Disclaimer: I
personaggi
non mi appartengono. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti
è pura
coincidenza.
Remembering
Sunday
Jacob
apre gli occhi, svegliandosi dal suo sonno buio e
senza sogni.
Si passa una mano sulla fronte, sentendola pulsare
dall’interno.
Si alza, ma un capogiro gli fa rivoltare lo stomaco.
Con fatica, si infila le scarpe.
Non è sobrio da parecchi giorni.
**
Edward
lo aveva preso per mano, con quel suo sorriso
diabolico, e lo aveva condotto nel bosco.
Si era fermato sotto un albero, e si era voltato per guardarlo negli
occhi.
“Perché mi hai portato qui?”
Edward non aveva risposto, lo aveva solo abbracciato, affondando il
viso nel
suo torace.
Jacob lo aveva stretto a sé, sospirando.
“Sto bene nelle tue braccia, Jacob.”
Restarono così per un tempo inestimabile. Senza motivo, solo
per sentirsi
vicini.
**
Jacob
apre la porta di casa, ed inizia a camminare per la
via.
Sono le due del mattino, e lui porta in mano una bottiglia di vodka
avvolta in
un sacchetto di carta.
E poi, poi si ricorda di quella domenica.
Avevano fatto colazione insieme.
Non si rende neanche conto di essere in ginocchio in mezzo alla strada.
Davanti ai suoi occhi solo quelle immagini.
Il suo viso, il suo sorriso.
Edward.
**
Erano
seduti in un piccolo tavolo circolare, bianco, nella
cucina dell’appartamento di Edward.
Jacob tentava di mangiare quelle due uova davanti a lui, ma provava un
formicolio alla nuca, come se qualcuno lo stesse fissando.
Infatti, quando aveva alzato lo sguardo, si era accorto che Edward si
era
allungato sul tavolo, poggiava i gomiti sulla superficie, e i suoi
occhi lo
accarezzavano, oltre la tazza bianca.
“Che c’è?”
Lui non aveva risposto, ma le sue labbra si erano piegate in un leggero
sorriso.
Jacob aveva sentito miliardi di farfalle nello stomaco, sotto quello
sguardo
pieno d’amore.
Il sole illuminava Edward, facendo brillare quei suoi capelli ramati,
facendo
risaltare la pelle candida e la maglietta bianca, attraversando le sue
bellissime iridi color miele.
Jacob aveva pensato di dover essere in Paradiso, circondato da tutto
quel
bianco candido della cucina, e che quello doveva essere il suo angelo,
il suo
bellissimo angelo.
**
Jacob
si rende conto di essere in una zona che conosce.
Il quartiere dove abitava Edward.
Avvicina la bottiglia alle labbra, e ne beve una lunga sorsata.
Non riesce a trattenere una lacrima.
**
Jacob
aveva deciso cosa fare.
Gli voleva chiedere di sposarlo, anche se sapeva che non credeva
nell’amore; ma
come poteva rifiutare quel sentimento che gli riempiva la mente, il
cuore, le
vene?
Quell’amore lo stava quasi facendo diventare pazzo, pazzo di
felicità. Era una
sensazione che gli faceva girare la testa, quasi come se fosse ubriaco
di vita.
Era andato a cercarlo, nel suo appartamento, eccitato e felice come non
mai.
Ma nessuno gli aveva aperto, non quella volta.
**
Ora Jacob piange, in piedi, come un albero d’autunno.
Piange senza emettere un suono, senza muoversi, solo gli occhi sembrano
vivi.
Il dolore gli squarcia il petto, gli strappa il cuore, gli prende la
gola.
Alza di nuovo la mano e beve. Beve per dimenticare.
Beve per affogare i pensieri.
**
Quel
giorno pioveva, come non faceva da anni.
La città era grigia, vuota, silenziosa: non si poteva
sentire nient’altro,
tranne le gocce che si infrangevano sulla superficie del quartiere.
Ma Jacob era lì, voleva chiedere a qualcuno se avesse visto
Edward. Non lo
vedeva e non lo sentiva da più di una settimana, ormai.
Una sequenza di facce sconosciute si erano rifiutate di rispondergli,
scuotendo
la testa o abbassando lo sguardo.
Ma ora stava suonando a casa di una sua amica, era sicuro di trovare
una
risposta.
“Jacob.”
“Bella… Scusami per
l’intrusione… Ma vorrei sapere che fine ha fatto
Edward,
sono settimane che non si fa sentire, né
vedere…”
Lei era rimasta a bocca aperta, lo aveva fissato, scioccata.
Poi aveva abbassato lo sguardo.
“Se ne è andato.”
**
Una
leggera pioggia inizia a bagnare la notte.
Jacob è seduto di fronte all’appartamento di
Edward, lasciando che le gocce gli
scorrano sulla pelle, sui capelli, sui vestiti.
Nulla ha più senso.
Non più, ora.
**
Jacob, non tornerò.
Ho fatto qualcosa di terribile, non vorrei parlartene, ma credo che tu
voglia
questo.
Ora la pioggia mi sta bagnando i capelli, il corpo, i vestiti.
Ti amo, lo sai?
Non te l’avevo mai detto prima, ma mi sembra il momento
giusto, ora.
Mi hai fatto ricredere. L’amore esiste…
Ma io non sono fatto per questo.
Tu sei una persona splendida, sei così perfetto che starei a
guardarti tutto il
giorno, Jacob…
Non avevo capito perché mi sentivo così al tuo
fianco, fino a poco tempo fa.
Quella sensazione di calore che ti nasce dentro, il cuore che scoppia,
così
pieno di amore che ti sembra che anche le vene ne siano invase. Ho
scoperto
parti della mia anima, del mio cuore, che non sapevo neanche di
possedere.
Mi sento come un bambino, quando vedo il tuo sorriso; mi perderei nei
tuoi
occhi neri ogni istante dell’eternità, starei
nelle tue braccia finché la fine
di tutto non ci cogliesse.
Ma ora il mio corpo è lì, su quelle rotaie. La
pioggia lava via il sangue, i
miei occhi sono chiusi.
Non riesco più a sentirti, Jacob, non riesco neanche
più a muovermi.
Posso solo guardarti, da quassù, a migliaia di chilometri
dalla terra.
Sono a casa, qua tra le nuvole, lo sento.
Terrò sempre uno sguardo su di te, mio piccolo Jacob.
Ti amo.
“…
E’ morto.”
**
Jacob si rialza,
traballante, e
si allontana.
Torna a casa, in lacrime.
Ora vuole solo tornare a casa.
Note dell’autrice:
Buonasera
a tutti..
Una one un po’ triste, stavolta. Rispecchia il mio umore.
Per favore, vorrei commenti sinceri, perché questa fic
è parte di me. È ispirata
ad una canzone degli All Time Low, “Remembering
Sunday”. Bellissima.
Grazie per chi legge, siete dei tesori.
Baci,
Jules.