Storie originali > Nonsense
Ricorda la storia  |      
Autore: willHole    18/01/2010    2 recensioni
Nonsense nel senso più puro del termine. Scritta, credo, per il puro gusto di scriverla, per sentire le parole scorrere e descrivere l'irrealtà. Flash di zoologia fantastica, con impliciti riferimenti all'umanissimo mondo della follia.
Genere: Demenziale, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Zootecnica umana

 

 

Zootecnica umana

 

 

 

 

L’elefante giallo friniva, sorbendo una granita al caramello. I suoi pois viola mendicavano attenzione, lampeggiando senza sosta come insegne luminose al neon.

 

Nella gabbia a fianco, un sottile boa constrictor avvolgeva le sue tenui spire lilla chiaro attorno a un computer portatile bianco, della Apple. Ogni tanto digitava una parola d’amore per la sua amata in Brasile, sbattendo voluttuosamente le ciglia.

 

Nel recinto in cui sorgeva l’eucalipto, due giraffe monocrome attorcigliavano i colli attorno a uno stendibiancheria. Ogni tanto quella blu oltremare restava impigliata tra le lenzuola, e il personale dello zoo si serviva di una lunga pertica per disincastrarla.

 

Quando poi il rinoceronte verde mela piantava il proprio corno azzurrino nel muro di gomma che lo separava dalle foche, allora per i membri dello staff la vita si faceva dura: tra spinte, corde e pulegge, il mastodonte veniva liberato dalla propria scomoda posizione ed emetteva un solo belato di ringraziamento.

 

Una zebra blunera trovava invece molto diletto nel suonare un piccolo pianoforte a tredici corde, le quali venivano leggermente pizzicate dai becchi adunchi di altrettanti pellicani fucsia.

 

L’aria riverberava di continui muggiti, mentre i miagolii e i bramiti dei pinguini raggiungevano le orecchie delicate delle scimmie arboricole.

Esse mangiavano angurie senza la buccia, declamando con voce stentorea il proemio dell’Odusia di Livio Andronico.

Si fermavano tuttavia al “versutum” come se ne andasse della loro vita, e vibravano l’ultima sillaba con un denso borborigmo di gola.

 

Nell’insieme, il caos animalesco era assordante, rimbombante, incalzante, fremente.

I visitatori, di solito piccoli ometti grigi ripiegati su se stessi in ventiquattrore color marrone spento, di norma svenivano all’ingresso, e non uscivano dallo zoo se non con un barattolo di vernice in testa.

 

All’uscita, sopra al grande cancello bianco di ferro battuto, le upupe scrivevano di giorno in giorno una frase diversa.

La notte in cui ci andai io, le lettere dorate componevano un laconico epitaffio della mia ragione perduta:

 

La prossima volta impari.

 

 

Nonsense è nata, nonsense resta. Ha un suo perché, molto ben nascosto, e ho intenzione di lasciarlo lì dov’è. Per gioco e ironia nacque, non per fretta di svelare i suoi segreti perirà. XD

 

willHole, saluti e sorrisoni^^

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Nonsense / Vai alla pagina dell'autore: willHole