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Autore: fleacartasi    10/01/2010    2 recensioni
La vecchia cornacchia, mi chiamano, anche se penso di assomigliare di più ad una civetta. I miei occhi hanno il colore dell'ambra, e i miei capelli sono bianchi e soffici, come piume arruffate.
Non sono molto socievole, lo ammetto, ma chi ha bisogno della compagnia umana? Ho le stelle, le comete, i pianeti: sono lontani, ma non mi fanno mancare il loro appoggio. Non ho mai ricevuto una scatola di cioccolatini da Venere, è vero, e Mercurio non mi spedisce bigliettini apprensivi quando mi ammalo, ma se ho bisogno di parlare so dove trovarli. Basta salire una rampa di scale, senza fretta. Del resto, come si divertono a dire i miei alunni, la notte è giovane.

Fanfiction vincitrice del "Teachers in red!", indetto dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight }
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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When the stars go blue




I giorni scorrono in fretta, per me, avvolti nell'ovatta – scivolano, impertinenti, come bambini su una lastra di ghiaccio. Un semplice corollario della notte, mia compagna e confidente.
Li guardo da lontano, appollaiata sulla vecchia sedia a dondolo, sorseggiando una tazza di tisana. Mi nascondo fra le coperte, dormendo fino a tardi, e li sfioro appena, quando mi avventuro per i corridoi del castello in punta di piedi. Esco poco, e preferisco l'intimità sonnacchiosa delle mie stanze al chiasso del resto della scuola. Il mio regno si trova qui, all'interno della torre più alta: un piccolo ufficio dalla pianta circolare, e una stanza da letto più ampia, con un letto a baldacchino dalle tende celesti.
La vecchia cornacchia, mi chiamano, anche se penso di assomigliare di più ad una civetta. I miei occhi hanno il colore dell'ambra, e i miei capelli sono bianchi e soffici, come piume arruffate.
Non sono molto socievole, lo ammetto, ma chi ha bisogno della compagnia umana? Ho le stelle, le comete, i pianeti: sono lontani, ma non mi fanno mancare il loro appoggio. Non ho mai ricevuto una scatola di cioccolatini da Venere, è vero, e Mercurio non mi spedisce bigliettini apprensivi quando mi ammalo, ma se ho bisogno di parlare so dove trovarli. Basta salire una rampa di scale, senza fretta. Del resto, come si divertono a dire i miei alunni, la notte è giovane.
Non mi sono mai interrogata sulla mia presunta follia. Sono solo una squinternata che non sa rapportarsi con il mondo reale? Non direi. Sono
loro, il mio mondo, e il nostro rapporto è idilliaco.
Certo, a volte litighiamo.
Perché, dico io, devo mostrarsi solo quand'è buio? Mi è capitato sempre più spesso di sentirmi simile ad un vampiro, in questi anni. E mi risparmierei diverse influenze e malanni se Orione, i Gemelli e l'Auriga (*) si facessero vivi nelle nottate estive!
Eppure, dopo aver arrancato faticosamente fino alla terrazza della torre, dimentico tutte le mie sciocche lamentele: ci sono solo io, una nonnina dalla schiena ormai curva, e un'immensa trapunta fitta di punti luminosi. Si torna bambini, lassù, mentre ci si avvolge in un mantello spesso e si spalanca la bocca per la sorpresa, con il fiato che si condensa a formare nuvolette opache. E la luce che scaturisce dalla punta della bacchetta, così calda e spavalda solo pochi attimi prima, all'improvviso diventa insignificante, vuota, minuscola.
Non esiste incantesimo in grado di eguagliare la magia del cielo.
Avete ancora il coraggio di compatirmi perché sono sola?
Lo facevo anch'io, tanto tempo fa: la giovinezza era ormai – già? – lontana, le amicizie sbiadite, e un vecchio amore si era allontanato, lasciando solo una lieve impronta. Ero una donna come tante, con le carte delle costellazioni sotto il braccio e qualche piccolo sogno, e ho scelto la fuga. Non ero abbastanza forte per rimanere in un mondo che, dopo gli anni felici dell'adolescenza, mi aveva riservato solo sfide e salite. Ero troppo ingenua per capire che il mio destino, che mi sembrava ingiusto e crudele, era lo stesso di chi mi circondava. Accettai di sostituire il vecchio professor Harvey, deceduto all'improvviso, e Hogwarts si trasformò nel mio rifugio. Fu Albus Dumbledore ad accogliermi davanti all'ingresso: la neve cadeva senza sosta, e i fiocchi gli imbiancavano i capelli e la barba. Mi rivolse un sorriso, prima di occuparsi dei miei bauli, e fece aggiungere un posto al tavolo degli insegnanti.
Da quando ho varcato quella soglia, il giorno di Natale di ormai quarantacinque anni fa, non sono più tornata indietro. Mi rifiuto di muovermi persino durante le vacanze estive, con gran disappunto del signor Filch!
Quando il calendario arriva a mostrarmi l'ultima pagina, quella di dicembre, i miei pensieri corrono alla scelta che più di tutte ha segnato la mia vita. La scelta di dedicarmi interamente a questa scuola e a chi l'ha abitata, rendendola viva con la propria presenza.
Non sono mancati, durante questi anni, i momenti di sconforto: scoppiavo in lacrime, mentre aspettavo un sonno che sembrava non arrivare più, e mi chiedevo se Hogwarts non fosse solo un paravento dietro cui ripararsi. Ero stata una codarda? Mi ero costruita un bozzolo per proteggermi da avversità e delusioni? Mi stavo negando la possibilità di espormi – vulnerabile ed indifesa – ed essere felice? Mi addormentavo, infine, cullata dall'inquietudine, girandomi e rigirandomi fino a sprofondare nel materasso.
Quando, però, giungeva la notte successiva ed aprivo la porta della terrazza, l'ombra di un sorriso antico mi stirava le rughe sottili attorno alle labbra: loro erano lì, e parlavano e ridevano e sbadigliavano, aspettando la loro professoressa. Aspettando
me. E non importava se un alunno del quarto anno mi guardava con aria annoiata, o se una ragazzina altezzosa ridacchiava con le amiche invece di prestarmi attenzione.
Guardavo i miei studenti, prima di abbassarmi per regolare il telescopio, e capivo che non era stata solo paura.

Col bianco tuo candor neve
sai dar la gioia ad ogni cuor.
E' Natale ancora, la grande festa
che sa tutti conquistar.
Un canto vien dal ciel lento,
e con la neve dona a noi,
un Natale pieno d'amor,
un Natale di felicità...

Una voce acuta mi distrae dai miei pensieri. Mi alzo di malavoglia, posando la tazza piena per metà sul comodino, e mi dirigo nel mio ufficio. Sento qualcuno che canta un motivo natalizio, e se devo dire la verità è alquanto stonato. Rimango in ascolto per qualche istante, perplessa: possibile che sia proprio la voce del signor Filch?
“Professoressa!”
E' proprio il custode, che con la consueta delicatezza ha appena bussato così forte da far tremare tutta la stanza.
“Sono Filch, apra!”
Apro la porta, trattenendo un sospiro – in fondo è un brav'uomo, ma così nervoso! Forse gli dovrei consigliare di trascorrere una nottata a contemplare le stelle, una volta o l'altra. E' stupefacente quanto possa essere benefica qualche ora trascorsa al buio, in completo silenzio. “Buongiorno, Argus” Lo saluto, educatamente.
Lui ricambia con un cenno frettoloso, prima di trascinarmi davanti una ragazzina bassa e magra, con le guance paonazze e la cravatta di Ravenclaw allacciata alla perfezione. “L'ho trovata che gironzolava per la torre, professoressa” Esclama, con voce gioiosa. “Scommetto che voleva rubare qualcosa, magari un telescopio... Questi giovani peggiorano di anno in anno! Quale punizione vogliamo darle, professoressa?” Mi domanda, mentre gli si illuminano gli occhi.
“Io non stavo rubando niente!” Protesta la ragazzina, debolmente, diventando ancora più rossa. “Volevo solo...”
“Zitta, insolente, non dire bugie!” Le intima l'uomo, prima di tornare a rivolgersi a me. “Mancano tre giorni a Natale... Potremmo mandarla nella Foresta Proibita ad abbattere gli abeti per la Sala Grande” Propone, con entusiasmo.
“Ma cosa sta dicendo? Mandare una bambina ad abbattere degli abeti?” Lo interrompo, scandalizzata. “E' per questo che era così felice, prima?” Indago. “Stava cantando perché pensava alla punizione per questa studentessa?”
“Io non... Io...” Inizia a balbettare, abbassando lo sguardo. “Stava
rubando!”
“Ne è sicuro, Filch?”
“Cos'altro avrebbe potuto fare nella torre di Astronomia a quest'ora?” Ribatte lui, risentito, arrossendo quasi quanto la sua povera vittima.
“Chiediamoglielo” Dico, rivolgendomi alla studentessa. “Cosa stavi facendo qui nella Torre, cara? E ti dispiace presentarti? Sai, non ho più la memoria di una volta per i nomi. Sono sicura che tu sia del primo anno, ma proprio non riesco a ricordare come ti chiami”
“Jocelyn Morgan, professoressa, di Ravenclaw” Spiega, torcendosi la cravatta con le dita sottili e spiando la mia reazione. “Non volevo toccare nulla, la stavo solo cercando. So che avrei dovuto aspettare gennaio, ma stavo completando la carta dei pianeti e volevo sapere... Sì, insomma, volevo sapere se era possibile osservarli con lei, durante le vacanze” Questa volta sono i suoi occhi a brillare.
“In questi giorni Hogwarts sarà bellissima, Jocelyn” Obietto. “C'è il torneo, e stanno organizzando il ballo. Ho sentito dire che tra gli studenti di Durmstrang c'è anche un giocatore di Quidditch famoso, un certo Drum...”
“Si chiama Krum” Precisa Filch, senza riuscire a trattenersi.
“Krum, ecco. Se trascorrerai cinque ore per notte a studiare i pianeti sarai stanca, e non potrai goderti le vacanze” La scruto con attenzione, cercando di non sembrare minacciosa. “Sei sicura di voler rinunciare agli appostamenti a Drum insieme alle tue amiche?”
Si chiama Krum, signora!” Ripete il custode, prima che lo fulmini con un'occhiataccia.
“Sì” Risponde subito Jocelyn, senza esitazione. “Il Tremaghi non mi interessa, e... Non ho molti amici, qui” Aggiunge, con uno sforzo notevole. “Preferisco mille volte l'Astronomia”
Jocelyn mi sorride, esitante. E' piccola e timida, ma nei suoi occhi chiari intravedo la stessa luce che ancora abita i miei. Ricambio il sorriso. “Ti piace il cielo, vero?”
Lei annuisce, senza trovare altre parole. Io, in ogni caso, non ne ho bisogno. “Allora siamo d'accordo, signorina Morgan. Ci vediamo domani a mezzanotte sulla terrazza,
puntuale. Potrò anche non ricordare il suo nome, ma so bene che ha una certa propensione ad arrivare in ritardo a lezione”
“Grazie!” Esclama, riconoscente. “Sarò puntuale, glielo giuro”
“Però ti devo chiedere di concedermi la sera della vigilia per andare a divertirmi. Sai, mi è sempre piaciuto ballare, e a Hogwarts le occasioni scarseggiano” Le faccio l'occhiolino, e lei ridacchia.
“Ora smettila di disturbare la professoressa, ragazzina” Gracchia Filch, astioso come suo solito. “O ti punirò, oh sì che ti punirò...”
“Signor Filch, la smetta subito!” Gli ordino, senza farmi intimidire dalla sua espressione acida. “E accompagni giù la signorina, piuttosto”
“Ma... Vergogna... Questi studenti impertinenti... E gli insegnanti che li assecondano anche! Ormai non è più come una volta... Appenderli per i piedi, allora sì che c'era la disciplina, quella vera...” Borbotta lui, cercando di non farsi sentire.
“Ha detto qualcosa?”
“Assolutamente no, signora Sinistra” Si affretta ad assicurare, con un sorriso mellifluo che mette in mostra due file di denti marci. “La accompagno subito. Andiamo, ragazzina”
“Allora a domani” Jocelyn mi rivolge un saluto incerto, non molto entusiasta alla prospettiva del breve viaggio insieme al custode.
“A domani” Rimango sulla soglia, osservando quella coppia quanto meno singolare mentre si allontana.
Quando le due sagome sono ormai sparite, mi chiudo la porta alle spalle. Ripenso ancora una volta alla voce di Jocelyn, alla passione – ancora un germoglio, una timida impressione – che trapelava dal suo viso rotondo, alla sua richiesta. Senza rendermene conto, inizio a canticchiare sotto voce.

Tu dici nel cader neve
il Cielo devi ringraziar!
Alza gli occhi guarda lassù
é Natale non si soffre più.

Io, il cielo, lo ringrazio tutte le notti.



* * * * *



(*) Non sono un'esperta di costellazioni, ma da quanto ho capito queste sono visibili nel cielo invernale :)



NOTE

Secondo il Lexicon, la Sinistra si chiama Aurora: non è strettamente canon perché era solo segnato su una nota della Rowling, ma è comunque meglio di qualunque altro nome che avrei potuto inventarmi.
La fic è ambientata nel dicembre del 1994, anno del Tremaghi. Il titolo non c'entra nulla, me ne rendo conto T_T
Qualunque commento/critica è bene accetto, come sempre!

Questa storia ha partecipato – ed è arrivata prima ^^ – al contest “Teachers in red!”, del C.o.S – Collection of Starlight.

Alla prossima!

Flea.



  
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