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Autore: mery_wolf    09/01/2010    2 recensioni
Ci furono attimi di vero silenzio dove io, in un lapsus, gli andai dietro poggiandogli le mani sulle spalle.
Lo sentii irrigidirsi, come ogni volta che lo facevo.
Avvicinai la mia bocca al suo orecchio: “ Non essere così cieco ”, gli sussurrai.
Poi mi allontanai e lui mi guardava con quella sua espressione sorpresa.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’è un Lui, c’è una Lei e c’è qualcosa da Affrontare

 

<< Sei una scema >>.

<< Grazie di ripetermelo sempre >>, sorrisi sarcastica, mentre ammiravo il modo in cui lui rideva.

Ci furono attimi di vero silenzio dove io, in un lapsus, gli andai dietro poggiandogli le mani sulle spalle. Lo sentii irrigidirsi, come ogni volta che lo facevo.

Avvicinai la mia bocca al suo orecchio: “ Non essere così cieco ”, gli sussurrai.

Poi mi allontanai e lui mi guardava con quella sua espressione sorpresa.

 

Era da tanto tempo che mi trastullavo con l’idea che lui non l’avesse capito. Mi dannavo a pensare che lui fosse un vero un ragazzino idiota e non capisse un bel niente.

<< Insomma, ma che vuol dire quello che mi hai detto? >>. E mi sentivo sprofondare.

<< Vuol dire quello che vuol dire >>.

<< Cioè? >>.

<< Che sei un idiota! >>.

<< Seriamente: non capisco quello che intendi >>. Il suo sguardo innocente su di me mi ricordava vagamente il cielo terso, tipico dei giorni d’estate.

<< Non essere così cieco... >>, ripetei avvicinandomi, ma guardando altrove. << Apri gli occhi >>.

<< E dai, non ti capisco! >>.

<< Applicati! Devi pensarci, la risposta non può venirti come un colpo di genio! >>.

<< Devo pensarci? >>, fece scettico.

<< Certo >>.

<< Scema >>, lo disse come se fosse un complimento.

 

Ogni volta che ci guardiamo negli occhi mi sembra che ci sia qualcosa che volessimo dirci, ma che non riesce ad uscire dalle labbra. Mi sembra una sensazione dolce come il miele; come se fuoriuscisse dai nostri occhi e prendesse il posto delle parole.

Anche se ci guardiamo per pochi secondi.

<< Ci hai pensato? >>. Ma il miele non era sempre così dolce...

<< Sì >>, sospirò. O forse sbuffò.

<< E allora? >>. Non volevo saperlo... ma sì che lo volevo, invece! No. No. No. Sì.

<< C’èntra, per caso, quella tua amica? >>.

Mi sentii cadere le braccia: << No. Perché me lo chiedi? >>. Mi sentivo gelosa.

<< B’è, ogni volta che c’incontriamo lei si comporta in un modo strano... >>.

<< Lei è strana >>.

<< Anche tu sei strana, adesso >>.

<< Comunque, lei non c’entra. Prova a sforzarti un po’ di più >>. Ti prego...

<< E se io mi rompessi di farlo? >>.

<< Idiota >>, sbottai. << Apri gli occhi >>, gli dissi dura.

<< Mi dici chi c’entra, eh? >>.

<< Tu >>, forse parlavo troppo veloce. << Ed io >>.

Cambiammo discorso.

Mentre lo vedevo pigiare il tasto dell’ascensore assorto nei suoi pensieri, la rabbia e l’ansia montavano dentro di me. << Pensaci >>, gli dissi ridendo. << A quel fatto >>.

Annuì e lo fissai andar via. Mi sentii malissimo: come se il mondo dovesse finire.

 

<< Ci ho pensato davvero bene >>.

<< E allora perché non sei venuto a dirmelo prima? >>.

<< Mio fratello rompeva le scatole. Non mi faceva venire, ti dico >>.

<< Inventa una scusa migliore >>.

<< Cazzo, è la verità! Lo giuro su Luglio e Agosto! >>, scoppiò a ridere.

Io non risi. << Potresti essere più adulto? >>. Lo fissai. << Non dico sempre... solo per qualche secondo: il tempo di parlare di questa cosa seria >>.

Storse le labbra. Chissà, forse lo facevo sentire infantile... Lo era. Quando voleva.

<>, gli chiesi senza mezzi termini.

Avevo il cuore in gola. Ero sicura che sarei svenuta.

<< Sei innamorata di me? >>, domandò come se neanche lui ci credesse e ne fosse sicuro. Come se fosse impossibile.

<< Tu cosa ne pensi? >>, cercai di sviare la domanda.

Lui spostò il peso da un piede all’altro, a disagio e un po’ scocciato dai miei giri di parole.

<< Niente >>.

<< Pensare è un optional? >>, feci con sarcasmo, volendo essere pungente.

<< Voglio prima sapere se tu lo sei o no >>.

Avvampai più del dovuto, il mio cuore copriva qualsiasi rumore. << Dipende >>.

<< Da cosa? >>, si sedette su di una delle sedie gialle lì vicino.

<< Se lo sei anche tu >>.

<< Cosa dovrei essere, io? >>.

<< Innamorato >>. Idiota.

Sospirò. << Ah... >>.

<< Io lo sono solo se anche tu lo sei >>, spiegai. << Se tu non lo sei non lo sono nemmeno io >>.

Non avevo proprio il coraggio di sedermi accanto a lui. Preferivo rimanere a distanza.

Per cosa, poi? << Hai paura che ti dica di no? >>, rispose lui, ai miei pensieri.

Come nelle allucinazioni vedevo una strada che mi portava a lui, cosparsa di vetri. Entrambi avevamo paura di soffrire per raggiungere l’altro.

<< Sì >>. Di colpo mi sembrò più maturo di me. << È difficile >>. Le sue spalle mi sembrarono più larghe.

<< Devo pensarci? >>. Aveva intuito il consiglio, con scarso entusiasmo. Non gli andava molto a genio stare a rimuginare...

<< Penso di sì >>.

Mugugnò qualcosa d’assenso. Nel momento in cui mi avvicinai, di poco, lui si alzò. Ogni volta che ci parlavamo mi pareva un colloquio. Mi guardò un’ultima volta e se ne andò lasciandomi davvero sola.

 

Poteva sembrare strano il suo comportamento: era sempre stato molto deciso, nelle azioni.

Di certo, io non facevo di meglio cercando di evitarlo e ridere e scherzare con suo fratello e non con lui. Non lo incoraggiavo affatto...

Ma per paura di quei vetri sulla strada per arrivargli, il mio terrore mi bloccava sul più bello.

Da quando se n’era andato via, l’ultima volta avevo sempre quella sensazione di solitudine totale, anche in mezzo alla folla rumorosa.

<< A che pensi? >>, mi chiesero.

Non volevo rispondere. << A tutto >>, ma lo feci.

<< Dai, è inutile pensarci. Ormai il latte è versato, lui ti eviterà, tu farai lo stesso e la storia finisce così! Punto >>.

<< Grazie >>, finsi di sorridere. Ma non lo facevo affatto. Quelle parole non facevano tanto male quanto la sua espressione quando aveva detto Devo pensarci?

La stessa che incontrai in quella sala troppo stretta. Non sapevo che avessero invitato anche lui...

Tutti gli schiamazzi della gente scomparirono dopo che lui mi sorrise, insicuro.

<< Scusami un attimo >>, mi congedai alzandomi traballante e andando verso di lui, sforzandomi di non correre.

<< Ciao >>.

<< Ehi, ciao >>.

Rimanemmo in silenzio, senza nulla da dirci. Non avevamo voglia di scherzare né di parlare del film che stavano per proiettare. Ci sedemmo lontano dal nostro gruppo di amici.

Quando scese il buio nella sala, e sul grande schermo proiettarono le pubblicità iniziali fu ancora peggio di quanto me lo ero immaginato.

Il mio sorriso finto sparì, come il suo.

<< Vado a prendere qualcosa da bere >>.

Con la mano bloccai il suo movimento, prendendo la sua di mano. << No >>. Sussurrai. << Ci hai pensato? >>, chiesi con esitazione. Guardavo senza staccare gli occhi le immagini dei titoli di testa che scorrevano troppo veloci.

<< Sì >>, lo sentii stringere la mia mano.

Poi sorrise al buoi del cinema, mi sembrò il sorriso più abbagliante che avesse mai fatto.

Senza avere il bisogno di dirci niente uscimmo dalla sala buia, mano nella mano, con una muta consapevolezza.

Quando ci trovammo fuori, da soli la consapevolezza si fece presente come uno schiaffo e fece in modo di farmi lasciare andare la sua mano.

La punta delle dita divennero fredde, in assenza della sua mano che le stringeva.

<< Tu mi piaci >>, gli dissi, mantenendo la calma. << Molto >>. Gli venne da ridere, glielo lessi negli occhi chiari. << Mi piaci moltissimo >>. Abbassò lo sguardo.

<< Okay >>, sospirò. << Non hai più paura di rischiare? >>.

Avevo la tentazione di rispondere di no. Ma avrei mentito. << Un po’ >>. Era una via di mezzo.

Ad essere abituata ad evitarlo, lo ero. Ma non sapevo come avrei sopportato l’idea di non vedere più il suo sguardo da stupido e amabile ragazzino rivolto a me. Tanto valeva esagerare, allora, se sapevo che l’avrei preso...

Si sedette su di una sedia dall’aria scomoda. Le luci al di fuori della sala erano deboli, facevano pervadere le ombre sul suo viso pensieroso da far paura.

<< Ti fidi di me? >>, mi venne da chiedere.

<< Sì >>, mi guardò perplesso, sorridendo, strano. Mi avvicinai a lui, con lo sguardo fisso nei suoi occhi. Ero vicinissima, calai il busto per essere all’altezza del suo viso. << Chiudi gli occhi >>.

Lo vidi esitare, con le labbra schiuse. << Mm >>, poi fece come gli avevo pregato di fare.

Amen. Posai le mie labbra sulle sue per pochi secondi: fu qualcosa di semplice e per niente teso.

Mi allontani alla svelta non prima di avergli detto: << Adesso puoi anche non fidarti più... >>.

Non piansi, quando vidi il suo volto imbambolato a fissarmi. E non lo feci mentre me ne andavo da quel posto, più velocemente possibile.

A scatto ritardato si alzò dalla sedia sul quale era seduto e mi rincorse, facendo un gran rumore.

Mi prese per le spalle, bruscamente, e poi premette la sua bocca sulla mia.

Preso dall’imbarazzo, mi abbracciò forte schiacciando la sua guancia sulla mia testa.

Sorrisi, dentro di me, ricambiando la stretta.

<< Se non mi fidassi non saremo a questo punto >>, ridacchiò. << Scema >>.

Mi sentii lusingata a quell’appellativo: voleva pur dir qualcosa. << Ti amo anch’io >>.

Era sempre stato un uomo di poche parole che si faceva capire al volo.

  
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