~Sometimes you have to be apart from people you love,
but that doesn't mean you love them any less.
Sometimes it makes
love them even
more.~
When my world is
falling apart,
when there is no light to break up the dark
that's when I look at you.
When the waves are flooding the shore and I
can't find my way home anymore
that's when I look at you.
Capitolo due.
Lilian
Arrancai
sulle scale della veranda della casa dei nonni, quella che sarebbe
diventata
casa mia per un intero anno. Ferma, immobile, rimasi a fissare il legno
logoro
della porta d’ingresso, ferma dinanzi ad essa, combattuta.
Non mi andava di
entrare, affrontare mio padre, dovergli dare spiegazioni, ascoltare gli
inutili
discorsi della nonna circa la mia nuova vita lì. Non mi
andava di sorbirmi lo
sguardo indagatore del nonno. Non volevo vedere nessuno, eppure non
potevo e
non volevo continuare a vagare per le strade, da sola.
La sera era giunta, e la temperatura si era abbassata ancor di
più. Solitamente
a Settembre il clima era molto più caldo, tanto che si
poteva ancora circolare
con calzoncini e magliette a mani corte, ma, per qualche inspiegabile
motivo,
la mattina di quel giorno la temperatura era scesa vertiginosamente.
Quasi ad
accogliermi con freddezza e riluttanza, nella cittadina, nel mio
inferno
personale.
Scossi il capo e mi trascinai nell’angolo della veranda, dove
vi era situata
una vecchia sedia a dondolo e non potei impedire il doloro flashback
che mi
colpì come una secchiata d’acqua gelata.
Era il tardo pomeriggio di una calda giornata di giugno. E, oltre la
casa
bianca, dalle ringhiere e veneziane blu, i gabbiani stridevano sul mare
calmo.
Amanda, seduta sulla sedia a dondolo color noc,e disegnava su un
blocchetto. Le
mani sporche di carboncino, i capelli biondi e ondulati raccolti grazie
ad un
pennello, delle ciocche ribelli le sfioravano il viso sottile e ovale.
Dondolava piano e canticchiava. Accanto alla sedia un tavolino con
decorazioni
floreali, dipinte dalla stessa Amanda, un bicchiere di thè
freddo alla pesca.
Il suo preferito.
Lilian, sulla soglia della porta guardava la mamma disegnare con
espressione
tranquilla. Poi, un sorriso si allargò sul suo viso e
alzò il capo, puntando il
suo sguardo in quello della bambina di nove anni.
«Lo dai un bacio alla mamma?» chiese con fare
dolce, sorridendo come solo lei
sapeva fare. La bambina annuii e si avvicinò alla mamma,
baciandole la guancia.
«Cosa fai, mamma?» chiese curiosa Lilian.
«Disegno.»
«Lo vedo. Ma cosa?»
Amanda le mostrò il blocchetto e Lilian sorrise, mentre gli
occhi le si
illuminarono.
«Sono io!» esclamò.
«Esatto!». Il disegno ritraeva Lilian sulla
spiaggia, con un aquilone.
«Mamma…»
«Dimmi, piccola.» disse Amanda carezzandole il viso
e facendola sedere sulle
sue gambe.
«Mi insegni a dipingere?» chiese bevendo un sorso
di thè dal bicchiere della
mamma.
«Oggi stesso!»
«Davvero?»
Amanda annuì dolcemente baciandole sulla fronte.
«Ti voglio bene, piccola mia. Non scordarlo mai.»
«Ti voglio bene anche io, mamma.»
Ferma,
lì, persa nei ricordi, guardavo la sedia a dondolo, rovinata
dal tempo e
dall’umidità. Ferma, immobile, fredda.
L’immagine dai caldi e vividi colori fu rimpiazzata da quella
realtà cruda,
desolata e piena di struggente dolore e malinconia.
Mi avvicinai alla sedia a dondolo e la sfiorai con i polpastrelli.
Sentii le
venature del legno sotto la pelle.
Sorrisi, consapevole che non appena mi sarei rifugiata in camera,
circondata
dalle pareti che un tempo furono la sua segreta dimore, sarei scoppiata
a
piangere.
Perché mio padre sembrava non capire? Perché
tutti sembravano volermi
infliggere i più atroci dolori ogni secondo della mia vita?
Perché voleva farmi
restare lì, ricordarmi la sua assenza, quel sorriso che non
avrei mai più
rivisto? Era come se non importasse ciò che mi stesse
accadendo, la tempesta di
dolore e solitudine che si abbatteva sul mio animo.
Odiavo mio padre per ciò che stava facendo.
Quella casa per ogni vacanza estiva, natalizia, primaverile, era stato
il
nostro rifugio, come un mondo magico fatto dio colori, sorrisi e
risate. Ed
ora, senza lei, tutto sembrava vuoto e triste. Tutto era vuoto e
triste. Quel
luogo conteneva mille ricordi che ogni secondo sembravano scagliarsi
contro il
mio cuore, come il mare fa sulla scogliera. Non era come New York. Quel
posto
non era magico, non era il… nostro
posto.
Mi passai una mano sul viso e mi sedetti sulla sedia a dondolo, con lo sguardo fisso sulla
stradina deserta
dinanzi a me. Abbracciandomi le ginocchia e poggiando il mento su di
esse, una
posizione che troppo spesso avevo assunto negli ultimi due anni, presi
a
dondolare. Raggomitolata su me stessa cercavo di non sgretolarmi.
Con la coda l’occhio, vidi una figura avvicinarsi alla
scalinata della veranda.
Proveniva dal lato opposto a quello dov’erano io, dalla
destra. Il secondo
scalino scricchiolò, un’eterna caratteristica di
quella scalinata. Alzai lo
sguardo ed una donna sembrò guardarmi prima confusa, poi
rasserenata, come mi
avesse riconosciuta.
«Lilian?» chiese con l’ombra di un
sorriso e notai che in mano teneva un
vassoio di cartone. Pasticcini?
Feci una smorfia. «Lily.»
La donna sorrise e si avvicinò a me. Era alta, probabilmente
superava il metro
e settantacinque. Sarei sembrata una bambina affianco a lei, con il mio
metro e
sessantacinque.
Non mi alzai, rimasi, lì, con le gambe strette al petto a
dondolare.
«Forse non ti ricordi di me, sono
Cathy.
Abito a circa cinque case da qui. Quando eri piccola giocavi spesso nel
mio
giardino.» disse sorridendo.
Rovistai nel cassetto dei ricordi il suo viso rotondo, i suoi capelli
neri come
la notte, gli occhi marroni.
«Forse.» risposi vaga.
Cathy sorrise, ed io rimasi lì a fissarla seria.
«Forse eri troppo piccola.»
Annuii col capo. Probabilmente si aspettava che mi alzassi ma non lo
feci,
rimansi ancora lì seduta, senza muovere un muscolo.
«Tuo padre è in casa? Sono venuta per darvi il
benvenuto.»
Annuii col capo. «Grazie.» risposi indifferente,
senza sorridere.
«Okay.» mormorò. «Se avessi
bisogno di qualsiasi cosa non esitare a venirmi a
trovare, Lilian.»
«Lily.»
«Okay, Lily. Abito al 43.»
Annuii ancora col capo.
«Bene, allora… busso.» aggiunse a corto
di parole, oppressa probabilmente dal
mio silenzio. La guardai darmi le spalle e avvicinarsi alla porta,
battendo tre
colpi.
Qualcuno aprii. Riconobbi la voce della nonna.
«Cathy, cara!»
«Marie!», poi la porta si chiuse e le voci
sparirono.
Sospirando, ritornai a guardare la strada.
Poi ricordai dove avevo visto il suo viso.
«Ciao, piccola.» disse una
donna a
Lilian, piegandosi sulle ginocchia per poterla guardare negli occhi.
«Ciao.» rispose. Le piacev, quella donna. A
differenza di sua madre aveva i
capelli corvini e gli occhi scuri. Era come guardare la luna, per la
piccola
Lily. Contrapposta al sole estivo della mamma.
«Io mi chiamo, Cathy. Ti va di giocare in giardino, mentre io
e la mamma
scambiamo quattro chiacchiere?» chiese la donna sfiorandole
una ciocca di
capelli chiari.
Lilian, che allora aveva solo cinque anni, alzò lo sguardo
verso la mamma, che
le sorrise con fare dolce e la carezzò appena la schiena.
La bambina tornò a guardare Cathy ed annuì col
capo.
«Vedrai, di divertirai. C’è anche mio
figlio, sai? Non giocherai sola. C’è uno
scivolo.»
«Niente altalena?»
Cathy sorrise. «C’è anche quella
piccola.»
«Odiosi
vicini.» sibilai stendendo le gambe e poggiandole sulla
ringhiera.
«Lilian Hemsworth, giù le gambe da quella
ringhiera. L’ho ridipinta prima
dell’estate e
non vorrei rifarlo.
Mi voltai, sobbalzando verso la porta, che non avevo sentito aprirsi.
«Lily,
nonno. Lily.» ringhiai.
Certo, certo. Fila dentro signorina, abbiamo un ospite.», la
voce del nonno
Liam era ferma e severa, ma sapeva che era dolce come il miele. Forse
fu per
questo che mi alzai senza fiatare e una volta entrata in casa, mi
congedai con
un gesto della testa, per poi salire al piano di sopra borbottando:
«Vado a
farmi una doccia.
La settimana dopo sarebbe cominciata la scuola.
Dalla settimana successiva, la mia vita sarebbe cambiata.
*
Ringraziamenti.
Miriam_Cullen: ciao!
Sono contenta ti sia piaciuto il
primo capitolo e spero anche questo sia stato un po’ di tuo
gradimento. E’ un
capitolo introduttivo, quasi, e spero non abbia troppo annoiato. Grazie
per
averla inserite fra le seguite! Grazie davvero!
Elly4ever: ciao! *-* okay, dopo
gongolato per la felicità, eccomi qui a dirti: grazie! Sono
contenta che il
primo capitolo ti sia piaciuto, anche se è solo un inizio. E
spero che anche
questo non ti abbia delusa. Sul serio hai letto anche le altre? Oh, non
sai che
piacere! La tua recensione… cavolo, troppo gentile! Grazie
di cuore… grazie!
KeLsey: mia Eri… ovvio
che te l’ho
dedicata! Non pretendere troppo da me… non posso fare
miracoli, e lo sai. Ad
ogni modo, sono contentissima di sapere che ti piace Lily! E’
un personaggio un
po’ diverso dagli altri delle fiction, e
sarà… ardua, forse. Eh, si, la nonna nonnossa
Marie…sarà un bel personaggio. Bravissima? Pff.
Ti voglio bene, Eri. Grazie di
tutto, come sempre. Sei un angelo. (L)
Nessie93: ciao, Chiarì!
Beh, è
presto per dare giudizi sul padre e sulla nonna, non credi? E
poi… è ovvio che
è sua moglie! O.O Poi… ho detto che è
ispirato alla storia… non che ne è una
riproduzione -.-“ Grazie
per la
recensione. Come sempre mi ha fatto molto piacere. A presto. <3
Martiis: ciao! *-* grazie mille per
al recensione! Sono contenta la storia ti piaccia. Per me è
molto importante.
Spero di non averti annoiata con questo capitolo. A presto, cara!
__Yuki__ : ciao! Beh, diciamo che ci
hai preso un po’, nella recensione, circa il tema della
fiction. Sono contenta
sia stata di tuo gradimento. Mi ha fatto molto piacere leggere, ma
soprastutto
ricevere, una tua recensione. Come ben sai, mi piace il tuo modo di
scrivere.
Pero di non averti annoiata con questo capitolo. A presto.
Fairwriter: mia adorata Juls! Non
sai che piacere mi ha fatto la tua recensione! Cavolo il tuo parere per
me
conta davvero molto, lo sai! Spero ti sia piaciuto anche questo. Ti
voglio
bene, Cip. Tua, Ciop <3
A
voi, un bacio,
Panda.