Alla scoperta
dell’Ade…
Le
palpebre erano pesanti come cemento. Mi sentivo un vero schifo.
Uno
strano scricchiolio d’assi mi portò ad aprire gli occhi.
Vedevo
le cose sdoppiate, fino a quando misi a fuoco il luogo in cui mi trovavo,
pensai che non ero ancora del tutto sveglio.
Mi
spiegai la strana nausea che provavo, mi trovavo su una barca. Il dondolio mi
portava un senso di fastidio allo stomaco.
Ero
accasciato su una piccolissima barca di legno antico, mi rialzai lentamente
reggendomi la testa per paura di vederla rotolare via.
Colui
che guidava l’imbarcazione era un bizzarro vecchietto che la spingeva in
avanti con un solo remo.
‹‹ Ti
sei svegliato biondino. ›› mi disse con voce roca.
Ma che
stava succedendo??
‹‹
Do…dove mi trovo? ›› domandai osservando il panorama.
Il
vecchiaccio rise malignamente.
Guidava
quella sottospecie di gondola all’interno di un antro oscuro. Tutto era molto
limpido, ma al di fuori della barca si poteva solo vedere un intenso nero. Solo
questo.
‹‹ Sei
sullo Stige. ›› ricominciò a ridere. Più che ridere sembrava tossire
allegramente.
Stige…mi
è familiare…ma non riesco a ricordare. Non ricordavo nulla. Ma proprio nulla!
Un nome si fece largo tra i pensieri…io mi chiamo…come?...Me…Mello? Sì…Mello!
Il mio nome è Mello!
‹‹
Senti vecchio portami indietro immediatamente! ››
‹‹ Non
ci penso nemmeno e comunque è impossibile. ››
Ma che
cazzo…?!
Mi
alzai in piedi pronto a prendere quel dannato remo e romperglielo in testa se
avesse provato ad opporsi!
Brutta,
bruttissima, terribile mossa.
Alzandomi
di colpo avevo procurato alla barca pesanti oscillazioni. Mi rimisi a sedere
con la testa che girava e afferrai il bordo di legno con forza.
La
nausea era terribile e mi voltai per espellere il mio ultimo pasto, ma alla
vista di quella strana acqua il mio corpo si arrestò.
L’acqua
aveva uno strano odore e uno strano colore. Notai che era densa…e rossa?!
ERA
SANGUE?!?!
Allungai
una mano per accertarmene e appena la sfiorai tantissime mani trasparenti mi
afferrarono il polso.
Cazzo!
Cazzo! Cazzo!
Il
vecchio appena vide la scena mi prese per la maglia nera che indossavo e mi
ritirò nell’imbarcazione. Il cuore pompava a mille e l’adrenalina mi vibrava
veloce nelle vene.
‹‹
Non…provarci più! ›› sbraitò.
‹‹
Cos…cos’erano?! ››
‹‹
Anime. ››
‹‹
Anime?! Ma dove cazzo mi trovo?! ››
Fiumi
di sangue, vecchi strambi, anime assassine! Di quel posto ne avevo abbastanza e
volevo tornare indietro più di prima.
‹‹ Ti
trovi sullo Stige nella mia barca. ››
Grazie,
questo l’avevo capito!
Fissai
il vecchio con un’aria incredula, pronto a farlo affogare nello Stige se continuava così.
‹‹ Chi
diamine sei?? ››
‹‹ Il
mio nome è Caronte, biondino, e il mio compito è portarti ai cancelli degli
inferi.››
MA
STIAMO SCHERZANDO?!
‹‹
Senti vec…Caronte. Ti sbagli, io non devo essere qui, okay? Per essere qui
bisogna essere…››
‹‹
Morti? Di fatto lo sei. ››
Seeee…il
vecchio era un po’ toccato.
‹‹
Ceeeerto…›› dissi accondiscendente ‹‹…io sono morto. ››
‹‹ Era
tanto difficile da capire? ››
Ora mi
ero stancato.
‹‹
Ascolta amico, io non sono morto sei tu che sei fuori come un balcone. ››
Caronte
scosse la testa e mi sembrò che borbottasse un “ci risiamo”.
‹‹
Vuoi una prova? ›› chiese stanco.
‹‹
Aspetto solo questo. ›› risposi scettico.
Lo
vidi alzare il remo pronto a colpirmi.
‹‹
E-ehi! N…no! ››
Caronte
non mi diede ascolto e infilzò il remo nel mio stomaco. Ero pronto a lanciare
un urlo, ma non sentii nulla. Forse non mi aveva colpito, aprii gli occhi che
avevo sigillato per lo spavento e guardai in basso.
Oh
merda.
Caronte
mi stava davanti effettivamente con il remo nel mio stomaco. Ma…ma era
oltrepassato!
Mi
guardai alle spalle e vidi il remo sbucare dall’altra parte.
Quando
il vecchiaccio maledetto vide che avevo compreso rimise il remo nel fiume di
sangue.
‹‹
Sono morto. ›› commentai con sguardo vitreo.
‹‹
Finalmente ti sei convinto! Alla buonora ››
Oh
merda. Oh cazzo. Sono morto. SONO MORTO!
Ma
come era possibile?? Il cuore lo sentivo forte in petto. Mi sentivo vivo.
Soprattutto ora che la paura mi aveva invaso.
‹‹
Comunque siamo arrivati biondino. ››
Caronte
aveva attraccato alla riva e dopo tutto il buio che c’era riuscii a vedere
schiarire un cancello alto di ferro davanti a noi, era tutto recintato e in
cima ai pali di ferro anneriti il filo spinato macchiato di rosso si stendeva
fino a perdita d’occhio.
‹‹
Senti biondino il viaggio turistico non è gratis, dammi il mio obolo. ››
‹‹ Che
vuoi? ››
Sbuffò
impaziente.
‹‹
Biondino sgancia la moneta. ››
‹‹ Non
ho nessunissima moneta vecchiaccio! Mi ci hai portato tu qui! E poi il mio nome
è Mello e non biondino. ››
Caronte
sgranò gli occhi.
‹‹ Oh
miei dei! T-tu sei Mello? Ovvero Mihael Keehl? ››
Mihael Keehl? S…sì, era il mio vero nome…
Frammenti
di ricordi si fecero largo nella mia mente.
‹‹ Sì
sono io. ››
‹‹ Sei
fortunato, il Mister numero uno fiamma divina Ade ha chiesto esplicitamente la
tua presenza, ti ha pagato lui il tragitto. Potevi dirmelo prima che eri tu
Mello. ›› aveva pronunciato tutto con gran rispetto e onore fino a che non era
arrivato a dire il mio nome quasi con sdegno.
‹‹ Chi
è che mi vuole vedere? ›› domandai mezzo rincitrullito dalla situazione.
Il
vecchio Caronte risbuffò stanco.
‹‹ Il
nostro signore Mister numero uno fiamma divina Ade ›› ripeté tutto d’un fiato.
Era
troppo divertente, fui tentato di chiederglielo di nuovo, ma alla sua faccia
furente preferii evitare.
Allora
dovevo proprio considerarmi fortunato! Mister…va beh quello lì mi aveva pagato
un viaggio che non avevo richiesto…e che sinceramente avrei voluto farne a
meno.
‹‹
Perché mi vuole vedere? ››
‹‹ E
che ne so. Sono solo il traghettatore io! Per raggiungere il suo palazzo devi
attraversare il cancello. ››
Mi
voltai a vedere il cancello da cui diverse urla riecheggiarono forte
all’interno.
‹‹
Senti vecchiaccio, mi stai prendendo in giro vero?...Eh? ›› mi voltai, ma
Caronte aveva già preso il largo con la sua barchetta, vedevo solo la luce
della torcia che c’era sulla barca e nient’altro. Dalla mia affermazione
sorpresa come risposta ci fu soltanto una risata tossita.
E
togliamoci sto dente. Ade per volermi vedere mi conosceva perciò gli avrei
fatto qualche domanda.
Mi
allungai per aprire il pesante cancello di ferro, ma questo si aprì da solo.
Perfetto, non sapevo che agli inferi ci fossero le
porte automatiche.
Al di
là del cancello c’era un parco, però qualcosa non quadrava, ah, già, il cielo.
Il
cielo era imprecisato e nero ovviamente, non si vedeva nulla. Percorsi il parco
tetro senza incontrare nessuno.
Man
mano che procedevo le urla si facevano più forti, ma una risata che proveniva
alle mie spalle mi costrinse a voltarmi.
Una
scena che definivo disgustosa, c’era una capra o meglio un tizio mascherato da
capra che inseguiva una ragazza giovane vestita di un abito lungo e verde
chiaro con dei fiori tra i capelli, sembravano giocare ma a me la cosa provocava
ribrezzo, porca la miseria non era ancora carnevale per travestirsi da
pecoroni!
Il
‘ragazzo’ agguantò la giovane e rotolarono a terra ridendo come due forsennati.
Le
orecchie da capra di lui s’insediarono nei capelli neri di lei, mentre faceva
sfregare i loro nasi.
Mi
sentii in dovere di fermare quella scena stomachevole.
‹‹
Ehm…scusate. ››
Il
tipo lì mi fissò male.
La
ragazza si limitò a guardare a terra tossendo piano.
‹‹ Che
vuoi? ›› sbottò scortese.
‹‹
Senti caprone attento a come parli. ›› lo minacciai.
Lui
sgranò gli occhi, mentre la ragazza incominciò a ridacchiare delicatamente, lui
distolse lo sguardo stupefatto da me alla giovane e quando ritornò a guardarmi
male fece scattare la mascella irritata e iniziò a battere lo zoccolo
impaziente a terra.
‹‹
Sono un satiro deficiente. ››
Oh
già, il deficiente ora ero io ovvio.
‹‹ Non
mi faccio giudicare da uno che si traveste da capretta di Heidi, torna a
pascolare sulle montagne con Peter. Signorina, potrebbe aiutarmi almeno lei,
per favore? ›› supplicai alla giovane.
‹‹ Sì.
›› rispose con una vocina sottile e gentile.
‹‹
Piccola nessuno ti obbliga a rispondere a questo scassa…››
La
ragazza chiuse gli occhi verdi ormai stufa e con un gesto secco della mano gli
cucì la bocca. Letteralmente.
Di
fatto la bocca del satiro fu chiusa da germogli di fiori che gli legavano le
labbra.
‹‹
Stavamo dicendo? ›› domandò.
‹‹…Beh,
sì ecco…qual è la direzione giusta per andare al palazzo del dio Ade? ››
La
driade spalancò la piccola bocca come spaventata e lo sguardo del satiro passò
da furente a stupefatto.
‹‹ Il
palazzo del Mister numero uno fiamma divina Ade? ››
E che
cazzo di soprannome!
‹‹ Sì.
›› sbuffai.
‹‹ E’
da quella parte…›› indicò con il dito ‹‹…ma a nessuno è permesso avvicinarcisi
se non si ha un invito. ››
‹‹
Nessun problema. ›› risposi annoiato. Mi bastava presentarmi.
La
giovane non provò a fare domande e siccome non volava una mosca, decisi di
lasciare i due in pace nelle loro ‘effusioni’.
‹‹ Beh
io vado. Tante grazie per l’aiuto. ››
‹‹
A-aspetta! ›› soggiunse la driade.
Mi
voltai per capire.
‹‹
Devi fare attenzione. Devi seguire il sentiero e non uscirne mai o c’è il
rischio che le anime cerchino di portarti con loro. ››
‹‹
Solo il sentiero? ››
‹‹
Esatto. Solo il sentiero. ››
E che
ero Dorothy nel mago di Oz per seguire il sentiero? Avrei dovuto far cadere in
testa una casa di mattoni a qualcuno per poi fregargli le scarpe e sostituirle
con i miei bellissimi stivali di pelle?
Poi mi
ricordai dell’attacco delle anime sulla barca di Caronte e decisi di seguire il
consiglio.
‹‹
Grazie. ››
Detto
questo mi allontanai.
Seguire il sentiero, seguire il sentiero. mi ripetevo come un mantra.
Guardavo
solo le mattonelle sotto i miei piedi e ad ogni passo sembrò fare più
caldo…Molto caldo…Troppo caldo!
Alzai
lo sguardo e vidi in vicinanza il palazzo del pezzo grosso.
Arrivato
davanti all’umile dimora feci un grosso sospiro.
Di
essere grande era effettivamente grande ma non l’immaginavo così…elegante.
Era di
uno stile molto raffinato per essere la casa di un dio spietato e crudele.
Bussai
alla porta e come il cancello si aprì da sola.
Dovetti
attraversare un lungo corridoio scuro, l’illuminazione era fornita da una lunga
fila di torce che erano attaccate alle pareti.
Alla
fine del corridoio entrai in un salone gigantesco. Erano pazzesche le
dimensioni di quella stanza.
Era
così grande che ai lati s’innalzavano due grosse colonne da cui all’apice
fiamme rosse ardenti bruciavano rigorose. Erano ipnotiche, ma mai quanto la
lunga rampa di scale che erano in mezzo alle due torri. In cima all’ultimo
piano della gradinata un trono di velluto rosso dalle rifiniture dorate
s’imponeva nella grande sala.
Sul
trono messo in maniera scomposta uno strano tizio che batteva perfino il
caprone del bosco, era bellamente impegnato a guardare il tetto con una gamba
poggiata a terra, mentre l’altra penzolava dal bracciolo imbottito, in una mano
reggeva una scodella d’argento piena di…?...che orrore! Erano occhi umani!
Se ci
fosse stato un catalogo di relax lui sarebbe apparso in copertina.
Lo
vidi prendere un occhio e tenerlo tra l’indice e il pollice, se lo rigirava per
osservarne i più piccoli dettagli, lo pressava come se fosse un bonbon
appetitoso e lo mangiò con calma gustandolo.
Bleah!
Ne
prese un altro e fissando il soffitto indefinito lo mise in bocca senza alcun
problema.
Schifo,
schifo, schifo, schifo!
Annunciai
la mia presenza con un colpo di tosse fin troppo teatrale.
Quando
Ade mi vide (finalmente) posò l’occhio che era destinato ad essere divorato.
Si
alzò dal trono e con occhioni lucidi e un sorriso a trentadue denti mi disse:
‹‹
Benvenuto Mello! Ti stavo aspettando con ansia! ››
Scese
lentamente le scalinate con le braccia aperte.
Aspettava
me?
Non
sapevo come salutare e quel cazzo di titolo che aveva non me lo ricordavo
proprio!
‹‹
Mister…ehm…numero uno…›› iniziai a balbettare cercando di ricordarmi il nome
per intero…
‹‹ No,
no! Ti prego lascia stare quel soprannome, chiamami semplicemente Ade. ››
La sua
gentilezza era strana, non me l’aspettavo dal “Dio degli inferi”.
‹‹
Ehm, d’accordo…Ade. ››
Sorrise
affabile.
Lo
guardai per un po’: il suo aspetto fisico era lontano chilometri da coma me
l’ero immaginato.
Aveva
un viso e una fisionomia tremendamente umana! Portava i capelli corti
all’indietro, il colore era tra il castano ramato e il rosso cupo, il viso era
magrolino e rosato, gli occhi castani mi squadravano ammirati, le labbra
sottili erano incurvate in un sorriso.
Era
slanciato e la tunica di lino che indossava gli arrivava alle caviglie, i piedi
calzavano dei sandali di cuoio.
‹‹
Tu…›› l’additai interrogativo ‹‹…non sembri il dio dell’ade, anzi non sembri
affatto un dio. ››
Rise.
Che
cavolo c’era da ridere?
‹‹ Io
posso essere chi voglio. ›› rispose con voce calda e vellutata.
‹‹
Cosa? ››
Mi si
avvicinò molto più di quanto avessi desiderato. La sua faccia era a meno di un
palmo dalla mia.
‹‹ Io
sono tutto e tutti. ›› si passò la mano sul viso e sobbalzai nel vederlo
cambiare completamente. Adesso aveva capelli neri e lunghi e gli occhi blu
spiccavano sulla pelle bianca come la neve.
Sorrise
della mia espressione shockata. Continuò a passarsi la mano davanti al volto e
ogni volta cambiava aspetto: un altro ragazzo, un vecchio, una giovane, un
bambino…
Si
fermò con il viso più spaventoso di tutti.
Il
mio.
Ade
aveva assunto le mie sembianze.
Si
fissava soddisfatto i pantaloni di pelle lucida e si passava una mano tra i
capelli biondi.
‹‹
Cambia! Quello sono io, non tu! Quello è il mio viso! ›› urlai furibondo.
Lui
sorrise dolcemente con le mie labbra.
‹‹
Calma, non c’è bisogno che ti scaldi tanto. ›› mormorò accondiscendente.
Cambiò
nuovamente forma. Era tornato l’Ade dai capelli rosso cupo pettinati
all’indietro.
‹‹
Perché tieni alle sembianze di quel corpo? ››
‹‹
Perché? Lo considero un bel corpo e poi ha un aspetto rassicurante. ››
Annuii
con la testa per fargli intendere d’aver capito.
‹‹ Ma
lo sai Mello? Anche il tuo corpo mi piace particolarmente. ››
‹‹
I-il mio? Non ci provare! Io sono unico ed irripetibile. ›› annunciai serio.
Ade
rise di nuovo con quella voce corposa e melodiosa.
‹‹ Non
preoccuparti…›› disse con gli ultimi accenni di risa ‹‹…ora torniamo ai
discorsi seri. ››
Una
nuvoletta di fumo si creò velocemente nelle sue mani aperte, la nube iniziò a
contorcersi spasmodicamente fino a prendere forma di uno spesso librone.
Ade
iniziò a sfogliarlo assorto.
‹‹ Che
cos’è quello? ›› domandai incuriosito cercando di scorgere ciò che c’era
scritto.
‹‹
Questo? Oh, non è niente…››
‹‹ E’
il libro contenente i nomi dei defunti? ››
Era un
fascicolo molto grosso perciò dedussi che fosse qualcosa di importante.
‹‹
N…o…›› rispose molto lentamente intento nella lettura.
‹‹
Mmm…è un libro con scritto ciò che dovrà accadere sulla Terra? ››
‹‹
…n…o…›› continuava a sfogliarlo e a leggere assorto.
E dai!
‹‹
Allora dimmelo tu cosa diamine c’è scritto! ››
‹‹ Lo
vuoi proprio sapere? ››
‹‹ E
da mezz’ora che te lo chiedo! ››
Mi ero
stancato dei suoi giochetti.
Ade
chiuse il librone ad occhi chiusi e la copertina nera-grigia consumata si
richiuse sui sottili fogli di carta con un tonfo sordo.
‹‹ Questo…››
spiegò alzando il libro in una mano ‹‹…è il libro di tutti i peccati che hai
commesso in vita. ››
Silenzio.
‹‹ Ah.
›› riuscii a dire.
Luuuuungo
silenzio.
Restammo
diverso tempo senza parlare, ma il suo sguardo indagatore sembrava mi scavasse
l’anima.
‹‹…ed
è un bene che quel libro sia così grosso? ›› mi azzardai a chiedere.
‹‹
Beh, mettiamola in questi termini: con il curriculum che ti ritrovi potresti
prendere benissimo il mio posto. ›› sorrise.
Wow.
No,
sul serio: wow.
‹‹ Io.
Discendente del dio Ade? ››
L’idea
non mi dispiaceva tanto.
Avere
sotto i miei piedi un intero regno. La cosa era piuttosto affascinate.
‹‹ Non
mi spetterebbero i gironi dell’inferno? ››
Che
cazzo dici Mello?! Morditi quella dannata lingua!
Sembrava
che lo volessi invitare a punirmi.
‹‹
Vedi Mello…hai commesso così tanti peccati che non saprei proprio dove
collocarti prima. ››
Assunse
un’aria pensosa.
‹‹
Vieni. Ti mostro il mio palazzo. ››
Lo
vidi voltarsi di scatto dall’altra parte e la sua lunga tunica svolazzò per un
attimo.
Iniziai
a seguirlo ammutolito.
Camminammo
in un lungo corridoio dalle pareti bordeaux finché Ade non si fermò davanti ad
una porta comunissima.
L’aprì
velocemente e mi lasciò vedere cosa ci fosse all’interno.
Un
lungo tavolo imbandito dei più succulenti cibi che avessi mai visto, era tutto
fin troppo appetitoso e mi salì l’acquolina in bocca.
Non
notai immediatamente le persone che erano incatenate alle pareti.
Erano
sconosciuti adiposi e bavosi. Come me, guardavano con un certo desiderio la
tavola apparecchiata ma nonostante gli aspetti corpulenti, le guance erano
scarne.
Stavano
morendo di fame.
Mi
avviai insieme ad Ade verso la tavola e iniziai a sentire le lamentele di
quelle persone.
‹‹
Questo è il piano dei golosi Mello, non guardarli con dispiacere, se sono qui
devi capire che nella loro vita non hanno avuto una condotta rispettabile,
anzi. Hanno vissuto solo nell’ingordigia, incuranti della gente che aveva
bisogno di quel panino di troppo che loro ingurgitavano senza ritegno. ››
‹‹ Non
mi interessa di loro. ›› comunicai annoiato. Volevo andarmene da lì, quelle
lamentele mi stavano facendo venire l’emicrania.
Ade
restò a fissarmi un attimo.
‹‹
Come sei crudele. ›› sogghignò divertito.
Era
ovvio che mi dispiaceva, ma io non potevo far nulla per loro.
Ci
incamminammo velocemente dall’altra parte della stanza dove c’era una seconda
uscita, qualcosa però mi bloccò. Vidi che su un piattino d’argento l’odore
afrodisiaco del cacao che emanava una tavoletta mi lasciò impietrito. Mi
allungai a prenderla e uscii con Ade dal piano dei golosi.
Mentre
camminavamo in un altro corridoio iniziai a mangiucchiare la tavoletta, era
deliziosa.
Ade
nel vedermi arricciò il labbro.
‹‹
Come fai a mangiare quella cosa? ›› chiese.
Lo
fissai basito.
‹‹
Già, non è minimamente paragonabile ad un bulbo oculare. ›› ridacchiai.
Sì
irrigidì un attimo, poi si rilassò in un sorriso.
‹‹ Sa
di pollo. ››
‹‹ Di
pollo, certo. ›› commentai piuttosto incredulo.
‹‹
Vuoi provare? ››
All’idea
sentii la cioccolata risalire il tubo digerente.
‹‹
Ehm…un’altra volta magari. ›› o magari
mai…
‹‹ D’accordo. ››
Ricomiciai
a mordicchiare la cioccolata ricacciando il conato di vomito.
‹‹
Questo è un altro piano…penso ti piacerà. ›› comunicò fermandosi.
Aprii
la porta ed una musica fortissima riempì il corridoio. Luci intermittenti e
fumo infestavano la stanza. Sembrava una discoteca.
Diverse
ragazze vestite…in maniera poco casta con un boa piumato attorno al collo mi si
avvicinarono.
Ma che
caz…?!
‹‹
Siamo in un bordello?? ›› domandai sbigottito ad Ade, le ragazze mi sfioravano
e mi ballavano provocanti attorno, lui assisteva alla scena con aria assorta.
‹‹ E’
la stanza dei lussuriosi. ››
‹‹ E
quale sarebbe la punizione? ››
‹‹ Gli
uomini vengono castrati per così dire, mentre le donne…beh le trovo troppo
accattivanti per punirle in giusto modo. ››
La
cosa mi confuse non poco.
‹‹ In
che senso? Perché alle donne lussuriose non trovi una pena adeguata? ››
‹‹
Permetti che di tanto in tanto sfoghi i miei piaceri anch’io con donne d’alta
esperienza? ››
Ah…
La cosa
era ancor più nauseante del mangiare gli occhi.
Vidi
una ragazzina strusciarsi su di me come se fossi un palo di lap dance.
‹‹
Vuoi farci un giro? ›› domandò Ade annoiato.
‹‹
Emm…no. ››
‹‹
Perché? Nel tuo libro c’è scritto che eri un bel birichino Mello. ››
Mi
sentii arrossire. Non tanto perché mi sentissi a disagio ma perché aveva quel
maledetto vizio di dire tutto ad alta voce e perché non ricordavo molto del mio
passato.
‹‹
Ade…andiamocene. ›› dissi stufo di quella stanza.
‹‹
Come vuoi tu. ››
Attraversammo
velocemente l’intero piano dei lussuriosi, non avevo più voglia di restare.
Raggiunto
un nuovo corridoio avevo i nervi a fior di pelle, vedere i condannati degli
inferi mi provocava solo afflizione.
‹‹
Mello ora tieni gli occhi ben aperti, questo è il piano dei bugiardi. ››
Aprì
la porta con una spinta e la luce mi invase, socchiusi gli occhi parandoli con
una mano, quando la luminosità calò notai un grande fiume cristallino e tante
persone libere che stavano piegate sulla riva intente nel lavare qualcosa nelle
acque chiare.
Avevo
paura di chiedere ad Ade quale fosse la loro punizione, non mi sembrava che
lavare i panni sporchi fosse una così crudele condanna per i bugiardi. Ma che
ne potevo sapere, Ade era moooolto particolare.
‹‹ Va
a parlare con uno di loro. ›› mi incitò benevolo.
Mi
incamminai piano verso un giovane uomo che teneva gli occhi fissi nell’acqua e
strofinava concentrato.
Non
faceva altro che strofinare nell’acqua insaponata qualcosa.
‹‹
Ehi…scusa? ›› lo chiamai.
Il
ragazzo si girò verso di me lentamente.
Tentò
di schiudere le labbra, ma poi ci rinunciò.
‹‹
Come ti chiami? ›› chiesi serio cercando di essere il più gentile possibile.
Il
ragazzo allora provò a parlare, ma uscì dalla sua bocca solo un mugolio
pesante. Non aveva lingua. Alzò disperato la mano che teneva l’oggetto
insaponato. Era la sua lingua. L’anima iniziò a piangere inconsolabile e
mordendosi il labbro inferiore iniziò a strofinare più forte il sapone sulla
lingua dentro il fiume.
Mi
portai una mano davanti alla bocca e sentii serrarsi sulla mia spalla una presa
fortissima ma con un tocco in quel momento delicato.
‹‹ Lo
vedi Mello? ›› mi sussurrò pianissimo Ade, rabbrividii della sua voce
seducente. Cambiò orecchio e continuò bisbigliandomi…‹‹ la mammina non
scherzava quando diceva di lavarsi la lingua con il sapone quando si mente.››
Scossi
la testa ormai al limite della sopportazione.
‹‹
Portami via. ››
‹‹ Ma
come? Non siamo arrivati neanche a metà del nostro giro…››
‹‹ Non
mi importa! Ti ordino di portarmi via. ››
Il suo
sorrisetto, lo sentii dal tono di voce, scomparve.
‹‹
Come desideri…››
Sentii
la sua mano stringermi un po’ più forte la spalla e allungò la mano libera
vicino al mio voltò e facendo scoccare le dita in un attimo ci ritrovammo
nuovamente nella stanza con il trono. Mi girava forte la testa.
‹‹
Purtroppo non hai voluto vedere per intero la mia reggia…è un peccato. ››
Con un
altro schiocco Ade si trasformò velocemente in fumo e in meno di un secondo
riapparve in cima al suo trono. Gamba su un bracciolo a penzoloni e l’altra ben
piantata a terra, in mano riapparve il vassoio di occhi.
Iniziai
a camminare agitato avanti e indietro.
Ade
iniziò a mangiare svogliato un occhio color nocciola. Sembrava che non avesse
fame, mangiava solo perché non aveva niente di meglio da fare.
Ne
prese un altro e iniziò a premerlo a tal punto da farlo lacrimare…
Disgustato
gli dissi…
‹‹ Non
lo sai che non è buon educazione giocare con il cibo? ››
‹‹ E a
chi dovrei tener conto? A te per caso? ››
Mi
derise.
‹‹ Può
anche darsi. La scena non è piacevole da vedere. ››
Ade
aggrottò per un secondo la fronte e si materializzò al mio fianco.
‹‹ E
tu chi sei per dire a un dio quello che può o non può fare? Te lo dico io:
nessuno. Non sei niente. Potrei sbatterti nel primo girone che desidero per il
puro piacere di vederti soffrire come tutte quelle anime che hai incontrato. ››
‹‹ Ma
non l’hai fatto. Perché io sono qui? ›› sussurrai serioso, la mia situazione
era più che anomala.
Sembrò
cercare le parole appropriate per un attimo.
‹‹
Mello…›› sospirò come rassegnato ‹‹…la tua anima è…bellissima, me ne sono
innamorato dal primo istante. Che effetto fa essere amati dal dio degli inferi?
Ti posso solo dire che il dio dell’ade ti ama. Ama quella tua ribellione
giovanile così malignamente giusta, tutti quei peccati che hai riveduto nella
tua brevissima vita.
Adora
quello sguardo fiammeggiante pieno di sfida, già, quegli occhi di fiamma viva
sono perfetti per questo luogo. Ma dovrai cercare di spegnerli perché non
possono essere minimamente paragonabili alla pericolosità delle fiamme degli
inferi.
Ti ho
chiamato al mio cospetto perché voglio che governi al mio fianco. ››
Mi
guardò dolcemente, mi stava davanti ed io non mi accorsi di trattenere il
fiato.
‹‹
N-no. Non posso stare qui. ››
‹‹
Quel panico che ti si legge in volto non ti si addice, ovviamente finché ti
ostinerai a provare compassione, pietà, magnanimità non potrai mai diventare il
futuro dio degli inferi. Perciò cerca fin da adesso di eliminare questi stupidi
sentimentalismi umani. ››
‹‹ Non
puoi tenermi prigioniero! ››
Ade
rise spudoratamente.
‹‹ E
perché no? ››
Iniziai
a boccheggiare in cerca d’aria per quella verità inaspettata. Non potevo essere
recluso! Io non ero prigioniero di nessuno!
‹‹
No…››
‹‹
Smettila d’opporti. ›› la vena sulla sua tempia iniziò a pulsare e la sua
solita gentilezza venne a mancare, sembrava sul punto di perdere la pazienza.
‹‹ Ti
dico di no! Tu non hai il diritto di tenermi rinchiuso qui! ››
Lui
alzò le braccia e lanciando un urlo tale da far scuotere le pareti gridò…
‹‹ Io
sono il dio Ade e posso tutto! ››
Le
fiamme che stavano sulle torri si ravvivarono e si alzarono fino a combattere
contro il tetto nero indefinito che non aveva intenzione di bruciare.
‹‹ Tu
sei solo una copia! Rubi i corpi altrui spacciandoti per un grande essere!
Gestisci questo posto da un trono prezioso senza muovere neanche un dito.
Dubito che sia tu a mandare avanti questo luogo, ti atteggi tanto a dio, ma di
divino non mi sembra che tu abbia niente. ››
A
quelle mie parole sembrò scuotersi improvvisamente.
Iniziò
a tremare e con lui tutto il palazzo sembrò incominciare a cadere a pezzi. I
pugni chiusi stretti ai fianchi sembravano scurirsi sempre più, compresi che
non erano solo i pugni, ma l’intero corpo prese a diventare una massa nera indefinita,
sembrava emanare un’aura oscura che si estendeva ad ondate. L’ultima parte del
corpo che vidi furono i suoi occhi rossi che mi fecero sentire male, anche quel
rosso cresime venne infine inghiottito dal nero più totale.
‹‹ Era
questo che volevi? Volevi vedere Ade?! IO SONO IL TUTTO! Mi trovi ovunque! Io
sono il bene e il male contemporaneamente sono il dio più temuto di tutti. E tu
hai rinunciato a un grande dono. Non avresti dovuto comportarti in maniera così
sciocca. Visto che non hai voluto vivere al mio fianco, vivrai in me. Ti
inghiottirò come tutte le altre anime di cui sono stato particolarmente
colpito. ››
Corri! Corri! Corri!
Le
urla nella mia mente mi stordirono, ma avevano pienamente ragione e il tempo
tra il pensiero e la reazione fu un non nulla.
Incominciai
a correre per tutta la stanza mente vedevo le propaggini di Ade allungarsi
verso di me per catturarmi, se mi prendeva sta volta non avevo più possibilità
di fuga.
Cercai
la via d’uscita con il cuore che mi rimbombava nelle orecchie e quando
finalmente la vidi sospirai di sollievo. Fui sorpreso nel pensare che in quel
momento stessi percorrendo il corridoio che quella mattina avevo attraversato
per incontrare il dio mentre adesso facevo il tragitto opposto per scappargli.
Uscito
all’aria aperta quasi inciampai. Sapevo ( più che altro sentivo) che Ade mi era
alle costole.
Percorsi,
incespicando per la fretta, il sentiero ma sentivo le urla del dio adirato che
non aveva la minima intenzione di lasciarmi andare.
Capii
che correndo sul selciato non sarei mai potuto sfuggirgli, così dirottai verso
la boscaglia che affollava il luogo.
‹‹ Devi fare attenzione. Devi seguire il sentiero e
non uscirne mai o c’è il rischio che le anime cerchino di portarti con loro. ››
Le
parole della driade affollarono la mente, quando sentii l’aria gelida sulla mia
pelle e diverse lamentele che provenivano diversi alberi più in la da dove ero
io.
Correvo
senza meta e senza l’intenzione di smettere. Sapevo che fermarsi sarebbe stata
la fine. L’intera foresta risuonava dei passi d’anime che cercavano di
catturarmi. Spostavo con gesti disperati i ramoscelli degli alberi in cui
m’imbattevo ma nonostante la tenace con cui cercavo di far sopravvivere la mia
anima capii di essere giunto al capolinea quando del fumo urticante mi superò.
Ero
arrivato in una bolla di spazio in cui gli alberi erano meno folti, Ade mi si
materializzò davanti con il corpo che avevo conosciuto inizialmente. Sul viso,
un’espressione cupa.
Mi
guardai indietro, ma c’erano solo le voci basse delle anime che cercavano
l’invasore della loro foresta, mi girai nuovamente verso Ade.
‹‹
Mello. ›› mi chiamò.
Lo
fissai con espressione spavalda, almeno potevo dire d’averci provato.
‹‹ Sì
Ade? ›› mi atteggiai in un inchino teatrale solo per sfotterlo. Scosse la testa
ignorando la mia palese provocazione.
‹‹ Non
voglio farti del male. Considera le tue possibilità…governa al mio fianco.
Questa è la tua ultima occasione di decidere. ››
Un
ultimatum? Che stupidaggine…
‹‹
Cosa ti fa credere che potrei aver cambiato idea? Preferiresti che
acconsentissi solo per paura? ››
Aggrottò
la fronte e poi ondeggiò al mio fianco prendendo il mio aspetto.
Sospirò
amareggiato.
‹‹ Se
dici così mi offendi Mello, se questa è la tua scelta non mi lasci alternative.
In tuo onore, prenderò le sembianze del tuo corpo d’ora in poi, in modo da non
lasciare perduta la tua bellezza. Mi mancherai Mello. ››
Allungò
la mano verso il mio viso, sul suo palmo c’era uno squarcio, sembrava poter
avere il potere di potermi risucchiare all’interno del suo corpo.
Dentro
di lui sarei stato annullato per sempre? Svanito nel nulla senza alcuna
possibilità di coscienza?
Sentii
la mia anima levitare e piegarsi verso la sua mano…sentivo farmi sempre più
leggero e sbiadire a poco a poco…anche la mia mente faceva fatica a pensare.
‹‹
Cosa? ›› sentii la voce lontana di Ade contrariata.
Aprii
un occhio a fatica e la percezione era sfocata, ma riuscivo a distinguere il
suo profilo, il mio viso copiato, serrare la mascella che fissava intensamente
un angolo di foresta.
Caddi
a terra e riacquistai velocemente tutte le mie facoltà percettive. Che era
accaduto?
‹‹
Dannazione. ›› ruggì.
Sentii
le altre anime invadere il piccolo spiazzo in cui io e Ade eravamo i soli
protagonisti. In preda alla confusione Ade mi perse d’occhio ed io ne
approfittai per rotolare dietro ad un cespuglio. Osservai la scena che stava
svolgendosi sotto il mio sguardo stanco.
Le
anime avevano messo le mani sul mio corpo ed Ade faceva resistenza in ogni
maniera urlandogli contro.
‹‹
Sono io stupide! Sono il vostro dio! Lasciatemi, lasciatemi andare! ››
Scambiandolo
per me, lo caricarono di forza e lo portarono via.
Sapevo
che questo diversivo non sarebbe durato a lungo, ma pregavo che poteva darmi
solo quel margine di vantaggio in più che mi serviva per fuggire.
Ritrovai
con fatica il sentiero e finalmente vidi il recinto con il cancello di metallo
arrugginito. Stavolta non si schiuse da solo, ma facendo violenza riuscii ad
aprirlo abbastanza da permettermi d’uscire. Attraversai il molo sperando di
trovare una barca come quella di Caronte per allontanarmi spinto dalle correnti
dello Stige in qualche posto più sicuro.
Una
lanterna brillò nell’oscurità.
Oh! Sì
sì sì! Una barca! Forse era il vecchio Caronte!
Iniziai
a sbracciarmi per far notare la mia presenza, la barca si avvicinò alla riva e
potei scorgere la figura ritta che conduceva l’imbarcazione.
Era un
ragazzo.
Un
ragazzo dai capelli rosso cupo arruffati, le fiamme dell’inferno non erano
paragonabili al colore vivido che aveva quella capigliatura, aveva due occhi
smeraldi che schiarirono le nebbie pesanti che mi opprimevano il cervello.
Quella
pelle chiara doveva essere incredibilmente calda, la mia testa lavorava da sola
e velocemente, faceva congetture quasi estranee, ma sapevo che dovevano essere
ricordi molto importanti…
Quando
lo vidi sorridere con quelle labbra rosee iniziai a schiudere le labbra.
Sentivo
delle parole salirmi in gola, volevano uscire e quando le feci venire fuori il
suono mi sembrava estraneo e al contempo familiare…
‹‹
Matt. ››
Ricordi.
Ricordi tenuti prigionieri dietro ad uno spesso muro iniziarono a martellarmi
la testa. Tutto…ricordavo tutto.
Nomi,
volti, esperienze, immagini…tutto mi venne alla mente. Ricordai perfino la mia
morte corporea.
Matt
mi allungò la mano ed io l’afferrai salendo anch’io sulla barca.
‹‹
Andiamocene da qui Mel. ››
Non so
perché ma quelle parole sembrarono un ancora di salvezza.
Sì,
saremmo andati via.
Quel
pensiero mi mandò in estasi.
In
quel momento mi sentivo in paradiso, anche se mi trovavo nel cuore
dell’inferno.
Il
potere che mi garantiva Ade era niente in confronto a ciò che mi donava Matt e
questo, solo questo era quello che desideravo.
Fine.