Di ringraziamenti e perdono
#1
Centro Salute Mentale Konoha (Prompt: perdono, scelte)
Circolo vizioso. NejiHhina. (Scelte)
Reparto I
Neji Hyuuga andò a spegnere la radio con veemenza,
staccando addirittura la presa elettrica dello stereo.
Hinata, seduta ai piedi del letto, lo osservò
spaurita. I suoi grandi occhi chiari erano costantemente spalancati sul mondo,
fin troppo profondi, fin troppo puri.
Lui li aveva sempre
odiati.
- Non guardarmi così – la
ammoni Neji.
Hinata abbassò il capo dopo aver annuito
energicamente, le gote rosse rosse.
Sembrava una bambina, niente la faceva apparire la venticinquenne che era.
Lui l’odiava
per questo.
- Perdonami cugino Neji – fu il sussurro sommesso e
sottomesso della cugina.
- Quante volte ti ho detto di non chiamarmi così?!
– le sibilò contro lui, chiudendo le mani
a pugno lungo i fianchi.
Neji rabbrividì per la propria bastardaggine. Ma
non ritirò alcunché.
Percorse a grandi falcate la piccola stanza, più e
più volte, gettando il suo sprezzante sguardo un po’ ovunque, sul
comodino ricco di mazzi di fiori, sui disegni puerili della donna, sulle
miriadi di foto tappezzate alla parete. Quelle foto rappresentavano anche lui
da bambino, lo stesso lui che ora avrebbe tanto desiderato strapparle e
gettarle sul fuoco.
D’altronde, la felicità dell’infanzia
non era che un enorme fastidio per lo schifo del presente.
- Siamo belli, vero? – chiosò la vocina soave
di Hinata alle sue spalle. Neji sentì un tocco caldo sulla spalla: lei
si era avvicinata, già immemore dello sgomento appena provato.
Quel tocco freddo ebbe il potere di immobilizzarlo per
alcuni istanti. Gli sembrava addirittura troppo freddo, come neve sulla pelle
calda, troppo concreto per Hinata che
in realtà che non lo era più. E non lo era più da tre anni
a quella parte, ormai.
L’incesto rivelato le aveva tolto parte di vita.
Neji sapeva bene che era per questo che era uscita di senno.
Dunque era colpa
sua.
Neji Hyuuga si girò di un quarto e distaccò
da sé la donna, prendendola delicatamente per le spalle. Fragile,
fragile proprio come la neve. Bastava un niente per mandarla via.
- Eravamo, vuoi dire – la corresse atono e
fissò i propri occhi in quelli in parte simili di Hinata.
Gli occhi di Hinata erano ancora ricchi di affetto e
ammirazione, lui lo poteva vedere bene.
Lui odiava, odiava,
odiava.
- Eravamo belli, Neji, belli – canticchiò
Hinata, intonata e melanconica, e continuò a ripetere tali parole a
lungo, cercando la comprensione del cugino.
La comprensione non venne.
- Possibile che debba continuare a ripetere lo stesso
errore? – Neji si abbassò a parlarle con la bocca
all’orecchio, le mani sempre ben salde sulle spalle ossute di Hinata
Hyuuga.
Hinata smise il canto, rabbrividì e portò la
testa contro il petto di lui, istintivamente. Cercava affetto.
L’affetto non venne.
Ma Neji le circondò la vita e la schiena con le
braccia.
- Ho paura, ho paura, Neji
–
Contemporaneamente a quel sussurro Neji chiuse gli occhi e
lo fece.
Per l’ennesima volta.
Tornò a ripetere l’errore, baciandola
possessivamente, mentre la spingeva contro la fredda parete della stanza.
E fuori – proprio come quella volta – cominciò a nevicare.
Cosa ti ho fatto. SasuSaku. (Perdono)
Centro Salute Mentale
Reparto 2
Sasuke percorse a rallentatore il corridoio che lo
separava dalla stanza riservava a Sakura Haruno.
Ogni volta che metteva piede lì dentro era come
vivere un dejavù. Un dejavù lungo cinque anni.
Sentiva Naruto fremere al suo fianco, e a un certo punto
accelerare il passo fino a superarlo; neanche ci fosse stata un’urgenza.
Ovviamente non sopportava tutta quell’apprensione
verso le cose e quei momenti di
Naruto. Inoltre, gli rompeva un sacco anche il fatto che fosse sempre il biondo
ad aprire per primo la porta di Sakura Haruno, vi entrava, presentandolo poi
con la solita frase “Guarda chi ti ho portato”.
Sasuke: il regalo.
Se per questo, però, non si sarebbe mai messo in
testa di fare una gara a chi arriva primo, né di mettersi a fare una
scenata idiota al suo unico amico.
Sarebbe arrivato semplicemente per secondo; ma sempre e
comunque primo per lei. Eccolo. Ecco
il dolore più grande.
- Guarda chi ti ho portato Sakura! – esordì
la voce chiara e forte di Naruto non appena Sasuke ebbe messo piedi
nell’asettica stanza.
C’era odore di fiori.
Lo sguardo di Sasuke cadde prima di tutto sul mazzo di
margherite appoggiato al comodino affianco al letto candido. Margherite. Quasi sicuramente un regalo
della sua migliore amica Hinata Hyuuga, anch’essa rinchiusa nel reparto
1.
- Sasuke… - mormorò un’altra voce,
molto, molto familiare e roca, quasi remota.
Battè ciglio, piegò suo malgrado
le labbra all’insù.
- Ciao, Sakura – disse.
- Non la abbracci? – proclamò Naruto
lanciando a Sasuke uno sguardo ammiccante, e uno dolcissimo a Sakura.
Sasuke Uchiha non ebbe nemmeno il tempo di rispondere.
Come in ogni dejavù Sakura gli era già piombata addosso.
Un peso piuma, un corpicino da stringere con delicatezza.
Non l’avrebbe mai detto ad anima viva, ma ogni
volta che l’abbracciava Sasuke aveva paura di farle del male. Ancora. Per questo calibrava ogni
movimento, addirittura i respiri: un respiro troppo forte avrebbe potuto
mandarla in agitazione.
Sakura Haruno, ventidue anni all’anagrafe. Stanza 1, reparto 1.
Sana di nascita, malata da cinque anni a quella parte di una malattia irreversibile.
Occhi verdissimi e curiosi di bambina, ora, occhi limpidi e sfrontati una
volta.
Un corpo magro magro,
carnagione pallida pallida. Una volta così
rosea da apparire di pesco.
Sakura Haruno.
Una pazza.
Sasuke avrebbe potuto arrivare ad
uccidere qualcuno se sentiva quella parola unita ad un “Povera”
riferita a lei. Non lo voleva udire,
non lo voleva interiorizzare.
Era una pura constatazione scientifica.
Un briciolo di nervoso lo
percorse al solo pensiero; dovette celarlo sotto un’apparente calma:
Sakura percepiva molto bene i cambiamenti d’atmosfera, e le tensioni non
la facevano stare bene.
In cinque anni sia lui che Naruto avevano imparato a
controllare bene le loro emozioni, a modificarle, a positivizzarle.
Certo, a uno dei due era sempre riuscito meglio.
Sasuke sentì crescere il dolore lancinante al petto
- una ferita non visibile eppure la più letale - quando lo sguardo di lei gli fu addosso. Era uno sguardo
così intriso d’amore da immobilizzarti.
E uno sguardo così, per lui, era la punizione
più grande e legittima che gli potesse
capitare.
Si lasciò stringere forte da Sakura – sotto
lo sguardo attento di Naruto - , affondò il
capo nei suoi morbidi capelli al profumo di rosa, e immaginò un tempo in
cui tutte le stronzate non erano state ancora fatte, in cui il sorriso di
Sakura era semplicemente fastidioso e il dolore era suo, solo e soltanto suo.
A lungo rimasero abbracciati, quella sera, alla stanza 1 del reparto 1. D’altronde non si poteva fare altro, non avrebbero potuto
mai più fare altro.
****
#2
Di matrimonio e figli (Prompt: giustificazioni, grazie)
L’ultima
giornata di sole. NaruHina. (Grazie)
Eccolo; camicia bianca
mezza fuori dei pantaloni, cravatta allentata, i capelli biondi in disordine e
ancora un po’ bagnati, camminata strascicata ed un sorriso sincero
dipinto sulle labbra perennemente screpolate.
Saluta la piccola folla riunita davanti alla Chiesa con
cenni del capo e una manona alzata contro il cielo.
Ogni tanto fa una smorfia, scomodo nei vestiti inusuali.
Per me ha sempre rappresentato la libertà, tutto
ciò che io non sarò nè avrò mai, veramente.
Sembravano aspettare tutti lui per dare il via alla
cerimonia. Lui, rigorosamente in ritardo.
Immancabile.
Ed eccolo che si accorge. Mi viene vicino quasi correndo,
punta i suoi occhioni azzurri nei miei, quell’ombra di remota tristezza
sempre presente nelle iridi. Si slancia ad abbracciarmi esclamando il mio nome.
Dio.
E sento il suo profumo, è un odore forte e
selvatico, un misto di fiori e qualcosa da mangiare.
Mi piace. M’è sempre piaciuto.
Per ore, dopo che s’è stretto a me, spesso
passo delle ore intere ad annusare il suo
profumo.
Lo so, sono una pazza.
Ma lui se ne va sempre e io non so se e quando
tornerà, se dovranno passare dei mesi, degli anni interi prima di
rivederlo. Non ha una città
fissa, non riesce a restarsene fermo in un luogo per troppo tempo.
- …ben arrivato –
Esita a lasciarmi andare.
Mi tiene stretta al suo corpo caldo.
Un po’ mi manca il respiro, ma potrei non respirare più in cambio
di un eterno abbraccio.
- Hai visto che alla fine ci sono? – dice, nella
voce roca un che di orgoglioso.
E’ vero. Per un attimo aveva creduto che a quel
matrimonio non ci sarebbe stato. Ragionevole: è il matrimonio dei suoi
due migliori amici. Della ragazza dei
suoi desideri.
- …grazie…non sai quanto ti aspett-...oh! Ti
aspettavamo Naruto – rispondo io, istintivamente, e le guance –
dannazione! – bruciano. Possibile che io debba avere ancora delle
reazioni così puerili? Non sono più una sua compagna di scuola,
non più un’adolescente infatuata.
- Lo so – dicendo questo mi abbraccia più
forte. Poi si stacca da me, mi fa l’occhiolino e se ne va da loro, i festeggiati. Coloro che hanno avuto il coraggio di invitarlo.
Quanto vorrei richiamarlo a me, quanto vorrei che fosse
venuto qui, oggi, per me. Non per lei, quella lei che mai lo ha scelto, scegliendo invece
l’uomo che prima l’ha abbandonata e poi, per chiederle perdono, le
ha chiesto in extremis di sposarla.
Ma non è così, e ne sono abituata.
Già saperlo qui e non chissà dove nello
sperduto mondo è un conforto grandissimo.
Naruto è qui. C’è un’intera
giornata da passare con lui. Anche se sarà l’ultima non importa,
almeno – ora come ora – esiste. Lui c’è-
Posso finalmente riscaldarmi nella sua luce.
- Grazie un’ultima volta, Naruto_kun –
Giving birth (Giustificazioni)
«Scommetto che
sarà un fiocco rosa?»
«…Ah.
Rosa»
«Non è
meraviglioso? Sa molto di me e Sakura, ne? Oh bè, sì, in effetti non
dovrebbe essere così»
«Hai ancora dubbi
sulla paternità del bambino (sottolineo, bambino), Naruto?»
«…mi concedi
almeno di continuare a sognare?»
«Vada per il rosa»
Sakura portò le mani
alla testa e premette forte con le dita sulle tempie.
Il mal di testa aumentava di
ore in ore, sembrava che tutto il sangue si fosse concentrato lassù.
Un conato di nausea le
salì violento alla gola, facendola storcere per l’ennesima volta
le labbra corrose.
Sfoderando tutta la sua
rapidità di ninja Sakura si alzò dalla sedia e si tuffò al
bagno, scansando malamente Naruto e lanciando
un’occhiataccia a Sasuke, in piedi davanti alla porta del salotto.
- Dio, che strazio –
commentò il moro, occhiaie evidenti, pallido come un morto, e cercando
quasi implorante lo sguardo di Naruto aggiunse – ma
la vedi? Sembra che le abbia fatto qualcosa ti terribile. Peggio
dell’abbandono –
Naruto si lasciò
sfuggire una breve risata e, avvicinandosi
all’amico, gli appoggiò una mano sulla spalla.
- E’ questione di poco,
ancora. Tutto questo passerà, non ne hai forse vissute di peggio?
– gli occhi azzurri brillarono e si fissarono in quelli confusi e
nerissimi di Sasuke - E poi…detto in tutta schiettezza, te lo meriti,
amico – soggiunse e senza preavviso gli voltò le spalle ed
uscì da quel luogo buio e stranamente stretto.
Sasuke rimase a lungo
appoggiato alla parete, immobile e a capo basso; fino a che Sakura non
tornò dal bagno, un sorriso sofferente dipinto sulle labbra.
Ma pur sempre un sorriso.
Dovette per forza stringerle la
vita e tenerla a sé in un delicato abbraccio.
In fondo era vero, era anche colpa sua se Sakura stava così, nausee e nervosi a tutto spiano, fortunatamente sempre meno
numerosi man mano che il ventre andava arrotondandosi.
Naruto passò a trovarli
per cena, due porzioni di ramen (per lui e Sasuke) tra le mani ed una calda
espressione d’affetto sul volto provato.
Avrebbe potuto lasciarli da
soli, fare la vittima, abbandonarli alla loro intimità e non vederli
più.
Ma come avrebbe potuto?
In fondo quei due sciocchi avevano troppo bisogno di lui per essere
lasciati soli al loro destino.
E lui aveva troppo bisogno di lei. Di loro.
Era una giustificazione, nient’altro che quella.
Ehm ehm.
Raccolta divisa in due parti:
l’argomento era il “Ringraziamento e Perdono” che ho
sviluppato in due parti assai distinte (Centro Salute Mentale e Di Matrimonio e
Figli) i sotto temi erano quattro, divisi due a due. Tranquilli, ho seguito i prompt.
Sì, avete capito bene il progetto “One hundred prompts”
di BlackIceCrystal ;)
Questa fan fic è
dedicata – con una scusa aggiuntiva ^^” – a tutte le mie
conoscenze su eep, coloro le quali mi hanno sempre sostenuta e che mi hanno
reso le giornate migliori, spesso :) Coloro con le
quali ultimamente mi faccio sentire pochissimo…causa…routine
quotidiana incasinata.
Inoltre è dedicata anche
a coloro che semplicemente mi hanno seguita in questi mesi e mesi e mesi xD di permanenza qui su eep.
Chi non muore si rivede, ne?
Avete ragione, sono
imperdonabile.
Affettuosi saluti gente, grazie
a chi leggerà e commenterà <3
Terrastoria
Post Scrittum
Auguri di buon anno
tremendamente in ritardo a tutti voi! ;)