi stava chiedendo. Avrei dovuto fare a meno di qualche altra cosa importante per me, anzi irrinunciabile. Ma non potevo non ammettere che l’anziana donna aveva ragione e io stavo migliorando passo per passo. Tutto questo mi avrebbe reso più forte e non volevo distruggere tutto, proprio ora.

Presi nuovamente la mia decisione, ma stavolta non ebbi alcun dubbio su cosa rinunciare. Non riuscivo a ricordare cosa avessi perso la volta precedente, ma sapevo che si trattava di una cosa molto importante, come quella a cui stavo per rinunciare a breve.

<< Rinuncio all’amore di mia madre. >>

Non mi voltai verso la donna alle mie spalle, ma sapevo che era fiera della mia scelta. Niente avrebbe potuto equilibrare quel forte sentimento, se non l’amore unico di una madre. Il suo ricordo era ancora forte e vivido nella mia mente. I suoi baci sulla mia fronte prima di andare a dormire e la sua voce rassicurante nelle notti di temporale in cui da piccolo non riuscivo a dormire.

Deglutii più volte. Sarebbe stato difficilissimo rinunciarci per l’eternità, ma dovevo fare anche questo.

Chiusi gli occhi e di nuovo una strana confusione mi sommerse. Abbandonai ogni pensiero e nel giro di pochi minuti mi sentii ancora svuotato ma più forte.

Nonostante mi fossi già scordato cosa avessi appena perduto, sentivo di voler rimanere da solo, lontano da tutti.

<< Ricordati che non è ancora venuto il  momento, ma non manca molto. A presto, Carlisle. >>

Rinunciai a chiederle di più e andai via. Camminai lentamente per il bosco e tenevo la mano chiusa attorno a quel cristallo. Non lo guardavo, non stringevo la presa, semplicemente lo tenevo chiuso in quella morsa.

Non seppi quanto tempo passò da quel momento. Giorni, ore, anni. Non riuscivo a quantificarlo. Sapevo solo che ero riuscito a trattenermi, non avevo ancora ucciso Cathleen, nonostante il forte desiderio che avvertivo al solo pensiero di rivederla.

Ancora una volta tornai a Volterra e mi diressi in un posto che nemmeno sapevo di conoscere, ma sapevo che dovevo raggiungere. Mi trovavo nella parte più alta della città, su un piccolo promontorio che offriva un bellissimo spettacolo, ovvero le campagne toscane.

Trovai Cathleen seduta su un grosso masso, i lunghi capelli mossi dal vento e lo sguardo perso all’orizzonte come al solito. Mi avvicinai lentamente, senza che lei se ne accorgesse. Mi piaceva guardarla, sembrava trovarsi in un mondo tutto suo. Il sentimento che sentivo di provare nei suoi confronti era qualcosa che non riuscivo a classificare. Volevo proteggerla ma al tempo stesso volevo passare del tempo con lei, per conoscerla.

Lei, come richiamata dal mio sguardo, si voltò verso di me. La sua espressione vuota si trasformò in un sorriso splendente che mi scaldò il cuore, ormai muto e freddo.

Non si alzò e non mi venne in contro, ma mi fece cenno di sedermi accanto a lei. Mi irrigidii, come facevo a starle così vicino? Eppure quando mi aveva baciato non avevo perso il controllo. Dovevo provare.

Mi feci forza e mi sedetti accanto a lei. Per molti minuti nessuno dei due parlò e mentre facevo finta di ammirare il panorama che mi si presentava davanti, respiravo con calma e mi beavo del suo profumo. Avvertivo il calore della sua pelle e il suo cuore battere lento e regolare.

Il desiderio di ucciderla c’era ancora, era quasi un ossessione, ma il bisogno di proteggerla prevaleva su tutto il resto.

<< La mia vita sta per giungere al termine, Carlisle >>

Mi sentii quasi morire al sentire quelle parole. Mi voltai di scatto e senza rendermene conto l’afferrai per le spalle e mi avvicinai di più a lei. Non potevo accettare una cosa simile, sapevo che la sua vita prima o poi sarebbe finita ma sentirle dire quelle cose era inaccettabile per me.

Nei suoi occhi lessi rassegnazione e tristezza. Non aveva paura, ma solo una grande malinconia. Strinsi di più la presa sulle sue spalle e lei mi sorrise debolmente prima di accarezzarmi una guancia con la mano. Era fredda quasi quanto la mia.

<< Cosa stai dicendo? >>

<< Che sto per morire.>>

Senza pensare e ignorando l’intenso bruciore alla gola, dovuto alla sua vicinanza, la strinsi al mio petto e sentii le sue mani stringere la mia camicia.

Avevo studiato medicina, sarei stato in grado di aiutarla. Non potevo lasciarla morire. Il solo pensiero mi faceva stare malissimo.

<< Ti aiuterò, ne so quanto basta per poterti salvare. >>

<< No, non puoi aiutarmi in nessun modo. Nessun medico è riuscito a capire la natura della mia malattia. Soffro fin da quando sono piccola e adesso non mi rimane più tanto tempo. >>

La strinsi più forte e respirai appieno il suo odore. Il suo profumo mi colpì come una potente stilettata ma riuscii a trattenere i miei istinti.

Era come una beffa del destino. Stavo facendo l’impossibile pur di salvarle la vita, ma stava per morire comunque.

Non so quanto tempo passò, ma non avrei mai voluto lasciarla andare, non volevo che morisse in questo modo, eppure lei sembrava rassegnata e senza alcun timore.

Cercò di allontanarsi da me e lentamente la lasciai andare. I suoi occhi erano più luminosi rispetto a prima ma si poteva leggere facilmente la sofferenza in quelle gemme azzurre.

Distolse per un attimo lo sguardo da me e raccolse una conchiglia di medie dimensioni dal suo grembo. Non mi ero neanche accorto che l’avesse.

<< Senti >> disse portandomi la conchiglia all’orecchio.

<< Quando non mi sento bene, vengo qui e ascolto il lieve brusio che si sente all’interno della conchiglia. Mia madre mi dice sempre che questo suono dovrebbe essere quello prodotto dalle onde del mare e in effetti sembra che sia così. >>

Mentre parlava non riuscii a concentrarmi sul suono che produceva la conchiglia ma solo sulle sue espressione mentre mi spiegava. Era veramente bella e sapere che la sua vita l’avrebbe abbandonata così presto mi faceva stare malissimo. Avrei dato tutto pur di salvarla.

A modo mio c’ero riuscito, nel trattenere i miei istinti, ma non era valso a molto.

Quando vidi che mi osservava in attesa di qualche mia reazione mi concentrai su ciò che sentivo. Aveva ragione, il suono prodotto dalla conchiglia richiamava quello emesso delle onde del mare.

<< E’ vero. >> dissi, senza smetterla di guardarla.

<< Mi rilassa. >> mi disse infine, regalandomi un dolce sorriso.

Ricambiai e feci per ridargli la conchiglia, ma lei mi fermò con una mano.

<< No, voglio che la tenga tu. E’ una cosa a cui sono molto legata e mi farebbe piacere se la tenessi con te >>

Abbassò lo sguardo, arrossendo e io sentii una forte emozione pervadermi. Era l’essere più dolce che avessi mai conosciuto.

Le alzai il mento con un dito e non sembrò disturbata dal freddo della mia pelle.

<< Sai che non ho mai avuto paura di te, vero? >>

Il sorriso che aleggiava sulle mie labbra, sparì in un attimo e cominciai a sentirmi agitato.

<< Non ne capisco il motivo. Sai bene che dovresti. >>

<< Non ho paura più di nulla ormai. >> pronunciò, riportando lo sguardo davanti a sé.

<< Come può un essere umano riconoscere un vampiro e non esserne spaventato? >>

Lei si voltò di nuovo verso di me, con un sorriso indulgente.

<< Te l’ho detto, nulla mi preoccupa e poi so bene che in quel castello ci sono dei vampiri. >>

Inarcai un sopracciglio e la guardai con curiosità

<< Davvero? E come lo sai? >>

<< Non è importante, so molte più cose di quanto immagini. >>

Scelsi di lasciar perdere, infondo la cosa importante era che stesse passando del tempo con me.

Non l’avrei mai dimenticata.

<< Adesso devo andare Carlisle. >>  pronunciò sofferente.

Si alzò e io la seguii. Non volevo che andasse via. Sapevo che non l’ avrei mai più rivista, eppure non riuscii a dire nulla e per molto tempo rimanemmo a fissarci. Lei allungò una mano per accarezzarmi una guancia e io chiusi gli occhi, poggiando la mano sulla sua.

Ad un certo punto sentii la sua mano scivolare dalla mia presa. Non riuscii ad aprire gli occhi e guardarla, così rimasi immobile.

<< Non dimenticarti di me. >> mi sussurrò all’orecchio prima di andare via.

Neanche in quel momento aprii gli occhio. Avrei sofferto troppo e non sarei riuscito a lasciarla andare. Respirai per l’ultima volta il suo intenso profumo, fin quando non fu troppo lontana per avvertirlo. In quel momento mi sentii svuotare del tutto e una sofferenza cieca, peggiore di quando cercavo di trattenermi per non ucciderla.

Sarebbe morta ugualmente e lontana da me.

Riaprii gli occhi e vidi soltanto l’orizzonte davanti a me, dove il Sole stava per tramontare. Non avevo la forza di muoversi, finché una mano si poggiò sulla mia spalla.

Mi voltai e vidi la vecchia veggente, appoggiata a un bastone che mi guardava con intensità.

<< Rimane un ultima cosa da fare. >>

La guardai senza capire e lei prese la conchiglia che tenevo in mano e ci poggiò sopra la mia mano.

<< La parte più recondita e importante della tua anima finirà qui, insieme a parte della sua. >>

All’inizio non ne capii il motivo, ma poi compresi che in questo modo saremmo rimasti legati per sempre, in qualche modo non l’avrei persa del tutto.

<< Anche lei voleva questo, per questo motivo ti ha dato ciò che di più importante aveva. Ha condiviso con te gli ultimi minuti della sua vita e sei riuscito a renderla felice. Sei pronto Carlisle a rinunciare anche a quest’ultima cosa? Sarà per sempre. >>

Io annuii. Era l’ultima cosa che volevo. Sentire di averla sempre con me in qualche modo. Lei avrebbe fatto sempre parte di me. Aveva passato con me i suoi ultimi attimi di vita e solo allora capii che tutto ciò che avevo fatto per salvarla da me stesso aveva avuto un senso.

Mi sentii come morire un'altra volta e rividi nella mia mente tutti i momenti passati con lei. Erano stati brevi e indimenticabili.

Di colpo tutto finii e mi ritrovai con la conchiglia tra le mani e una nuova consapevolezza. In quel momento è come se fossi rinato. Lei non c’era più ma in qualche modo saremmo stati vicini.

<< Il mio lavoro qui è finito. >>

Con un sorriso stanco la veggente mi diede le spalle, senza darmi il tempo di ringraziarla.

Sospirai e alzai gli occhi verso il cielo. Le nubi nascondevano a tratti la luna. Nonostante la sofferenza del momento sapevo che lei mi sarebbe appartenuta per sempre.

<< Nonno. >>

Tornai al presente vidi Renesmee che mi osservava preoccupata. Chissà quanto tempo ero rimasto immobile perso nei miei pensieri.

<< Si, piccola. >> le sorrisi e in quel momento entrò Edward.

Il suo sguardo era curioso e stupito al tempo stesso. Avrei dovuto prevedere che ricordando lui avrebbe visto tutto. Fin ora nessuno era a conoscenza del mio segreto, perché consideravo Cathleen come qualcosa di troppo personale.

Si fermò davanti a me, e quasi non mi accorsi di Bella che entrava e portava la piccola a mangiare. Renesmee mi salutò con un bacio sulla guancia ma non disse nulla e andò con la madre.

<< Carlisle >> disse mio figlio titubante.

<< Non preoccuparti Edward. Sei l’unico con cui avrei mai condiviso questa cosa. >>

<< Mi dispiace se ho visto nei tuoi pensieri. Non pensavo che ti fosse accaduta una cosa simile. Sei stato forte, nonostante la sofferenza che hai dovuto sopportare. >>

Mi poggiò una mano sulla spalla e io gli sorrisi debolmente.

<< Anche tu ne sai qualcosa. >>

<< Ma è stato diverso. Bella adesso fa parte della mia vita e mi sembra di capire che i sentimenti che provavi per quella ragazza erano diversi. >>

<< Si, è vero. Lei era qualcosa di speciale. >>

Mi alzai e presi il fiore sotto vetro. Il fiore era sempre di quel colore rosso vivo che mi ipnotizzava ogni volta. Sospirai e lo rimisi al suo posto, accanto al cristallo e alla conchiglia. Rimasi qualche secondo a fissarla ed Edward dopo avermi dato una pacca su una spalla andò via, lasciandomi solo con i miei pensieri.

Afferrai la conchiglia e mi avvicinai alla finestra. Nevicava ancora e io mi avvicinai la conchiglia all’orecchio. Di nuovo le parole di Cathleen mi tornarono in mente, così come il suo sguardo dolce ed emozionato.

Ascoltai rapito quel live suono che era in grado di rilassarmi. Mi faceva pensare a lei e sapevo che in quell’oggetto eravamo un'unica cosa.

Sospirai malinconico e strinsi la conchiglia tra le mani. Con questo gesto mi sentivo più vicino a lei e avvertivo più forte la sua presenza.

<< Nonno, giochi con me?!? >>

Sorrisi, nel sentire mia nipote che mi chiamava dal piano di sotto.

Riposi la conchiglia all’interno della vetrinetta e dopo un ultimo sguardo raggiunsi la mia piccola Nessie.

Cathleen era il mio più grande segreto, colei che aveva segnato la mia esistenza e che avrebbe fatto parte di me per l’eternità.

 




  
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