Ciao ragazze!
Un pò mi odierete lo so.
Ma questa shot era lì, nella piega di un'emozione provata e
che non se ne è
andata mai veramente.
Vorrà dire che vi
rimborserò il costo dei fazzoletti!
Per il resto... bè fatemi
sapere "quanto" mi odierete!
Rassicurandovi che il
prossimo incontro sarà sicuramente sulla scia di altre
emozioni... vi saluto!
Un bacio.
Laura.
PS: mi ha accompagnato
nella stesura di questa shot la canzone "Ferro e cartone" di
Francesco Renga. Con le sue note e il suo testo, ha rafforzato il
ricordo di
quell'emozione.
So che dicendovelo
contribuirò, forse, al consumo di fazzoletti! Ma
già vi ho detto che sono
pronta a rimborsarvene il costo...
Come ogni mattina si era
svegliata e si era scoperta ancora viva.
La bocca impastata, la
testa pesante, lo stomaco sottosopra, di solito si sarebbe alzata per
andare in
bagno.
Lì, avrebbe evitato di
guardarsi allo specchio, spogliandosi degli abiti spiegazzati. Poi si
si
sarebbe infilata sotto la doccia.
Almeno fino a quando non fosse scomparsa la nausea e non si fosse riappropiata di un minino di
lucidità.
Quella necessaria per
uscire, asciugarsi, tornare in camera e vestirsi.
Solo allora, si sarebbe
guardata allo specchio. Ed avrebbe rivisto la stessa immagine di tutte
le
mattine: una ragazza dagli occhi spenti, circondati da ombre scure.
Lineamenti affilati,
pallidi. Una bocca contratta in una linea dura.
Sarebbe poi andata in
cucina. Avrebbe riscaldato un pò di caffè, lo
avrebbe consumato stando in
piedi, senza pensare, o vedere, veramente nulla di quello che la
circondava.
Poi avrebbe preso la
borsa, chiuso la porta ed affrontato un'altra giornata di lavoro.
In quel call center dove
nessuno sembrava trovarsi bene, tranne lei.
Troppe telefonate, troppi
clienti insoddisfatti, troppe lamentele, troppi problemi. Troppo di
tutto.
Ma non per lei. Per lei
non era mai abbastanza. Troppo presto arrivava la fine del turno. E si
ritrovava di nuovo viva.
Quella mattina, però, non
avrebbe dovuto compiere i soliti gesti.
Quella mattina poteva
prolungare la sensazione di non essere viva.
Aveva allungato il braccio
verso il comodino, per cercare ciò di cui aveva bisogno.
Senza rimorso per la
promessa fatta solo... quando? Qualche ora prima?
- Prometti che
domani mi chiamerai?
- Certo.
- Ti prego, fallo.
Potremo anche non fare niente, ma non voglio che tu stia da sola
proprio
domani.
- Ti chiamerò.
- Davvero?
- Davvero.
Era un bravo ragazzo. Lo
era sempre stato. Era l'unico che non aveva ceduto.
L'unico che continuava a
tirarla fuori da quella bettola, dove si rifugiava tutte le sere, dopo
la fine
del suo turno.
Quando ormai non era più
nemmeno in grado di tenere in mano il bicchiere, lui arrivava.
Pagava il conto, le
infilava il giubbotto, l'aiutava a stare in piedi.
La sosteneva lungo la
strada, quando il suo stomaco si ribellava a tutto l'alcol ingerito,
l'aiutava
ad entrare in casa.
La portava in camera, la
faceva stendere sul letto, le toglieva le scarpe, la copriva.
Quando già si sentiva
sprofondare in quel sonno senza sogni, a volte sentiva la sua carezza
sfiorarle
lieve i capelli. A volte la guancia smagrita.
A volte lo aveva sentito
pronunciare il suo nome come un sospiro.
Il pensiero di quel
ragazzo e la promessa fatta, l'avevano fermata solo per un attimo.
Poi la sua mano aveva
cercato la bottiglia. Quella che la sera prima, dopo che lui se ne era
andato,
aveva avuto la forza di recuperare.
In previsione di questo
risveglio.
Ma doveva essere più
stordita del solito. Perchè non riusciva a trovarla.
Non avrebbe voluto dover
aprire gli occhi nemmeno per il tempo necessario a metterla a fuoco.
Ma proprio non poteva fare
altrimenti.
Aveva sollevato appena il
viso ed aperto gli occhi.
Ed aveva incontrato degli occhi, un viso, che l'avevano riportata in un passato da cui continuava
a
fuggire.
- Ciao...
Una voce, un saluto
l'avevano riportata in quel passato che l'aveva vista viva e felice
di
esserlo..
- Ciao...
- Ciao...
Il viso di Fred era
stata la prima cosa che i suoi occhi avevano incontrato appena sveglia.
Occhi azzurri,
sorridenti, solari... pieni di quell'amore appena vissuto.
Era arrossita.
E lui le aveva sorriso
ancora di più. Poi l'aveva abbracciata.
- Ti prego, dimmi che
non sei pentita.
Lei era arrossita
ancora di più.
Non era assolutamente
pentita...era solo che le ci era voluto un attimo per capire che era
successo
davvero.
- No. Non sono affatto
pentita... solo che...
Lui adesso si era messo
a ridere. E l'aveva stretta di più. Si era ritrovata ad
appoggiare il viso sul
suo torace nudo.
Aveva sentito quel
cuore battere forte. Non forte come nella notte appena trascorsa
insieme... ma
abbastanza forte da farle capire quanto fosse felice anche lui.
- Non ho bisogno di
sentire altro.
E l'aveva baciata. Con
amore, passione, irruenza.
E lei aveva fatto lo
stesso.
- Ti amo Hermione. Mi
sembra impossibile, ma ti amo da impazzire.
- Ti amo anch'io Fred.
E a me sembra ancora più impossibile... ma ti amo anch'io da
impazzire!
Nella camera che
l'aveva vista bambina, poi ragazzina ed ora maggiorenne, aveva scoperto
l'amore.
Quello che ti riempiva
il cuore e ti faceva sentire viva.
E lo aveva scoperto con
Fred.
Un amore che l'aveva
travolta, come l'aveva travolta lui.
Nonostante il mondo
magico si apprestasse ad affrontare la minaccia di Voldemort,
nonostante loro
si trovassero ad affrontare in prima linea quella terribile minaccia,
si erano
innamorati.
E non avevano sprecato
più un minuto, un'ora, un giorno.
Si erano amati,
vissuti, posseduti.
Fino a diventare quasi
una persona sola.
- Cercavi questa?
Si era riadagiata sul
cuscino ed era tornata a chiudere gli occhi.
Li stringeva con tanta
forza che avrebbero potuto non aprirsi mai più. Un'idea
tutt'altro che
terribile.
- Rimettila dove l'hai
trovata e vattene.
Sapeva che la sua voce sarebbe
risultata roca, impastata, irriconoscibile.
Non come la sua:
stanca, rassegnata... ma pur sempre così... familiare,
così dannatamente viva..
- Lee era molto
preoccupato per te... e alla fine, mi ha chiamato.
Era un bravo ragazzo, Lee,
ma stava iniziando a preoccuparsi troppo.
Lei voleva solo essere
lasciata libera di non sentirsi più viva..
- Vattene.
- Lo farò. Non prima di
aver portato a termine quello per cui sono venuto.
Il tono di voce non era
cambiato. Solo aveva assunto una sfumatura più determinata.
- Vattene.
Aveva cercato di inserire
anche lei una sfumatura più dura. Ma la voce era ancora
troppo impastata.
- Hermione...
Lo aveva intuito un
attimo prima. Una frazione di secondo prima che lui lo dicesse. Si era
sollevata, era scattata, ma non era stata abbastanza veloce.
- ... Fred è morto. Niente
di quello che potremo fare lo riporterà in vita. Niente.
E l'inferno si era di
nuovo spalancato per inghiottirla. Un inferno in cui continuava a
rivedere
sempre la stessa scena.
Ovunque si combatteva.
Hogwarts era divenuta il teatro della battaglia finale.
Lei, Harry e Ron erano
tornati dove tutto era cominciato.
Quando erano entrati
nella Stanza della Necessità e vi avevano trovato i compagni
di una volta, si
era sentita quasi a casa.
Mancava solo una
persona per eliminare quel quasi.
Era giunta poco dopo. E
non avevano avuto paura di mostrare a tutti quanto si amassero.
Si erano ritrovati
abbracciati.
Si erano baciati ed
erano convinti che non si sarebbero più separati.
Mai più.
E così era stato quella
sera, quando avevano combattuto sempre vicini.
Attenti che l'altro
fosse sempre meno esposto rispetto a se stessi.
La bravura di Hermione,
l'animo impavido di Fred.
Poi era arrivato Percy.
Fred ne era rimasto piacevolmente sorpreso.
Percy che si era
ricreduto, Percy che aveva fatto ridere Fred.
Quella risata che le
aveva scaldato il cuore tante volte, era stata anche l'ultima.
Il raggio verde era
arrivato inaspettato, da dietro le sue spalle, lo aveva colpito rapido
ed
implacabile.
Quegli occhi azzurri
avevano fatto in tempo a cercare i suoi, per poi diventare vitrei,
freddi, come
mai avrebbe creduto possibile vederli.
Lei aveva urlato, Percy
aveva urlato, Ron aveva urlato.
Si era gettata su di
lui, insensibile a tutto ciò che stava avvenendo intorno a
lei. Indifferente a
Percy che aveva ucciso il Mangiamorte che aveva colpito Fred.
Indifferente alla
battaglia che tutt'intorno proseguiva furiosa.
Lei vedeva solo quegli
occhi spenti, quella bocca ancora piegata nel sorriso che poco prima
l'animava.
Si era ribellata alle
mani che l'avevano afferrata per portarla via da lui.
Aveva gridato e
scalciato.
Aveva scalciato e
gridato.
Ma George non l'aveva
lasciata andare. Piangendo già quelle lacrime, che lei non
avrebbe mai versato,
l'aveva portata via.
L'aveva portata via da
lui.
L'aveva obbligata a
salvarsi.
L'aveva obbligata a
vivere.
E lei non aveva mai
saputo perdonarglielo.
Lo aveva colpito con una
forza che non sapeva più di possedere.
Uno schiaffo così forte,
così violento che lo aveva fatto arretrare.
Sulla guancia spiccava
rossa l'impronta della sua mano.
- Vattene!
Non le sembrava più la sua
voce. Dura, cattiva, come il pensiero che martellava il suo cervello.
E quegli occhi lo
avevano capito. Lo sentivano, perchè la conoscevano.
- Dillo, Hermione.
Lo pensava continuamente
nei momenti in cui la sua mente trovava un pò di
libertà.
Quando non era imbrigliata
dalle pressanti richieste di clienti insoddisfatti, quando non era
annebbiata
dall'alcol, quando non sprofondava in quel sonno privo di sogni.
Lo pensava e ne
soffriva. Ne soffriva, ma lo pensava. Un circolo vizioso da cui non
poteva
liberarsi.
- Non c'è un momento in
cui non lo pensi anche io.
Non voleva vedere in
quegli occhi il suo stesso dolore. Non voleva vedere in quegli occhi il suo stesso
tormento.
Non voleva vedere in
quegli occhi il suo stesso desiderio.
Perchè se lo avesse saputo
lui, li avrebbe accusati di non averlo amato
davvero. Di non aver capito
nulla di lui.
Di non aver compreso
quanto lui amava loro. Di quanto sarebbe stato felice che fossero loro
ad
essere ancora vivi.
- Se sapesse quello che
desideriamo, se sapesse che entrambi ci stiamo distruggendo... lui ci
odierebbe.
Lo aveva colpito
nuovamente. Con più forza di prima. Con la forza con cui
quel pensiero
martellava il suo cervello.
Un pensiero che
l'allontanava da lui. Che faceva assumere un'espressione dura a quegli
occhi
azzurri che invece ricordava dolci, amorevoli, sorridenti.
Era nuovamente
indietreggiato. Accusando il colpo senza reagire, se non tornando a
guardarla.
- Potrai colpirmi tutte le
volte che vorrai, potrai colpirmi sino a non avere più la
forza per farlo,
Hermione.
C'era ancora dolore in
quegli occhi. Tormento. E lo stesso desiderio.
- Ma non me ne andrò da
qui, fino a quando non l'avrai detto.
Un pò di quella durezza,
l'aveva ritrovata anche in questi occhi azzurri.
Così familiari, così
difficili da guardare.
Lo aveva colpito di nuovo.
E poi ancora. E poi ancora.
Ogni colpo sembrava
accrescere la determinazione del ragazzo, anzichè fiaccarla.
E alla fine, lei non aveva
più avuto forza per farlo.
E lui era ancora lì,
davanti a lei.
Con quel dolore, quel
tormento, quel desiderio.
- Se lo dirò, te ne
andrai?
Lo aveva sussurrato. Tanto
da non essere sicura che fosse stato solo un pensiero.
- Sì.
Era stata la sua risposta.
Tutto il suo mondo era
crollato.
Tutto aveva perso senso
e ragione.
La sconfitta di
Voldemort, la vittoria di Harry, il mondo magico, la sua stessa vita.
Tutto si era disperso
come cenere al vento.
Non le era rimasto
nulla.
Nulla per cui valesse
la pena esistere.
Lui se ne era andato.
E con lui, la sua
voglia di vivere.
All'inizio l'avevano
lasciata fare.
Il suo rifiuto per il
mondo magico era stato scambiato per un bisogno di elaborare il lutto.
Il suo trasferimento
nella Londra babbana era avvenuto una settimana dopo.
La prima volta che
l'avevano trovata ubriaca era stato a distanza di due settimane.
Harry, Ron, Ginny
l'avevano attribuito ad un momento di debolezza.
La seconda volta era
stato solo due giorni dopo.
Lo avevano trovato
strano, ma non ancora preoccupante.
La terza volta, c'era
anche George. E lui aveva visto qualcosa nel suo sguardo.
Qualcosa che l'aveva
indotto a cercarla il giorno dopo.
Ma lei lo aveva
respinto con fermezza.
La quarta volta,
c'erano solo Harry e Ron. Si erano molto preoccupati, tanto che
avrebbero
voluto portarla alla Tana.
Ma lei aveva già
iniziato il suo percorso distruttivo.
E li aveva cacciati con
parole così dure, così spietate, così
accusatorie, che i suoi amici di sempre,
quelli che avrebbero dato la vita per lei, si erano trovati inermi.
Le avevano lasciato
tempo. Nella speranza che qualcosa cambiasse.
Ma lei precipitava
sempre più.
Di giorno in quel call
center, di notte in quella bettola.
George scacciava i suoi
demoni partecipando ad ogni missione pericolosa che richiedesse
l'intervento di
un Auror.
Ogni tanto tornava,
ogni tanto la cercava.
Ma lei aveva continuato
a respingerlo con fermezza.
Sino ad ora.
Lo aveva capito che non
l'avrebbe lasciata andare, questa volta.
Lo aveva capito da come
l'aveva guardata.
Lo aveva capito da come le
aveva parlato.
Questa volta l'avrebbe
costretta a guardarsi dentro.
E dentro lei non aveva che
dolore, paura, tormento.
Tutto ciò che lui
non avrebbe voluto.
Ma se non ci fossero più
stati, lui se ne sarebbe andato davvero.
Se lei avesse smesso di
desiderare di essere morta al posto suo, Fred l'avrebbe lasciata libera
di
continuare a vivere senza di lui.
Si era irrigidita e aveva
stretto con forza i pugni.
- Fred ti amava. Molto più
di quanto tu possa immaginare.
Si era avvicinato. L'aveva
presa per un polso. L'aveva obbligata a prendere la bottiglia che
teneva ancora
in mano.
Quella che lei non aveva
trovato sul comodino, al suo risveglio.
- Lui non avrebbe smesso
di vivere. Perchè avrebbe saputo che tu non lo avresti mai
voluto.
Si era allontanato.
L'aveva guardata un'ultima volta.
La bottiglia le era
sfuggita di mano.
Il rumore del vetro
infranto non aveva coperto del tutto il singhiozzo.
- Ho desiderato di essere
morta al posto suo, ogni giorno.
Un altro singhiozzo aveva
rotto il silenzio.
- Ogni volta che ho aperto
gli occhi, ed ho scoperto di essere ancora viva, ho desiderato che non
fosse
così.
I singhiozzi stavano
risalendo come onde pronte a travolgerla.
- Ogni maledettissima
volta ho sperato, ho desiderato, ho pregato che fosse successo a me.
La stava ancora guardando.
E lei aveva avuto la
sensazione, reale, che fosse lui
a farlo. Un'ultima volta.
- Per non dover credere
che fosse morto davvero. Che mi avesse lasciata sola.
E lui la stava
guardando. E le stava sorridendo. Quegli occhi azzurri di nuovo caldi,
amorevoli, sorridenti.
La prima lacrima aveva
avuto il sapore del loro amore.
Quell'amore che lei
custodiva ancora nel cuore.
- Non avrebbe mai voluto
lasciarti sola. Ma non avrebbe mai voluto che tu morissi al posto suo.
Quell'amore che avrebbe
sempre custodito nel suo cuore, anche se lo avesse lasciato andare.
- Devi vivere, Hermione.
Solo così saprà che lo hai amato veramente.
Avrebbe vissuto senza
di lui, perchè lei avrebbe voluto che lui lo facesse al
posto suo.
Si sarebbe arrabbiata -
e molto - se lui non lo avesse fatto.
- L'ho capito anch'io.
Senza di lui sarà come vivere a metà, ma
sarà vivere. E lui lo avrebbe voluto.
Già, lui lo avrebbe
voluto, per loro.
Le lacrime ormai le
scendevano copiose. E lei non stava più cercando di
respingerle.
- Sarà difficile,
Hermione, ma ce la faremo.
Se ne era andato. Ma
non del tutto. Era tornato quest'ultima volta. Per dirle che una
speranza c'era
sempre.
E glielo aveva detto
quello sguardo azzurro, che era tornato sereno, prima che sparisse
insieme alla
presenza di George.
- Hermione, quanto
tempo è passato dall'ultima volta che ti ho detto "ti amo"?
- Vediamo... due
minuti?
- Troppi... ti amo!
Si erano appartati in
un angolo tranquillo, nel giardino dietro la Tana. L'allegra confusione
degli
invitati giungeva un pò lontana.
Aveva riso e lo aveva
baciato. Un bacio a fior di labbra.
- Ti amo anch'io!
Lui aveva ricambiato il
bacio.
- Quando sarai lontana,
sarà difficile vivere senza di te.
Aveva cercato di non
perdere il sorriso. Perchè sapeva che lui voleva
così.
- Non sarà difficile,
Fred... sarà molto difficile!
Lui aveva sorriso.
- Devi farmi una
promessa, Hermione.
Ancora aveva cercato di
respingere quella sensazione soffocante che le stava attanagliando la
gola.
- Sentiamo...
L'aveva guardata: negli
occhi azzurri un'espressione limpida, serena.
- Promettimi che saprai
sempre vivere. Per quanto difficile ti sembrerà, lo farai.
Andrai avanti.
Aveva guardato lontano.
Per cercare di respingere le lacrime suscitate dalla sola idea che
dovesse
farlo davvero.
- Te lo prometto, Fred.
Lui le aveva preso il
mento tra le dita. Per guardarla negli occhi.
- Bene. Te lo prometto
anch'io.
L'aveva baciata. Questa
volta un bacio che aveva il sapore di quella promessa.
Poi erano tornati tra
gli invitati. Quella promessa di vita tra di loro.
Non l'aveva mai
dimenticata.
Era rimasta in sospeso, in
questi due anni che erano seguiti alla sua morte.
E adesso era arrivato
il momento di rispettarla.
Sarebbe tornata a
vivere e lo avrebbe fatto perchè lo aveva amato
più della sua vita.
Un tiepido sole stava
sorgendo.
Hermione lo aveva accolto
con un sorriso.
- Una splendida giornata,
Fred. Di quelle in cui ti sarebbe piaciuto volare...
Nel dirlo aveva fissato il
ragazzo che le sorrideva dalla foto.
A cavallo di una scopa,
salutava.
Fred Weasley 1978-1997
Non aveva avvertito
nessuna fitta lacerante.
Solo una dolcezza infinita
invaderle il cuore.
Quel ragazzo l'aveva
amata. E lei aveva amato lui.
- Ciao...
Era comparso accanto a
lei. Come era già successo quello stesso giorno, nei due
anni precedenti.
Un appuntamento non
fissato, ma comunque avvenuto.
- Come stai?
Lei lo aveva guardato e
aveva risposto sinceramente.
- Bene. Grazie. E tu?
Lui aveva ricambiato
quello sguardo.
- Bene.
Poi anche lui aveva
guardato il ragazzo nella foto.
Come se guardasse in uno
specchio.
- Penso che volerò oggi.
Lei gli aveva sorriso
nuovamente.
- Mi sembra un'ottima
idea. E' una giornata perfetta per farlo.
Lui aveva annuito, senza
distogliere lo sguardo dalla foto.
- Ho saputo che sei stata
promossa.
Lei aveva sorriso di più.
Ed aveva annuito. Guardando anche lei la foto.
- Le notizie girano in fretta
al Ministero...
- Già... non ho fatto in
tempo a tornare e già mi stavano informando che avremmo
avuto una nuova
collega...
- Ti dispiace?
Lo aveva guardato. Lui
aveva fatto lo stesso.
- No, assolutamente.
Erano tornati a guardare
la foto.
Entrambi con una strana
sensazione nel cuore.
Quella che Fred,
sorridente sulla sua scopa, stesse salutando proprio loro.
E li stesse
ringraziando di averlo amato così tanto, da essere tornati a
vivere.
Angolino dell'autrice