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Autore: Yvaine    07/01/2010    2 recensioni
arrivò la guerra e nella sua furia travolse ogni cosa. Fui portata lontana in nome di un’indipendenza che non volevo e mi dichiararono libera.
Quella fu la mia prigione dorata, la libertà.
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie a mammina e papino che mi hanno sostenuta mentre la scrivevo^^

Dedicata a te ^^

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Melanchony of freedom




Oggi sono in visita nella casa di Austria.
Chissà perché ho accettato, chissà perché il mio cuore ha voluto farsi del male così, gratuitamente…
Volevo vederlo, questa è la realtà.

Vago per le stanze note ed allo stesso tempo sconosciute. Quanto tempo è che non visito questa casa?
Quanto tempo è che penso di tornare, che voglio tornare?
Purtroppo però, oggi non sono qui solo come visitatrice.

Passo davanti alla sala dei convegni, è ancora tutto come lo ricordo. Un grande tavolo contornato di legno riempie la stanza che, altrimenti, parrebbe vuota, e Austria sta seduto su una delle tante sedie vuote. Il colore predominante è quello del legno; scuro, confortante, rimbalza tra il tavolo e le tre librerie a coprire le tre pareti.
L’unica fonte di luce è una finestra, grande e spalancata, sembra essere aperta sul mondo. E lo era. Nel tempo in cui ogni cosa era migliore.
Sento ancora la voce del piccolo Italia che cerca di pulire, ma combina guai. Osservo me stessa che corre per aiutarlo e, passando, si accorge di Sacro Romano Impero nascosto dietro la porta, tutto rosso. Ricordo come cercavo di arginare i danni, facevo in fretta un the e lo portavo ad Austria, per fare in modo che non si muovesse dalla sua stanza.
Nel momento stesso in cui mi avvicinavo, lui mi sorrideva in silenzio, come se sapesse ogni cosa.
Ricambiavo con uno sguardo tra il divertito e l’imbarazzato, poi versavo il the…. La calma pervadeva ogni mio gesto. L’aria che si creava tra noi, completamente in contrasto con quella caotica che avevo sulle spalle un attimo prima, era un’atmosfera unica.
L’amavo così tanto.
Dopo quei brevi istanti, tornavo da Ita-chan per cercare di riparare il suo disastro. Pulivamo insieme, ci divertivamo e, anche se di rado, riuscivamo a parlare un po’ anche con il piccolo Sacro Romano Impero, sempre così imbarazzato. Erano davvero carini insieme.
Li osservavo spesso, ora in giardino, ora in qualche camera. Erano come sproporzionati per il mondo che li circondava.
Così sproporzionati che ne sono stati inghiottiti con crudele freddezza.

Spesso, mentre stavo in giardino a riposare, mi raggiungeva Prussia. Così preso da se stesso, aveva ogni tanto anche occhi per me e questo mi lusingava. Stare con lui era come una danza: contenta delle sue attenzioni, ero comunque consapevole che non sarei mai riuscita a ricambiarlo. Non volevo tradirlo, lo consideravo ormai un amico caro, ma neanche illuderlo, così rimanevo in equilibrio nel tentativo di non ferirlo. Nel tentativo di non ferire me stessa.

È giunta, infine, l’età da marito per me.
Il giorno in cui Austria ha alzato gli occhi dalla politica per puntarli esclusivamente nei miei.

Finché morte non ci separi? Sì.
Mi sentivo come Francesca nel momento in cui scopre l’amore di Paolo.
Avevo conosciuto questa piccola eroina attraverso Ita-chan. Mi aveva raccontato una storia d’amore struggente… Paolo e Francesca si erano guardati per lungo tempo senza potersi sfiorare, lei era sposata e doveva rimanere fedele. Alla fine, erano morti per il loro amore reciproco, la loro essenza di amanti. Ecco, mi sentivo esattamente così in quel momento. Guardavo Austria negli occhi e pensavo di poter fare qualsiasi cosa per lui.
Guardavo Austria, e pensavo di poter restare in pace con lui per sempre.
Pensavo che ogni cosa sarebbe andata bene.

Passò il tempo, la casa la casa si svuotò.
Passò il tempo, ogni cosa divenne sempre più silenziosa.
Passò il tempo, Austria alzò gli occhi sempre meno dalla sua politica.

Infine, arrivò la guerra e nella sua furia travolse ogni cosa.
Fui portata lontana in nome di un’indipendenza che non volevo e mi dichiararono libera.
Quella fu la mia prigione dorata, la libertà.

Ora, dopo così tanto tempo, mi ritrovo di nuovo qui. Mi ritrovo a guardare Austria, seduto al tavolo davanti a dei fogli. Seduto davanti alla sua politica.
Mi avvicino silenziosamente, fino a giungergli alle spalle. Chino leggermente la testa mentre i miei occhi vagano malinconici sulla sua schiena.
Alzo una mano, per accarezzarlo, ma la ritraggo subito.
Non sono qui per questo.


Faccio qualche passo indietro, sicura che Austria non si sia accorto della mia presenza. Respiro profondamente e faccio qualche colpo di leggera tosse.
Chiudo gli occhi, li riapro e mi faccio forte di ciò che indosso. La divisa militare è la mia maschera.

Gli passo accanto, con andamento volutamente fiero. Mi siedo davanti a lui e lo guardo cercando di trattenere la malinconia.
Lui alza gli occhi dalla sua politica ed incontra i miei. Per un istante mi illudo di esser tornata indietro a quei giorni.
Abbasso lo sguardo mesto e lievemente sussurro:
“Ora, trattiamo”.


   
 
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