PS: Questa ff è collegata all’altra mia ff “Fairy tale”. Possono anche essere lette separatamente, non è importante ai fini della comprensione. Spero vi piaccia ^^
mi
racconti una favola,
hokage-sama?
“Hokage-sama!”
Una bambina con due buffi codini biondi gli stava tirando la manica della veste.
“Dimmi Machi.” Le sorrise dolcemente.
“Che cos’è l’amore?”
L’Hokage si fermò improvvisamente, pensò alla montagna di scartoffie che l’aspettavano in ufficio e posò lo sguardo negli occhi castani della piccolina, che curiosi e ancora innocenti lo guardavano in attesta di risposta.
Sospirando si sedette sulla panchina che stava di fronte e chiamò a sé la bambina; la fece sedere sulle sue ginocchia e iniziò a parlare, cercando le parole giuste.
“Cos’è l’amore? Sai Machi, è la domanda più difficile di tutte.”
“Più difficile di quelle che mi faranno all’accademia?”
Rise, un po’ malinconicamente. Beata infanzia.
“Si. Di gran lunga più difficile. Pensa che nemmeno io so la risposta assoluta.”
La bambina lo guardò stupita.
“Vedi, l’amore è la forza più potente del mondo; ferisce di più di uno shuriken e condiziona le persone più di un genjutsu. Può portarti alla più triste agonia oppure alla completa felicità. Amare ed essere amati è la cosa più bella che tu possa augurarti di provare: anche se non sempre l’amore è ricambiato e sereno. E non è mai semplice.”
La piccolina lo guardava perplesso: probabilmente non aveva afferrato tutti i concetti ma sembrava piuttosto contenta della spiegazione ricevuta.
Guardò l’ora, aveva ancora venti minuti di tempo libero.
“Vuoi che ti racconti due favole, Machi? Mi sono venute in mente proprio ora. Riguardano tutte e due l’amore.”
“Si! Hokage-sama raccontami una favola per piacere.. le tue sono cosi belle!”
Sorrise, sistemandosi sulla panchina e si schiarì la voce, pronto a raccontare le sue avventure tramutate in forma di favola.
“La
favola che ti
andrò racconterò oggi è ambientata in
un tempo di guerra e sofferenza. A quel
tempo viveva una ninfa dell’acqua, era bellissima e possedeva
due occhi chiari
che ammaliavano; ma era una ninfa diversa dalle altre: non usava il suo
potere
per ammaliare ma per aiutare la gente, e non si rendeva conto di quanto
era
splendida e altruista. Essa amava un ragazzo, un fauno del bosco di cui
tutti
avevano paura e a cui nessuno rivolgeva la parola; timida
com’era però non era
mai riuscita a parlargli, e da lontano continuava ad ammirarlo.
Il
fauno, ingenuo e tontolone,
non si era mai accorto dei sentimenti della ragazza.
Con
il passare degli
anni la ragazza era cresciuta, ma aveva continuato ad essere riservata
e
introversa: ogni tanto rivolgeva la parola al fauno ma ogni volta
diventava
rossa ed iniziava a balbettare. E il fauno continuava a non notare
niente; anzi
nel frattempo si era innamorato della principessa soprannominata
“petalo di
ciliegio” che però, non amava lui.
In
tutti quegli anni
la ninfa acquatica aveva taciuto al mondo i suoi veri sentimenti, e
ammirava e
amava il fauno dal manto dorato in lontananza. Non le importava di
stare male
per l’amore non corrisposto, era cosi altruista e dolce che
non si era mai
lamentata una volta.
Ma
poi arrivò la
guerra anche nel bosco in cui vivevano, minacciosa e cupa avvolse tutto
in un
alone di nebbia e disperazione.
Fu
una battaglia dura:
il sangue tingeva l’erba verde di rosso, i kunai e le armi
sfrecciavano
inesorabilmente da ogni direzione, le persone morivano come burattini e
cadevano
a terra sopra il rosso del sangue degli altri morti.
Poi
accadde l’impensabile.
Il
fauno fu catturato
da due nemici che or, minacciavano di tagliarli la gola; la ninfa, che
con gli
occhi chiari non aveva smesso di seguire il percorso
dell’amato per
un secondo, a quella vista emise un urlo,
che però era sovrastato dai rumori della battaglia ma che, incredibilmente,
arrivò alle orecchie del
fauno. Aveva una voce melodiosa; era riuscita a donare eleganza anche a
quell’ultimo
grido di rabbia e dolore. Quella voce era stata capace di ridonare
speranza
anche al fauno; egli sapeva che ormai la sua fine era vicina ma ora
guardava
alla morte con un espressione diversa: non poteva essere peggio
dell’inferno
che si era scatenato quella notte nel bosco. Vide il kunai brandito dal
nemico
che si avvicinava sempre di più alla gola, eppure sorrideva,
rimpiangendo
solamente il fatto di non aver salutato i propri amici. Ma avrebbero
capito.
Improvvisamente
però
il fauno si ritrovo scaraventato sul freddo terreno, mentre il nemico
che prima
lo teneva, giaceva stordito affianco a lui. Alzò gli occhi,
incapace di darsi
una spiegazione; e la vide, la timida ninfa con gli occhi, per una
volta,accessi
di fervore. Sputava sangue dalla bocca ed aveva il kunai, con cui prima
il
nemico minacciava il fauno, impiantato nella giugulare: sarebbe morta
dissanguata in poco tempo.
Il
fauno si alzò da
terra, preoccupato e stordito. Impiantò una katana trovata
per terra nel cuore
del nemico e poi si giro verso la ninfa che ora si era inginocchiata a
terra.
“Perché
l’hai fatto?”
E
piangeva lacrime
salate, il solare fauno.
“Vedi.
Io ti amo. Tu,
mi hai sempre dato la forza per andare avanti, e io ho voluto ripagarti
cosi. Ti
amo dolce fauno; morirò con il sorriso sapendo di essere
morta per salvarti,
quindi ti prego, sopravvivi a questa giornata.”
La
vide tossire
sangue, che andava a colorare di rosso i vestiti già
inzuppati di sangue. Ormai
le mancava poco tempo prima di morire; lo sapevano entrambi che non
c’era più
niente da fare e, infatti lui non chiamò nessuno mentre lei
lo guardava sorridente,
fissandolo per la prima volta senza timore negli occhi azzurri. In
fondo di che
si vergognava? Stava per morire.
“Grazie,
ninfa.”
E
lui volle darle
l’ultimo saluto, l’ultimo
ringraziamento prima che se ne andasse per sempre. E cosi si
chinò sulla ninfa
e appoggiò le labbra sopra le sue, sporche di sangue; la
vide aprire gli occhi,
stupita e poi sorridere, prima che l’ultima scintilla di vita
le sparisse dagli
occhi mentre si accasciava sulla spalla del fauno che si
alzò e, prendendo in bracco la creatura, si
incamminò.
Camminava,
guardando
dritto davanti a se; parecchi kunai lo sfiorarono e uno gli si
conficcò nel
braccio; lo sentì a malapena. Dopo cinque minuti di cammino
arrivò in un posto
tranquillo, in cui il rumore della battaglia era solo un eco lontano:
posò la
ninfa dell’acqua sulla riva del lago.
La
guardò sorridendo e
si girò sussurrando un flebile “Addio, dolce ninfa
dell’acqua.”
Tornò
alla battaglia.
Il
giorno dopo, quando
finalmente i nemici furono sconfitti del tutto, tornò al
lago e la ritrovò lì
dove l’aveva lasciata; la prese di nuovo in braccio e la
porto dai famigliare e
dagli amici che piangevano la sua scomparsa prematura.”
La piccolina ormai aveva gli occhi lucidi ed era sul punto di piangere, l’Hokage se ne accorse e sorrise; era uguale a sua madre: poco incline a mostrare le sue emozioni.
“Ti rivelo un segreto che non devi dire a nessuno va bene?”
Alla bambina si illuminarono gli occhi.
“Il fauno esiste ancora, sai? Vive nel bosco e ogni tanto si fa vedere; ha realizzato tutti i suoi sogni tranne uno.”
“Quale?”
“Non ha mai più trovato l’amore dopo quel giorno. Quella ninfa gli è rimasta nel cuore, nonostante abbia capito l’amore che provava per lui troppo tardi.”
“Povero fauno.”
“Non temere, è felice, anche se non pienamente. E sarà ancora più contento se saprà che la sua storia ha insegnato ad una bambina a cogliere ogni occasione al volo. Perché lui ha imparato che se aspetti domani potrebbe essere troppo tardi.”
Le sorrise, mentre la piccolina lo guardava dubbiosa, ancora troppo piccola per capire il reale significato di quelle parole.
“In ogni caso se l’amore è cosi non voglio averci niente a che fare!” affermò convinta.
“Hei piccolina!
Ho detto che c’erano due favole oggi,
ricordi?”
La biondina annui
“Ed ora ti racconterò la seconda fiaba che oggi mi è venuta in mente.”
“Nello
stesso periodo
in cui vissero il fauno e la ninfa vi furono altri due personaggi di
cui ora ti
racconterò. Una era una dama dai capelli castani; era
diversa dalle altre: non
indossava vestiti sfarzosi ne passava le ore ad acconciarsi i capelli,
era una
donna che batteva molti dei cavalieri dell’epoca sia per
coraggio che per virtù.
Uno dei suoi migliori amici era un conte freddo e austero, ma feroce
quando l’occasione
lo richiedeva; entrambi si conoscevano fin dall’ infanzia e
avevano vissuto insieme
tantissime avventure: si consideravano reciprocamente migliori amici.
Un
giorno, però,
cambiò tutto: uno straniero dalla pelle scura e dagli occhi
castani intenso si
interessò alla ragazza. Bello, ricco e di buone maniere era
tutto quello che
una dama potesse desiderare e cosi la ragazza prese sempre di
più a
frequentarlo, trascurando l’amico di infanzia.
Il
conte che, senza
sapere perché, odiava il forestiero, litigò
furiosamente con la dama. Erano settimane
oramai che non si parlavano più e ogni volta che la vedeva
baciare il
forestiero sentiva una fitta in fondo allo stomaco.
Alla
fine capì cos’era;
non era né una strana malattia, né un virus
mortale. Era semplicemente atroce
gelosia.. che derivava dall’ amore. Amava
l’insolita dama; l’aveva sempre
amata. Solo non voleva ammetterlo.
Poi
venne il giorno
del famigerato scontro di cui ti ho narrato prima. Entrambi erano nelle
retrovie, lei insieme al forestiero e lui insieme al suo migliore
amico. Si guardarono
negli occhi prima di partire alla carica: lei con occhi pieni di rabbia
e
rancore, quelli del conte erano, invece, dei laghi di indifferenza che
nascondevano sul fondo la tristezza per l’amore non
corrisposto.
E
la battaglia iniziò.
Si era scatenato l’inferno: addirittura l’aria
sembrava tinta di rossa, e ormai
il prato si scorgeva a tratti, ricoperto com’era da decine di
vittime sia della
fazione alleata che nemica.
Il
conte, con le vesti
macchiate di sangue altrui, vide a venti metri di distanza una scena
che lo
costrinse a bloccarsi: la dama e il forestiero si erano fermati e si
fronteggiavano; all’inizio pensò che fosse un
semplice litigio ma quando vide l’uomo
estrarre un kunai non ci pensò un secondo e partì
alla carica.
L’arma
stava per conficcarsi
nel petto della ragazza; la dama non si muoveva: probabilmente era
intrappolata
da una qualche tecnica. Ma il conte era arrivato!! In mezzo secondo
uccise con
un kunai il forestiero e salvò la dama, che
scoppiò a piangere sulla sua
spalla.
Il
conte, famoso per
il suo contegno, si trattenne con difficoltà quando la dama
pianse sulla sua
spalla ma non potè impedirsi di rispondere con entusiasmo al
bacio che la
ragazza gli aveva dato a fior di labbra.
E
intorno la guerra
imperversava ma a loro non importava; in quel giorno dominato dalla
Morte il
loro Amore era appena nato.”
“Per fortuna una storia che finisce bene, Hokage-sama” sorrise soddisfatta la bambina.
“Vedi? L’amore non sempre è tristezza, spesso è felicità!”
“Hai ragione.”
“Ti svelo un’altra cosa, Machi. La vuoi sapere?”
Gli occhi della bambina erano un chiarissimo segno di assenso.
“Tutti i personaggi delle mie fiabe sono persone realmente esistite e che tu conosci.” Le sorrise. “Facciamo un gioco. I protagonisti dell’ultima fiaba sono qua, in questo parco. Ti va di indovinare chi sono?”
“Si! Vedrai che brava.. li indovinerò subito!”
E, entusiasmata, iniziò a guardare tutte le persone che passeggiavano nel parco.
“Allora.. mamma e papà no, perché lui è troppo pigro per ostentare indifferenza.” L’Hokage scoppiò a ridere; quella bambina aveva subito capito com’era in realtà suo padre. “Mmm” aggrottò le sopracciglia “Ino-san no; lei avrebbe adorato mettersi i vestiti eleganti ed acconciarsi i capelli.”
Era intelligente quella bambina: che il villaggio celasse una nuova, futura psicologa?
“Ho trovato!” inziò ad agitarsi sulle gambe dell’Hokage, sicura della sua scelta.
“Dimmi Machi.”
“Sono Neji-san e la maestra Tenten-san”
“Brava! Hai indovinato.. sono proprio loro.”
“Evviva!” la piccolina iniziò a saltellare contenta.
Poi tornò seria.
“E allora chi sono i protagonisti della prima fiaba?”
“Quello è un segreto che non ti posso rivelare.”
“Ti prego, Hokage-sama.”
“Forse fra qualche anno Machi” acconsentì il capo del villaggio, sorridendo all’espressione di finta rabbia della piccola.
“Hei, Machi! Forza dobbiamo andare” un moro dalla coda alta e dall’aria assonnata era arrivato alle spalle dei due: Shikamaru Nara.
“Buongiorno Naruto! Come va? Non dovresti essere a risolvere delle pratiche?”
L’Hokage scoppiò a ridere.
“Mi sono intrattenuto con Machi. E’ una bambina molto intelligente e orgogliosa: ha preso tutto da te e Temari!” lo prese in giro l’Hokage mentre l’altro si grattava la testa.
“Mi ha chiesto cosa fosse l’amore e gliel’ho spiegato tramite storie realmente vissute.”
Spiegò sorridendo, mentre guardava Machi correre via per catturare un uccellino.
“Spero per te che sia inteso nel senso più puro del termine!”
“Non sono mica un pervertito, Nara!” scoppiarono a ridere, come ai vecchi tempi.
“Anche perché, Naruto, non mi importa se sei l’Hokage, se travi mia figlia te la vedrai con me.”
Era sera ormai, l’aria fresca del tramonto fece svolazzare un bigliettino posto ai piedi della tomba di Hinata Hyuuga. Recitava: “Grazie ninfa dell’acqua.” Al posto della firma vi era il disegno stilizzato di un fauno.
SPAZIO AUTRICE.
Okok! Non tiratemi i
pomodori prego!
Non so mi è
venuta l’ispirazione e ho dovuto scrivere:
prendetela come una ff da post trauma “è riniziata
la scuola!
In ogni caso se vi fosse
piaciuto almeno in parte, se
aveste critiche o qualunque cosa: recensite. Che ad
un’autrice non può fare
altro che piacere! (:
PS: se non si fosse capito
Hinata e Naruto sono
rispettivamente la ninfa e il fauno.
Temari e Shikamaru sono
sposati e hanno avuto una figlia:
Machi.
Naruto, naturalmente,
è diventato Hokage e Tenten è
diventata un istruttrice dell’accademia.
Baci
Eiko.