hPOUR TOUJOURS TON PRISONNIERh
I Chapter
Miel, ti ricordi di me?
Io me
lo ricordo bene come sorridevi ogni volta che i nostri sguardi s’incrociavano…
Il tuo
sorriso era come una stella accesa improvvisamente sul tuo volto, una supernova
che dopo un‘esplosione iniziava a brillare intensamente.
E come
ben sai, eri la stella che teneva in orbita ogni frammento di me che ti ruotava
attorno.
Tu, il
centro della nostra piccola galassia d’infiniti sentimenti… La sola luce a
brillare in un oblio di dolore nel quale i nostri corpi vorticavano.
Sei
sempre stato l’unico punto fermo di un mondo che crollava a pezzi intorno a
noi, avevi la capacità di restare a galla quando tutto naufragava in abissi di
disperazione.
Eri il
mio unico appiglio quando ormai ero affondato fino al collo in paludi di
nefasti eventi.
Vederti
andare via così, nuotando verso una riva che per uno come me sarà sempre
irrangiungibile, è stato come un nuovo Big Bang che dilaniava la mia anima e
squarciava l’equilibrio del
nostro universo.
Non
vorrei mai obbligarti a tornare indietro, ma a volte ho il sospetto che non
sarò in grado di lasciarti sfuggire dalle mie mani come sabbia che scivola via…
Possiedi
un pezzo di me che mi è stato amputato ed io, ancora, sento dimenarsi al mio interno
ciò che di tuo hai trapiantato in me.
Siamo
ormai due gemelli che condividono lo stesso cordone ombelicale nutrendosi delle
stesse sensazioni, paure e sofferenze…
Condividendo
aria e spazio, rubandoceli vicendevolmente ed invadendoli a volte.
Ci
siamo strappati ossigeno, sottraendolo direttamente uno dalle labbra
dell’altro. Ci corrodiamo da dentro come veleno.
Sono
sempre stato sicuro di me quando si trattava di noi, per questo non ho dubbi
sul fatto che tu tornerai.
Non
mentire a te stesso, il mio cuore batte dentro te e il mio sangue scorre nelle
tue vene… E lo senti benissimo anche tu, che ormai il mio nome è inciso sul tuo
petto come un’indelebile
cicatrice.
Hey… Ti
ricordi? Scherzando mi hai sempre dato dell’egocentrico egoista.
Come
tale, oggi ti dirò che la tua presenza qui è indispensabile per andare avanti,
le foglie sui rami della mia anima ancora hanno bisogno di assorbire la tua
infinita
luce.
Tornerai,
Stephan.
Tornerai…?
Il brandello di te che continua ad ardere.
Pour toujours ton
prisonnier, ( 1)
Etienne.
h h h
Etienne era sempre stato un
tipo a cui piaceva scrivere e spiegarsi in metafore esagerate, senza
risparmiare un uso di paradossi che a volte faticavo a capire. Non era sconvolgente
che una sua lettera mi avesse raggiunto nel giro di qualche giorno dalla mia
partenza da Rye (il nostro piccolo paese sulla costa sud-orientale della Gran
Bretagna) mentre soggiornavo a Southend. In linea d’aria ci dividevano
sessantacinque chilomentri e, per quanto riguarda il tempo, solo qualche ora di
treno… Probabilmente dentro di noi le misure di tempo e spazio non contavano
molto. Nulla di ordinario e costituzionale aveva una qualche importanza, dato
che i nostri metodi di misurazione erano totalmente diversi. Quaranta miglia di
distanza erano per noi anni luce, tre ore di viaggio erano un lustro di
pellegrinaggio… Non c’era da stupirsene se nella sua lettera pareva quasi che
lo avessi lasciato per trasferirmi in un’isola esotica in capo al mondo.
Non che la corrispondenza
cartacea fosse l’unico modo per comunicare: sappiamo bene entrambi che esistono
social-network, nonché quella grande invenzione che è la chat istantanea. Per
non parlare degli sms e le telefonate… Tutto questo non ce lo eravamo
dimenticati, ne facevamo invece un uso spropositato e talmente frequente da
infastidire addirittura i miei due fratelli minori, i quali passavano il
pomeriggio in spiaggia a messaggiare con il loro amici ed inviare foto
direttamente sul web. Tutto il loro martellare di tasti non batteva però il
mio, preso com’ero a scambiare ridicole e melense romanticherie con quello che
era ufficialmente il mio migliore amico fin dai tempi dell’infanzia e segretamente
il mio ragazzo. Era come una droga di cui non si puo’ fare a meno.
Non aveva infatti tutti i torti a scrivere tante affettazioni riguardo a
cordoni ombelicali, universi, fotosintesi clorofilliane ecc…
Stavo dicendo che non è che fossimo antiquati e
comunicassimo con le lettere, ma lui aveva questa fissa riguardo la scrittura e
quindi preferiva scrivere a mano. L’inchiostro –lo usava blu come il mare- di
una biro impregna la carta di più sentimenti di quanto possan fare un sms o una
mail. O almeno così diceva Etienne, aggiungendo inoltre “poi la mia calligrafia
est dèlicieux anche solo da guardare”. Come dargli torto… Scriveva in modo impeccabile, fine e leggiadro
quasi disegnasse una greca d’arabeschi. Leggere una sua lettera era come
poterlo osservare da vicino in tutta la sua delicata perfezione. Non posso
essere preciso, ma credo che rilessi le sue parole circa una dozzina di volte,
soffermandomi su quelle calcate per una forte emozione e quelle un po’ storte
per colpa di un risolino divertito che lo aveva assalito.
Per me Etienne era un bicchiere di cristallo, non
poteva nascondermi nulla nemmeno scrivendo un biglietto di auguri. Avrei capito
quanto ci aveva messo a scriverlo, quanto aveva esitato su un aggettivo, cosa
lo aveva fatto ridere o versare una lacrima… Così, da quella lettera, capii che
aveva sorriso solo su un paio di pensieri e sospirato più volte in un attimo
d’indugio. Ebbi la sensazione che scrivendo quelle frasi si era reso conto che
ogni cosa, anche se esplicata in maniera esageratamente pomposa, era vera. Provava
davvero tutto quello…
Fu per questo che, dopo tre quarti d’ora e sette
letture, presi il cellulare e chiamai direttamente Etienne, seduto sul
cornicione della finestra della mia stanza d’albergo.
-Ciao, miel… Non ci
dovevamo sentire stasera alle nove?-
Nel tono della sua voce la contentezza traspariva,
anche se cercava di sembrare scazzato per la mia irruzione nella sua vita
lontana da me. Sapevo comunque che teneva sottocchio il cellulare nella
speranza che interrompessi qualunque sua faccenda…
-Non ho saputo aspettare… Dovevo assolutamente
sentire la tua voce per sapere se ti manco.-
-Secondo te…?-
Titubò qualche secondo prima di ridacchiare e, da
come compresi dallo scricchiolio, sdraiarsi sul suo letto. Io fissavo il mare
davanti a me, ma in verità lo stavo figurando mentre affondava nel suo insulso
materasso ad acqua ed i suoi capelli biondo cenere accarezzavano il cuscino. Un‘immagine
che mi fece vibrare qualcosa nel petto e qualcos altro giù nelle parti basse. Mi
passai allora una mano sui jeans, velocemente, chiudendo gli occhi ed
immaginando che fosse la sua…
-A mio parere sì… Di certo ti stai disperando,
affogandoti nel gelato alla vaniglia.-
-Idiot… Stavo studiando fisica per gli esami di settembre.
Altro che gelato… Tu piuttosto?-
Di nuovo il suo letto cigolò e con la mente mi
proiettai nella sua stanza, accanto a lui. Scommisi che stava fissando la
nostra foto insieme, appesa ad un filo che ciondolava dal soffitto accanto a
molte altre. Una specie di acchippasogni fotografico che aveva costruito negli
anni…
-Stavo per fare il pisolino pomeridiano prima di
scendere in spiaggia, ma la tua lettera ha disturbato la mia psiche tanto da
impedirmi di chiudere occhio. Aah, Etienne, dovrai cantarmi una ninna nanna
invece di studiare.-
Dissi falsamente affranto, sentendo lui ridere
sommessamente dall’altra parte dell’apparecchio prima di mettersi davvero a
cantare una filastrocca di Mamma Oca. “My Bonnie lies over the ocean… My Bonnie lies over the
sea. My Bonnie lies over the ocean, please bring back my Bonnie to me.”
Rialzai le palpebre e ritornai ad osservare il mare
su cui il sole si rifletteva, spaccato dalle onde agitate. Le stesse onde che
si vedevano dalla finestra della nostra scuola a Camber e che, forse troppo
spesso, c’incantavamo a guardare come se fosse la prima volta che ce le
trovassimo davanti. Mi ricordo che quando alla scuola primaria ci avevano
portato tutti insieme sulla spiaggia per la prima volta, Etienne mi disse che
era lì che voleva andare a vivere da grande. A quel tempo eravamo un po’
stupidi ed ingenui, anche un po’ esagerati ed apocalittici a dire il vero, per
questo disse con il suo accento francese ancora forte “il mare sarà ma maison fino alla fin du
monde (2).” La filastrocca che in
quel momento stava cantando al telefono era una delle sue preferite, perché
parlava di questa Bonnie dispersa per mare e lui s’immaginava di dover
aspettare il suo ritorno. Tutta questa sua passione per il mare doveva
scorrergli per forza nel sangue, essendo nato su un’isoletta di nome Ile d’Yeu
sulla costa occidentale francese e poi trasferitosi a Rye. Pure suo fratello
maggiore aveva deciso di lavorare al porto pur di non staccarsi dal mare,
entrambi erano due bizzarri granchi che correvano dalla spiaggia alle acque
continuamente. Anche questo mi affascinava da sempre, la sua vita bilaterale e
la naturalezza con cui la affrontava…
-Spero sia stato di tuo gradimento… Ora mi devi per
forza dire perché questa improvvisa nostalgia di me, quando ci continuiamo a sentire.
Non eri l’uomo insensibile, grezzo e svincolato?-
-Hai mangiato di nuovo qualche pagina del
vocabolario a colazione?-
-Tu quelle delle barzellette sulla settimana
enigmistica?-
La sua frecciatina mi colpì e fui costretto ad
ammutolirmi, lasciandolo soddisfatto della sua arguzia. Si compiaceva per poco,
quel ragazzo…
Tirai un sospiro di sconfitta e voltai le spalle
alla finestra, trasferendomi sul letto con un tonfo. Non che fossi offeso, non
c’era nulla che lui potesse fare che avrebbe mai potuto ferirmi, soprattutto
non una battuta. Sentirlo però mi rattristava, poiché non potevo osservarlo
attentamente mentre sorrideva. Mi ero ripromesso che avrei dovuto resistere,
senza improvvisare un viaggio notturno per tornare a casa e stare con lui fino
all’alba. Gli avevo detto fermamente che non mi sarei comportato da ragazzino e
che sarei stato dignitosamente libero dalla dipendenza nei suoi confronti. Al
solo pensare che non lo avrei potuto vedere per le seguenti due settimane,
tuttavia, il mio cuore si contorceva e la mia mente ripeteva le sue parole “è
stato come un nuovo Big Bang che dilaniava la mia anima e squarciava
l’equilibrio del nostro universo”. Sì più o meno era così… Liberarsi per
poco da lui era come pretendere di non respirare.
-Sarò anche grezzo insensibile e…-
-Svincolato.-
Disse lui per aiutarmi a trovare l’aggettivo con cui
mi aveva definito qualche istante prima.
-Ecco, sì… Svincolato… Il fatto è che…-
Mi spensi, indeciso se cedere o no a ciò che più mi
stava tentando in quel momento. Mantenere orgoglio e dignità quando c’era di
mezzo Etienne era impossibile… Tutto ciò per cui un uomo dovrebbe combattere
cadeva all’istante anche solo pensando a lui. Era il bambino capriccioso per
cui una farfalla si sarebbe strappata le ali da sola, giusto per renderlo
felice. Io ero questa farfalla masochista e dipendente dalle sue piacevoli
sevizie. Alla fine sapevo che era inutile poter volare se lui non fosse stato
al mio fianco… Sussurrai piano, era l’ultimo battito d’ali prima che il bambino
sorridesse e prendesse le ali che gli avevo offerto.
-…vieni qui da me, Etienne.-
Sì, so bene che lui sogghignò mentre gemeva quel “Alla
faccia dell’indépendance, Stephan…”
h h h
Mia madre –Anne- mi parlava cercando di trattenere
la rabbia, paonazza in volto e con un esagerato movimento delle mani. Provava a
non farsi sentire dai vicini sdraiati sui teli da mare, ma tutti erano attenti
a ciò che lei blaterava mentre io m’infilavo veloce la maglia. Beh, tutti erano
attenti tranne il sottoscritto… Discorsi su Etienne ne avevo sentiti già
abbastanza, questo era l’ennesimo che aveva avviato senza ragione. Non aveva
nulla contro di lui, il problema ero io che continuavo a distrarlo dai suoi
studi e dalle sue faccende solamente per qualche capriccio. “È un così bravo ragazzo! Lo devierai… Ah! Sua
madre poi ne verrà a far conto da me! Tu, razza di scapestrato, dovresti invece
prendere esempio da lui.” era una delle frasi che ripeteva di più. Ma Cècile
–la madre di Etienne, per l’appunto- non era il genere di persona che si faceva
di questi problemi. Io ero ormai un figlio acquisito e mi veniva perdonato
tutto, Etienne era così perfetto nel suo essere che mai sua madre avrebbe
potuto darmi addosso per qualche suo comportamento scellerato… Non
poteva darmi nessuna colpa. Beh, tranne quella della perdità della verginità
di suo figlio. Di questo mi incolpavo piacevolmente da solo, per il resto
non ero riuscito a rubargli nient’altro né cambiar qualcosa di lui. Ci eravamo
modellati a vicenda nel corso degli anni, lentamente e impercettibilmente, così
che non potevamo accurare qualche cambiamento in noi dovuto all’altro soltanto.
Certo, il mio principale mutamento era stato causato dalla mia attrazione per lui e
dal mio carattere irrequieto e irriverente. Il fatto di non potergli saltare
addosso e farlo mio mi causò molti problemi verso la fine della scuola
secondaria… Non erano rare le volte che, seduti sul suo letto, venivo colto da
un’improvvisa eccitazione che gonfiava il cavallo dei miei pantaloni. “Passerà…”
mi dicevo cercando di convincermi che ero solo un po’ confuso e che stavo
scambiando la nostra amicizia per qualcosa di più “deve essere colpa dei
suoi lineamenti delicati e femminei”. Non è mai cessato nulla e più
passavano i giorni più lui mi piaceva… Per questo per un certo periodo iniziai
a trattarlo male e stargli lontano, mettendo sottosopra la mia intera vita,
quella della mia famiglia e la sua. Mi cacciai in guai seri pur di non dar
sfogo alla violenza dei miei sentimenti per lui. La gang in cui ero entrato era
solo un mezzo per tenermi lontano dal suo allentante corpo. Non ce la feci lo
stesso…
Mi venne a cercare una sera sul tardi, mentre stavo
imbrattando una barca a vela al molo con i ragazzi della gang, mostrandomi un
coraggio che non credevo possedesse. Arrivò camminando con calma, non dando
peso ai commenti sconvenienti che i miei compagni facevano su di lui. I capelli
mossi dal vento, gli occhi grigi fissi su di me e l’espressione più seria che
gli avessi mai visto in faccia. “Voglio entrare nel tuo gruppo se così posso
stare con te…” disse rompendo il silenzio creatosi da qualche istante. Al
solo vederlo lì e sentirlo dire che voleva restare con me, sentii il groppo in
gola e la tipica vibrazione allo stomaco. Non gli risposi, irruento e conciso
lo trasportai lontano da quella feccia a cui vaneggiava di unirsi fino a
spingerlo contro una bancarella in legno usata per il mercato del pesce.
Probabilmente lo avrei violentato se solo non fosse arrivato suo fratello
maggiore Antoine a cercarlo. Non ci volle comunque molto prima che ci provassi
davvero…
I miei erano fuori casa e noi stavamo guardando la
televisione, un serie americana per ragazzi dove all’improvviso due maschi si
baciarono. Due maschi!!! “Si puo’ fare… Si puo’ fare! Lo
facciamo pure noi allora!” urlava il mio cervello come una locomotiva
pronta a partire. Non ci fu alcuna esitazione: gli saltai direttamente addosso
come se fossi un maniaco sessuale e lui, al contrario di ciò che credevo ai
tempi, non fu da meno. I due alla TV si stavano solo dando una carezza, noi già
eravamo senza maglietta… Etienne sotto di me in tutto il suo pallido splendore,
con quel lieve rossore sparso sulle guance per l’eccitazione.
Da quel momento i miei problemi finirono e con loro
pure il mio comportamento irresponsabile. Avevo la mia rosa da proteggere
–citazione dovuta, dato che il mio ragazzo ama alla follia “Le
Petit Prince”
(3)-e non potevo commettere
quelle che erano ritenute stupidaggini… Certo, tranne il sesso all’insaputa dei
nostri genitori e di chiunque altro, il nostro mentire continuo riguardo a ciò
che facevamo insieme e il non dare importanza a niente che non fosse noi. Gli
adulti avrebbero considerato tutto ciò parte di un comportamento altamente
indecente e sconsiderato. Mia madre da anni mi rimproverava il fatto di non
pensare a nient’altro che ad Etienne e di trascinarlo in tutte le mie
diavolerie. Il problema è che lei non sapeva quante e quali fossero
queste ‘diavolerie’ e nemmeno immaginava che quello che lei credeva
innocente fosse il mio serpente tentatore. Lei pensava solo che passassimo
troppe ore a sparare stronzate, perdendo così prezioso tempo che avremmo dovuto
dedicare agli studi… O meglio che l’intelligentissimo, colto e arrivista
Etienne avrebbe dovuto dedicarci. Era risaputo che lui sarebbe diventato un
uomo di cultura e io uno scaricatore di porto. Ciò che faceva urlare mia mamma
in mezzo alla spiaggia ruguardava appunto gli esami che lui avrebbe dovuto
sostenere per entrare all’Università.
-Non pensi mai al bene di quel ragazzo, Stephan…
Rovinerai la sua vita!-
Disse abbassando il tono, segno che il soliloquio di
cui non avevo ascoltato nemmeno una parola era terminato. Finii di infilare le
Vans giusto in tempo, prima di controllare il cellulare e leggere un sms in cui
Etienne diceva di aver appena preso un taxi che dalla stazione l’avrebbe
portato al mio hotel.
-Posso andare ora, che Monsieur
Méliès sta arrivando?-
Alzai lo sguardo verso Anne che mi scrutava ancora
alterata, indifferente alle risatine di mia sorella Grace e mio fratello Kevin.
Loro adoravano da matti vedere quanto quella donna di mezza età poteva
diventare isterica a causa mia.
-Vai! Vai! Prima che gli succeda qualcosa per colpa
tua!-
Sbraitò agitando le braccia preoccupata, così che mi
fece sogghignare e intenerire tanto da lasciarle un bacio sulla fronte. Ci
volevamo bene nonostante le scaramucce tra noi, per questo mi perdonava tutto.
Mi chiedevo spesso se avrebbe pure accettato la mia relazione con Etienne o mi
avrebbe disconosciuto totalmente… Non che ci volle molto a scoprirlo.
h h h
Quando arrivai all’albergo di corsa avvistai
immediatamente la figura longilinea e gracile di chi stavo cercando. Non era il
tipo da farsi notare per l’eccentricità del vestiario o della pettinatura, ma
saltava subito agli occhi a causa di una bellezza androgina che lo faceva
brillare come una lucciola in mezzo ad uno sciame di mosche. Credo che il
sapersi distinguere nello studio era dovuto anche al fascino che esercitava sui
professori: io sinceramente fossi stato un suo insegnante non avrei ascoltato
nemmeno una parola delle sue interrogazioni ma gli avrei dato “A++” solo per il
fatto che esistesse. Beh comunque era lì, in mezzo ai turisti abbronzati che
preferivano una passeggiata alla spiaggia, coperto solo da una canottiera
bianca poco più che aderente e jeans chiari. Visione che provocava sconvenienti
pensieri, impraticabili al momento in mezzo alla strada.
-Bienvenue, mon petit prince… (4)-
Dissi abbracciandogli la pancia e schiacciandomi
contro di lui, fremendo al solo contatto del mio inguine contro i suoi glutei.
Non ebbi dubbi che lui sentì ciò che stava accadendo sotto i miei bermuda, dal
momento che si voltò con calma tombale e mi prese la mano per trascinarmi
direttamente nell’ascensore dell’albergo. Per nostra sfortuna non eravamo da
soli come spesso succede nei migliori film, in cui i protagonisti danno inizio
ai preliminari direttamente sull’ascensore fin quando poi arrivano al letto e
si denudano dandoci dentro. Accanto a noi c’era invece un’anziana signora con
due nipotine al seguito, una delle quali fissava il mio ragazzo con troppo
interesse per avere solo otto anni.
-Nonna… Sembra quello del telefilm che guardo al
pomeriggio.-
Biascicò la nanerottola, facendo irrigidire Etienne
che aveva capito benissimo di che attore si stava parlando e non ne era per
nulla contento. Era un vero insulto paragonarlo ad un tipo simile, in effetti…
Per la salvezza della mocciosa, le porte si aprirono al nostro piano e noi ci
catapultammo in corridoio, correndo verso la stanza 152 come se fossimo in
fuga. La fuga dalla repressione degli istinti, oserei dire… Non feci in
tempo a chiudermi la porta alle spalle che la mia maglia già mi venne tolta con
foga e le labbra mi vennero catturate in un bacio a dir poco soffocante. Quando
mi staccai Etienne di dosso riuscii a vederlo bene in faccia e lui sembrava la
persona più frustrata di questo mondo.
-Hey, sugar… Non sei contento di
vedermi?-
-Contento…? Sono così felice che mi viene da star
male. Tu et ta sacrè
congè (5) mi avete danneggiato
irreparabilmente la mente! Sarà difficile perdonarti, Stephan…-
Frignò, abbracciandomi come se non mi vedesse da
anni ed affondando la testa nel mio collo. Il suo profumo aromatizzava l’aria
rendendomi ormai impossibile ragionare e stimolando i miei sensi fino a rendere
dolorosa l’erezione nei miei bermuda. Per non parlare di quell’uso spropositato
del francese pure nel pronunciare il mio nome… Mi mandava fuori di testa. Non
che lui non sapesse parlare perfettamente l’inglese, lo faceva apposta perché
sapeva l’effetto che la sua lingua natale aveva su di me. Completo caos dei
sensi…
-Sarò assolto in men che non si dica, invece…-
Sussurrai al suo orecchio, prendendolo in braccio
senza troppa difficoltà e trasportandolo fino al letto. I miei muscoli avevano
ottenuto ottimi risultati con le ore di lavoro part-time al molo. Lui si lasciò
cadere all’indietro appena ce lo appoggiai e mi trascinò sopra di lui,
catturando di nuovo le mie labbra nelle sue ed iniziando ad ispezionarmi la
bocca con la lingua. Sentiva di caramelle al miele, le sue preferite… Le sue
mani scivolarono veloci a slacciare i miei bermuda da bagno, liberandomi da
quell’ormai insopportabile freno e facendomi sussultare per l’improvviso
contatto della mia nudità con l’aria condizionata della stanza. Ero sicuro che
non avrei resistito molto in quelle condizioni, di certo appena sarei riuscito
a togliere i suoi vestiti l’avrei ribaltato e distrutto. Etienne aveva quel
fascino tipico dell’agnellino che ti viene voglia di squartare… Certo, non
in senso letterale e nemmeno così violentemente come poteva sembrare. Gli
istinti animaleschi che provavo erano poi attutiti dal suo primo sguardo dritto
negli occhi.
-Je t’aime..-
Mormorò un attimo dopo che gli ebbi levato la canottiera,
imbevendomi gli occhi della vista del suo cereo e scarno torace. Gli dicevo
sempre che sarebbe stato meglio se avesse messo su qualche chilo, ma lui e la
sua nouvelle cuisine erano una bella squadra contro
l’ingrassamento. Fatto sta che anche così non dispiaceva, trovavo soddisfacente
far scivolare la lingua lungo il suo sterno e sentire il suo cuore accelerare.
Cercando di non avere troppa fretta per poi finire a fargli del male, mi
concentrai sui baci lascivi che gli davo sul piatto ventre mosso dall’agitazione.
Non sapeva aspettare nemmeno lui, così si slacciò veloce i jeans sfilandoseli
con le mutande e lasciandosi guardare interamente svestito. Gli piaceva da
matti farmi morire davanti alla sua perfetta figura… Accarezzai il suo inguine,
prima di afferrare il suo sesso ed iniziare a muovere velocemente la mano
provocandogli piacevoli sospiri. Non sapevo se fosse per il suo essere francese
o no, ma i suoi gemiti erano comunque i più sensuali che avessi mai sentito
-non che avessi un grande repertorio con cui far paragone, se non si contavano
i film porno-.
-…Stephan…-
Lo sentii gemere all’improvviso mentre, smanioso,
inarcava i fianchi per protendere l’inguine verso il sottoscritto. All’interno
del mio corpo c’era una lotta tra la parte di me che voleva farselo senza
indugi né precauzioni e quella che invece voleva trattenersi per non
procurargli troppo dolore. Il fatto che la prima parte l’avesse vinta
sull’altra non mi stupì affatto e nemmeno diede problemi ad Etienne. Fece
giusto in tempo ad infilarmi il profilattico estratto dai suoi jeans, un
secondo prima che gli piegassi le ginocchia così da poter appoggiare le sue
gambe alle mie spalle ed avere via libera fra le sue natiche. Una spinta ed
Etienne mi sorrise nel suo modo dolce e disarmante… Era uno dei motivi per cui
spesso non riuscivo a fare a meno di saltargli addosso. Anche quella volta non
ebbi la forza di resistere oltre…
Il sesso fra noi era sempre stato frenetico, sin
dalla prima esperienza che avemmo. A dire il vero quando non eravamo ancora
arrivati alla prima vera e propria scopata già sapevo come sarebbe andata fra
noi. Sarebbe stato uno sfacelo: lui che, essendo impaziente ed avido, voleva
tutto e subito e io che non potevo resistere senza che mi diventasse duro solo
avendolo vicino. Grazie alla fretta dei nostri quindici anni finimmo per
consumare la fatidica prima volta troppo in fretta, con la
conclusione che lui aveva dolori per tutto il corpo e io non gli avevo lasciato
il tempo di raggiungere l’orgasmo. Passarono due settimane prima che riuscimmo
a regolarci quel che bastava per goderci un po’ di più la cosa…
Il giorno in cui venne a Southend lo facemmo nello
stesso modo di sempre, non è che fossimo diventati matti a causa di qualche
giorno di distanza. Era come se non fossimo mai stanchi di stare insieme,
accarezzarci e baciarci. Ogni volta che ne avevamo la possibilità ci
ritrovavamo nello stesso letto, impegnati in un amplesso o anche solamente
sdraiati a parlarci e sfiorarci… Potrei descrivere ogni giorno della nostra
storia e vi si ritroverebbe la stessa passione che narro adesso.
Etienne ed io eravamo un po’ due animali in effetti,
ma credo fosse tutta colpa di un Amore troppo forte che ci teneva legati. Il
sesso era solo una piccola parte di un grande universo di cose da fare insieme…
La più importante era stare seduti a fissare le onde del mare e parlare. Se ci
avessero tolto quello, probabilmente sarebbe stato come prosciugarci l’anima.
h h h
Appunti traduzioni
(1)Per
sempre tuo prigioniero
(2)
Il mare sarà la mia casa fino alla fine del mondo.
(3)
“Il piccolo Principe” di Antoine de Saint Exupéry
(4)
Benvenuto, mio piccolo principe.
(5)
Tu e la tua dannata vacanza…
------------------
Hello a tutti…
Ho deciso di postare una nuova originale per riprendere un
po’ la mia attività su efp, dal momento che ho bloccato altre storiedi cui ho
intenzione di farne un libro. Però avevo bisogno di una pausa, così ho scritto
questa storia che sarà di soli 2 capitoli. Ho bisogno di sentire un po’ di
commenti, ammetto…
Doveva essere una one, a dirla tutta, ma credo che riunire
tutto in solo un capitolo faccia diventare pazzo chi legge e c’è il rischio che
rinunci ad arrivare alla fine! XD O almeno io farei così… U__U
Comunque, diciamo che i protagonisti della storia sono
questi due bei ragazzi uno inglese ed uno francese che a quanto pare hanno
qualche serio problema! Cioè, sono vagamente ossessionati uno dall’altro da non
resistere lontani… =__=’’’ Che coppia! Molto passionali, però…
C’è da dire che io adoro Etienne, che non è il mio primo personaggio ad usare tanto il francese. Comunque spero di avere usato giustamente la lingua perché io non l’ho mai studiata… Ma comunque l’uso sporadico del francese mi fa impazzire!
In conclusione, tanto per scrivere troppo e causare crisi
isteriche a chi legge, spero di ricevere commenti! Ne ho davvero bisogno perché
la mia autostima è in calo ed insieme a lei la mia ispirazione!
Ringrazio già chi leggerà e lascerà una recensione a questo
capitolo…
Il secondo e ultimo pezzo lo posterò molto presto!!!
XOXO
Miky