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Autore: Egle    20/01/2010    7 recensioni
Lo guardai inumidirsi le labbra, cercando di governare quella passione che io stessa provavo. Era come.. un incendio, qualcosa di ingovernabile, che non poteva essere imbrigliato o ucciso dalla ragione, dall’onore, nemmeno dalla lealtà verso i miei sentimenti per Arthur.
Genere: Introspettivo, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gwen, Lancillotto
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Nota

Nota.

Benché abbia detestato profondamente Gwen nella seconda stagione (almeno quanto ho amato Morgana), devo ammettere che nella prima (quando non baciava Merlin a tradimento) era molto carina. E piccola confessione.. adoro lei e Lancelot insieme, sono fantastici e molto hot…

Ho cercato di rivalutare un po’ il personaggio di Gwen, spero che la storia vi piaccia.

 

Come rating ho messo R (o arancione).. è un po’ una R abbondante, ma non credo sia totalmente NC17.

 

La fanfic è ambientata dopo la fine della seconda serie.. quindi SPOILER soprattutto per l’ultimo episodio.

 

 

 

Burning for you

 

 

Mi fermai un istante, la corda del pozzo stretta nella mia mano. I miei palmi e le mie dita erano ricoperte di tagli e abrasioni per aver ripetuto quel gesto ancora e ancora negli ultimi giorni.

Acqua per i feriti, per spegnere gli incendi, per lavar via un po’ di sudiciume dalla faccia dei bambini.

Camelot era in ginocchio, ma si stava lentamente rialzando in piedi. Gran parte della città era stata distrutta, c’erano orfani e vedove di cui prendersi cura, se non nel corpo almeno nell’anima.  I cavalieri del re sembravano instancabili, benché feriti si operavano per ricostruire le fortificazioni, per seppellire in modo dignitoso i morti e per garantire una parvenza di sicurezza durante la notte.

“Lascia che ti aiuti”.

Sorrisi, mentre Merlin sostituiva le mie mani con le sue e si adoperava per tirar su il secchio pieno d’acqua. L’avevo visto solo di sfuggita negli ultimi giorni. Mi sembrava triste, perso nei suoi pensieri lugubri. Avevo cercato di capire se avesse perso qualcuno di speciale, durante gli attacchi del drago, o se era successo qualcosa durante il suo viaggio con Arthur; avevo azzardato un paio di domande con tutto il tatto di cui disponevo, ma lui si era chiuso dietro quel sorriso dolce che sfoderava quando non voleva rendere gli altri partecipi di un suo segreto.
A volte mi sembrava di non conoscerlo affatto, mi sembrava che il nostro fosse un rapporto a senso unico, in cui lui non poteva fidarsi abbastanza di me per raccontarmi che cosa lo tormentava. Eppure è questo che fanno gli amici, no?
Condividono il dolore.

Guardai il suo viso pallido, era dimagrito ancora. Gli zigomi risaltavano sotto la pelle tirata, facendo apparire gli occhi azzurri ancora più grandi.

Espirai a fondo, spostandomi per non farmi bagnare dall’acqua che era traboccata dal secchio mentre lo issava oltre il bordo del pozzo.
O forse no. Forse gli amici condividono il dolore anche quando si scontrano contro un muro di silenzio, evitando di pretendere spiegazioni.
”Grazie” dissi, scostandomi una ciocca di capelli dal viso. La sera stava calando e i rumori della ricostruzione e il vociare degli uomini si stavano lentamente spegnendo. Sarebbe iniziata un’altra lunga notte, in cui il canto doloroso dei morti si sarebbe concretizzato nel sibilo del vento che si insinuava tra le macerie.

“Hai l’aria stanca” disse Merlin, offrendosi di portare i due secchi posati accanto ai miei piedi. Cercai di prenderne almeno uno, ma lui si rifiutò categoricamente di permettermelo.

“Beh tutti abbiamo l’aria stanca” commentai, cercando istintivamente una testa bionda nella piazza. Arthur era ancora in mezzo ai suoi uomini, stranamente non portava la cotta di maglia. Era impegnato a issare delle tavole, per riparare il tetto di una casa. Chiazze di sudore ornavano la sua casacca, che aderiva alla sua schiena come una doppia pelle. Il respiro si condensava in una nuvola che subito scompariva davanti al suo viso.

“Finirà con l’ammalarsi” commentai. Merlin si lasciò sfuggire uno sbuffo di risata dal naso, incamminandosi verso le cucine della corte. Lo affiancai, stringendomi addosso lo scialle di lana grezza. Le prime gocce di pioggia gelida stavano iniziando a punteggiare il selciato.

“Speriamo di no” replicò, la voce appena frammezzata dal respiro affaticato “E’ insopportabile quando è malato.”

Sorrisi. Merlin era l’unico che parlava del principe in quei termini. Vedeva il buono e il cattivo di Arthur e in qualche modo accettava queste due parti, senza tentare di cambiarlo. Lo spingeva lentamente a far emergere la parte migliore di lui, seguendolo silenzioso e fedele come un’ombra, senza voler per forza cancellare i suoi clamorosi difetti. Lo guardai bussare alla porta della cucina e consegnare entrambi i secchi. Merlin seguiva Arthur dove nessun altro avrebbe potuto. Nessuno sarebbe stato in grado di instaurare con lui un rapporto altrettanto stretto e profondo.

Forse avrei dovuto esserne invidiosa, ma non la ero. Capivo semplicemente che non c’era posto per me nel legame che li univa, era qualcosa che andava oltre, che non poteva essere spiegato a parole.

“Sarà meglio che vada a preparare la cena per il principe” disse Merlin, voltandosi verso di me. Annuii, sollevando il cappuccio per ripararmi dalla pioggia che ora cadeva fitta.

“Ci vediamo domani” lo salutai. Mi fermai dopo qualche passo, esitante. “Merlin” lo richiamai “Magari posso aiutarti con le erbe per le tisane curative domani” proposi. C’erano lavori più urgenti da fare, ma pensavo che la mia compagnia avrebbe potuto fargli bene. Se non voleva confidarsi con me, almeno avrebbe saputo che ero lì al suo fianco se avesse avuto bisogno di me.
mi rivolse uno dei suoi sorrisi più belli, annuendo.

“Non prendere freddo” gli raccomandai, prima di allontanarmi più sollevata. Le porte delle case venivano sbarrate e la poca gente ancora in giro si affrettava a rientrare.

Sarebbe stata una notte fredda. Cercai nuovamente Arthur nella piazza ma i lavori dovevano essere stati sospesi. Non restavano che un paio di carpentieri,che stavano raccogliendo gli attrezzi. Proseguii con passo rapido, indolenzita per il freddo. 

Non riuscivo a decifrare i miei sentimenti per il principe. Arthur era caldo, una fiamma pura da cui attingere calore.

L’azzurro del cielo di Camelot d’estate, l’oro del grano maturo, il rosso delle bacche di agrifoglio. E l’odore del sole, lo stesso profumo inebriante che lascia sulle lenzuola stese al vento.

Quando era in pericolo, quando soffriva o quando si lanciava in qualche impresa disperata ero in pena per lui. Una morsa che mi serrava lo stomaco. E quando lo incontravo il mio cuore accelerava i battiti, le guance venivano invase dal rossore.
Ma qualsiasi cosa provassi per Arthur non.. faceva male. Il tocco delle sue labbra, delle sue mani. Il suo sguardo posato su di me, pieno di affetto. Era piacevole, come la carezza dell’aria fresca della sera dopo una giornata particolarmente afosa, ma non bruciava. Non scavava dentro di me, lasciandomi senza fiato, incapace di ragionare.

Mi fermai sotto la pioggia. Le guance che andavano a fuoco, il respiro improvvisamente rapido.
Avevo provato il tocco dello sguardo di un altro uomo, un uomo che mi desiderava totalmente, che era in grado di accendere un fuoco liquido nel mio basso ventre soltanto sfiorandomi.

Se Arthur aveva il sapore del cielo, Lancelot possedeva l’umido calore della terra del bosco. Umida, nera, piena di forza e di vigore. Il suo corpo aveva la solidità del legno scuro della quercia, i suoi occhi la stessa corposità del ferro. Qualcosa che conoscevo bene e che avevo imparato ad amare.

Negli ultimi giorni, avevo immaginato di vederlo comparire di continuo. La notizia di quello che era avvenuto a Camelot doveva essersi diffusa, portata negli altri regni dai mercanti e dai soldati i ventura.

Speravo che si precipitasse qui, anche solo per prendermi tra le braccia per pochi istanti rubati ai nostri destini.

Serrai forte gli occhi. dovevo smetterla di pensare a lui e di fantasticare sul suo ingresso trionfale a Camelot per assicurarsi che fossi viva. Erano cose che capitavano solo nei libri. Ripresi a camminare, coprendo velocemente la distanza che ancora mi separava dalla via dov’era situata casa mia. Il pensiero di Lancelot era incancellabile dalla mia testa. Un’ondata di freddo mi fece rabbrividire. Sarei tornata alla mia casa piena di solitudine e del fantasma di Lancelot. Erano sue le braccia che volevo mi cingessero mentre Camelot andava a fuoco, sue le mani sui miei seni, sul mio ventre.. sua la bocca sulla mia.

Non quella di Arthur. Arthur mi rispettava e mi voleva bene, ma non era travolto dalla passione quando mi vedeva. Non faticava a controllarsi, non sentiva nascere un incendio dentro di sé a ogni tocco appena accennato.

Lo sapevo perché nemmeno io provavo quelle cose. O meglio le provavo per qualcun altro. Qualcuno che era molto lontano e che forse mi aveva dimenticata. O mi aveva sostituita, trovando tra le braccia di un’altra quello che io non gli avevo concesso. Aprii la porta, inspirando il profumo di casa mia. Mi slacciai il mantello, rientrando in casa. Lo scrollai per liberarlo dalla pioggia quando la consapevolezza di non essere sola mi colpì all’improvviso. Sobbalzai, indietreggiando istintivamente verso la porta, pronta a darmi alla fuga quando un uomo emerse dalla stanza adiacente. Cercai di riprendere a respirare mentre riconoscevo i tratti celati appena dal cappuccio.

“Lancelot” sussurrai, prima di gettarmi tra le sue braccia. Aveva l’odore intenso della pioggia, del muschio, del bosco. L’odore della terra che amavo.
Affondò le dita tra i miei capelli, la sua bocca accanto al mio orecchio.

“L’ho saputo tre giorni fa. Avevo paura che tu..” mormorò. Ogni parola era intrisa di disperazione.

Chiusi gli occhi, stringendolo maggiormente contro di me. Tutto il mio corpo reagiva al contatto con il suo. “Non potevo non venire”

“Ho pregato tanto di …” sussurrai a mia volta. Avevo pensato a lui incessantemente, vergognandomi dei miei pensieri. La mia vita doveva essere votata alla mia città, al mio principe e invece non desideravo altro che Lancelot.

Mi scostai appena. Le sue mani mi imprigionarono il viso. I suoi occhi bruciavano come tizzoni. Lo guardai inumidirsi le labbra, cercando di governare quella passione che io stessa provavo.

Era come.. un incendio, qualcosa di ingovernabile, che non poteva essere imbrigliato o ucciso dalla ragione, dall’onore, nemmeno dalla lealtà verso i miei sentimenti per Arthur.

Le sue mani si scostarono dalle mie guance, cercando le mie. Sorrisi appena, il cuore stretto in una morsa, mentre deponeva un bacio leggero sulle nocche. Non mi sarei mai vergognata delle mie mani con lui. Le mie mani da serva, che portavano i segni della mia condizione di nascita. Non mi sarei mai vergognata per non essere nobile. Non mi sarei mai sentita inferiore a lui, perché nelle sue vene scorreva il mio stesso sangue, quel sangue che proveniva dalla terra scura, forte e umile.

“Ora è meglio che vada” disse, allontanandosi di qualche passo. Il suo tocco ardeva ancora sulla mia pelle. Lo guardai spaesata.

“Sei appena arrivato e fuori sta diluviando” ribattei, cercando di nuovo di annullare la distanza che ci separava.

Guardai la battaglia sul suo viso. Aveva una nuova cicatrice vicino allo zigomo destro, una ferita che si aggiungeva alle altre per ricordargli il suo passato al pari delle mie mani, che mi rammentavano il mio.

“Non posso restare qui” bisbigliò con urgenza, i suoi occhi mi pregavano di capire. “Non riuscirei a..” Inspirò profondamente, umettandosi di nuovo le labbra “Non posso dormire nella stessa stanza con te. Non riuscirei a trattenermi”

Quella confessione mi fece male come un pugno. Avvertivo qualcosa rinascere dentro di me, un’urgenza.. una bramosia di sentirmi le sue mani addosso, farsi strada sotto ai miei vestiti e reclamare il suo corpo, tutta me stessa come sua.

E Dio solo sapeva quanto volessi essere sua, totalmente sua. Mi slacciai il bustino, tenendo lo sguardo incatenato al suo come se ne dipendesse la mia stessa vita. Lasciai scivolare a terra il vestito, rimanendo soltanto con la sottoveste leggera. L’aria fredda della stanza piena di spifferi si condensò sulla mia pelle. Ma non riuscivo ad avvertire il freddo.

Tutto era cancellato dagli occhi di Lancelot
”Gwen..” mormorò, il respiro che sibilava aspro tra i denti, mentre mi guardava. Il suo sguardo si cibava della visione del mio corpo, si assetava sulle curve dei miei seni, celati malamente dal tessuto sottile, scivolando sul mio ventre, accarezzandomi e facendomi fremere di passione. Mi faceva sentire bellissima, una regina nei panni modesti della figlia del maniscalco. Mi faceva sentire viva.
”Non voglio che tu ti trattenga” mormorai.

In un istante la sua bocca s’impossesso della mia, le sue mani mi spogliarono delle vesti che nascondevano ancora la mia nudità. Afferrai il bordo della sua casacca e gliela sfilai dalla testa, facendola cadere a terra. Pozzanghere di vestiti ai nostri piedi, mentre indietreggiavamo verso il mio letto. Aspettai che si sedesse sul bordo prima di inginocchiarmi ai suoi piedi, completamente nuda. Gli tolsi gli stivali con devozione, come avevo fatto ogni sera con mio padre quando rientrava a casa dopo una pesante giornata di lavoro. Solo che alla devozione di figlia si era sostituita quella di una moglie. Lo guardai, il petto schiacciato in una stretta dolorosa. Mi sarei inginocchiata ai suoi piedi tutte le sere a ripetere quegli stessi gesti, gli avrei preparato la cena e lavato i vestiti. Avrei lavorato duramente, risparmiando ogni soldo per i tempi difficili. Avrei spazzato il pavimento della nostra umile casa e avrei allevato i nostri figli.. i figli che sarebbero cresciuti dal ventre fecondo della terra. E l’avrei amato con la devozione della migliore delle mogli per il resto della nostra vita.

Lo guardai per qualche istante, il suo petto cosparso di cicatrici, le stesse che portava anche nell’anima. Allungai la mano e la posai sul suo petto, all’altezza del cuore.

Lancelot la coprì con la sua. La stessa carnagione, lo stesso cuore. Chiusi gli occhi. Anche Arthur aveva fatto qualcosa di simile, ma allora la sua mano mi era sembrata distante, quasi assente. In quel momento invece la mano di Lancelot era reale, il suo corpo vivo e pulsante sotto il mio palmo.

“So che non vale molto..” sussurrò, la voce colma di emozione. “ma ti appartiene”

Osservai il suo viso attraverso il velo delle lacrime. “Per me vale più di mille tesori” replicai senza esitazione. Del castello, dei cavalli e della corona di Arthur.

Mi fece risollevare dal pavimento, cercando la mia bocca con la propria e baciandomi finché non fummo entrambi a corto di fiato. Lancelot si allontanò appena, scostandomi i capelli dietro alle spalle in un gesto gentile. Mi sfiorò la guancia con il pollice, prima di far scivolare la mano sul mio collo e poi sul mio seno. Nessuno mi aveva mai toccata prima. Ed ero certa che nessuno mi avrebbe toccata in quel modo nemmeno in futuro, facendomi provare quelle stesse sensazioni che annebbiavano i sensi e incendiavano l’anima.
”Sei così bella” mormorò e io gli credei. Il suo sguardo bruciante di desiderio mi faceva sentire davvero bella e viva. E donna.

Mi circondò la vita con un braccio e mi fece distendere sotto di lui. Il suo sguardo vagava incessantemente su di me, memorizzando ogni particolare, ogni curva, ogni sfumatura. Si liberò in fretta degli ultimi indumenti, prima di tornare a guardarmi.

Non provai imbarazzo o vergogna, so che probabilmente avrei dovuto, ma non potevo con il corpo nudo di Lancelot contro il mio, come uno scudo contro il freddo dell’inverno. Lo baciai ancora e ancora, affamata della sua bocca. Non desideravo altro che quello. Non volevo altro a parte perdermi nel suo abbraccio, annegare nel profumo muschiato della sua pelle.

Le sue dita tremavano non per incertezza, ma per la troppa passione mentre esploravano ogni anfratto del mio corpo, smaniose di darmi piacere.

I miei seni premuti contro il suo petto solido, le mie dita che si aggrappavano alle sue spalle mentre si faceva strada dentro di me, mi marchiava a fuoco con l’ardore delle sue spinte.

E sulle sue labbra il mio nome sussurrato come un preghiera, mentre mi prendeva ancora e ancora, facendo scivolare le mani sul mio corpo bollente. Chiusi gli occhi, lasciandomi trasportare dai suoi movimenti, fondendomi in mille schegge di piacere, perdendomi e ritrovandomi in lui.

Rimasi immobile, ascoltando il suo respiro pesante contro il mio orecchio. Il rumore della pioggia battente era distante, chiuso fuori in un mondo di cui non facevamo più parte.

“Guinevere” mormorò con un filo di voce, accarezzandomi i capelli.

Scossi la testa. “Gwen” lo corressi. “Per te sarò sempre e solo Gwen”.

Lui annuì, prima di baciarmi delicatamente. Si scostò piano, coricandosi di schiena sul mio letto, troppo piccolo per due persone. Mi accoccolai contro il suo petto, facendomi avvolgere dalle sue braccia. Le mie gambe erano mollemente intrecciate con le sue.  I miei riccioli sparsi sulla sua spalla tornita. Il sudore si raffreddava sulla mia pelle. Afferrai una coperta e coprii entrambi. Il fuoco aveva bisogno di essere ravvivato nel caminetto, ma non avevo nessuna intenzione di alzarmi o di permettere a lui di farlo. Appoggiai la guancia contro di lui, facendomi cullare dal battito forte del suo cuore.

“Non posso restare” sussurrò dopo un periodo di tempo che mi parve infinito.

“Lo so” risposi, deponendo un bacio leggero sul suo petto. Sollevai la testa per osservare la sua espressione. Non potevo trattenerlo. Camelot non aveva nulla da offrirgli in quel momento.

“E non posso chiederti di venire con me” aggiunse dopo una manciata di secondi.
Lo guardai negli occhi. Nemmeno il minimo dubbio offuscava l’espressione che dovevo avere sul viso in quel momento.

“Verrei con te ovunque vorresti” bisbigliai “Non c’è niente che mi trattenga qui.. niente che valga il poter stare con te.” Sbattei un paio di volte le palpebre. Non volevo versare le lacrime che ormai mi annebbiavano la vista. “Ma so che sarei un peso per te. Dovresti proteggermi e…”

Chiusi gli occhi. La vita era difficile fuori dalle mura di Camelot. Soprattutto per una donna. Avrei affrontato ogni pericolo pur di stare con lui, tranne quello di perderlo per colpa mia. Lancelot non poteva offrirmi una casa, un rifugio se non quello garantito dalla sua spada. Non aveva radici, il suo futuro era la strada che si stendeva di fronte ai suoi piedi: buia, ma piena di possibilità. Non c’era ancora posto per me nel suo destino.

Lo baciai, sentendo sulla sua bocca il sapore delle mie lacrime. Affondò le dita tra i miei capelli e mi baciò a sua volta, riversando in quei baci tutta la sua disperazione.

“Gwen..” sussurrò.

Gli posi un dito sulle labbra per impedirgli di proseguire.

“Amami ancora..” dissi a bassa voce, abbandonami di nuovo tra le sue braccia.

 

 

 

Una lama di luce filtrava dalle imposte accostate. Rumori di chiodi che venivano piantati, di voci per le strade, di zoccolo dei cavalli sul selciato. Camelot si stava svegliando e stava tornando al lavoro. Aprii faticosamente gli occhi. La stanza era vuota.
Mi strinsi nella coperta, riabbassando le palpebre e sperando che il sonno mi inghiottisse di nuovo.

Lancelot se n’era andato appena prima dell’alba. L’avevo sentito scostarmi dal suo corpo e rivestirsi il più silenziosamente possibile.

Avevo finto di dormire. Gli addii non erano fatti per gente come noi, lo sapevo bene.

Non gli avevo chiesto di restare e lui non mi aveva chiesto di seguirlo.

Sapevamo come va il mondo. Il resto lo lasciavamo agli idealisti, a quelli come Merlin. A quelli come Arthur.

Affondai il viso nel cuscino e cominciai a piangere, respirando il suo profumo.

Solo per un’ora. Avrei pianto per Lancelot soltanto per un’ora e poi sarei tornata alle mie incombenze, ai miei lavori.

Ma per un’ora avrei potuto dar sfogo a tutta la mia disperazione e a quello che avevo perso quella notte.

Dopotutto Lancelot si era portato via il mio cuore e il mio cuore ben meritava almeno un’ora a dispetto di quello che mi attendeva nel mondo chiuso fuori dalla mia casa.

 

 


Nota finale:

Volevo ringraziare tutti coloro che hanno commentato le mie fanfic precedenti e che stanno riscoprendo anche quelle vecchie. Grazie infinite, siete tutti molto gentili.

 

Sto raccogliendo le mie fanfic in un archivio (soprattutto per averle sottomano io).

 

http://community.livejournal.com/sec_to_breathe <- se volete joinarlo, ne sarei davvero contenta^^

   
 
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